2014.11.30 – Boicottare Wall Street, il piano di Putin per un mondo libero

Posted by Presidenza on 30 Novembre 2014
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FORZA PUTIN !!!

 

Nessuna delle tribù barbare alle frontiere dell’Impero Romano avrebbe potuto, individualmente, annientare la macchina da guerra rappresentata da quest’impero ed entrare vittoriosa a Roma. L’impero s’era fornito di più risorse e più cavalieri in vista della distruzione del suo nemico. I barbari erano divisi e si muovevano in modo scoordinato. Roma, infatti, cadde solamente quando le sue strutture di governo si decomposero e l’esercito cessò di esistere. L’impero, poco a poco, perse le sue province; privato delle sue risorse, si indebolì e perse i mezzi con cui opporsi agli invasori. Ciò significa che per vincere gli Usa, che si considerano come gli eredi dell’impero romano, bisogna: 1. unirsi a coloro che si vogliono liberare del potere di Washington; 2. indebolire dall’interno la “nuova Roma”; 3. privarla di quante più risorse possibili. I paesi stanchi dell’egemonia degli Usa si sono uniti nel quadro dei Brics, dello Sco e dell’Unione Doganale Eurasiatica. Indebolire gli Usa dall’interno è molto complicato, perché ciò richiede delle azioni specifiche: una preparazione di alto livello delle Ong e di specialisti delle “rivoluzioni colorate”, le quali non sono possedute né dalla Russia né dalla Cina.

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Vladimir Putin

 

 

 

Tuttavia gli Usa non mancano di problemi interni, che ultimamente peggiorano e si espandono, vedasi l’affare Ferguson. In tal maniera, il mezzo più efficace di opporsi agli Usa è il privarli di risorse, rifiutando tutti i prodotti-chiave americani. Ciò andrebbe a scapito del dollaro, che è il mezzo con cui Washington opera la ridistribuzione delle risorse. Per trattare questo argomento bisogna allontanarsi dagli assalti dell’isteria mass-mediatica. Innanzitutto, bisogna smettere di comprare le obbligazioni Usa ed europee, che succhiano le riserve dei fondi russi. Dal primo gennaio, i fondi che erano utilizzati per l’acquisto di queste obbligazioni dei “partner occidentali” saranno utilizzati per i bisogni del Tesoro. In seguito, nelle strutture profonde del partito “Russia Unita” si prepara una rivoluzione economica a partire dai piani alti. In terzo luogo si persegue l’approccio con la Cina, sulla quale è utile soffermarsi in modo più preciso. Oltre che la messa in moto del memorabile progetto dell’oleodotto “Forza siberiana” si persegue un lavoro comune, determinato e coordinato, del rafforzamento dei mezzi militari, oltre che lo stabilizzare i partner dell’Asia centrale.
Per esempio, la Cina appare essere uno degli investitori principali nel Tagikistan. Tutta una serie di progetti comuni tra Russia e Cina sono stati intrapresi, come l’inaugurazione d’un infrastruttura aeronautica comprende anche gli elicotteri. In relazione a ciò, sta venendo fatto pure un lavoro fondamentale di distacco dal dollaro americano negli scambi commerciali. È utile sottolineare che gli Usa, con le loro azioni ad Hong Kong, hanno decisamente irritato Pechino: il livello di sostegno della popolazione cinese è passato dal 47% al 66% in un solo anno, in seguito al suo confronto con l’Occidente. Durante la diciottesima sessione della commissione russo-cinese per la preparazione degli incontri governativi, il vicepremier ministro Wang Yang ha dichiarato come «sbagliate» le sanzioni occidentali contro la Russia e ha esortato sia la Russia che la Cina a dare una risposta appropriata ai paesi occidentali. Durante il forum economico russo-cinese, il presidente della banca centrale cinese, quinto istituto finanziario al mondo, ha dichiarato che «è indispensabile rafforzare la cooperazione in materia di tali operazioni e mettere fine al monopolio del dollaro». I meccanismi per disgregare l’egemonia del dollaro sono stati oramai concepiti.

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Wang Yang

 

 

 

 

L’11 ottobre la stampa ha confermato che la Russia e la Cina hanno concluso un accordo sulle operazioni “swap” (ossia le operazioni di scambi) per le esportazioni in rubli e yen. Senza dubbio, dopo aver firmato quest’accordo “swap”, il numero dei candidati che intendono astenersi dal dollaro dovrebbe aumentare, perchè anche la Turchia ne é interessata. Intanto si rafforza l’approccio con l’Iran. Teheran e Mosca studiano una transazione nota come “petrolio in cambio di centrali elettriche”. Dato che l’Iran resta vincolato dalle sanzioni, le banche commerciali russe stanno inaugurando una serie di collaborazioni con la Persia, e sta venendo anche effettuato uno studio per stabilire una banca comune per il mutuo finanziamento dei progetti economici e commerciali. E tutto ciò senza parlare delle attività ininterrotte per l’inaugurazione dello spazio economico eurasiatico, al quale s’aggiunge anche l’Armenia e a cui prenderà parte anche il Kirghizistan prima della fine dell’anno. Insomma, il piano strategico di Putin, il cui fulcro è la cooperazione con coloro che sono stanchi dell’egemonia degli Usa, mira a privare gli Stati Uniti delle loro risorse e a rinforzare la propria economia evitando di ricorrere al dollaro per le transazioni. E tutto ciò senza che la Russia e la Cina rischino di incappare nei tranelli che sono tesi loro, sotto forma di “paracaduti gialli” o di prese di posizioni radicali nella guerra civile ucraina. La nuova Roma, senza dubbio, crollerà.
(Ivan Lizin, estratti dall’intervento “Il diabolico manuale di Putin, piccolo manuale di combattimento contro l’impero mondiale”, pubblicato da “Reseau International” il 17 ottobre 2014 e tradotto da “Come Don Chisciotte”).

tratto da: (clicca qui)

 

 

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Il Comandante della NATO in Europa ammette che non ci sono Forze russe schierate in Ucraina orientale

Il Generale Philip Breedlove, comandante delle Forze NATO, parlando a Kiev il 26 novembre ha fatto una dichiarazione importante, che ovviamente è stata in gran parte ignorata dalla stampa occidentale, scrive Jacques Sapir su RussEurope.

Parlando della possibile presenza di truppe russe nella parte dell’Ucraina che è sotto il controllo dei separatisti filo-russi ha espressamente detto: “Il numero dei militari russi non è cambiato nel corso delle ultime settimane – tra gli otto e i dieci battaglioni sul confine, ma questa non è la parte importante”. Le parole hanno un significato. Ciò significa che (a) non vi è alcuna “invasione” dell’ Ucraina, come è stato ampiamente proclamato sulla stampa francese e occidentale e (b) se le truppe sono “sul confine” non sono all’interno dell’Ucraina.

Quello che sappiamo è che la Russia è un paese sovrano, e ha tutto il diritto di far stazionare le sue truppe alle sue frontiere. Questa dichiarazione fa venire meno le varie accuse sulla presenza di truppe russe che combattono con i ribelli. Nella stessa dichiarazione, Breedlove aggiunge: che i russi all’interno dell’Ucraina “sono principalmente coinvolti in attività di formazione, consulenza, assistenza”. In altre parole, non ci sono truppe da combattimento (o unità regolari) ma la NATO sostiene di avere le prove che “i russi in Ucraina sono coinvolti principalmente nella formazione, consulenza, assistenza e nell’aiuto” alle forze nella parte orientale del paese.” Il Generale Breedlove aggiunge infine: “Non ha a che fare con il numero esatto di truppe dispiegate, è più per il fatto che vi è una grande forza lì che può essere impiegata”. In altre parole dobbiamo giudicare le intenzioni, non i fatti. Ora, prosegue Sapir, un insegnamento fondamentale in tutte le scuole di guerra è che si devono valutare le capacità di un avversario, e non le sue probabili intenzioni.

In realtà, il Comandante Supremo delle Forze della NATO in Europa ammette che non ci sono Forze russe schierate nelle zone controllate dai separatisti. Ammette anche che le dichiarazioni precedenti sulle decine di carri armati russi nelle aree separatiste erano false. Ne prendiamo atto. C’è uno schieramento di Forze alla frontiera, e ci si può chiedere cosa succederebbe se queste Forze venissero impiegate. Ma per ora, non è questo il caso. Questo è un punto essenziale, che, va sottolineato, distrugge completamente la tesi del governo francese sull’atteggiamento della Russia e annulla la decisione sulla consegna delle portaelicotteri classe Mistral alla Marina russa. La decisione del governo francese di sospendere la consegna scredita profondamente il Paese, sia nei confronti dei russi che del resto del mondo, sostiene Sapir.

Che dei russi siano presenti tra gli insorti del Donbass è ovvio e nessuno lo ha mai negato. Si tratta di volontari russi della società civile (e la mobilitazione di questi ultimi a fianco degli insorti è stata ed è impressionante tutt’oggi) e di altri soldati che hanno chiesto un permesso da 3 a 6 mesi. E ‘anche chiaro che questi volontari hanno potuto recarsi in Ucraina dopo il permessi tacito e, a volte esplicito delle autorità locali, e persino federale. In alcune province (come a Smolensk e Rostov), il sostegno agli insorti dell’Ucraina è stato enorme, ed è stato tenuto a freno dalle autorità locali. Ma questi ultimi non si sono opposti e il motivo è che la Russia è una democrazia, anche se imperfetta, anche se con molti difetti, ma è ancora una democrazia. Le autorità di Smolensk e Rostov non volevano andare contro i sentimenti dei loro elettori. A livello federale, è chiaro che il ministro della Difesa ha permesso ai capi degli organismi locali di concedere le autorizzazioni ai soldati di lungo corso e agli ufficiali di raggiungere gli insorti. Ma il governo non ha inviato il suo Esercito in aiuto de ribelli, e questo è un punto importante.

La presenza di volontari russi, ma anche di volontari provenienti da una dozzina di paesi europei, Serbia, Slovacchia, Romania, Francia, Italia e Spagna in particolare, deve essere intesa come una reazione al destino della gente delle zone ribelli. Queste popolazioni hanno subito quello che nel linguaggio diplomatico è conosciuto come “un uso abusivo e non legittimo della forza militare” da parte del governo ucraino. Kiev ha fatto ricorso ad attacchi aerei contro le zone ribelli, esattamente ciò che è stato addebitato al governo siriano da parte dei governi occidentali e ciò che ha motivato la condanna del governo di Damasco. Il bombardamento delle forze Kiev ha colpito ospedali e scuole. Il silenzio delle “grandi menti” degli intellettuali francesi è stato così assordante, e dobbiamo ricordarcene. Siamo perfettamente in grado di comprendere appieno ciò che ha motivato i russi, ma anche gli europei, nell’andare a sostengo dei ribelli. Si tratta di un fenomeno simile a quello delle “brigate internazionali” nella guerra civile spagnola. Dobbiamo capire il movimento di solidarietà profonda che si è sviluppato in Russia nei confronti degli insorti. Questa non è solo una reazione al destino al quale li avevano condannati le autorità di Kiev. Questa reazione di solidarietà è radicata in una reazione nazionale contro le molteplici violazioni delle potenze occidentali. Quando si disprezza una grande nazione e questa si sveglia, è logico attendersi momenti spiacevoli. È inoltre necessario comprendere ciò che significa la parola nazione, e chiaramente questo sfugge ad alcuni leader occidentali.

La società russa, e questo va ben al di là della propaganda del governo che ovviamente è ben presente, si è sollevata contro la pretesa occidentale di avere sempre la “verità” in tasca, su tutto e per tutto. Se non si capisce questo, non si capisce cosa sta succedendo, sia nella parte orientale dell’Ucraina che in Russia. In realtà, oggi, è il comportamento arrogante e aggressivo dei leader della NATO la migliore propaganda per Vladimir Putin in Russia. È la pretesa dei leader europei, almeno alcuni di essi, di rappresentare una “eccezione” in materia di valori e pratiche che sta saldando la società russa attorno ai suoi leader.

tratto da: (clicca qui)

“Ed ora popolo vi dico combattete, ribellatevi, fate che la mia morte non sia vana !!!”

 

Carabiniere trovato morto a Tor di Quinto: “Lavoro per i servizi segreti, mi chiuderanno la bocca”.
I fatti nella serata di ieri nella caserma Salvo D’Acquisto dove alloggiava. Prestava servizio nell’VIII Reggimento Lazio. Sul suo corpo i segni di un colpo di pistola al petto. Su facebook l’ultimo messaggio

3Redazione
Un messaggio su facebook, lasciato 18 ore fa. La chiamata al 112, con frasi sconnesse.
Quindi il colpo al petto che gli ha tolto la vita. Tragedia nella caserma Salvo D’Acquisto di Tor Quinto.
Un carabiniere, in servizio presso l’VIII Reggimento Lazio, è stato trovato morto poco dopo le 22.
E’ stato ritrovato nella sua stanza, insaguinato.
Ad ucciderlo un colpo al petto esploso da una pistola.
L’ipotesi più probabile è quella del suicidio.
Luis Miguel Chiasso, questo il nome del carabiniere, era originario della provincia di Terni.
Poco prima di morire sul suo profilo Facebook aveva scritto: “Lavoro per i servizi segreti italiani e internazionali”, aggiungendo “mi resta poco da vivere, so gia’ che stanno arrivando per chiudere la mia bocca per sempre”.
Secondo quanto si è appreso aveva chiamato poco prima il 112 chiedendo aiuto e pronunciando contemporaneamente frasi sconnesse. L’operatore aveva cercato di trattenerlo al telefono, provando a prendere tempo, quello necessario a far giungere aiuto nella sua stanza. Il carabiniere però ha chiuso la telefonata. Pochi minuti dopo il ritrovamento. Probabile che si sia sparato un colpo al petto.

 

Di seguito riportiamo il messaggio lasciato su facebook

“qualcuno mi conosce sente le mie parole alla TV mi sono creato il personaggio con un attore di Adam kadmon, vi avevo promesso che avrei levato la maschera come faccio a sapere tante cose? Semplice
Lavoro per i servizi segreti italiani ed internazionali da tempo sto vedendo cose a noi sconosciute cose non di questo mondo ma dei nostri creatori, purtroppo sapere determinate cose porta delle responsabilità , mi resta poco da vivere so già che stanno arrivando per chiudere la mia bocca per sempre.
Anni fa giurai questo “Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni”.
E ora popolo vi dico combattete ribellatevi fate che la mia morte non sia vana perché il popolo ha il diritto alla disobbedienza verso il governo quando questo perda legittimità agendo fuori dai limiti del mandato e il diritto all’uso consapevole dell’illegalità giustificato dallo stato di guerra che i governanti, tradendo il patto, avrebbero ripristinato:
“E se coloro che con la forza sopprimono il governo sono ribelli, i governanti stessi non possono essere giudicati altrimenti, se essi, che sono stati istituiti per la protezione e la conservazione del popolo e delle sue libertà e proprietà, le violano con la forza e tentano di sopprimerle, e quindi, ponendosi in stato di guerra con quelli che li avevano stabiliti come protettori e custodi della loro pace, sono propriamente, e con la maggiore aggravante, rebellantes, cioè a dire ribelli.

Ma se coloro, che dicono che questa dottrina getta il fondamento della ribellione, vogliono dire che può dare occasione a guerre civili o disordini intestini il dire al popolo che esso è sciolto dall’obbedienza quando si perpetrano attentati illegali contro le sue libertà e proprietà e può opporsi alla violenza illegittima dei suoi governanti istituiti, quando essi violino le sue proprietà contro la fiducia posta in loro, e che perciò questa dottrina, essendo così esiziale per la pace nel mondo, non deve essere ammessa, per la stessa ragione essi potrebbero parimenti dire che uomini onesti non possono opporsi a briganti e pirati, per il fatto che ciò può dar occasione a disordini o versamenti di sangue.

Se in tali occasioni avviene qualche male, esso non deve essere imputato a chi difende il proprio diritto, ma a chi viola il diritto dei vicini. Se l’uomo innocente e onesto deve, per amor di pace, cedere passivamente tutto ciò che possiede a colui che vi attenta con la violenza, vorrei che si pensasse che razza di pace vi sarebbe al mondo, se la pace non consistesse che in violenza e rapine, e non dovesse essere conservata che per il vantaggio di briganti e oppressori.“
tratto da: (clicca qui)

 

 

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Perché la Banca nazionale svizzera ha deciso di entrare nella mischia politica e opporsi a questa iniziativa?

Il 30 novembre in Svizzera si voterà per un referendum che potrebbe sancire il divieto per la Banca nazionale svizzera (BNS) di vendere le riserve auree attuali e future, l’obbligo di rimpatriare tutte le riserve auree svizzere detenute all’estero e il vincolo di detenere un quantitativo di oro non inferiore al 20% delle sue riserve. La BNS di solito non commenta i referendum politici. Tuttavia, in questo caso si è fatta sentire chiara e forte.

Perché la Banca centrale ha deciso di entrare nella mischia politica e opporsi a questa iniziativa? Quali sono le sue preoccupazioni? Sono valide o motivate da altri fattori?, si interroga Eric Schreiber sul blog GoldSilverWorlds.

Le obiezioni principali della Banca Centrale Svizzera al referendum sono sostanzialmente tre:

1. Sostiene che l’oro sia uno degli investimenti più rischiosi e più volatili,

2. il vincolo del 20% abbasserebbe il dividendo distribuito periodicamente alla Confederazione e ai cantoni dal momento che l’oro non paga interessi o dividendi e

3. il vincolo del 20% interferirebbe con la sua capacità di condurre la politica monetaria e complicherebbe gli sforzi per mantenere “il tasso di cambio minimo”, la politica “temporanea” di ancoraggio del franco svizzero all’euro iniziata nel 2011.

I primi due problemi possono essere rapidamente affrontati e superati. L’oro è davvero un bene volatile, ma lo sono anche obbligazioni e azioni. Negli ultimi anni le obbligazioni europee greche, spagnole, italiane, irlandesi e di altri paesi sono state molto più volatili dell’oro.

Per quanto riguarda la seconda preoccupazione – la distribuzione dei proventi derivanti dalla speculazione finanziaria e versati alla Confederazione e ai Cantoni – bisognerebbe innanzitutto chiedersi se è appropriato o meno per la BNS ri-definirsi come un hedge fund invece di rimanere concentrata sulla sua responsabilità fondamentale di banca centrale.

Affrontare adeguatamente la terza preoccupazione della BNS richiede invece un’analisi più dettagliata e uno sguardo indietro alla storia regionale di due decenni fa. La popolazione svizzera ha bocciato due iniziative distinte, una nel 1992 e l’altra nel 2001 per far parte dell’Unione Europea. Nonostante il voto popolari, la Svizzera è stata integrata nell’Unione europea a tutti gli effetti anche se ufficialmente rimane ancora al di fuori del gruppo dei paesi membri. L’entrata nell’UE è stata inizialmente realizzata mediante politiche, attraverso una serie di trattati bilaterali, 10 in totale, e poi nel 2005 con il voto popolare a favore dell’accordo di Schengen. Le leggi tra l’UE e la Svizzera sono state armonizzate e i controlli di confine con i paesi membri dell’Unione europea sono stati aboliti per consentire la libera circolazione di persone, beni e servizi. Purtroppo, l’adesione furtiva della Svizzera all’Unione europea ha reso politicamente impossibile una votazione pubblica sull’opportunità o meno di sostituire la valuta sovrana della nazione con l’euro. Per aggirare il problema, il 6 settembre 2011 la BNS ha decretato che sarebbe stato imposto un tasso di cambio minimo “temporaneo” di 1,20 tra la moneta unica e il franco svizzero per respingere il flusso di euro in entrata nel paese a causa della crisi finanziaria che stava inghiottendo Spagna e Grecia. Da quel momento al CHF sarebbe stato consentito solo di perdere il suo valore contro l’euro, ma non di rafforzarsi oltre 1,20. In questo modo, la politica monetaria svizzera è stata tranquillamente consegnata alla Banca centrale europea (BCE), pur mantenendo il miraggio di una moneta sovrana svizzera davanti al pubblico. Il CHF è stato trasformato in uno strumento derivato dell’euro, senza la ratifica o la conoscenza della popolazione. Il grafico qui sotto mostra il legame tra l’euro e il CHF in quanto dall’avvio della misura “temporanea” del “tasso di cambio minimo” oltre 3 anni fa. Si noti come la linea rossa, il CHF, segue da vicino la linea verde dell’euro ma rimane sempre un po’ al di sotto di esso (più debole) e mai sopra di esso (più forte). Perché questa politica è ancora in vigore dal momento che per l’Ue la crisi in Spagna e Grecia è finita?

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La politica del “tasso minimo di cambio” della BNS impoverisce la popolazione svizzera aumentando il prezzo di tutte le importazioni dell’UE acquistate in Svizzera. Questo è forse il più eclatante e certamente meno pubblicizzato effetto dell’azione della BNS. Ogni volta che un residente in Svizzera acquista un bene o un servizio in Svizzera realizzato nella Ue è reso più povero dalle azioni della propria banca nazionale.

Votare “SI” al referendum sarebbe un primo passo verso la risoluzione dello squilibrio che esiste tra la BNS e la popolazione svizzera. Un “sì” darebbe il via ad un processo di ripristino della responsabilità e della trasparenza su un’istituzione che con la sospensione del vincolo del franco all’oro ha incrementato il suo bilancio, si è reinventata come un hedge fund e ha ecceduto i limiti del suo mandato originale. Le banche centrali dovrebbero essere prestatori di ultima istanza e regolatori sistemici. In una democrazia diretta, le decisioni in materia di imposizione fiscale, adesione ad unioni politiche e commerciali e autonomia della moneta nazionale dovrebbero essere determinate dal voto popolare e non decretate o aggirate da un editto della Banca centrale.

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2014.11.25 – Perché i palestinesi devono sparire dalla faccia della terra

Posted by Presidenza on 25 Novembre 2014
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<<La struttura razzista finale è l’esclusione e l’appropriazione delle risorse naturali. Questa è una situazione nella quale il gruppo dominante necessita delle risorse del gruppo subordinato, ma non del loro lavoro (né dei loro corpi, né della loro esistenza fisica). Questa è la struttura razzista che più facilmente conduce a un genocidio.>>

Esattamente quello che fa lo Stato straniero, colonialista e razzista italiano nei confronti del Popolo Sardo….

 

La sociologia delle relazioni etniche/razziali identifica 3 tipi distinti di strutture razziste, ossia le relazioni strutturali tra i gruppi dominanti e le minoranze. Una è quella che è stata chiamata delle “minoranze di intermediari”. In questa struttura, il gruppo minoritario ha una relazione di mediazione tra il dominante e i gruppi subordinati. Questa è stata storicamente l’esperienza dei commercianti cinesi d’oltremare in Asia, dei libanesi e siriani nell’Africa occidentale, degli indiani nell’est Africa, dei meticci in Sudafrica e degli ebrei in Europa. Quando le “minoranze di intermediari” perdono la loro funzione mano a mano che cambiano le strutture, possono essere assorbite dal nuovo ordine o possono diventare capri espiatori, o addirittura subire un genocidio. Gli ebrei occuparono storicamente questo ruolo di “minoranza di intermediari” nell’Europa feudale e nel capitalismo in nuce. La struttura dell’Europa feudale assegnò agli ebrei certe funzioni vitali per l’espansione della società feudale europea. Queste includevano la gestione del commercio a lunga distanza e il prestito di denaro.

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Ebreo ortodosso

 

Queste attività furono vietate dalla Chiesa cattolica e non erano parte normale delle relazioni tra padrone-servo nel cuore del feudalesimo; nonostante ciò erano vitali per il mantenimento del sistema. Quando il capitalismo si sviluppè nei secoli XIX e XX, nuovi gruppi capitalisti assunsero le funzioni di commercio e bancarie, perciò il ruolo degli ebrei risultò superfluo per le nuove classi dominanti. Come risultato gli ebrei in Europa soffrirono intense pressioni mano a mano che il capitalismo si sviluppava e sporadicamente soffrirono il genocidio, come capro espiatorio delle difficoltà del capitalismo, la perdita del loro ruolo economico che prima era vitale, la crisi mondiale del 1930, l’ideologia e il programma nazista. Un secondo tipo di struttura razzista è quella che chiamiamo “il supersfruttamento e/o la disorganizzazione della classe operaia”. Questa è una situazione nella quale il settore razziale subordinato e oppresso dentro la classe sfruttata occupa i gradini più bassi dell’economia e della società, in particolare dentro una classe operaia razziale o etnicamente stratificata. Il concetto chiave qui è che il lavoro del gruppo subordinato (i loro corpi, la loro esistenza) è necessario per il sistema dominante, anche se il gruppo sperimenta emarginazione culturale e sociale e la privazione dei diritti politici.
Questa fu l’esperienza storica schiavista degli afroamericani in Usa, così come quella degli irlandesi in Inghilterra, dei latini attualmente in Usa, degli indios Maya in Guatemala, degli africani in Sudafrica sotto l’apartheid e così successivamente. Questi gruppi sono con frequenza subordinati sociali, culturali e politici sia che questo sia di fatto o per legge. Rappresentano il settore dei supersfruttati e discriminati, lavorativamente, razzialmente e etnicamente divisi e situati nelle classi popolari. Questa fu l’esperienza dei palestinesi nell’economia politica israeliana fino a poco tempo fa e nelle circostanze uniche di Israele e della Palestina nel XX secolo. La struttura razzista finale è l’esclusione e l’appropriazione delle risorse naturali. Questa è una situazione nella quale il gruppo dominante necessita delle risorse del gruppo subordinato, ma non del loro lavoro (né dei loro corpi, né della loro esistenza fisica). Questa è la struttura razzista che più facilmente conduce a un genocidio.

2Indiani d’America

 

 

Fu l’esperienza dei nativi americani nell’America del nord. I gruppi dominanti necessitavano della loro terra, però non del loro lavoro o dei loro corpi, dato che gli schiavi africani e gli europei già offrivano la mano d’opera necessaria per il nuovo sistema, e pertanto furono vittime del genocidio. E’ stata l’esperienza dei gruppi indigeni dell’Amazzonia. Lì furono scoperte, nella loro terra, nuove e enormi risorse minerarie e energetiche. E nondimeno e letteralmente, anche se non sono necessari, questi indigeni interpongono i loro corpi nel cammino del capitale verso le risorse. Per questo attualmente ci sono pressioni per riattivare il genocidio. Questa è la situazione più recente che gli afroamericani affrontano negli Usa. Molti afroamericani passarono dallo stare nel settore dei supersfruttati della classe operaia all’emarginazione quando i datori di lavoro cambiarono la mano d’opera sfruttata afroamericana per quella degli immigranti latini che diventarono i supersfruttati. Come gli afrostatunitensi, in quantità significativa, diventarono strutturalmente emarginati; sono oggetto di una crescente privazione dei loro diritti, di criminalizzazione, della falsa “guerra contro le droghe”, della incarcerazione di massa e del terrore della polizia e dello Stato. Sono visti dal sistema come necessari per controllare una popolazione non necessaria e ribelle.
Allora, come i nativi americani prima di loro (e a differenza dei sudafricani neri) i corpi palestinesi non sono più necessari e semplicemente stanno intralciando lo Stato sionista, i gruppi dirigenti, i coloni e gli aspiranti coloni che necessitano delle risorse palestinesi, specificamente la terra, però non dei palestinesi. In verità, anche se i lavoratori palestinesi vengono eliminati dall’economia israeliana, migliaia di palestinesi di Cisgiordania ancora lavorano in Israele. Gli immigrati ebrei russi e altri che sostituirono la mano d’opera palestinese in Israele nella decade dei ‘90 continuarono negli anni seguenti confidando nel proprio privilegio razziale per entrare nella classe media israeliana, dato che non vogliono occupare posti di lavoro relazionati con gli arabi. Così successe che gli africani, gli asiatici e altri immigranti del Sud globalizzato continuarono ad arrivare in Israele. Questo cambio di direzione volta a farli divenire “l’umanità in eccesso” sembra essere più avanzato per gli abitanti di Gaza, che rimangono bloccati e relegati nel campo di concentramento nel quale Gaza si è convertita. I palestinesi di Gaza appaiono come il primo gruppo che affronta il tormento del genocidio.

3La repressione israeliana contro i palestinesi

 

 

I sionisti e i difensori di Israele considerano come una grande offesa qualsiasi analogia tra i nazisti e le azioni dello stato di Israele, inclusa l’accusa di genocidio, in parte a causa del fatto che l’olocausto ebreo è utilizzato dallo Stato di Israele e del progetto politico sionista come meccanismo di legittimazione; perciò parlare di queste analogie significa rivelare il discorso di legittimazione israeliano. E’ cruciale indicare ciò, perché questo discorso è arrivato poco a poco a legittimare le politiche o le proposte israeliane in corso, che dimostrano una similitudine ogni volta più allarmante con altri esempi storici di genocidio. Il notevole storico israeliano Benny Morris, professore dell’università Ben Gurion del Negev, che si identifica strettamente con Israele, concesse una lunga intervista al periodico “Haaretz” nel 2004, dove si riferiva al genocidio dei nativi americani al riguardo di ciò che sono oggi gli Stati Uniti d’America con il fine di suggerire che il genocidio può essere accettabile. Disse nell’intervista: «Anche la grande democrazia statunitense non poté essere creata senza l’annichilazione degli indios. Ci sono casi nei quali il bene finale globale giustifica atti aggressivi e crudeli che si commettono nel corso della storia».

4Benny Morris

 

Successivamente, fece un richiamo alla pulizia etnica dei palestinesi, dicendo: «Bisogna costruire per loro qualcosa di simile a una gabbia. So che suona terribile. E’ realmente crudele. Però non c’è altra opzione. C’è un animale selvaggio che bisogna rinchiudere in un modo o nell’altro». Le opinioni di Morris non rappresentano il consenso dentro Israele, molto meno nell’ambito internazionale e ci sono varie divisioni, punti di tensione e contraddizioni tra i gruppi di potere israeliani e transnazionali. C’è anche un crescente movimento mondiale di boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni (Bds) che fa pressione sui gruppi dominanti per arrivare a un accordo che difenda i loro propri interessi economici. Questo è un momento imprevedibile. Ci siano o no pressioni strutturali in favore del genocidio, in realtà la materializzazione del progetto di genocidio dipenderà dalla congiuntura storica della crisi, dalle condizioni politiche e ideologiche che fanno del genocidio una possibilità e un agente dello Stato con i mezzi e la volontà per attuarlo. Visibilmente a Gaza è già cominciato un genocidio al rallentatore, dove ci sono stati assedi israeliani per mesi ogni pochi anni che mietono migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, centinaia di migliaia di profughi e tutta la popolazione privata delle condizioni basilari di vita, con l’eclatante appoggio pubblico israeliano che appoggia queste campagne. Queste condizioni generali necessarie a un progetto di genocidio sono lontane dal materializzarsi, però certamente in questo momento si stanno infiltrando. Tocca alla comunità internazionale lottare a fianco dei palestinesi e degli israeliani decenti per evitare tale risultato.

5William Robinson

 

(William Robinson, “La sociologia del razzismo e del genocidio, da Ferguson ai Territori Occupati”, estratto dall’articolo “L’economia politica dell’apartheid israeliano e lo spettro del genocidio”, pubblicato da “Truth-Out” il 19 settembre 2014 e tradotto da “Come Don Chisciotte”. Robinson è professore di sociologia, studi globali e latinoamericani nell’università di California a Santa Barbara. Il suo libro più recente è “Il capitalismo globale e la crisi dell’umanità”).

 

tratto da: (clicca qui)

2014.11.22 – E’ sempre Vladimir che guida il gioco. Ecco come

Posted by Presidenza on 22 Novembre 2014
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DI MAURIZIO BLONDET

Riprendiamo questo articolo, anche per fare ammenda: ammetto che nelle ultime settimane ho pensato che Putin stesse subendo l’iniziativa distruttiva degli anglo, incassando le sanzioni e il blocco della finanza. Adesso qui si spiega il suo gioco geniale. Premessa: gli USA e i sauditi stanno deprimendo il prezzo del greggio per danneggiare Putin; contemporaneamente, tengono artificialmente basso il prezzo dell’oro per salvare il dollaro. Putin è costretto a vendere il greggio sottocosto, ma immediatamente coi profitti compra oro, parimenti sottocosto.

Alla lunga, la perdita sarà compensata dal buon investimento. Ovviamente è la scommessa che il dollaro cesserà di esistere entro un paio d’anni, vaporizzato dalla stampante folle della Fed. E quando il dollaro sarà imploso, Putin venderà il greggio russo “solo” in oro, anche agli europei.
Domanda: ne abbiamo ancora, a Fort Knox?
Sicuri che ce l’abbiano tenuto?
Probabilmente molti dei nostri governanti si pentiranno di averlo trattato come un paria a Brisbane, di averlo umiliato, rifiutato di stingerli la mano, stupidamente provocato.

LA TRAPPOLA DELL’ORO DEL MAESTRO DI SCACCHI PUTIN
DI DIMITRY KALINICHENKO
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Le accuse dell’Occidente a carico di Putin di solito si basano sul fatto che lavorava nel KGB. E dunque è una persona crudele e immorale. Putin è colpevole di tutto, ma nessuno l’ha mai accusato di mancanza d’intelligenza. Tutte le accuse contro quest’uomo fanno solo risaltare la sua capacità di pensiero analitico e come rapidamente prenda decisioni politiche ed economiche chiare ed equilibrate.
Spesso i media occidentali confrontano questa capacità con l’abilità di un grande maestro che partecipa a partite di scacchi simultanee. I recenti sviluppi nell’economia USA e nell’Occidente in generale, ci permettono di concludere che in questo caso la valutazione dei media occidentali della personalità di Putin è assolutamente perfetta.

Nonostante le numerose segnalazioni dei successi, nello stile di Fox News e CNN, oggi l’economia occidentale, guidata dagli Stati Uniti, è caduta nella trappola di Putin, la cui via d’uscita non viene vista da nessuno in Occidente. E quanto più l’Occidente cerca di uscire da questa trappola, più ne risulta catturato.

Qual è la vera tragica situazione dell’Occidente e degli Stati Uniti? E perché tutti i media occidentali e i principali economisti occidentali non ne parlano, come fosse un segreto militare ben custodito? Cerchiamo di capire l’essenza degli eventi economici attuali, nel contesto dell’economia, mettendo da parte moralità, etica e geopolitica.

Dopo aver compreso di aver fallito in Ucraina, l’Occidente, guidato dagli USA si proponeva di distruggere l’economia russa con la riduzione del prezzo del petrolio e del gas quali principali proventi dalle esportazioni del bilancio della Russia e della ricostituzione delle riserve auree russe.

Va notato che il fallimento principale occidentale in Ucraina non è né militare né politico, ma risiede nel rifiuto di Putin di finanziare i piani occidentali per l’Ucraina a carico della Federazione Russa. Ciò rende il piano occidentale irrealizzabile nel prossimo e inevitabile futuro.

L’ultima volta, sotto la presidenza Reagan, tale tipo di azioni occidentali volte ad abbassare i prezzi del petrolio ebbe ‘successo’ e portò al crollo dell’URSS. Ma la storia non si ripete sempre. Questa volta le cose sono diverse per l’Occidente. La risposta di Putin verso l’Occidente assomiglia agli scacchi e al judo, quando la potenza utilizzata dal nemico viene usata contro di esso ma a costi minimi per la forza e le risorse del difensore. La vera politica di Putin non è pubblica. Pertanto, la politica di Putin in gran parte si concentra non sull’effetto, ma sull’efficienza.
Pochissimi capiscono cosa stia facendo Putin oggi. E quasi nessuno capisce cosa farà in futuro.

Non importa quanto strano possa sembrare, ma oggi Putin vende petrolio e gas russi solo in cambio di oro fisico.

Putin non lo grida ai quattro venti. E naturalmente accetta ancora il dollaro come mezzo di pagamento, ma cambia immediatamente tutti i dollari ottenuti dalla vendita di petrolio e gas con l’oro fisico!

Per capirlo è sufficiente osservare le dinamiche della crescita delle riserve auree della Russia e confrontarle con le entrate in valuta estera della Federazione Russa dovute alla vendita di petrolio e gas nello stesso periodo.

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Inoltre, nel terzo trimestre gli acquisti da parte della Russia di oro fisico sono i più alti di tutti i tempi, a livelli record. Nel terzo trimestre di quest’anno, la Russia aveva acquistato la quantità incredibile di 55 tonnellate di oro. Più delle banche centrali di tutti i Paesi del mondo messi insieme (secondo i dati ufficiali)!

In totale, le banche centrali di tutti i Paesi del mondo hanno acquistato 93 tonnellate del prezioso metallo nel terzo trimestre del 2014. È stato il 15° trimestre consecutivo di acquisti netti di oro da parte delle banche centrali. Delle 93 tonnellate di oro acquistato dalle banche centrali di tutto il mondo, in questo periodo, il più impressionante volume di acquisti – ben 55 tonnellate – appartiene alla Russia.

Non molto tempo fa, scienziati britannici giunsero alla stessa conclusione, secondo l’indagine dell’US Geological di pochi anni fa: l’Europa non potrà sopravvivere senza l’offerta energetica proveniente dalla Russia. Tradotto dall’inglese in qualsiasi altra lingua del monto, questo vuol dire: “Il mondo non riuscirà a sopravvivere se petrolio e gas della Russia sono sottratti dal bilancio globale dell’offerta energetica”.

Così, il mondo occidentale, costruito sull’egemonia del petrodollaro, si trova in una situazione catastrofica non potendo sopravvivere senza petrolio e gas dalla Russia. E la Russia è pronta a vendere petrolio e gas all’Occidente solo in cambio dell’oro fisico! La svolta del gioco di Putin è che il meccanismo della vendita di energia russa all’Occidente solo con l’oro funziona indipendentemente dal fatto che l’Occidente sia d’accordo o meno nel pagare petrolio e gas russi con il suo oro tenuto artificialmente a buon mercato.

Questo perché la Russia, avendo un flusso regolare di dollari dalla vendita di petrolio e gas, in ogni caso potrà convertirli in oro ai prezzi attuali, depressi con ogni mezzo dall’Occidente. Cioè al prezzo dell’oro, artificialmente e meticolosamente abbassato varie volte da FED e ESF, contro un dollaro dal potere d’acquisto artificialmente gonfiato dalle manipolazioni nel mercato.

Fatto interessante: la compressione dei prezzi dell’oro da parte del dipartimento speciale del governo USA, l’ESF (Exchange Stabilization Fund), per stabilizzare il dollaro, è stata fatta all’interno di una legge degli Stati Uniti.
Nel mondo finanziario è accettato come un fatto che l’oro sia un anti-dollaro:
. Nel 1971, il presidente statunitense Richard Nixon chiuse la ‘finestra d’oro, ponendo fine al libero scambio tra dollari e oro, garantito dagli Stati Uniti nel 1944 a Bretton Woods.
. Nel 2014, il presidente russo Vladimir Putin ha riaperto la ‘finestra d’oro’, senza chiedere il permesso a Washington.

In questo momento l’Occidente spende gran parte di sforzi e risorse nel comprimere i prezzi di oro e petrolio. In tal modo, da un lato distorce la realtà economica esistente a favore del dollaro statunitense e d’altra parte vuole distruggere l’economia russa che si rifiuta di svolgere il ruolo di vassallo obbediente dell’Occidente.

Oggi le risorse come l’oro e il petrolio sono proporzionalmente indebolite ed eccessivamente sottovalutate rispetto al dollaro USA. È una conseguenza dell’enorme sforzo economico sostenuto dall’Occidente.

E ora Putin vende risorse energetiche russe in cambio di quei dollari artificialmente gonfiati dagli sforzi dell’Occidente, e con cui compra oro artificialmente svalutato rispetto al dollaro USA per effetto degli stessi sforzi occidentali!

C’è un altro elemento interessante nel gioco di Putin: l’uranio russo. Una lampadina su sei negli USA ne dipende. La Russia lo vende agli Stati Uniti sempre in dollari.

Così, in cambio di petrolio, gas e uranio russi, l’occidente paga la Russia in dollari, il cui potere di acquisto è artificialmente gonfiato verso petrolio e oro dagli sforzi occidentali. Ma Putin usa questi dollari solo per ritirare oro fisico dall’Occidente al prezzo denominato in dollari USA e quindi artificialmente abbassato dallo stesso Occidente.

Questa davvero brillante combinazione economica di Putin mette l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, nella posizione del serpente, che divora aggressivamente e diligentemente la propria coda.

L’idea di questa trappola economica dell’oro tesa all’Occidente, probabilmente non è stata escogitata da Putin in persona. Più probabilmente è stata ideata dal suo consigliere per gli affari economici, il dottor Sergej Glazev. In caso contrario, perché mai un burocrate apparentemente non implicato negli affari, come Glazev, insieme a molti uomini d’affari russi, è stato incluso da Washington nella lista dei sanzionati? L’idea dell’economista dottor Glazev è stata brillantemente attuata da Putin, con il pieno appoggio del suo omologo cinese Xi Jinping.

Particolarmente interessante in questo contesto sembra la dichiarazione a novembre della Prima Vicepresidente della Banca centrale della Russia, Ksenia Judaeva, la quale ha sottolineato che la BCR può utilizzare l’oro delle sue riserve per pagare le importazioni, se necessario. È ovvio che date le sanzioni occidentali, tale dichiarazione sia destinata ai Paesi BRICS, e prima di tutto alla Cina. Per la Cina, la volontà della Russia di pagare le merci con l’oro occidentale è molto conveniente. Ed ecco perché:

La Cina ha recentemente annunciato che cesserà di aumentare le riserve auree e valutarie denominate in dollari USA. Considerando il crescente deficit commerciale tra USA e Cina (la differenza attuale è cinque volte a favore della Cina), questa dichiarazione tradotta dal linguaggio finanziario, dice: “La Cina non vende più i suoi prodotti in cambio dei dollari”. I media mondiali hanno scelto di non far notare questo storico passaggio monetario. Il problema non è che la Cina si rifiuti letteralmente di vendere i propri prodotti in dollari USA. La Cina, ovviamente, continuerà adaccettare i dollari come mezzo di pagamento intermedio per i propri prodotti. Ma, appena presi, se ne sbarazzerà immediatamente, sostituendoli con qualcosa di diverso nella struttura delle sue riserve auree e valutarie. In caso contrario, la dichiarazione delle autorità monetarie della Cina non ha senso: “Fermiamo l’aumento delle nostre riserve auree e valutarie denominate in dollari USA”. Cioè, la Cina non acquisterà più titoli del Tesoro degli Stati Uniti con i dollari guadagnati dal commercio mondiale, come ha fatto finora.

Così, la Cina sostituirà i dollari che riceverà per i suoi prodotti non solo dagli USA ma da tutto il mondo, con qualcos’altro per non aumentare le riserve valutarie in oro denominate in dollari USA. E qui si pone una domanda interessante: con cosa la Cina sostituirà i dollari guadagnati con il commercio? Con quale valuta o bene? L’analisi dell’attuale politica monetaria della Cina dimostra che molto probabilmente i dollari commerciali, o una loro parte sostanziale, la Cina li sostituirà e di fatto li ha già sostituiti, con l’Oro.

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In questo aspetto, il solitario delle relazioni russo-cinesi è un grande successo per Mosca e Pechino. La Russia acquista merce direttamente dalla Cina con l’oro al prezzo attuale. Mentre la Cina compra risorse energetiche russe con l’oro al prezzo attuale. In questo festival russo-cinese della vita c’è un posto per ogni cosa: merci cinesi, risorse energetiche russe e oro quale mezzo di pagamento reciproco. Solo il dollaro non vi trova posto. E ciò non sorprende, perché il dollaro USA non è un prodotto cinese, né una risorsa energetica russa. È solo uno strumento finanziario intermedio di liquidazione, un intermediario inutile. Ed è consuetudine escludere gli intermediari inutili dall’interazione di due partner commerciali indipendenti.

Va notato che il mercato globale dell’oro fisico è estremamente ristretto rispetto al mercato mondiale del petrolio. E soprattutto il mercato mondiale dell’oro fisico è microscopico rispetto alla totalità dei mercati mondiali di petrolio, gas, uranio e merci.

Si pone l’enfasi sull’espressione “oro fisico” perché in cambio delle sue risorse energetiche fisiche, non di ‘carta’, la Russia adesso ritira oro dall’Occidente, ma solo nella sua forma fisica, non cartacea. Così anche la Cina, acquisendo oro fisico occidentale artificialmente svalutato per pagare prodotti reali inviati all’Occidente.

Le speranze occidentali che Russia e Cina per le loro risorse energetiche e beni accettino in pagamento “shitcoin” o il cosiddetto “oro cartaceo” di vario genere, non si sono concretizzate. Russia e Cina sono interessate solo all’oro, metallo fisico, come mezzo di pagamento finale.

Per pronto riferimento: il fatturato del mercato dell’oro cartaceo, i futures sull’oro, è stimato al livello di 360 miliardi di dollari al mese. Ma le consegne fisiche di oro sono pari solo a 280 milioni di dollari al mese. Il che fa sì che il rapporto tra commercio di oro cartaceo contro oro fisico sia pari a 1000 a 1.

Utilizzando il meccanismo di recesso attivo dal mercato artificialmente ribassato dall’attività finanziaria occidentale (oro) in cambio di un altro artificialmente gonfiato dall’attività finanziaria occidentale (USD), Putin ha così iniziato il conto alla rovescia della fine dell’egemonia mondiale del petrodollaro. In questa maniera, Putin ha messo l’Occidente in una situazione di stallo priva di alcuna prospettiva economica positiva.

L’Occidente può usare la maggior parte dei suoi sforzi e risorse per aumentare artificialmente il potere d’acquisto del dollaro, nonché ridurre artificialmente i prezzi del petrolio e il potere d’acquisto dell’oro. Il problema dell’Occidente è che le scorte di oro fisico in suo possesso non sono illimitate. Pertanto, più l’Occidente svaluta petrolio e oro contro dollaro statunitense, più velocemente svaluterà l’oro dalle sue non infinite riserve.

In questa combinazione economica brillantemente interpretata da Putin, l’oro fisico dalle riserve occidentali finisce rapidamente in Russia, Cina, Brasile, Kazakhstan e India, Paesi BRICS. Al ritmo attuale di riduzione delle riserve di oro fisico, l’Occidente semplicemente non avrà tempo di fare nulla contro la Russia di Putin, fino al crollo dell’intero mondo del petrodollaro occidentale. Negli scacchi la situazione in cui Putin ha messo l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, si chiama “Zeitnot”.

Il mondo occidentale non ha mai affrontato eventi e fenomeni economici come quelli attuali. L’URSS vendette rapidamente oro durante la caduta dei prezzi del petrolio. La Russia acquista rapidamente oro durante la caduta dei prezzi del petrolio. In tal modo, la Russia rappresenta una vera minaccia al modello di dominio mondiale basato sul petrodollaro.

Il principio fondamentale del modello mondiale basato sul petrodollaro permette che i Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti vivano a spese del lavoro e delle risorse di altri Paesi e popoli grazie al ruolo della moneta statunitense, dominante nel Sistema Monetario Globale (SMG). Il ruolo del dollaro USA nel SMG consiste nell’essere il mezzo ultimo di pagamento. Ciò significa che la moneta nazionale degli Stati Uniti, nella struttura del SMG, è l’accumulatore finale degli attivi patrimoniali, e scambiarlo con qualsiasi altro bene non avrebbe senso.

Quel che fanno ora i Paesi BRICS, guidati da Russia e Cina, consiste di fatto nel cambiare il ruolo e lo status del dollaro USA nel sistema monetario globale. Da ultimo mezzo di pagamento e accumulazione del patrimonio, la moneta nazionale degli USA, nelle azioni congiunte di Mosca e Pechino viene trasformata in un mero mezzo di pagamento intermedio, destinato solo allo scambio con un’altra attività finanziaria ultima: l’oro. Così, il dollaro USA in realtà perde il ruolo di mezzo ultimo di pagamento e accumulazione degli attivi patrimoniali, cedendo entrambi i ruoli a un altro bene monetario riconosciuto, denazionalizzato e depoliticizzato: l’oro.

Tradizionalmente, l’Occidente utilizza due metodi per eliminare la minaccia all’egemonia mondiale del modello fondato sul petrodollaro e ai conseguenti eccessivi privilegi occidentali.

Uno di tali metodi è costituito dalle rivoluzioni colorate. Il secondo metodo, di solito applicato dall’Occidente se il primo fallisce, sono le aggressioni militari e i bombardamenti.

Ma nel caso della Russia entrambi questi metodi sono impossibili o inaccettabili per l’Occidente.

Perché, in primo luogo, la popolazione della Russia, a differenza dei popoli di molti altri Paesi, non ha intenzione di scambiare la propria libertà e il futuro dei propri figli per un piatto di salsicce occidentali. Questo risulta evidente dal sostegno record per Putin, regolarmente pubblicato dalle principali agenzie di sondaggi occidentali.

L’amicizia personale del protetto di Washington Alexej Naval’nyj con il senatore John McCain è stata negativa per lui e per Washington. Dopo aver appreso questo fatto dai media, il 98% della popolazione russa ora vede Naval’nyj solo come un vassallo di Washington e un traditore degli interessi nazionali della Russia. Pertanto i professionisti occidentali, che non hanno ancora perso la testa, non possono sognarsi alcuna rivoluzione colorata in Russia.

Sul secondo metodo tradizionale occidentale di aggressione militare diretta, la Russia non è certamente la Jugoslavia, né l’Iraq, né la Libia. In ogni operazione militare non nucleare contro la Russia, sul territorio della Russia, l’Occidente guidato dagli Stati Uniti è destinato alla disfatta. E i generali del Pentagono che esercitano la vera guida delle forze della NATO ne sono consapevoli. Sarebbe egualmente senza speranza una guerra nucleare contro la Russia, compreso il caso definito dal concetto del cosiddetto “attacco nucleare disarmante preventivo”. La NATO semplicemente non è tecnicamente in grado di infliggere il colpo che disarmerebbe completamente la Russia del potenziale nucleare, in tutti i suoi molteplici aspetti. Un massiccio attacco di rappresaglia nucleare contro il nemico o gruppo di nemici sarebbe inevitabile. E la sua potenza totale sarebbe sufficiente affinché i sopravvissuti invidino i morti. Cioè, una guerra nucleare con un Paese come la Russia non è la soluzione al problema incombente del crollo del mondo del petrodollaro.

Nel migliore dei casi, sarebbe la nota finale e l’ultimo punto dell’esistenza della Storia. Nel peggiore dei casi: un inverno nucleare e la fine della vita sul pianeta, fatta eccezione per i batteri mutati dalle radiazioni.

La struttura economica occidentale può vedere e capire l’essenza della situazione. I principali economisti occidentali sono certamente consapevoli di quanto grave e disperata sia la situazione in cui si trova l’Occidente, caduto nella trappola economica d’oro predisposta da Putin. Dopo tutto, sin dagli accordi di Bretton Woods conosciamo tutti la Regola Aurea: “Chi ha più oro detta le regole”. Ma in Occidente stanno tutti zitti. Sono silenziosi perché nessuno sa come uscire da tale situazione.

Se si spiegano al pubblico occidentale tutti i dettagli del disastro economico incombente, il pubblico porrà ai sostenitori del mondo basato sul petrodollaro le domande più terribili, che suoneranno così:

Per quanto ancora l’Occidente potrà acquistare petrolio e gas dalla Russia in cambio di oro fisico? E cosa accadrà ai petrodollari USA dopo che l’Occidente esaurirà l’oro fisico per pagare petrolio, gas e uranio russi, così come per pagare le merci cinesi?

Nessuno in Occidente oggi può rispondere a queste semplici domande.

E questo si chiama “Scacco matto”, signore e signori. Il gioco è finito.

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