2014.01.26 – Trova 2500 euro e assegni poi li rende alla proprietaria

Posted by Presidenza on 26 Gennaio 2014
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Questo è il comportamento del Popolo Sardo, esattamente l’opposto di quello dei politici che lo amministrano !!!

Il supermercato Nonna Isa a Sanluri

Domenica 26 gennaio 2014

La protagonista della storia è una commessa di Serrenti.

Uscendo dal negozio in cui lavora, ha trovato per terra 2500 euro in contanti e un carnet di assegni. Senza esitare ha portato i soldi dai carabinieri che hanno restituito tutto alla proprietaria. La protagonista della storia è una commessa di 21 anni, dipendente del market Nonna Isa di Sanluri.

Il nome della giovane, la sua intervista, il sollievo della donna che aveva smarrito i soldi e tutti i dettagli della vicenda nell’articolo di Santina Ravì sull’Unione Sarda in edicola.

tratto da: (clicca qui)

 

2014.01.25 – MLNS E AUTODETERMINAZIONE

Posted by Presidenza on 25 Gennaio 2014
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Di  Paulu Leone Cugusi Biancu

Senza il DIRITTO INTERNAZIONALE e le sue NORME attuative, l’Autodeterminazione del Popolo SARDO per riprendersi la sua libertà e organizzarsi come Stato Indipendente, non potrà certo aversi tramite i Partiti Italiani e/o Sardi che sono Enti, costituiti e gestiti secondo le Norme dell’Ordinamento Italiano.
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A tale PROPOSITO…. esiste un articolo della Costituzione Italiana, il n. 10 che dice:

(A) – L’Ordinamento Giuridico Italiano si conforma alle norme del Diritto Internazionale generalmente riconosciute; <quindi, le azioni legali fatte da soggetti a ciò delegati, e nel nostro caso, dal Movimentu Liberatzioni Natzionali Sardu <MLNS> dovranno essere prese in seria considerazione dalla Repubblica Italiana).

(B) – La condizione giuridica dello <straniero> è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.” Lo straniero, nel nostro caso specifico, non è certo il sardo ma l’italiano e tutti gli altri non sardi; <quindi secondo le norme di Diritto Internazionale significa che lo Stato Italiano non può pretendere di fare Leggi per la Sardegna e per i cittadini Sardi (quelli regolarmente iscritti all’Anagrafe sarda).

(C) – Dato che la Costituzione Italiana afferma di “riconoscere e di conformarsi” alle Norme del Diritto Internazionale, la NAZIONE SARDA (formata dall’intero suo Popolo, iscritto all’Anagrafe Sarda) pertanto potrà percorrere il suo cammino <per avere il suo STATO> secondo le modalità democratiche stabilite dal Diritto Internazionale, per cui il MLNS – regolarmente costituito/riconosciuto dall’ONU e dalle Corti Internazionali di Giustizia – è il garante per la SARDEGNA.

Di quello che fa l’Italia ci interessa poco ma nel futuro Stato Sardo la linea sarà molto simile a quella della Svizzera.

sabato 25 gennaio 2014

IMMIGRAZIONE DI MASSA – I lettori del Fatto Quotidiano commentano l’iniziativa in votazione il prossimo 9 febbraio (referendum sulla limitazione di ingresso di frontalieri e lavoratori stranieri – ndr): “E’ così che si fa! Bisogna difendere i propri lavoratori e l’Italia dovrebbe fare altrettanto”

Lo dobbiamo ammettere, eravamo prevenuti. Quando un lettore ha inviato in redazione a nostro giornale (mattinonline.ch – ndr) un link di un articolo de Il Fatto Quotidiano, invitandoci a leggere i commenti dei lettori, immaginavamo di trovarci di fronte una sequela di sproloqui contro la Svizzera. E invece la maggioranza degli utenti del blog ha dimostrato una certa obiettività nei commenti. Eccone alcuni:

Brava la svizzera!! grandissimo paese con i coglioni quadrati!!!

Prima si difende il proprio popolo, dopo vengono gli stranieri! questa si che è civiltà! noi invece ci prendiamo gli immigrati clandestini che ci hanno fatto abbassare la paga!! impara italia!!! e grazie PD

In molti paesi nel mondo si stanno adottando leggi più o meno restrittive sull’immigrazione,e comunque se ne discute.. non mi risulta sia semplicissimo nemmeno trasferirsi negli usa o in australia,se non hai determinate credenziali che possono dipendere anche da un certo mercato. conosco persone che sono dovute tornare,e nessuno si sogna di criticare questi paesi. da noi invece esiste un buonismo di facciata secondo il quale ogni volta che si parla di questi argomenti succede il finimondo

I “politicanti italici” – come al solito – arriveranno ultimi … quando sarà una emergenza e ancora una volta ci saranno quelli che contesteranno perché vivono e sopravvivono solo se c’è caos e qualche cosa su cui discutere.

Hanno preso esempio dalla Kienge pagata da noi per fare gli interessi dei migranti!

Dal “buonismo” ormai siamo passati al masochismo ed a molti piace senza nemmeno sapere cos’è! dovremmo farlo anche in Italia. Non capisco perché dobbiamo dare i contributi a tantissimi disoccupati e perché tantissimi stranieri lavorano in Italia.

Non ci trovo nulla di xenofobo in questo referendum si tratta di pragmatismo che è tipico degli svizzeri. La Svizzera è piccola è ovvio che non può accogliere masse di gente che la vede come la meta dove potersi sistemare o trovare lavoro o asilo. Una volta la gente si spostava poco e anche l’immigrazione era limitata, adesso si rischiano spostamenti consistenti di migliaia e migliaia di persone verso gli stessi paesi, gente che è disposta a lavorare con salari ridottissimi e che metterebbe a rischio i posti di lavoro e i diritti dei locali. Per non parlare delle risorse per accogliere che non sono infinite. Poi in tempi di crisi tutti i paesi hanno una disoccupazione crescente e la Svizzera non fa eccezione, mi sembra normale che cerchi prima di risolvere il problema dei propri disoccupati, come stanno facendo Spagna, Portogallo, UK e persino paesi come il Marocco e la Turchia.

Se il referendum non è contrario ai principi che reggono la Confederazione Elvetica, bisognerà rispettare la volontà del popolo svizzero. Sarebbe bello se anche in Italia si facessero dei referendum (previo controllo di costituzionalità) per decidere su questioni importanti ascoltando il volere dei cittadini.

Perché contingentare l’ingresso di lavoratori stranieri in una fase di stagnazione economica è una misura xenofoba? Mi sembra una misura di realismo politico: se manca il lavoro, non si possono accogliere migliaia di aspiranti lavoratori.

Condivo in pieno la mossa del popolo svizzero , che notoriamente è molto più scaltro e intelligente di quelle pecore di italiani .

Sono rimasti solo Napolitano , Travaglio ( e sua sorella ,come spesso lui replica alle critiche che riceve ) e Vendola a difendere la pletora di delinquenti extracomunitari che arrivano impunemente in Italia , salvo poi a doverli mantenere con tutti gli onori alla babbaccia del popolo che soffre la fame e la disoccupazione permanente

Gli svizzeri fanno i propri interessi, giustamente. Magari li facesse anche l’Italia (alcuni politici già li fanno).

Avere letto questi commenti, ci ha colpito. Non ce l’aspettavamo.

tratto da: (clicca qui)

2014.01.22 – Siamo in guerra ma non lo vogliamo ammettere

Posted by Presidenza on 22 Gennaio 2014
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UNA PICCOLA RIFLESSIONE SULLA RESPONSABILITA’ E SULLE CATTIVE ABITUDINI

Quando ti tolgono il pane dalla bocca, a te e ai tuoi figli, quando ti sembra di soffocare e non ti lasciano prendere fiato e – anzi – ti tolgono ancora più aria, allora vuol dire che sei in guerra. Si, sei in stato di guerra. Una guerra che non ti è mai stata dichiarata ufficialmente perché non c’è interesse che tu ne sia consapevole. Guerra. E’ una parola pesante ? Sicuramente non lo è per chi ti ha mosso guerra contro te e i tuoi figli e la tua terra. Per LORO è normale. Però, se tu vai a …”protestare” allora ti dicono che devi stare attento, a quello che dici e come lo dici e a chi lo dici. Tu non te ne rendi conto, ti sembra troppo pensare di essere in guerra, un’esagerazione, una cosa troppo brutta e tremenda da accettare questa semplice e amara realtà.

Perchè ?

Ma non sarà forse perché l’accettazione di quello che può essere un semplicissimo, chiaro, limpido e concreto pensiero imporrebbe una presa di posizione altrettanto concreta ? Cioè, se chiarisci con te stesso che ti stanno facendo la guerra allora devi scendere in guerra, se no muori. Non sopravvivi. E se pensi questo sei costretto a fare cose a cui non avresti mai pensato prima. In ogni caso devi reagire e fare qualcosa.

Invece spesso ti prendono a cazzotti, e preferisci far finta che non ti fanno male, così non reagisci e tutti sono contenti di te. Non puoi deludere nessuno. Sei accettato e ti accetti. E continui a prenderle di santa ragione.

Sono dell’idea che spesso non vogliamo accettare la realtà perchè questa imporrebbe la responsabilità della reazione concreta da parte nostra. I problemi che nella vita di ognuno di noi si ripresentano con cadenza quasi regolare, non ci dicono affatto che siano sfortunati. La sfortuna non esiste. E’ pura illusione. E’ il conforto del demonio. I problemi ci stanno dicendo che stiamo sbagliando a non affrontarli e quindi siamo impossibilitati a  fare il passo successivo verso la crescita e la responsabilità. E noi non vogliamo nessuna responsabilità, a cominciare proprio da quella dovuta verso noi stessi, e figuriamoci verso gli altri.

La ricerca della responsabilità è una pratica che l’uomo del XXI secolo sta abbandonando. La responsabilità l’abbiamo ripudiata. E’ scomoda, ci ricorda quanto siamo stupidi e ci farebbe male, troppo male. Ecco perchè hanno potuto inculcarci l’idea di essere sempre e comunque pacifisti, di essere sempre e comunque tolleranti, sempre e comunque ben educati, sempre e comunque equilibrati, moderati in ogni nostra azione e innanzi tutto in ogni nostro pensiero! Accettiamo tutto, e di tutto. Bravi bambini. La realtà davanti ai nostri occhi è diventata ormai una farsa da avanspettacolo di rivista.

Ti dicono che devi pagare lo stesso uno sproposito di tasse anche quando non ce la fai e ti rincarano la dose dicendoti che devi stringere i denti e pagare lo stesso. Non sarebbe più onesto chiamare questa cosa “pagamento del pizzo ?”.

Chiunque ti governi ti bombarda con il tormentone del “…sta per arrivare la ripresa!”. Frase che – guarda caso – è sempre pronunciata proprio da chi è il colpevole del danno irreparabile fatto al tessuto economico di questo paese, per cui la ripresa noi non la vedremo mai! Mai fin quando ci saranno loro! Ti dicono che stanno facendo qualcosa per te e invece sarebbe più onesto riconoscere che stanno in realtà lavorando CONTRO di te, CONTRO i tuoi figli, CONTRO la tua terra.  Ti dicono che all’estero c’è più possibilità per te o per tuo figlio, ti invitano a tenere duro quando in realtà loro vogliono buttarti fuori a calci in culo per riorganizzare la TUA terra con una società diversa, con persone più controllabili, che fanno meno il gradasso.

Ti dicono che siamo in democrazia e invece sarebbe onesto chiamarla dittatura.

E’ chiaro che contro tutto questo non possiamo far niente da soli se cominciamo per lo meno a guardarci allo specchio e chiederci – una buona volta per sempre – se è questo quello che vogliamo veramente. Darci una risposta sincera sarebbe già di per sé un grande atto di rispetto verso se stessi, ammettendo che finora è stato dato consenso ad una classe politico-dirigenziale più simile ad una compagnia di teatro, delle macchiette, tra l’altro pagate profumatamente, sarebbe già una prima reazione seria e umana.

E non saranno certo le manifestazioni di piazza a ridarci il maltolto. Tra l’altro, protestare sonoramente non ha mai dato alcun risultato, in particolar modo in Italia, perchè anche quando fossimo un milione davanti al Palazzo non ci sarebbe nessun cronista disposto a dare il giusto risalto all’evento, e non darebbe mai i veri numeri della protesta, perché non c’è nessun giornalista/giornale che sarà mai dalla TUA parte (alla faccia dei cani da guardia della democrazia) e anzi farà di tutto per sminuire l’evento, se non riportarlo come atto di terrorismo per le strade. Già, un atto di terrorismo, la scusa adatta per cui un poliziotto in assetto antisommossa proverà a sfondarti il cranio a manganellate perché chi gli firma la busta paga non tollera un certo tipo di dissenso e quindi gli ordina di tapparti la bocca con ogni mezzo.

Siamo in guerra già da parecchio tempo. E’ una guerra strana, atipica, non convenzionale, dove gli unici contendenti a scendere sul campo di battaglia sono tutti meno che i cittadini, e cioè:  la classe politica, le fondazioni bancarie, le case farmaceutiche, la casta degli editori e dei giornalisti, la casta dei magistrati “colorati”, i signori delle multinazionali, e chi più ne ha più ne metta, da decenni ci bastonano e ci sfruttano succhiandoci avidamente il sangue e rubando il nostro futuro. Si perché si sono presi anche quello. E noi, i cittadini, continuiamo a votarli, a sceglierli. A proposito della scelta e sulla libertà della democrazia, mi preme citarvi un brano dei dialoghi del film Matrix Reloaded, dove uno dei personaggi cattivi (il Merovingio) affermava in una famosa battuta che “…la scelta è solo un’illusione creata e posta tra chi ha potere e chi non né ha…”.

Da ché l’unica vera scelta autentica che abbiamo mai fatto è quella di non combattere e anzi a volte ci mostriamo verso il nostro nemico particolarmente accondiscendenti, al limite del masochismo.

L’unica via da percorre quindi è la responsabilità personale di ognuno di noi, e capire finalmente che siamo in guerra, che possiamo combatterla se ri-conosciamo il nostro nemico, cioè chi continua a raccontarci frottole, ci sorride e mentre ci prosciuga la dignità ci chiede anche il prossimo voto. Nella cabina elettorale spesso si consuma il delitto più odioso che un cittadino possa commettere verso se stesso: l’abitudine di votare sempre e comunque gli stessi colori. L’abitudine di votare sempre e comunque chi non ha mai fatto niente e mai niente farà per i cittadini, perché sono servi di altri padroni.

Togliere definitivamente il velo a questa ipocrisia di fondo togliendo l’assenso a questo sistema, a questo stato di cose. Ci vuole solo la forza di cambiare certe “abitudini”.

A proposito di abitudine. Oriana Fallaci, famosissima giornalista e scrittrice, una che aveva il santissimo vizio di non mandarle a dire, in un suo romanzo pubblicato nel 1979 dal titolo Un uomo, ebbe a scrivere:
“L’abitudine è la più infame delle malattie perchè ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte.

Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portare le catene, a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto.

L’abitudine è il più spietato dei veleni perchè entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza e quando scopriamo di averla addosso ogni fibra di noi s’è adeguata, ogni gesto s’è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci.

Buona fortuna a tutti.

tratto da: (clicca qui)

 


Il giorno sabato 18 gennaio 2014 presso la sede del MLNV si è tenuta una riunione del Coordinamento dei Movimenti di Liberazione Nazionale Sardo, Siciliano e Veneto.

Nell’occasione il MLNV ha chiesto agli altri MLN di ratificare appena possibile il Trattato di cooperazione e mutuo consenso che di seguito riportiamo e che speriamo di poter estendere anche ad altri Movimenti di Liberazione Nazionale.


 

Oggetto: TRATTATO DI COOPERAZIONE E MUTUO SOSTEGNO.

Le Parti Contraenti, riaffermando il loro desiderio di vedere ripristinata la totale e incondizionata sovranità dei rispettivi Popoli sulle proprie Terre d’origine, oggi occupate dallo stato straniero italiano, desiderano consolidare la cooperazione e il mutuo sostegno fra i Movimenti di Liberazione Nazionale aderenti al presente trattato al fine di consentire il raggiungimento e il compimento del loro diritto di autodeterminazione.

Ispirandosi ai fini e ai principi della Carta delle Nazioni Unite le Parti Contraenti hanno convenuto le seguenti disposizioni:

 

Art.1

Intento esclusivo del presente trattato è il mutuo sostegno e appoggio per il conseguimento e l’attuazione del diritto di autodeterminazione dei Popoli qui rappresentati dai rispettivi Movimenti di Liberazione Nazionale.

 

Art.2

L’aggressiva, razzista e colonialista occupazione straniera italiana impegna le Parti Contraenti a  stabilire e attuare, nei modi e tempi che si decideranno secondo le rispettive reali possibilità, le misure necessarie per garantire la sicurezza dei rispettivi Popoli.

 

Art.3

Le Parti Contraenti si impegnano, in conformità alla Carta delle Nazioni Unite, ad astenersi dal ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza per non compromettere la pace e la sicurezza internazionali.

Nel caso però uno o più dei Movimenti di Liberazione Nazionale parte del presente trattato, fossero oggetto di attacco e di azioni di forza da parte delle autorità d’occupazione straniere italiane, ogni Movimento di Liberazione Nazionale, parte al trattato, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art.51 della Carta delle Nazioni Unite, accorderà, individualmente e/o in accordo con gli altri Movimenti di Liberazione Nazionale, la necessaria assistenza, con tutti i mezzi che riterrà opportuni, compreso l’impiego della forza armata, se richiesto e autorizzato dalla Parte Contraente attaccatta.

 

Art.4

Allo scopo di consolidare il coordinamento politico per una maggiore efficacia attuativa delle rispettive rivendicazioni di autodeterminazione le Parti Contraenti si consulteranno fra loro per tutte le questioni di rilevanza internazionale, decidendo, nel caso, di agire congiuntamente.

 

Art.5

Le Parti stipulanti si impegnano a non aderire e partecipare ad alcuna coalizione od alleanza e/o concludere accordi e patti di qualsivoglia natura, i cui fini possano essere in contrasto con quelli siglati dal presente Trattato o contrari ai principi di autodeterminazione dei rispettivi Popoli.

 

Art.6

Le Parti stipulanti si impegnano ad agire con reciproco spirito di amicizia e collaborazione per sviluppare e consolidare legami di mutuo soccorso nel rispetto dell’indipendenza e della reclamata sovranità delle rispettive Nazioni, avendo riguardo di non ingerenza negli affari interni e la giusta considerazione per le tipicità culturali, per le tradizioni, per gli usi e costumi dei rispettivi Popoli.

 

WSM

Venetia, 18 gennaio 2014

Il Vice Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

Davide Giaretta

Il Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

Sergio Bortotto

2014.01.18 (2)

2014.01.18 (3)

2014.01.18

tratto da: (clicca qui)

giovedì 16 gennaio 2014

DUBLINO — Stavo parlando poco prima di Natale con un ragazzo che vende scarpe in un grande magazzino di Dublino. Mi ha detto che il giorno prima una troupe televisiva aveva girato delle interviste nel negozio. Volevano sapere se le vendite fossero salite durante l’importantissimo periodo natalizio, per avere un segnale se la malconcia economia irlandese, dopo cinque anni terribili, sia finalmente in ripresa.

La maggior parte dei suoi colleghi aveva risposto che, in realtà, le vendite erano piuttosto deludenti. Uno, che era invece più fiducioso, aveva detto che c’erano segnali di miglioramento. Quando alla sera il giovane ha visto il telegiornale, non è stato particolarmente sorpreso nello scoprire che l’unica intervista mandata in onda era quella con l’ottimista.

Tutti vogliono che l’Irlanda sia una storia a lieto fine, la prova che la disponibilità a subire le pene di un’austerità prolungata alla fine verrà  premiata. I cittadini comuni hanno bisogno di qualche speranza. Il governo, nelle parole del vice primo ministro Eamon Gilmore, è “determinato a fare in modo che l’Irlanda divenga la storia di successo dell’Europa.” Un influente membro del board della Banca Centrale Europea, Jörg Asmussen, dice: “il programma irlandese è una storia di successo”. La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha elogiato l’Irlanda come un esempio di come i paesi in crisi si possano riprendere.

L’unico problema è che, per la maggior parte di noi che davvero vivono qui, la storia di successo dell’Irlanda non assomiglia tanto a “Le ali della libertà” quanto a “Rocky”. Noi non siamo stati gioiosamente liberati; abbiamo solo resistito a un sacco di colpi. Stiamo ancora in piedi, ma abbiamo preso così tanti pugni che adesso è difficile vederci bene.

Sì, la situazione finalmente è migliorata, ma le prospettive rosee sono offuscate da due domande assillanti. C’era bisogno di star male per così tanto tempo? E: il duro trattamento ha effettivamente guarito i mali dell’Irlanda? In particolare, per i conservatori, l’Irlanda è la Tyra Banks delle nazioni: un paese modello. L’unico problema è che non riescono a decidersi di cosa esattamente l’Irlanda sarebbe un modello.

Per lungo tempo, quando l’ Irlanda era in piena espansione, essa era l’esempio perfetto di una minima regolamentazione del mercato e di bassa tassazione. (Con un tempismo impeccabile, nei suoi dibattiti presidenziali con il Senatore Barack Obama nel 2008, il senatore John McCain ha citato la bassa tassazione sulle imprese in Irlanda come un modello per gli Stati Uniti  — proprio mentre l’Irlanda stava sprofondando nella crisi.) Ora che l’Irlanda sta cercando di emergere timidamente dalla sua lunga recessione, viene citata come il miglior esempio delle virtù dell’austerità.

Come ha detto in ottobre il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, un falco fiscale: “l’Irlanda ha fatto quello che doveva fare. E ora va tutto bene.” L’Irlanda era una storia di successo quando festeggiava all’impazzata, ed è una storia di successo ora, che è la Grande Falciatrice dell’economia internazionale. Nell’abbuffata o nella purga, non possiamo mai sbagliare.

Noi irlandesi siamo eterni ottimisti, ma la convinzione del signor Schäuble che tutto vada bene è un raro esempio di un tedesco che ci supera in esuberanza irrazionale. È certamente vero che, se camminate nel nuovo quartiere vicino al porto di Dublino, con gli scintillanti quartieri generali europei di Google, Twitter, Facebook e Yahoo, e i loro caffé e hotel tirati a lucido, si potrebbe concludere che se la crisi irlandese è questa, un boom irlandese deve essere un qualcosa di veramente straordinario.

Il nuovo Marker Hotel all’ultima moda e il complesso residenziale, che hanno aperto i battenti nel mese di aprile e sono costati 120 milioni di euro (163 milioni di $), potrebbe essere a Los Angeles o a Dubai. Si affaccia sulla vivace architettura americana del Grand Canal Square di Martha Schwartz e sul teatro di lusso progettato da Daniel Libeskind. In un paese distrutto da una spettacolare bolla immobiliare, i prezzi delle case a Dublino hanno ricominciato di nuovo a salire, con un aumento del 13 per cento nell’ultimo anno.

Ma l’Irlanda ha due economie: una globale, dominata dalle società americane hi-tech, e una interna, grazie alla quale molti lavoratori irlandesi devono sopravvivere. La prima in effetti è in piena espansione. Proprio a causa della bassa tassazione sulle società, le grandi multinazionali trovano Dublino attraente per altri motivi che non i suoi pub e la sua vita notturna. Per capire quanto l’Irlanda dipenda  da questo tipo di investimenti per le sue esportazioni, basti pensare che il prodotto interno lordo irlandese ha pesantemente risentito nel 2013 del fatto che il Viagra (che è prodotto dalla società Pfizer nella contea di Cork) è andato fuori brevetto in Europa. Parlando in generale, tuttavia, la parte globalizzata dell’economia irlandese è rimasta robusta.

Ma è a casa che c’è il mal di cuore: l’economia interna, al di fuori della ristretta comunità delle multinazionali hi-tech. Fuori da Dublino, i prezzi degli immobili sono ancora in calo. I salari della maggior parte dei lavoratori sono drasticamente scesi. La disoccupazione rimane molto alta, al 12,8% — e questo dato sarebbe superiore se non fosse per l’emigrazione. C’è sempre un modo molto semplice per misurare quanto stia bene l’Irlanda: andare nei porti e negli aeroporti alla fine delle vacanze di Natale e contare i giovani che dicono addio ai loro genitori, mentre si dirigono negli Stati Uniti, in Canada, in Australia o in Gran Bretagna, dove vanno a cercare lavoro e opportunità.

Ci sono popoli che nei momenti brutti protestano; gli irlandesi se ne vanno. E lo hanno fatto così in tanti che è dagli anni ‘80 che non si vedeva niente del genere. Quasi 90.000 persone sono emigrate tra l’aprile del 2012 e l’aprile del 2013, e a partire dalla crisi del 2008 se ne sono andate circa 400.000  Per un paese con una popolazione pari circa a quella del Kentucky (circa 4,5 milioni di abitanti), è davvero un sacco di gente.

Non c’è nessun grande mistero sul perché se ne vanno: non credono nella storia di successo. Un importante studio dell’Università di Cork ha rilevato che la maggior parte degli emigranti sono laureati e che quasi la metà di loro ha lasciato un’occupazione a tempo pieno in Irlanda per andare all’estero. Questi non sono profughi disperati; sono giovani brillanti, che non credono più che l’Irlanda possa dar loro le opportunità che desiderano. Semplicemente non si sono bevuti la favola della trionfante ripresa.

Quando il Fondo Monetario Internazionale, la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea — la cosiddetta troika — si sono impadroniti della governance fiscale dell’Irlanda nel dicembre 2010, in qualche modo si sono auto-convinti che profondi tagli alla spesa pubblica e riduzioni dei salari sarebbero andati di pari passo con la crescita economica. Il F.M.I, per esempio, ci ha detto che l’economia irlandese sarebbe cresciuta del 5,25 per cento tra il 2011 e il 2013. In realtà,  è cresciuta di circa la metà.

Un po’ di buonsenso avrebbe suggerito che in un’economia in cui gli investimenti privati erano spariti (i tassi di investimento irlandesi sono ora circa la metà rispetto alla media della zona euro), ridurre anche gli investimenti pubblici avrebbe potuto causare qualche problema. Dopo cinque anni di austerità è scioccante, ma non certo sorprendente, che un bambino irlandese su quattro cresca in una famiglia in cui nessuno ha un posto di lavoro retribuito.

E nemmeno è sorprendente che l’addio della troika alla fine del 2013 e alcuni modesti segnali di ripresa economica non siano stati accolti con balli sfrenati sui tetti. Gli irlandesi erano disposti a sopportarere qualche pena; c’è ancora in giro abbastanza senso di colpa cattolico perché una storia di peccato ed espiazione possa avere un seguito psicologico notevole. La gente guarda mestamente indietro agli anni della “tigre celtica” e ammette che abbiamo meritato la fustigazione per aver pensato che saremmo potuti diventare ricchi vendendoci l’un l’altro case da milioni di dollari. Ma non sono convinti che la dimensione crudele della  punizione fosse necessaria o che in effetti la medicina cattiva abbia funzionato.

Dietro entrambe queste affermazioni si profila la grande contraddizione della storia del presunto successo dell’austerità irlandese. L’austerità è stata tale solo per i cittadini.

In parallelo a tutti i tagli della spesa pubblica e a tutti gli appelli alla responsabilità fiscale, c’è stato un programma di spesa così sontuoso da far sembrare avaro un marinaio ubriaco. Metà del programma della troika era il taglio ai salari, al welfare, alla sanità e all’istruzione. L’altra metà era insistere che l’Irlanda continuasse a iniettare grandi risorse nelle sue banche barcollanti, compresa la famigerata, e ora liquidata, Anglo Irish Bank.

La politica del “nessun obbligazionista verrà lasciato indietro”, su cui la Banca Centrale Europea ha insistito, è stata incredibilmente costosa. Per fare le dovute proporzioni, l’Unione europea ha appena accettato di creare un fondo di 75 miliardi di € per affrontare tutte le future crisi bancarie dei suoi Stati membri. La piccola Irlanda ha speso ben 85 miliardi di € per salvare le proprie banche.

È particolarmente irritante per la maggior parte degli irlandesi che ora ci sia un’ammissione, quasi casuale, che quest’idea era abbastanza folle. Olli Rehn, il Commissario agli affari economici dell’Unione Europea e uno dei principali architetti della strategia irlandese dall’inizio della crisi, ora dice: “A posteriori, penso che sia abbastanza facile individuare alcuni errori, come la garanzia di copertura  per le banche.” Questa ammissione, però, non implica alcun cambiamento di politica. “Ma ormai tutto questo è acqua passata”, ha proseguito “e ora noi abbiamo corretto la direzione del fiume”. L’Irlanda, ci ha rassicurato il signor Rehn, è in “una situazione migliore, al momento”.

Ma il corso fiume non è stato cambiato: dalla decisione catastrofica di salvare le banche a tutti i costi continua ad arrivare un torrente di debiti. La speranza che i debiti irlandesi potessero essere in parte alleggeriti dall’intervento dei partner europei, come riconoscenza per il ruolo del paese nel salvataggio dell’euro, si sta ormai spegnendo.

La piccola Irlanda ha incassato il colpo per salvare l’intera squadra. In cambio, ottiene una pacca sulla spalla e la discutibile soddisfazione di essere chiamata una “storia di successo”.

Ecco perché, alla fine, il programma di austerità non è riuscito nel suo fondamentale obiettivo di far scendere il debito sovrano dell’Irlanda, che in realtà è aumentato vertiginosamente durante gli ultimi 5 anni. Nel 2009, era al 64% del PIL. L’anno scorso, è salito al 125%. Il debito è raddoppiato mentre la spesa pubblica è stata tagliata.

In questo, l’Irlanda può essere davvero un modello: soffrire per mantenere un’immagine irreale di perfezione anoressica .

NEW YORK TIMES

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