27 novembre 2013
Alex Salmond insieme a Nicola Sturgeon (Epa)
Altro che «the most stingy nation in the world», la nazione più tirchia del mondo. La Scozia accelera sull’autonomia, scaldando un elettorato in bilico per il referendum secessionista del 2014. Ma nelle più di 660 pagine della «Guide for independence» pubblicata dallo Scottish National Party, la parola è un’altra: benefit. Per le imprese, con una corporate tax sulla scia del regime super agevolato dell’Irlanda. E per i giovani: Edimburgo, da succursale all’estremo nord di Londra, si candida a capitale degli high skilled workers. I neoprofessionisti ad altissimo tasso di competenze in fuga da università e aziende incagliate nelle crisi.
È vero: non è solo sui top graduates europei e asiatici che si gioca la partita di Alex Salmond, primo ministro della Scozia e leader di un Snp rimbalzato dai bassifondi elettorali al timone politico di Edimburgo. La Guide for Indipendence insiste su terreni più corposi. Come il taglio alle aliquote sulle imprese, giù dal 20% di Londra a un 17% che si avvicina al fisco leggero di Lussemburgo (15%) e Dublino (12,5%). O la rivendicazione di una quota dell’81% sulla produzione dei giacimenti di petrolio e gas naturale del Mare del Nord. L’oro nero sulla costa est dell’Isola sforna meno barili di un tempo, ma il patrimonio resta valutato dai 6 ai 12 miliardi di sterline l’anno.
L’apertura ai migranti più qualificati, prima e dopo gli studi universitari, cavalca il boom occupazionale previsto da Salmond in caso di devolution. Il solo taglio di tre punti alla corporate tax, secondo Salmond, potrebbe creare fino a 27mila posti di lavoro grazie all’indotto dei big “attratti” a nord del Vallo con il nuovo schema fiscale. E il rialzo dell’export del 50%, previsto entro il 2017 in caso di indipendenza, significherebbe almeno 112mila assunzioni. Quale risorsa migliore delle migliaia di giovani e giovanissimi che scelgono l’Isola per gli studi universitari? Nel mirino ci sono soprattutto i ricercatori di area scientifica e tecnologica, «cruciali per la strategia industriale», e i talenti fuori dai confini Ue. Il pacchetto non esclude ritocchi alla regole d’accesso sui visti, per «incentivare gli studenti extra-comunitari a continuare i propri studi in Scozia». I neoassunti, a quanto è emerso, sarebbero destinati soprattutto alle zone meno sviluppate del paese, come motore in più nello sviluppo industriale. Le lauree triennali, nei 19 atenei del Paese, sono a costo zero per i cittadini scozzesi e dell’area Ue.
L’assist migliore dovrebbe arrivare proprio da Londra, dove il caro rette ha fatto lievitare le tasse universitarie fino a un minimo di 9mila sterline. Dovrebbe. Perché finora, con o senza l’accetta di Cameron sui fondi all’istruzione, le matricole international preferiscono l’Inghilterra. Merito dei loan, i prestiti d’onore che permettono di finanziare gli studi e rimborsare quanto percepito con il reddito lavorativo. E di policy d’accoglienza più generose dei cugini scozzesi: a quanto sottolineano i report degli ultimi anni, «anche in tempo di crisi» gli atenei inglesi hanno versato più di 370 milioni di sterline per gli studenti disagiati. Gli omologhi scozzesi, un po’ meno: circa 10 milioni.
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