Le parole identificano la realtà. Altre volte la alterano, quando sono vittime di abusi che ne hanno modificato l’essenza più profonda. L’ultimo esempio di questa scelta erronea di vocaboli che travisano la sostanza delle cose ci è offerto dalla morte di Nelson Mandela e dalla conseguente apologia, fatta da tutti, del suo spirito “gandhiano”, inteso in senso universalista, pacifista, perdonista, “super-partes”. La grandezza di Mandela, si manifestò, invece, nel contrario esatto di questo sciropposo spirito indifferenziato di altruismo e globalismo planetario. Il suo straordinario sacrificio, e il suo superamento dello spirito di vendetta contro i bianchi, costituenti la “metà altra” della sua Patria, avvennero in nome dell’amor patrio, e del nazionalismo, un nazionalismo nobile, elevato, inclusivo, che doveva riconoscere lo straordinario apporto dei Boeri e dei loro discendenti alla Patria comune: la nazione sudafricana. Ma nazionalismo è termine che è usato ormai solo in un’accezione totalmente negativa ossia razzista e direi neonazista (eccetto che nei commossi discorsi nazionalisti autocelebrativi americani ed israeliani). Privo di amore per la nazione, intesa non nel senso etnico, tribale, esclusivo, ma nel senso di comunanza di destino e di amore per chi ci è “prossimo”, il preteso amore universalista e il fasullo spirito “globalista”, di cui gli italiani abbondano “a chiacchiere”, riesce a tenere un paese intero – appunto l’Italia – preda inerme di feroci faide e di continui odi civili. Abbandoniamo quindi la degradata parola “nazionalismo” e parliamo di “patriottismo”, un po’ più accettabile. Ebbene, Nelson Mandela – come molto a proposito ha commentato Marcello Veneziani nel “Giornale”– fu grande, grandissimo proprio per il suo straordinario patriottismo che lo elevò al di sopra dello spirito di vendetta e rivalsa sull’altra “metà” del suo popolo, costituito dai “bianchi”. In nome dell’unità e della grandezza della Nazione. Lo stesso Mahatma Gandhi fu uno straordinario patriota che innalzò alte lodi a questo tanto deprecato (in Italia) sentimento di amore per la Patria dicendo, tra l’altro:
“For me patriotism is the same as humanity. I am patriotic because I am human and humane. If is not exclusive, I will not hurt England or Germany to serve India. Imperialism has no place in my scheme of life.”
“It is impossible for one to be internationalist without being a nationalist. Internationalism is possible only when nationalism becomes a fact, i.e., when peoples belonging to different countries have organized themselves and are able to act as one man.”
“My patriotism includes the good of mankind in general.”
“Just as the cult of patriotism teaches us today that the individual has to die for the family, the family has to die for the village, the village for the district, the district for the province, and the province for the country, even so country has to be free in order that it may die, if necessary, for the benefit of the world.”
L’amor patrio deve essere infatti concepito come l’amore per la propria madre, sentimento che ci fa capire pienamente l’amore dell’Altro per la sua genitrice, vale a dire per la lingua, la cultura, il passato della sua Nazione… Perché la Patria altro non è, almeno per noi esuli giuliano-dalmati, “nazionalisti” nel senso nobile del termine, che una grande famiglia, meritevole dei più grandi altruismi e sacrifici in nome di un ineluttabile destino comune, nel bene nel male.
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