d i SALVATORE ANTONACI

La presentazione ufficiale del “Libro Bianco sull’indipendenza”, il corposo documento con il quale il governo scozzese ha ufficialmente lanciata la lunga volata verso il voto referendario del settembre 2014, non è passata senza conseguenze nelle analisi dei principali sondaggisti britannici.

L’istituto Ipsos-Mori, ad esempio, rileva un’avanzata importante del fronte separatista (dal 31% di settembre al 34 attuale) a fronte di un calo dei contrari al distacco (55% contro 57). Ancora un divario assai ampio, come si può constatare, ma, se il trend degli ultimi giorni fosse confermato da ulteriori risultati, la partita sarebbe tutt’altro che decisa. Per intanto è interessante notare come dallo stesso studio emerga la frattura netta fra le zone meno prospere  ed i più importanti centri abitati: avanti i Sì nelle prime, in netto vantaggio gli unionisti nei secondi. Materia sulla quale lavorare per gli strateghi di ambedue gli schieramenti alla ricerca disperata di un colpo ad effetto che possa riuscire ad affossare l’avversario. Vanno in questa direzione anche due polemiche sorte ad interrompere l’esordio sonnacchioso del match.

Better Together, il comitato pro-britannico, ha accusato il Premier  scozzese Salmond ed i suoi collaboratori di irresponsabile dilettantismo adducendo a motivo l’eventuale perdita dei sostanziosi investimenti pubblici (circa 4 miliardi di sterline annui) che il Regno Unito assicura alla Scozia tramite il meccanismo di perequazione finanziaria noto come “formula Bennett”, dal nome del ministro cui si deve questo strumento di programmazione economica studiato, alla fine degli anni ’70, per venire incontro alle difficoltà delle regioni periferiche (oltre alla Scozia, Galles ed Ulster). Tutto verrebbe vanificato da un voto per la sovranità scozzese, affermano quelli di B.T. La replica di “Yes Scotland” non si è fatta attendere: l’attacco sarebbe solo un paravento finalizzato a mascherare la precisa volontà  di tagliare drasticamente i fondi da parte di Londra;la Scozia non avrebbe così nulla da perdere dall’auspicato divorzio visto che tutto è stato già deciso a livello centrale…

Ad accendere ulteriormente le polveri  ha pensato Alex Mosson, un pezzo grosso dei laburisti scozzesi, compagine egemone da queste parti prima dell’avvento dello SNP, chiamando i suoi colleghi di partito “ad aprire gli occhi” di fronte all’evidenza che la campagna per il no si è trasformata in “una macchina propagandista al servizio dei conservatori”. Parole durissime suffragate dalle rivelazioni dello stesso comitato per il no che ha svelato la presenza, tra le proprie fila, di ricchi finanziatori dalle note simpatie tory oltreché, addirittura, in relazione con i servizi britannici (MI6) e con importanti banche quali  Deutsche Bank. Quanto basta per far salire su tutte le furie l’ala sindacale legata al Labour ed, infatti, a stretto giro di posta è giunta la clamorosa reazione della GMB, una delle union più importanti affiliate al partito, che ha deciso il boicottaggio di ogni presente e futura iniziativa di Better Together.

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