C’è una domanda centrale, assillante, che tutti ci facciamo: perché le cose non cambiano? Perché, nonostante decenni di manifestazioni, gruppi organizzati e proteste, le cose in realtà tendono a non cambiare mai? E’ una domanda che ci sta alla gola. Vorremmo tutti saper rispondere, vorremmo tutti vedere che c’è una risposta immediata o almeno decente, a questa movimentazione di società civile (che peraltro è in aumento) contro il cosiddetto potere, contro le malefatte del potere. E la risposta è semplicissima: le cose non cambiano perché noi non sappiamo chi è il potere. E quindi stiamo combattendo contro un obiettivo sbagliato. Se non sai chi è veramente chi governa la tua vita, combatti contro quelli che, in realtà, non governano la tua vita. Il potere, il vero potere, è stato di un’astuzia incredibile. E’ riuscito, negli ultimi 35 anni, a rimanere completamente nascosto; a proporre alle opinioni pubbliche un volto del potere che è falso, cioè a proporre le cosiddette marionette del potere.
Tutto quello che noi crediamo oggi sia il potere – le auto blu, i ministeri, i politici, i magistrati, gli
Paolo Barnard
amministratori – non sono per niente il potere. Ci hanno proposto questa immagine, nella quale crediamo fermamente: siamo proprio radicalmente convinti che questo è il potere da combattere, e tutta la nostra azione civica va contro questo muro fasullo, falso, questa ombra sul muro che non è il potere. Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema, i magistrati più o meno corrotti, le caste denunciate a più riprese: tutti questi, che crediamo essere il potere, sono delle marionette, a cui è stato lasciato un cortile in cui fare i loro giochetti. Da chi è stato lasciato questo cortile? Dal vero potere. Che dice: voi rimanete lì, fate le vostre piccole cose, godetevi i vostri privilegi, manipolate quello che vi pare, le vostre corruttele, i vostri malaffari. L’importante è una cosa: che obbedite sempre agli ordini che noi vi diamo.
Questo i governi hanno fatto, negli ultimi 35 anni questo è regolarmente successo – sinistra, destra, centrosinistra, centrodestra: non è mai cambiato niente. E attenzione, nelle marionette del potere ci metto anche le mafie, anche se questa affermazione potrebbe sembrare folle, oltraggiosa. Anche le mafie, per quanto si pensi che abbiano un potere enorme, in realtà sono solo una funzione, uno strumento del vero potere. E chi è il vero potere? E’ soprattutto un’idea, così come è sempre stato nella storia. Il vero potere sono le idee. E questa idea dice essenzialmente questo: le élite devono tornare ad avere la gestione di tutto, concessagli dai cittadini; le masse devono mettersi da parte e aspettare pazientemente che il bene gli coli addosso dall’alto del potere. L’idea è che il bene deve colare dall’alto verso il basso.
Questa idea ha dominato il mondo negli ultimi 35 anni. Gli fu dato anche un nome: trickledown economics. Fu Ronald Reagan a coniare questo termine, ma non inventò niente di nuovo: diede semplicemente un nome, trickle down, a questo sgocciolare verso il basso. Trickledown economics, cioè le economie che colano dall’alto verso il basso, dalle élite verso le masse – che devono essere messe da parte. Anche i governi, secondo questa idea (che è il potere) devono stare da parte. E quello che è successo negli ultimi tre decenni è esattamente questo: i governi si sono ridotti sempre di più, come dimensioni e potere; devono “stare da parte” e devono permettere che questo accada. Non si creda che siano cose campate per aria: stiamo parlando di quello che regola la vita quotidiana di milioni, a partire dal lavoro, dagli alloggi, dall’istruzione, dalla sanità, la gestione dell’economia, i tassi dei mutui, la moneta che abbiamo nelle mani. Cioè, praticamente tutto:
Ronald Reagan
quello che è la nostra vita dipende da questo vero potere, e non dalle marionette del potere.
Come nasce questo potere? Come si afferma? Da dove viene? Negli anni ’70, il mondo aveva raggiunto un’epoca inaudita nella storia dell’umanità. Dopo tre millenni di assolutismi, dove una minoranza esigua di esseri umani aveva sempre gestito per migliaia di anni una massa enorme di persone alla disperazione – dopo tremila anni, finalmente, con duecento anni di lotte dal basso (del potere delle idee) si era riusciti a ribaltare questa situazione. All’inizio degli anni ’70, dopo la decade degli anni ’60, l’idea di sinistra – attenzione, non i partiti, ma l’idea che dice: il bene comune va rimesso nelle mani dei tanti e gestito da pochi per conto di tanti e nell’interesse di tanti. Questa idea, che è l’idea di sinistra, dopo 200 anni di rivoluzioni era riuscita ad arrivare al suo compimento storico maggiore. A quei tempi l’America era uno dei paesi più di sinistra, forse, del mondo occidentale. Poi l’Europa, con gli stati sociali e il welfare. Il trionfo del socialismo, anche nel terzo mondo: non c’era una ventata di comunismo, Nixon e Kissinger sapevano benissimo che c’era una ventata di socialismo democratico. Anche nel terzo mondo questa idea di sinistra si stava affermando in maniera strepitosa.
All’inizio degli anni ’70, questa idea di sinistra stava quasi per dichiarare di aver conquistato la storia. Questo andava fermato. Le élite che per tremila anni avevano dominato la storia e che per duecento anni avevano subito perdite sempre maggiori, fino ad arrivare a questo culmine negli anni ’70, decisero in quel momento di riprendersi il potere. E lo decisero in una data precisa. Siamo nell’agosto del 1971, quando la Camera di Commercio degli Stati Uniti d’America decide che è il momento di riportare in auge il potere delle élite, le destre economiche internazionali, e distruggere per sempre la sinistra – reduce da 200 anni di vittorie. Danno il compito a un avvocato, si chiama Lewis Powell, gli dicono di scrivere un memorandum: un documento di 23 pagine che questo avvocato, un legale esperto di corporazioni, scrive con un linguaggio di una semplicità eccezionale. E pone, in questo modo, la prima grande arma della risposta delle destre economiche: la semplicità, la comunicazione semplice.
Quest’uomo, in 23 pagine, con delle frasi che potrebbero esser scritte da un liceale, ha cambiato il corso della storia dell’umanità, nientemeno. E purtroppo le sinistre – partiti e movimenti – non sono mai state capaci di capire questa cosa. Quello che conquista è la forza delle idee e la loro semplicità. Noi, purtroppo, a sinistra, non siamo mai stati in grado di essere a questo livello. Lewis Powell scrive questo memorandum e comincia con una diagnosi. Alla lettera: «Noi delle destre economiche non ci troviamo di fronte ad attacchi sporadici. Piuttosto, l’attacco al sistema delle corporations è sistematico e condiviso. C’è una guerra ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale». Lewis Powell fa una chiamata alle armi, altrettanto semplice: «E’ arrivata l’ora, per il business americano e internazionale, di marciare contro coloro che lo vogliono distruggere». E chi era il nemico? Lo definisce con altrettanta semplicità: «Certamente la sinistra estrema, che è meglio finanziata e ben accetta di quanto non lo sia mai stata prima nella storia. Ma le voci più preoccupanti – continua l’avvocato – provengono da elementi perfettamente rispettabili, come le università, i media, gli intellettuali, gli artisti e anche alcuni politici. Gli studenti in
Lewis Powell
particolare, perché quasi la metà degli studenti è a favore della socializzazione delle industrie americane fondamentali».
Lewis Powell ricorda al potere di allora che, dopo 200 anni di rivoluzioni, si trovava in un momento di difficoltà enorme, e dice: «Pochi elementi, nella società americana di oggi, hanno così poca influenza sul governo come il business, le corporazioni e gli azionisti. Non è esagerato affermare che siamo i dimenticati». Ora, questa parole sono state scritte nel 1971; oggi, sentire che qualcuno allora pensava che gli azionisti, le corporations e il business erano i dimenticati dalla società fa impressione, fa quasi ridere – siamo talmente abituati al loro strapotere. Questo vi dà l’idea di che cosa queste parole sono riuscite a cambiare in soli 38 anni. Incredibile, il cambiamento che hanno portato. Il contrattacco dettato da Lewis Powell è questo: «Dobbiamo organizzarci, pianificare nel lungo termine, essere disciplinati per un periodo illimitato, essere finanziati con uno sforzo unificato».
Sono 10-15 parole. Descrivono un fenomeno che ha di nuovo cambiato la storia economica e politica del nostro tempo: la nascita delle lobby. Nascono così le lobby che oggi noi conosciamo. Molte persone, quando si parlano di lobby, pensano ad entità astratte – non si capisce mai chi siano, queste lobby. Ci sono i nomi e i cognomi, potentissimi. Per esempio: il Transatlantic Business Dialogue, l’Investment Network, il Financial Services Group, il Gruppo Lothys. Per non parlare poi delle lobby ebraiche in America, della questione mediorientale e la “guerra al terrorismo”. A Bruxelles, oggi, sono registrati qualcosa come 15-20.000 lobbysti, che spendono ogni anno un miliardo di euro, solamente per fare lavoro di lobbying; 15-20.000 persone che rappresentano altrettanti interessi corporativi. Immaginate l’esercito – finanziatissimo, come disse Lewis Powell – che fa questo lavoro, con un miliardo di euro all’anno. Quindi, queste parole hanno dato origine a questo fenomeno, che condiziona la vita di tutti i governi di tutti i paesi occidentali: tutte le scelte economiche, tutte le scelte amministrative. Le lobby sono sempre le prime che vengono ascoltate. Ogni anno, il Transatlantic Business Dialogue dà alla Commissione Europea, il super-governo europeo, una lista di desiderata, e deve riceve indietro dalla Commissione Europa – fa ridere, a dirlo una pagellina dove la Commissione Europea dice: su questo abbiamo fatto così, su quello abbiamo fatto cosà.
Henry Kissinger
Tra le prescrizioni di Lewis Powell, ce n’è una che è scioccante – perché racconta come questi uomini sono riusciti, sfruttando quelle che erano le nostre forze, a ribaltare il mondo. Scrive: «Il business deve imparare le lezioni messe in pratica dal mondo dei lavoratori. Cioè: che il potere politico è indispensabile, che dev’essere coltivato con assiduità e usato in modo aggressivo se necessario, senza imbarazzo». Questi uomini, che allora si ritenevano in minoranza, fotocopiano quello che era il potere delle sinistre – che le sinistre hanno perduto – e con questo potere le distruggono. La “rivoluzione”, cioè la morte dell’idea di sinistra che Lewis Powell stava prescrivendo, gli fa pensare che il potere decisionale passerà molto presto dalle mani dei cittadini che partecipano a quelle dei colletti bianchi, delle élite. Il compito è di riportare al potere le élite, e allora Lewis Powell prende di mira le università, e dice: è importantissimo che le infiltriamo, ovunque.
E attenzione a cosa scrive: «In particolare, le scienze politiche: creare un esercito di docenti che credono fermamente nel sistema delle imprese. I nostri docenti dovranno valutare i libri di testo, soprattutto quelli di economia, scienze politiche e sociologia. Dobbiamo avere un rapporto di grandissimo privilegio con le facoltà di economia», scrive Lewis Powell. Ora, sapete che da queste prescrizioni – è successo, è accaduto – le facoltà sono state infiltrate da questi personaggi. Quando lui dice: «Creare un esercito che creda fermamente nel sistema delle imprese»; lo hanno fatto, lo hanno creato. E adesso non c’è più una facoltà di economia al mondo – delle università rispettabili, ma neanche di quelle non rispettabili – che insegni qualcosa di diverso dal dogma del libero mercato neoliberale, che questi personaggi hanno portato dentro l’insegnamento. E così anche in scienze politiche: si fa molta fatica a trovare qualcuno che abbia una voce di dissenso – nelle facoltà di economia non c’è più nessuno.
Gianni Agnelli
Sui media, Lewis Powell fa la stessa prescrizione: vanno infiltrati, vanno proposti i nostri temi e i nostri contenuti. E poi dice una cosa interessantissima: «Dobbiamo colonizzare le edicole». Nelle edicole, dice Lewis Powell, non si trovano pubblicazioni che promuovono i valori del nostro sistema; non ci sono, dobbiamo invadere le edicole con pubblicazioni di questo tipo. E’ successo o no? Oggi le edicole sono invase da pubblicazioni che promuovono il sistema dei commerci, la famosa “esistenza commerciale”, il sistema della cultura delle visibilità massmediatica che questi personaggi volevano affermare: lo hanno fatto. Un’altra cosa che prescrive Powell: chi vuole cambiare la storia, chi vuole fermare questi 200 anni di storia straordinaria e ribaltare completamente i destini dell’umanità, devono essere persone estremamente capaci, estremamente preparate, estremamente ben finanziate. Cioè: il meglio del meglio. «Pagate allo stesso livello dei più noti businessman e professori universitari. Dovete essere competenti: la nostra presenza nei media, nei convegni, nell’editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali e nelle commissioni legislative dovrà essere superbamente precisa e di eccezionale livello».
Sono 38 anni che i migliori cervelli selezionati dall’università, colonizzati in questo modo, con le migliori capacità, lavorano 24 ore su 24, sette giorni su sette, per ribaltare la storia, per completare l’opera di ribaltamento della storia, per riportare il potere là dove il vero potere vuole essere – il vero potere, quello che veramente decide delle nostre ore di lavoro, dei nostri stipendi, dei tassi dei nostri mutui. Sto parlando dei nostri ambulatori, dei servizi alla cittadinanza che riusciremo a dare agli anziani e ai malati. Quando i gruppi alternativi credono di poter cambiare queste macchine (enormi), sventolando bandierine e facendo manifestazioni in piazza, cosa credono di fare? Questo è un esercito di persone competenti, con presenze nei media, nei convegni, nell’editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali, nelle commissioni legislative, nelle università. Hanno infiltrato tutto, con mezzi enormi.
Arrigo Levi
Il lavoro di Lewis Powell è arrivato a questo punto – siamo nel 1971 – viene accolto dalla Camera di Commercio americana e viene passato alla Camera di Commercio internazionale. Le cose che lui ha detto si sono tutte drammaticamente verificate. Ma c’era ancora un problema da risolvere. E cioè: questi erano i precetti per la riscossa del vero potere, ma bisognava comunque azzerare, del tutto, la democrazia. Bisognava uccidere la democrazia. Ma uccidere che cosa, della democrazia? Il contenuto, mantenendo in vita l’involucro. Perché il potere capì – allo scadere degli anni ’60, inizio anni ’70 – che coi colpi di Stato non si riusciva a ottenere risultati apprezzabili: i colpi di Stato erano difficili da gestire, i media ne riportavano le efferatezze, c’era imbarazzo nell’opinione pubblica. Il potere capì che la democrazia – l’involucro della democrazia – era il contenitore migliore per i loro affari. Il contenuto della democrazia, cioè la democrazia partecipativa – quella dei cittadini che partecipano, che di danno da fare – quella doveva morire, assolutamente.
E allora bisognava dare il compito ad altre persone di stilare un altro rapporto, con altre parole molto semplici, per completare l’opera. Questo comincia nel 1975. Chi fa questo? E’ un altro organo ben identificabile: si chiama Commissione Trilaterale. Non è un gruppo di complottisti oscuri. E’, anzi, un volto molto pubblico di privati cittadini molto potenti, di tre blocchi mondiali: America, Europa, Giappone. La Commissione Trilaterale nasce nel 1973, riunisce personaggi molto noti del passato e del presente – Henry Kissinger, Jimmy Carter, David Rockefeller, Zbigniew Brzezinsky, Gianni Agnelli, Arrigo Levi, Carlo Sacchi, Edmund de Rothschild, George Bush padre, Dick Cheney, Bill Clinton, Alan Greenspan, Peter Sutherland, Alonso Cortina, Takeshi Watanabe, Ferdinando Salleo, e tanti altri. Si riunisce ogni anno, e nel 1975 la Commissione Trilaterale dà il compito a tre uomini di completare l’opera di Lewis Powell, cioè uccidere la democrazia dei cittadini che partecipano. Saranno Samuel P. Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki.
Ferdinando Salleo
Sono tre intellettuali, che poi andranno a ricoprire varie cariche – il più famoso dei quali credo sia Huntington – i quali scrivono un rapporto chiamato “La crisi della democrazia” e non perdono tempo, identificano immediatamente il punto: sono arrivati al veleno per uccidere la democrazia partecipativa in pochi istanti, in una frase molto semplice. E’ questa: «La storia del successo della democrazia» (naturalmente l’involucro democratico, non il contenuto) «sta nell’assimilazione di grosse fette della popolazione all’interno dei valori, atteggiamenti e modelli di consumo della classe media». Perfetto. Che cosa significa questo? Per uccidere la democrazia partecipativa dei cittadini, quella che è arrivata al trionfo di due secoli di storia negli anni ’60 e ’70, bisogna prendere grandi masse di cittadini e farli diventare consumatori e spettatori, cioè buttarli a capofitto nell’esistenza commerciale e nella cultura della visibilità massmediatica. Questo dissero, in un una frase di poche parole: ed è esattamente quello che è successo.
Fa venire i brividi, e ascoltate quello che dicono dopo: «Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato, prima degli anni ’60, ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla vita politica. Ciò è intrinsecamente antidemocratico, ma è stato uno dei fattori che hanno permesso alle democrazie di avere successo». Ripeto: il funzionamento di un sistema democratico «necessita di apatia», di individui e gruppi «messi da parte», una popolazione che «non partecipa», che «sta ai margini». E’ quello che ci hanno fatto: qui è morta la democrazia partecipativa, è morta la nostra storia. Siamo stati – a milioni e milioni – strappati dall’abitudine a partecipare alla democrazia, ridotti a una massa di personaggi che sta ai margini, che sono spettatori il cui unico diritto è quello di andare a votare (e di non fare nient’altro) e cioè di aspettare che la ricchezza gli coli dall’alto verso il basso, cioè le briciole che cadono dalla tavola. E
Samuel Huntington
questo è stato teorizzato con incredibile lucidità ed efficacia nel 1975 da questi tre intellettuali.
I nostri politici, i nostri amministratori, i nostri media sono solo gli strumenti del potere. E allora, per curare i cosiddetti “mali democratici”, i tre intellettuali Huntington, Watanuki e Crozier prescrivono cose altrettanto scioccanti, e – come Powell – dicono: dobbiamo riportare il dominio delle élite sui cittadini. E citano in particolare il caso del presidente Truman: che «era stato in grado di governare tutto il paese», l’America, «grazie all’aiuto di un piccolo numero di avvocati e di banchieri di Wall Street». Questo è l’esempio che loro portano alla Commissione Trilaterale come esempio di successo di gestione “democratica”. Ma c’è di peggio. Scrivono: «La democrazia è solo una delle fonti dell’autorità, e non è neppure sempre applicabile. In diverse istanze, chi è più esperto nella gerarchia (o più bravo) può mettere da parte la legittimazione democratica, nel reclamare per sé l’autorità».
Che cosa è successo, ora? La messa in opera completa e totale – forse più scandalosa della storia d’Europa – di questo principio sancito nel 1975: è passato il Trattato di Lisbona, che fa esattamente questo: cioè, coloro che si reputano i più bravi, i più potenti, i più preparati, si sono arrogati il diritto del potere senza esser stati eletti da nessuno, legittimati democraticamente da nessuno, e hanno fatto questo colpo di Stato in Europa, per cui c’è un super-governo europeo più potente di qualunque governo nazionale, che è gestito da personaggi che non sono eletti, e che quindi si sono arrogati il potere. Esattamente come scritto: perché noi siamo più bravi, più intelligenti; noi siamo l’élite, noi abbiamo il potere, e quindi la democrazia può anche essere messa da parte. L’attacco alla democrazia non avviene – come dice quello sciocco di Di Pietro – ad opera di Berlusconi; l’attaccoalla democrazia viene da qua: è stato pianificato e viene portato avanti in questo modo; questo è il nemico.
Michel Crozier
alla democrazia viene da qua: è stato pianificato e viene portato avanti in questo modo; questo è il nemico.
Dopo aver pianificato l’uccisione della democrazia partecipativa con questi mezzi, bisognava affrontare il nocciolo duro – molto duro, in quegli anni – dei lavoratori. Il mondo dei lavoratori era un osso duro da mordere. E quindi i sindacati: bisognava distruggerli, metterli da parte, annullarli. Come? Molto semplice: con la cooptazione, scrivono Huntington, Watanuki e Crozier. Bisognava disabilitare i sindacati – cosa che è successa. Oggi i sindacati non sono più i promotori dei diritti, come son sempre stati nella storia. Oggi i sindacati sono coloro che, semplicemente, barattano il grado di abolizione dei diritti; non stanno più pensando a nuovi diritti, e neanche difendendo quelli vecchi. Scrivono gli intellettuali: «Le richieste crescenti e le pressioni sui governi impongono una collaborazione maggiore; potremmo escogitare mezzi per assicurarci sostegno e risorse dai sindacati e dalle associazioni civiche».
Ora, immaginate di entrare in una fabbrica della Fiat nel 1975 e pronunciare una frase del genere; venivate presi a sberleffi, sputi e risate, o cacciati fuori a calci nel sedere. L’idea che un sindacato possa essere sfruttato dal potere per assicurargli risorse e sostegno? E’ esattamente quello che fanno oggi i maggiori sindacati in Italia e nel mondo: non fanno altro che togliere le castagne dal fuoco al potere, addirittura sponsorizzano partiti che poi andranno al potere. I tre intellettuali individuano un secondo elemento per disabilitare i sindacati: distruggere il radicalismo della lotta. Capiscono che qualunque cosa sia radicalismo è un nemico pericoloso. E infatti scrivono: «Quando il radicalismo perde forza, diminuisce il potere dei sindacati di ottenere risultati». Quindi: la concertazione. Perché? Molto semplice: «Essa produce disaffezione da parte dei lavoratori, che non si riconoscono in quel processo burocratico, e tendono a distanziarsene. E questo significa che più i sindacati accettano la concertazione, più diventano deboli e meno capaci di mobilitare i lavoratori e di mettere pressione sui governi». Che cosa è stato della concertazione? E’ diventata la regola dell’attività sindacale. Pensate: nel 1975, come arma per disabilitare i sindacati. Ci sono riusciti.
Zbigniew Brzezinski
Terza arma: privilegiare i sindacati maggiori, quelli più grossi. Di nuovo, anche questo è successo. E scrivono, infatti: «Nello Stato moderno, i capi potenti dei sindacati, capaci di comandare i propri membri, sono una minaccia inferiore all’autorità dei leader politici, e sono persino un aiuto ad essa; se i sindacati sono disorganizzati, se i membri sono ribelli, se le rivendicazioni estreme e gli scioperi selvaggi sono frequenti, l’applicazione di una politica nazionale dei salari diventa impossibile». Contribuendo all’indebolimento di chi? Dei lavoratori? No: dei governi, del potere. Quindi: la concertazione, privilegiando i sindacati più grandi. Ed è esattamente quello che è successo: perché sapevano che, in questo modo, li avrebbero potuti controllare. E’ inutile prendersela con questo o quel politico, questo o quel sindacato. Ogni governo di centrodestra e centrosinistra che abbiamo avuto in questi 15 anni ha insistito sull’innalzamento dell’età pensionabile, quando i contabili dello Stato dicono che le casse sono assolutamente in attivo. Allora perché, se le casse sono in attivo, tutti i politici insistono sull’innalzamento dell’età pensionabile? Perché devono rispondere a quegli ordini, capite?
Sui media, i tre intellettuali scrivono: «Il crescente potere dei giornalisti, a discapito di quello degli editori e dei padroni, è per noi un problema». Viene da ridere: la libertà d’informazione è esattamente il contrario. «Occorrono misure importanti per ristabilire l’equilibrio fra la stampa, il governo e le altre istituzioni». Ristabilire “l’equilibrio” fra stampa, governo e altre istituzioni significa esattamente la situazione che abbiamo oggi. E cioè: grandi televisioni in mano ai poteri politici o in mano ai poteri corporativi. Quindi: Murdoch, Berlusconi. Ripeto: non sono queste le cause dei mali che oggi noi viviamo, nella distruzione del nostro potere democratico. E poi c’è il controllo sociale. Distrutta la democrazia partecipativa, messi sotto controllo i sindacati, indebolito il mondo dei lavoratori – distrutto, di fatto, oggi, con la precarizzazione – bisognava stendere sopra questa strage l’ultima mano di vernice. Cioè: il controllo sociale, come ultima garanzia – il controllo dei controlli. E scrivono: «La società, siccome richiede ai governi maggiori interventi per risolvere i suoi problemi, necessita di ancor più controllo sociale. In Europa, la disciplina sociale non è adorata come in Giappone, e le forme indirette di controllo sociale sviluppate in America non sono presenti, in particolare in Italia».
Edmund de Rothschild
Il controllo sociale: lo stavano organizzando molto bene negli Stati Uniti d’America, architettato molti anni prima da gente come Walter Lippman e Edward Bernays, e andava assolutamente importato in Europa. Esattamente quello che è successo. Il “pericolo” è la democrazia partecipativa degli anni ’60 e ’70, ma il “pericolo” sono anche «le classi lavoratrici che non vengono del tutto assimilate nel gioco sociale». Perché, se assimilati nel gioco sociale, i lavoratori non partecipano più. Ed è accaduto. Ripeto: esistenza commerciale, cultura della visibilità. Me lo conferma una sindacalista in pensione della Zanussi di Pordenone: se c’è un problema sul lavoro, la prima idea è quella di chiamare il Gabibbo. E’ successo questo: le classi lavoratrici sono state portate dentro il gioco sociale, e sono state annullate.
“La crisi della democrazia” verrà discussa il 31 maggio del 1975 a Kyoto dalla Commissione Trilaterale. Quello che hanno discusso è accaduto, e per gestire questi ordini di scuderia, cioè per riportare questo enorme potere là dove vuole stare – cioè al primo posto – hanno istituito, da allora in poi, degli organi che sono il potere, oggi. Quindi: non il governo dei palazzi, non gli amministratori, non i mafiosi, non le caste, ma – in ordine di importanza – l’Organizzazione Mondiale del Commercio, che è un altro di questi organi sovranazionali, di questi governi mondiali; sede a Ginevra, 153 paesi che firmano accordi che sono vincolanti su qualunque legge di qualunque governo di qualunque Parlamento. Un’organizzazione dal potere enorme: nel disastro della crisi finanziaria, il presidente degli Stati Uniti voleva delle regole per mettere le briglie alla speculazione finanziaria, ma l’Organizzazione Mondiale del Commercio gli ha detto: no, non lo puoi fare, perché hai firmato uno dei nostri accordi, che si chiama “Financial Services Agreement”, l’accordo sui servizi finanziari, che vieta a qualunque paese – agli Stati Uniti, in questo caso – di porre limiti alle dimensioni delle banche d’investimento e alle loro speculazioni. E sapete chi ha firmato questo accordo per gli Stati Uniti? Un tale Tim Geithner, che oggi è ministro del Tesoro, e che è uno dei membri della Commissione Trilaterale e di altri club dei veri potenti del mondo.
Timothy Geithner
Un altro organo è la nuova Europa, l’Europa del Trattato di Lisbona e della Commissione Europea, laddove dei burocrati non eletti da nessuno hanno il potere di creare delle leggi – mentre il Parlamento Europeo non può – e la Corte Europea di Giustizia potrà emettere sentenze che saranno vincolanti persino sulla nostra Costituzione. Questo è un altro di questi organi di cui quest’idea del potere si è dotata per coltivare i propri interessi. Così come le banche centrali, che stabiliscono le politiche monetarie: vuol dire, nella pratica, quanto una persona paga del mutuo, cosa da cui deriva tutta una serie di scelte di vita: se poter istruire i figli in un certo modo, se potersi permettere un certo stile di vita o meno. Sono le banche centrali che hanno in mano la moneta, su cui abbiamo perso completamente ogni sovranità. Il sistema delle lobby è un altro degli organi istituito per portare avanti il piano. E poi c’è il “senato mondiale degli investitori internazionali”. Sono uomini in carne e ossa: il più famoso è George Soros, è diventato “un buono” ma è una falsità; da solo ha deciso l’uscita dell’Inghilterra dal sistema monetario – un solo uomo ha deciso l’uscita dal sistema monetario di un intero paese.
Questi investitori internazionali hanno poteri enormi, ricattano qualunque governo al mondo: perché, mettendo o ritirando investimenti, possono far crollare le Borse e l’economia di qualunque paese. Anche loro portano avanti quell’idea di potere. E poi, infine, la Commissione Trilaterale e un altro gruppo, il Bilderberg. Sono gli organi di cui si è dotata quest’idea – che nacque nel 1971, rilanciata nel 1975 – per governare la vita di tutti i cittadini. L’Organizzazione Mondiale del Commercio sta approvando un accordo che si chiama Gats, General Agreements on Trading Services, accordo generale sul commercio dei servizi: stanno decidendo la privatizzazione internazionale di qualunque servizio alla cittadinanza esistente. La lista dei servizi comprende tutto, addirittura chi fornisce i cancellini alle scuole pubbliche italiane, chi fornisce il gesso e le lavagne, chi porta le carrozzine nell’Asl.
George Soros
Tutto questo sta per essere privatizzato e venduto al miglior offerente internazionale. Questo significa che il potere di cui parlo riguarda la tua vita: i mutui che paghi, le condizioni che ti fanno le banche, le scelte alimentari, il lavoro, gli scioperi che non si possono fare, gli stipendi, la flessibilità. Tutto questo non è deciso dai governanti, dalle marionette del potere, ma è deciso da questo potere. Ne consegue che se continuiamo a dar retta a un esercito di sciagurati che ci sta martellando la testa col fatto che, se vogliamo cambiare la storia e il mondo, dobbiamo prendercela con quattro marionette del potere, perdiamo tempo, sprechiamo le uniche risorse che abbiamo e non abbiamo nessuna speranza. La prima cosa da fare è: imparare chi è il potere. Perché, se non sappiamo chi è, non lo potremo mai combattere.
(Paolo Barnard, testo del video-intervento “Ecco come morimmo”, diffuso nel 2009).
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