2014.12.30 – Borghesia sarda e Indipendentismo

Posted by Presidenza on 30 Dicembre 2014
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Pubblicazione1

 

di Maurizio Onnis

La borghesia sarda ha sulla coscienza due peccati capitali di portata storica. Tali da rendere il titolo di quest’articolo un mero artificio retorico, adatto quasi solo ad attirare l’attenzione del lettore. Vediamo di che si tratta.
Il primo peccato capitale è aver scelto, nell’ultimo mezzo secolo, di non farsi classe imprenditoriale solida, dedita al rischio economico e alla competizione di mercato. Tale condizione ha radici profonde, ma è diventata scelta consapevolmente attuata e non più giustificabile nei lunghi decenni dell’Autonomia. Quando il denaro convogliato in Sardegna da Roma, poco o tanto che fosse, è stato utilizzato non come volano di uno sviluppo progettualmente coerente e di una crescita diffusa della formazione e delle capacità economiche, ma come semplice strumento di clientelismo e addomesticamento d’intere popolazioni, che uscivano dalla pura sussistenza e volevano godere senza fatica dei benefici della modernità.
Allora, nel momento in cui si sono fatte improvvisamente disponibili le risorse che dovevano rendere possibile il balzo dall’arretratezza al futuro, la borghesia al governo ha effettuato la scelta più facile: puntare tutte le carte sull’industrialismo, concentrando i mezzi su pochi e straordinari interventi, trascurando le occupazioni e le inclinazioni caratteristiche dei sardi. E rinunciando soprattutto a sfruttare la nuova ricchezza per ripensare se stessa in grande.
Il tenore di vita della massa è cresciuto, ma la borghesia stessa, tramite del cambiamento, è rimasta nana. Oggi cerca occupazione nelle libere professioni (avvocati, notai, medici), siede in pletora negli uffici pubblici statali o regionali, governa l’insegnamento e il mondo accademico. Se si dedica agli affari, si dedica al commercio, in netta prevalenza al dettaglio. Le imprese sono piccole o piccolissime, non dispongono di capitali adeguati e di adeguato credito, non puntano al mercato esterno e devono piuttosto difendersi dall’invadenza altrui. La borghesia sarda, in altre parole, è una borghesia dei servizi e non della produzione, che consuma molta più ricchezza di quanta ne crei, quasi costituzionalmente nemica, si potrebbe dire, dell’impresa e dell’alea ad essa connessi. Una classe, dunque, tendenzialmente conservatrice e nemica del nuovo.
Il secondo peccato capitale è non esistere come classe cosciente di sé, dei propri interessi distinti da quelli degli altri gruppi sociali e degli interlocutori romani, del proprio ruolo dirigente e della possibilità di sfruttarlo per trainare l’intera società sarda. Anche questa condizione ha ragioni che si perdono nei secoli. Eccettuata la fiammata rivoluzionaria di fine Settecento, da mezzo millennio in qua la classe ai vertici della Sardegna, prima aristocratica e poi borghese, ha ritagliato per sé il comodo ruolo di tramite con i poteri dominanti esterni all’isola. E dalla sconfitta di fine Settecento non si è mai rimessa, rinunciando ad accollarsi la dura e lenta lotta che le borghesie nazionali d’Europa, nell’Ottocento, hanno invece condotto per la liberalizzazione dei regimi politici e il liberismo economico.
Tale atteggiamento è perdurato in epoca regia, fascista e repubblicana. E se poteva forse un tempo essere giustificato dalla solitudine della borghesia stessa, immersa in una società isolana dominata da analfabetismo e immobilismo, coartata dallo Stato poliziesco, certo non lo è per l’epoca recente. Istruzione di massa e democratizzazione politica hanno posto infatti le basi su cui una borghesia volitiva avrebbe potuto lavorare per portare i sardi verso una più matura consapevolezza di popolo. Poteva diventare, se avesse scelto questa strada, una borghesia riformista nei metodi ma rivoluzionaria nei risultati, per la maturazione propria e di tutti.
Invece, ancora una volta e ancora oggi, la borghesia sarda si è adattata e si adatta al ruolo di sensale. Assisa in Regione, conduce sfiancanti campagne di mediazione per strappare a Roma finanziamenti più o meno consistenti, che serviranno a tacitare la protesta sociale e a mantenere immutato lo stato delle cose. Mentre non c’è traccia di un coerente progetto di crescita economica, sociale e soprattutto culturale dei sardi, progetto autoctono, originale, proprio. Con tutte le difficoltà del caso, di elaborazione e realizzazione, darebbe ai sardi un’idea di ciò che sono come collettività portatrice di propri interessi, li renderebbe coscienti di essere “altro” rispetto e insieme al mondo. E non appendice politica del continente, che sente di esistere solo quando Roma concede spazio, spesso illusorio, nell’una o l’altra delle tante vertenze aperte tra governo regionale e centrale.
Difficilmente due peccati di tale portata sono espiabili. Eppure la cronaca concede oggi alla borghesia sarda una nuova opportunità. E vedremo se si tramuterà in un’opportunità storica. Questa borghesia ha davanti un bivio ineludibile. È fallito il modello di sviluppo basato sull’industria: come detto, sostituito solo da navigazione a vista. Siamo nel pieno di una crisi socio-economica di cui non si vede il fondo e che si cerca di controllare con le briciole cadute dalla mensa dei ricchi. Non di governarla, indirizzandola, ma appena di controllarla.
Le scelte di Roma (queste sì strategiche, ma per l’Italia) in tema di energia, autonomie locali, servitù militari, beni culturali rendono palese il divario tra gli interessi del continente e quelli della Sardegna. Divario sotto gli occhi di tutti, talmente ampio ed evidente che la stessa Giunta non può negarlo: ecco allora che a governi dichiarati ripetutamente “amici” si chiede con insistenza patetica il rispetto e l’aiuto che i veri amici ti danno senza che tu debba bussare ogni giorno alla loro porta con la mano tesa.
La discrepanza, tuttavia, non appare più sanabile con interventi d’emergenza e, quand’anche fosse colmata sul piano economico, rimarrebbe aperta sul piano culturale. Troppi ormai in Sardegna sanno che la Sardegna non è Italia. È questa la vera differenza rispetto al passato: negli ultimi quindici anni si sono accesi nella società sarda fermenti tali da non rendere più possibile l’acquiescenza di massa. Qualsiasi governo regionale, di qualsiasi colore, sa ora che accontentare Roma vuol dire automaticamente scontentare i sardi.
È il bivio: da che parte vuole stare la borghesia dell’isola? Dalla parte di chi le assicura una comoda e anonima sopravvivenza o dalla parte dei sardi? I primi amici della borghesia sarda sono i sardi. I primi cittadini di cui la borghesia sarda deve interessarsi sono i cittadini sardi. È per il loro benessere, per la loro crescita, per la loro indipendenza che deve lavorare.
Non farlo significherebbe rifiutare ancora una volta la propria responsabilità storica.
Ancora peggio, significherebbe avvalorare il pensiero sempre sotteso alla servitù verso Roma: che da soli i sardi non possano farcela, che qualsiasi compromesso al ribasso con l’Italia sia meglio e più di ciò che i sardi potrebbero ottenere da sé. Sarebbe, di nuovo, il trionfo della mentalità coloniale.
Questo vuole la borghesia sarda?

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2014.12.29 – USA: la guerra contro la Russia, e ora anche l’Ungheria

Posted by Presidenza on 29 Dicembre 2014
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Tutto questo casino è stato fatto solo per circondare la Russia con i missili nucleari. Non ha niente a che vedere con la democrazia: è solo il prodotto di una falsa ‘democrazia.’

 

Pubblicazione1DI ERIC ZUESSE

L’Ungheria ha deciso di allinearsi con la Russia contro gli USA.
L’ Alleanza occidentale comincia a scricchiolare intorno a Barack Obama e al Congresso USA che insistono per voler andare in guerra contro la Russia.
E’ quella che chiamano ‘nuova guerra fredda’ ma che è, a tutti gli effetti, già una guerra calda almeno in Ucraina, proprio dietro la porta accanto a quella della Russia.

Il piano dell’America di piazzare i suoi missili nucleari puntati contro la Russia, quest’anno ha fatto dei notevoli passi in avanti. Quella nazione che prima era neutrale, l’Ucraina è ormai diventata ufficialmente un paese anti-Russia. Per effetto del Colpo di Obama, l’Ucraina è piombata in una guerra civile scoppiata tra il regime Ucraino che la CIA di Obama e i mercenari hanno instaurato a Kiev il 22 Febbraio 2014, contro il popolo delle regioni orientali della Ucraina, dove il Presidente ucraino, rovesciato da Obama, aveva raccolto circa il 90% dei voti per essere eletto, per questo il regime di Kiev, che sta nella parte occidentale del paese ha incontrato le maggiori opposizioni proprio nella parte orientele — infatti, ora la guerra civile in Ucraina sta imperversando su queste terre, dove Kiev sta cercando di eliminare i residenti.
Ma, dentro l’Unione Europea e specialmente tra quegli stati che una volta erano parte dell’URSS, questa cosa si chiama ancora e solo GUERRA FREDDA, e dovrebbe essere un processo di riscaldamento – forse – per arrivare gradualmente verso le super-temperature di un conflitto nucleare tra Russia e NATO (quell’organizzazione formata dagli USA e dalle nazioni vassallo contro la Russia). E l’America sta già investendo pesantemente su questa guerra.
Secondo il German Economic News (GEN), del 25 Dicembre, “L’Ungheria non prenderà parte alla Guerra Fredda contro la Russia.” Scrivono che “Il Primo Ministro dell’Ungheria, Viktor Orban, ha preso le distanze dalla UE ed ha accusato il governo USA di star provando ad istigare una nuova Guerra Fredda contro la Russia e che l’Ungheria non vi parteciperà.” GEN fa anche riferimento ad un suo precedente articolo del 19 Ottobre in cui scriveva : “Dopo la Russia, l’Ungheria sembra essere il paese preso di mira dagli Americani:gli USA stanno colpendo alti funzionari del governo ungherese e uomini d’affari negando loro il permesso d’ingresso negli Stati Uniti e lanciando accuse di corruzione contro gli ungheresi.”
A dir la verità, anche il Governo USA è molto corrotto, e sta usando le accuse di corruzione contro gli alti rappresentanti di altre nazioni per fornire un pretesto e spingerli a piegarsi all’aristocrazia dell’America — a diventare, cioe, nazioni-vassallo.
Ma vogliamo crederci davvero che adesso il governo USA prenderà qualche misura altrettanto forte anche contro i suoi alti rappresentanti? Per esempio contro Joe Biden perfino adesso, e che forse arriverà a prenderle contro Barack Obama alla fine della sua Presidenza, quando sicuramente comincerà a godersi tutti quei favori che Wall Street avrà il piacere di concedergli ? (Come è successo al suo amico Timothy Geithner). – (Stiamo riferendoci a quello che è successo con quella massa di corrotti che ha lavorato durante la Presidenza di George W. Bush — e del fatto che Obama non ha permesso che si indagasse o che si procedesso contro nessuno di loro).
Nel 2013, una indagine Gallup chiese agli Americani : “Credete che la corruzione abbia contagiato il governo degli Stati Uniti?” – il 73% rispose “Yes.” Ma la corrotta Obama Administration pretende di erigersi ad arbitro Internazonale contro la corruzione di altre mazioni corrotte.
Chi vogliono prendere per scemi? (Forse solo chi non si informa leggendo su siti come come questo, per esempio?)
Martedì 23 Dicembre, la Reuters è uscita con questo titolo: “Il PM ungherese Orban: gli U.S.A. usano le accuse di corruzione per guadagnare influenza” : “Il Primo Ministro Viktor Orban ha dichiarato, martedì scorso, che gli Stati Uniti stanno usando delle accusa di corruzione contro alcuni alti esponenti pubblici ungheresi come delle ‘cover story’ per aumentare la loro influenza in Europa Centrale nel bel mezzo del conflitto Russia-Ucraina. Questo commento di Orban è arrivato dopo un forte inasprimento delle relazioni tra Ungheria -alleato della NATO – per il modo in cui gli USA percepiscono il ruolo sempre più autoritario di Orban e le relazioni sempre più calde di Budapest con la Russia”.
La forma invasiva con cui la NSA americana mette il naso in tutto, la militarizzazione delle forze di polizia e l’invasione di Iraq, Siria, Libia e di altri paesi – che non hanno mai minacciato gli Stati Uniti – non sono considerati (secondo British Reuters) degli atti ‘autoritari’ mentre l’Ungheria di oggi è ‘autoritaria.’ Improvvisamente (anche se gli USA non usarono gli stessi termini, quando l’Ungheria stava cercando di andare incontro agli interessi della aristocrazia americana), l’Ungheria è diventata ‘troppo autoritaria’ ed è troppo corrotta per fare affari con gli USA.
Quando più dei due terzi della popolazione degli USA è contraria alla scelta del governo di vendere armi al governo ucraino, ma il 98% della House of Representatives USA vuole non solo vendere le armi ma regalarle all’Ucraina, contando sui contribuenti U.S.A. che pagheranno per questa generosità, e quandi il 100% del Senato approva questa delibera e il Presidente la trasforma in legge … quanto può essere falsa oggi la democrazia americana?
Anche su temi vitali, come la pace e la guerra nucleare, l’aristocrazia americana, quella che mette i soldi per le “elezioni” a qualsiasi carica nazionale e che controlla il governo degli Stati Uniti, non è interessata a quello che vuole la gente degli Stati Uniti.

Obama non è riuscito a farsi gioco degli americani e a convincerli ad invadere la Russia, come riuscì invece a fare George W. Bush quando invase l’Iraq, ma adesso non ne ha nemmeno più bisogno.
Tutto questo casino è stato fatto solo per circondare la Russia con i nostri missili nucleari. Non ha niente a che vedere con la democrazia: è solo il prodotto di una falsa ‘democrazia.’
SEMPLICE : Adesso sappiamo che la DEMOCRAZIA E’ FALSA.
E’ FALSA.: questa è la verità. Una volta che capita la verità, qualsiasi altra cosa riprende il suo posto. Liberarsi dall’illusione della menzogna, dalle falsità dei tanti bugiardi è la chiave per cominciare a capire. Prima di aprire gli occhi sulla verità, si possono immaginare solo i miti.
Miti che stanno diventando sempre più pericolosi, giorno dopo giorno.
Una Guerra Nucleare è una cosa mortalmente seria.

tratto da: (clicca qui)

2014.12.26 – La prima aggressione al Rublo è già fallita

Posted by Presidenza on 26 Dicembre 2014
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I mercati finanziari occidentali per la prima volta nella storia non sono riusciti a distruggere la moneta, e di conseguenza l’economia del paese sotto attacco, ma sono andati incontro ad una vera e propria Caporetto di portata storica.

 

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di Giuseppe Masala.

Per giorni e giorni gli analisti mainstream ci hanno inondato, dall’alto dei loro pulpiti televisivi e giornalistici, che la fine del “regime” russo era vicina. Secondo loro, i cosiddetti mercati finanziari avevano mostrato il pollice verso nei confronti di questa nazione destinata a rivedere i giorni della penuria dell’epoca di Boris Eltsin. I mercati – essi ci spiegavano – avevano emesso la loro sentenza e anche la Russia, come qualunque nazione al mondo, doveva chinare il capo di fronte alla loro divina volontà.

Tralasciando i dubbi e le perplessità su una simile strategia, ciò che lascia sbalorditi è che da alcuni giorni questa litania massmediatica sia completamente scomparsa: blackout. Perché? Dovremmo chiederlo ai giornalisti che prima parlavano e ora tacciono: secondo loro, il destino è già segnato oppure è successo qualcosa che forse è meglio nascondere? Qualcosa che confligge sia con la narrazione proposta nell’immediato (la Russia in crisi), sia con la metanarrazione di sempre, quella che deve vedere l’Aquila imperiale americana sempre trionfante nel mondo?

Andiamo a verificare con il seguente grafico se è successo qualcosa degna di nota da quando è calato il blackout informativo sulla “crisi del Rublo”.
Come si può vedere, il Rublo ha recuperato il 30% del suo valore sull’Euro (e sostanzialmente il recupero è stato della stessa misura sul Dollaro).

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Cosa è successo di così importante da portare ad un recupero altrettanto spettacolare rispetto all’attacco speculativo che aveva spinto la moneta russa nell’abisso? A leggere i giornali occidentali non è accaduto assolutamente nulla. Anzi ripetiamo, l’argomento è caduto in un oblio che sa di censura.

Ma andando a verificare sui siti in lingua russa qualcosa di molto importante è invece accaduto (http://info-patriot.com/novosti/politika/kitay-podal-rossii-ruku-pomoshchi.html).

Come si sa le banche centrali della Russia e della Cina hanno firmato dei contratti (swap) per scambiarsi direttamente le loro valute senza l’intermediazione del Dollaro. Il tasso di cambio previsto da questi contratti era pari a 5,67 rubli per 1 yuan renminbi. Considerato che lo Yuan viene scambiato con le altre valute (Dollaro compreso) all’interno di una banda di oscillazione del 2% rispetto ad una parità centrale stabilita dalla Banca Centrale Cinese, si viene a creare una particolare situazione nella quale qualcuno (leggi la Russia) può vendere yuan (ottenuti al cambio stabilito dal contratto swap) in cambio di dollari e con questi ultimi acquistare rubli. Acquistando rubli ne aumenterebbe immediatamente il valore rispetto al Dollaro e ciò esporrebbe a enormi perdite coloro che hanno venduto rubli “allo scoperto” (senza possederli) sperando di riacquistarli successivamente e dunque confidando che si siano svalutati al fine di lucrare la differenza.

Insomma, per la Banca Centrale russa si aprirebbe grazie all’assist della PBoC (banca centrale cinese) la possibilità di effettuare un enorme operazione di “arbitraggio” (cfr.http://www.treccani.it/enciclopedia/arbitraggio_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza) tale da esporre a enormi perdite coloro che speculavano contro il Rublo. Confermando il cambio sullo swap i cinesi hanno offerto un arbitraggio del 100% ai russi. Roba da far saltare tutti gli speculatori in un paio di giorni.

Che le cose siano andate sostanzialmente così è un ipotesi – credo – estremamente plausibile e la tesi viene rafforzata enormemente dall’assordante ed emblematico silenzio nella quale è caduta “la crisi del rublo” sui media mainstream. Silenzio talmente impenetrabile che i lettori più sprovveduti probabilmente non sanno nulla del recupero del Rublo rispetto al Dollaro e all’Euro e sono probabilmente convinti che i russi siano in preda ad una crisi isterica per l’impossibilità di comprare IPod e dove – addirittura – le classi meno abbienti stanno già patendo la fame per il rincaro delle derrate alimentari.

Meglio stendere un velo pietoso su questa cappa di omertà che avvolge i media occidentali e che sempre più assomiglia ad una plumbea forma di censura.

Concentriamoci per un attimo sull’aspetto veramente importante di questa situazione: i mercati finanziari occidentali, che spesso hanno attaccato i paesi considerati non allineati con le posizioni dell’Impero, per la prima volta nella storia non sono riusciti a distruggere la moneta e di conseguenza l’economia del paese sotto attacco ma sono andati incontro ad una vera e propria Caporetto di portata storica. Ormai a comandare è quella che anche per l’FMI è diventata la prima economia del mondo: la Cina.

Nel frattempo l’Aquila imperiale americana è rientrata un po’ malconcia nel suo nido, probabilmente a meditare vendetta.

Da constatare che però quest’aquila spennacchiata, per non veder smentita la metanarrazione che deve vederla sempre trionfante, ha dato l’ordine ai suoi corifei di propagandare l’ultima assurda balla: la crescita del suo PIL del 5%. Un PIL di cartapesta come i carri del Carnevale di Viareggio.

tratto da: (clicca qui)

 

Paolo Maleddu: <<Le tasse sono un inganno, un furto legalizzato furbescamente realizzato ai danni di popolazioni ingenue, appositamente tenute ignoranti in materia monetaria. Quantunque reso legale, sempre di furto si tratta>>.

 

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Di Paolo Maleddu

Le tasse non sono dovute.

Concetti e parole dal libro di Paolo Maleddu: “Perchè le tasse non sono dovute”

Non si tratta di una provocazione: solo semplice constatazione di una verità sconcertante.
Anche persone di cultura superiore che hanno piena consapevolezza dei poteri dominanti dietro le illusioni democratiche, hanno difficoltà ad accettare una verità troppo destabilizzante per poter essere assimilata senza comprensibili resistenze.

Le tasse non sono dovute perché la moneta attualmente in uso sull’intero pianeta è una fiat money.
Per fiat money si intende una moneta a corso forzoso, non garantita da riserva aurea, creata per convenzione, dal nulla, all’istante (fiat …) per misurare, contabilizzare e manifestare in un simbolo (cartaceo, di plastica, elettronico …) il valore di beni e servizi. Non essendo la sua emissione limitata da una determinata quantità d’oro preesistente depositata a copertura, di tale moneta non ci può essere carenza. Può essere emessa, digitando dei numeri su un computer o con il solo uso di carta e penna, dall’istituzione che rappresenta la comunità dei cittadini che la creano per convenzione: lo Stato, la regione o il Comune.

Domanda: non essendo coperta da riserva aurea (diversamente da quella creditizia, emessa come ricevuta rappresentativa di oro o altra merce depositata a garanzia, non più in uso), cosa dà valore alla moneta?
Il valore le viene dato d’autorità dallo Stato che la dichiara valuta ufficiale del Paese e la accetta in pagamento di debiti e tasse: estingue ogni debito. Si può rifiutare un assegno, ma non un pagamento effettuato con la moneta legale del Paese. Si tratta di una fattispecie giuridica. Siamo nell’ambito del Diritto, non dell’economia.

Tutto ciò porta ad una prima considerazione: se il valore monetario viene dato d’autorità dallo Stato e garantito dalla certezza del Diritto, non si vede come possa venir emesso da altri. Ricordo, semmai ce ne fosse bisogno, che nell’attualità, la moneta viene creata dal nulla dai banchieri privati nell’atto di prestarla e da essi stessi gestita, da proprietari, in regime di monopolio.

Queste sono alcune frasi inequivocabili apparse in una pubblicazione ufficiale (Quarterly Bulletin)della Banca Centrale del Regno Unito (Bank of England) nel Marzo 2014, da leggere attentamente per fugare ogni dubbio:

“Quando una banca fa un prestito ad uno dei suoi clienti, semplicemente accredita sul conto corrente del cliente un saldo attivo maggiore. In quel preciso istante viene creato nuovo denaro.

Le riserve della Banca d’Inghilterra sono solo una registrazione elettronica dell’ammontare dovuto dalla banca centrale ad ogni singola banca.

Le banche commerciali creano denaro, sottoforma di depositi in conto, facendo nuovi prestiti. Quando la banca fa un prestito, per esempio a qualcuno che prende un mutuo per acquistarsi una casa, generalmente non lo fa consegnando migliaia di sterline in banconote. In realtà, gli accredita nel conto corrente un deposito uguale all’ammontare del mutuo. In quel momento viene creato nuovo denaro. Per questo motivo taluni economisti hanno fatto riferimento ai depositi bancari come “denaro sorto dalla penna”, creato da un tratto di penna del banchiere quando concede prestiti.”

Questa è solo l’ultima di una lunga serie di simili dichiarazioni pubbliche rese negli ultimi cento anni davanti alla “Commissione della Camera dei Rappresentanti del Sistema Bancario e della Valuta” degli Stati Uniti da numerosi Governatori della Federal Reserve System, e da numerose pubblicazioni ufficiali dello stesso Sistema Bancario. La Federal Reserve è la Banca Centrale americana, di proprietà delle grandi dinastie di Usurai internazionali: Rothschild, Rockefeller, Warburg, Morgan, Lehman, Lazard, Goldman, Schiff, Kuhn, Loeb, Sachs, Kahn, nonché una misteriosa Israel Seif Moses Bank of Italy della quale niente è dato sapere, e altre possibilmente entrate nei cento anni trascorsi dalla sua fondazione nel 1913.

Per andare subito al cuore del Sistema, riporto un’altra clamorosa dichiarazione (rintracciabile in Internet) del Luglio 2009 di Ben Bernanke, l’allora Governatore in carica della Fed. Il giornalista di “60 Minutes” della Cbs gli chiede, a proposito delle migliaia di miliardi di dollari che la Banca Centrale americana stava dando in prestito alle banche commerciali per tentare di arginare la crisi salvando loro piuttosto che la popolazione:

“È denaro proveniente dalle tasse quello che la Federal Reserve sta spendendo?”

“Non è denaro proveniente dalle tasse …” risponde Bernanke nell’intervista, “le banche hanno un conto corrente presso la Fed, proprio come Lei ha un conto presso una banca commerciale, così per prestare ad una banca noi usiamo il computer per determinare l’importo del credito … è molto più simile allo stampare denaro piuttosto che prestarlo …”.

“Voi state stampando denaro?”, interviene l’intervistatore.

“Sì, in effetti, ed abbiamo bisogno di farlo perché la nostra economia …” etc. etc.

Questo libro potrebbe terminare qui.

Mentre i politicanti nostrani (o i greci, gli spagnoli, i portoghesi …)
continuano ad aumentare il prelievo fiscale e a ripeterci che non ci sono soldi per salvare noi dalla miseria e le nostre aziende dalla chiusura, evocando austerity, Patto di stabilità e Spending review, sentiamo il Governatore della Banca Centrale più importante al mondo dire, riferendosi a denaro prestato a banche da salvare, che:

“Non è denaro proveniente dalle tasse…”.

E da dove proviene, di grazia, questo denaro? Viene forse chiesto, come si usa da noi, in prestito ai mercati?

Certamente no, perché alla successiva domanda, “Voi state stampando denaro?”, il Governatore risponde:

“Sì, in effetti ….”

Apprendiamo quindi dalle massime autorità in materia monetaria, Bank of England e Federal Reserve, che si può creare denaro all’istante, usando il computer, prestandolo per salvare altre banche o per acquistare una casa, senza chiederlo ai mercati e senza dover tassare chicchessia.

Il banchiere privato batte moneta senza averne titolo,mentre lo Stato, che a quella moneta dà valore d’autorità, preferisce chiederla in prestito ai mercati o prelevarla dalle nostre tasche.

Chi è il vero sovrano tra Stato e banchiere?
Ha senso tutto ciò?

Certo. Ha uno scopo ben preciso, quantunque pubblicamente inconfessabile: permettere, con la complicità dell’intera classe politica, maggioranza e opposizione, il dominio dei grandi Usurai sulle popolazioni.

Creando con le tasse un debito (fittizio, come già fanno intuire le dichiarazioni appena lette e come dimostreremo) estinguibile unicamente con la valuta ufficiale, i politicanti conseguono il loro obiettivo: quello di obbligare i cittadini a procurarsi tale moneta lavorando o prendendola in prestito dal banchiere emittente, loro complice.

In assenza di tasse, non saremmo obbligati a correr dietro alla moneta imposta come valuta ufficiale. La conclusione, ovvia ma non dichiarata, è che la vera funzione tecnica delle tasse è quella di dare validità alla moneta privata.

Questa è una prima verità, peraltro nota agli addetti ai lavori e già anticipataci da uno dei maggiori filosofi tedeschi oltre duecento anni or sono nella sua opera più importante:

“Lo Stato preleva le sue imposte in denaro per assicurare validità alla moneta territoriale.”
Johann G. Fichte, “Lo Stato commerciale chiuso”, anno 1800

I politicanti, dopo averci obbligato a procurarcela e versarla, con una infinità di balzelli, allo Stato che ne “riconosce” il valore accettandola, la restituiscono con gli interessi al banchiere.

In questo modo i grandi Usurai internazionali che controllano il Sistema Bancario, vivono di rendita, da parassiti, del nostro lavoro.
Accumulando immense fortune personali e gestendo la moneta e l’informazione in regime di monopolio, controllano le popolazioni mondiali attraverso governi, eserciti e multinazionali.

Per loro esclusivo vantaggio o in favore di poteri ancora superiori?

I punti di vista sono molteplici e dare una risposta certa è alquanto difficile.

Quel che è certo è che la moneta, che pure ci appartiene, viene usato come strumento di controllo su di noi, e che la reale funzione delle tasse è quella di impoverirci per limitare la nostra libertà: confinarci dentro un recinto per controllarci nel corpo e nella mente.

Se quindi non è più una ricevuta di un valore depositato (oro, nel Gold Standard), che cos’è oggi la moneta?

La moneta convenzionale attualmente in uso è un semplice documento contabile per redigere il quale bastano carta e penna (come confermato dalla Bank of England) o digitare degli input in un computer (lo dice Ben Bernanke).

Serve a misurare, contabilizzare, monetizzare (manifestare in un simbolo monetario) il valore di beni reali e servizi; a tenere aggiornata in tempo reale la contabilità tra chi deve dare e chi deve avere all’interno della comunità. Debiti e crediti tra i partecipanti agli scambi di beni e servizi si compensano all’interno della comunità grazie all’intermediazione di tale documento contabile (altrimenti chiamato denaro) che unicamente lo Stato che gli dà valore può emettere, a costo zero, in nostra rappresentanza.

Senza alcuna necessità di chiedere fantomatici prestiti a banchieri privati o ai mercati.

“Pensa all’economia di mercato come ad un giuoco di mettere e prendere. Ciascun partecipante prende beni e servizi dal mercato, e ognuno mette beni e servizi. La moneta, in realtà, è solo un modo di tenere i conti. Quando tu prendi qualcosa dal mercato (comprando), offri denaro in pagamento. Quando metti qualcosa dentro il mercato (vendendo), ricevi del denaro come pagamento. Stando così le cose, coloro che mettono più valore dentro l’economia (vendendo) ricevono, nel tempo, più denaro. Il denaro, quindi, è un sistema contabile.
Thomas Greco

Ciascuno di noi può mettere e prendere nella comunità ciò che produce, che sia un bene reale o un servizio. Con il baratto dei beni lo scambio si concludeva contestualmente, perché ognuno riceveva un bene reale. Ma, essendo ben noti i limiti del baratto, si è dovuto ricorrere all’intermediazione di un sistema contabile che permette di tenere aperto lo scambio e concluderlo in un momento successivo. Io immetto nel mercato una bottiglia di vino (vendendo), e prendo in cambio, invece di un bene reale, un documento contabile che dice: Paolo ha ceduto una merce alla comunità senza aver preso niente in cambio. Vanta un credito che può riscuotere tra una settimana, un mese o un anno, alla presentazione di tale attestato del credito. Il baratto si può considerare concluso quando tutti avranno in mano dei beni reali, non un biglietto di carta.

Questa è la reale funzione della moneta. È un documento di intermediazione contabile, il riconoscimento di un debito/credito, che permette di spostare nel tempo la conclusione dello scambio.

“ … il denaro è una forma di debito/credito … il denaro non è altro che un debito della comunità verso il detentore, pagabile nella forma di beni autentici secondo la sua scelta …”
James Barnes, 1944

Il valore nominale impresso sulla cartamoneta esprime la misura del potere d’acquisto incorporato, trasformando il denaro in un contenitore di valore utilizzabile in qualsiasi momento per prendere dal mercato, dopo avervi immesso il frutto del proprio lavoro, il frutto del lavoro altrui.

“Ciò di cui abbiamo bisogno … è un “contenitore” che dia ai conti sia il tempo che l’opportunità di andare in pareggio. Tutto ciò richiede una volontà di aspettare e una volontà di avere fiducia. In poche parole, i membri di una comunità commerciale devono avere la volontà di farsi “credito” l’un l’altro.”
Thomas Greco

La moneta si basa sulla fiducia e sul credito reciproco che i membri della comunità si fanno l’un l’altro, momentaneamente accettando, in cambio di beni reali e servizi, un biglietto di carta. La fiducia e il credito reciproco permettono la compensazione di debiti e crediti in un tempo dilatato, al contrario di ciò che avviene, all’istante, col baratto di beni. A tal scopo ci mettiamo d’accordo di accettare come mezzo di scambio universalmente riconosciuto un determinato simbolo cartaceo.

Dal momento che il valore monetario trova origine all’interno della comunità che lo crea per convenzione, solo lo Stato può emettere denaro in nostra rappresentanza. In realtà avviene che, invece di una moneta pubblica (di proprietà popolare) ad uso privato, prodotta a costo zero, venga emessa una moneta privata ad uso pubblico, garantita dallo Stato (noi) ma di proprietà dei banchieri privati, ceduta in prestito ad interesse alla popolazione. La suddetta prassi origina un Debito Pubblico inestinguibile, per far fronte al quale viene imposto al contribuente un crescente prelievo fiscale. Questa truffa, scientemente perpetrata ai nostri danni dalla complicità tra banchieri privati e classe politica governante, è all’origine della miseria e della sofferenza oggi dilaganti.

Lo Stato deve battere moneta: Biglietti di Stato di proprietà del popolo (non note del banco emesse dal nulla, senza averne titolo, dalla banca privata), stampati a costo zero d’autorità (garantiti dalla certezza del Diritto) per retribuire tutti coloro che eseguono un lavoro a beneficio della comunità, e coprire ogni costo della sua ordinaria amministrazione. Se ogni costo viene coperto con fiat money creata all’istante a tal scopo, per quale motivo dovrebbe la classe politica pretendere denaro dai propri cittadini? Dove va a finire il denaro illegittimamente prelevato, se ogni spesa è già coperta?

Le tasse sono un inganno, un furto legalizzato furbescamente realizzato ai danni di popolazioni ingenue, appositamente tenute ignoranti in materia monetaria. Quantunque reso legale, sempre di furto si tratta.

Questi sono i concetti base di cui leggerete nelle pagine del libro Perché le tasse non sono dovute, e che, mi auguro, al termine della lettura, possano esservi molto più familiari di quanto possano sembravi ora.

I tempi sono ormai maturi perché la verità delle tasse non dovute emerga, e alcuni importanti messaggi arrivati ultimamente dai Poteri forti che governano il mondo fanno presagire cambiamenti più o meno imminenti (i loro tempi sono molto più dilatati dei nostri …) nell’organizzazione sociale. Creare una coscienza della grande truffa dell’emissione monetaria da parte di banchieri privati che non hanno nessun titolo per emettere moneta, è il primo passo verso una presa di posizione consapevole e coraggiosa per opporci con i fatti ad una frode ormai palese. Tanti i milioni di vite umane sacrificate e troppa sofferenza da troppi anni: è ora di fermare questa barbarie.

Un sano impulso di umana dignità: ecco ciò che ci vuole per opporsi, in piedi e a viso aperto, a quei Poteri, ormai facilmente identificabili, che, con la complicità delle classi politiche, esercitano il loro dominio sulle popolazioni mondiali attraverso lo strumento monetario e il prelievo fiscale.

tratto da: (clicca qui)

2014.12.18 – Due punti di vista sullo stato del dollaro e del rublo

Posted by Presidenza on 18 Dicembre 2014
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MEGLIO IL DOLLARO O IL RUBLO ? SORPRESA

DI SIMON BLACK
Ieri sera, la Banca Centrale Russa ha annunciato una decisione shock portando il tasso di riferimento dal 10,5% al 17%, con effetto immediato. Incredibile. Solo lunedì il rublo è sceso più del 9% rispetto al dollaro, e di quasi il 50% durante il 2014. Sembra che sia un massacro.
Se si dà retta a quello che raccontano i media della finanza convenzionale, tutti sono d’accordo nel dire che solo un pazzo in questo momento potrebbe tenersi in portafolgio azioni, obbligazioni, valuta, ecc. se solo si parla di roba russa. Tutti raccontano che il rublo è in caduta libera, e che il dollaro è il vero posto dove conviene stare (per investire).
Ma se c’è qualcuno che legge quello che scrivo, da parecchio tempo, sa che io sono uno che guarda solo i numeri.
Quindi … solo per testardaggine, ho deciso di tuffarmi nei numeri e fare un confronto oggettivo tra il dollaro USA e il rublo russo.

I risultati potrebbero sorprendervi.

Prima di tutto, diciamoci ancora una volta che TUTTE le valute di carta fondamentalmente non funzionano bene.

Il nostro sistema monetario globale è assurdo, solo l’idea di lasciare in mano ai banchieri centrali – non eletti – gli strumenti per evocare dal nulla tutti i soldi che vogliono, è semplicemente folle.

Ma è vero anche vero che certe valute fiat hanno dei fondamentali migliori di altre. E se si vuole capire lo stato di salute di una moneta, è imperativo guardare quale sia lo stato di salute di chi emitte quella valuta, cioè la banca centrale.
Come per una qualsiasi banca, uno dei parametri più importanti per determinare lo stato di salute finanziaria di una banca centrale è il suo livello di solvibilità. In particolare guardiamo il Capitale della banca (cioè il patrimonio netto), in percentuale rispetto al suo bilancio totale.

La Federal Reserve USA ha un rapporto di capitale- base che corrisponde al 1,26%. Cammina su un filo di rasoio. (Questo rapporto è sceso dal 4.5% in questi ultimi anni).

Ciò significa che se il valore delle attività della Fed diminuisse solo del 1,26%, la Banca che emitte la valuta di riserva dominante del mondo cadrebbe in uno stato di insolvenza.

Ora, cosa succede alle passività di una entità in stato di insolvenza? Diminuisce il loro valore. Proprio come come successe con le obbligazioni (le passività del governo) greco che crollarono pochi anni fa.
Quali sono le responsabilità della Fed? Basta aprire il portafoglio. Quei pezzi di carta verde non sono”dollari”. Basta leggere bene : c’è scritto “Federal Reserve Note” (cioè il debito) stampato bello chiaro sopra. Per questo motivo lo stato finanziario pietoso della FED, nel lungo termine, si riflette direttamente sul valore del dollaro.
D’altra parte, il rapporto della Banca Centrale russa è del 12,5% – sempre una schifezza – ma letteralmente quasi dieci volte superiore rispetto a quello della Fed.

Un cuscinetto di Capitali è fondamentale quando succede l’insospettabile, questa riserva è quella che può aiutare a mantenersi a galla. Pensiamoci bene:

Chiunque di noi potrebbe essere in grado di andare avanti senza preoccuparsi di avere dei risparmi come riserva, anzi forse potrebbe anche fare dei debiti, e vivere tranquillo, ma solo fino a quando qualcosa di imprevedibile succede di punto in bianco.
Fino a quando si rompe la macchina o si ha bisogno di andare in ospedale, per esempio.
Poi tutto a un tratto il fatto di non aver soldi può diventare un problema serio.

Un altro importante parametro è l’oro. Come ho già detto, dal momento che tutte le valute fiat sono difettose, è importante vedere la quantità di ASSETS REALI che costituiscono le riserve di una banca centrale.

Per fare un confronto mele-con-mele, guardiamo le riserve auree della banca centrale come percentuale verso la sua massa monetaria, ossia quanto è la quantità di oro che garantisce e sostiene l’offerta di moneta.

In Russia, è del 6,2% e sta aumentando. L’anno scorso era del 5,5%, e la banca centrale continua a far aumentare pesantemente le sue scorte.

Quanto oro c’è per garantire e sostenere il dollaro?

Precisamente ZERO. zero %. NIENTE . Zilch. Nada.
La FED non ha oro proprio. Lo dichiara ad alta voce sul proprio website: “La Federal Reserve non possiede oro.

Possiede dei «certificati» che sono convertibili in dollari USA. Ma non c’è una sola oncia di oro che possa sostenere il dollaro.

Così … senza oro e a livelli di solvibilità pietosamente esili come il filo di un rasoio, non è che ci voglia uno shock particolarmente violento per far vacillare il dollaro. A confronto, il rublo è molto meglio capitalizzato e ha qualcosa in più che lo sostiene.

Ora, non sto necessariamente raccomandando di comprare rubli, ma con qualche difficoltà, cerco di far capire che i numeri, a disposizione di tutti, dimostrano chiaramente che esite un certo divario tra ” emozioni che trasmettono i media ” e dati oggettivi.

E in un momento in cui il rublo e tutta l’intera economia russa hanno preso tante di quelle botte, che adesso la Apple, da sola, vale più di tutto il mercato azionario russo, lo stato reale degli asset russi certamente potrebbe far venire in mente anche qualche speculazione interessante.
In conclusione —se non avete investimenti in rubli, allora che cosa credete di fare con tutti i vostri soldi investiti in dollari?

Fonte: www.sovereignman.com

Link: http://www.sovereignman.com/trends/surprise-guess-which-currency-has-stronger-fundamentals-the-dollar-or-ruble-15765/ 16. DIC.2014

ORA SENTIAMO LA CAMPANA DELLA RUSSIA

«VIVERE IN UNA NUOVA REALTA’»

Il crollo del rublo è un segnale per l’economia russa che deve adattarsi alle nuove condizioni, è quanto ha detto Elvira Nabiullina, Presidentedella Banca Centrale russa, dopo la decisione a sorpresa, a mezzanotte, che ha portato il tasso base di interesse al 17%.

Si è deciso di aumentare gli oneri finanziari di 6,5 punti percentuali, per ostacolare l’inflazione selvaggia e proteggere il rublo, che è caduto ai minimi storici, dopo che la banca ha smesso di intervenire spendendo miliardi di dollari. Una oscillazione scioccante ha spinto il rublo al ribasso fino a 67-60 rubli per un dollaro. Al momento della pubblicazione, il tasso di cambio del rublo era 65.59 contro un dollaro USA.
“Dobbiamo imparare a vivere in una nuova realtà, e mettere meglio a fuoco le nostre risorse interne per finanziare i nostri progetti in modo da poter trovare una alternativa alle importazioni” ha detto il Capo della Banca Centrale in un messaggio televisivo martedì sera.
La moneta russa ha perso oltre il 100% contro il dollaro quest’anno, essenzialmente per fattori esterni, secondo il governatore della banca. Nabiullina ha fatto menzione alla debolezza del prezzo del petrolio e alle restrizioni all’accesso al mercato dei capitali occidentali per effetto delle sanzioni. Raggiungendo nuovi record al ribasso, il rublo è stato commercializzato a 100 contro l’ euro e a 80 contro il dollaro, oltre il 55% meno dell’anno scorso.
— Portano i rubli con la carriola : $USDRUB $RSX http://t.co/5fkreYMnAf pic.twitter.com/yt9z8ykhQU
— StockTwits (@StockTwits) December 16, 2014
L’autarchia (interiorizzazione) che sta promuovendo la Nabiullina è in linea con la visione del presidente russo Putin, che ha cercato altre fonti di finanziamento al di fuori dai paesi dell’Occidente che hanno sanzionato la Russia. La sostituzione dei prodotti che vengono importati è un piano economico per incrementare la produzione a livello nazionale, in quanto le importazioni stanno diventando sempre più costose per i russi, data la debolezza della moneta.

La Nabiullina ha detto che la Banca Centrale ha predisposto strumenti speciali per togliere qualsiasi limite allo sviluppo e alla crescita interna della Russia, dicendo che il target della banca è il finanziamento di progetti e investimenti e per lo sviluppo di business e materie prime utilia incrementare le esportazioni delle piccole e medie imprese.
Nel peggiore degli scenari, la Central Bank vede un tasso di crescita negativa del 4,5% nel primo trimestre del 2015, in altre parole la recessione.
“Se non altro ci sarà il supporto, se non lo stimolo, da parte delle banche. Si tratta di una priorità della Banca Centrale che vuole mantenere e stabilizzare il settore “ ha dichiarato a RT, Vladimir Pantyushin, analista senior della Sberbank CIB.

Pantyushin inoltre non vede la Russia come un paese inadempiente, come fu invece nel 1998, perché oggi il bilancio è abbastanza forte per combattere le difficoltà economiche. Le riserve in valuta estera della Russia, anche se al livello più basso da 5 anni, ammontano a 415.000 miliardi dollari, rispetto agli appena 15 di cui disponeva quando la crisi spinse il paese in default nel mese di agosto 1998.
Solo quest’anno, la banca ha speso oltre 80 miliardi per difendere il rublo, fino a quando il 10 novembre la Banca Centrale ha annunciato ufficialmente la libera fluttuazione del rublo.

tratto da: (clicca qui)

2014.12.16 – Giulietto Chiesa e le vesti della liberta’

Posted by Presidenza on 16 Dicembre 2014
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Questo arresto ci dice che il regime europeo non solo emargina le voci dissidenti ma non vuole più tollerarne l’esistenza

 

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DI PINO CABRAS

Giulietto Chiesa è stato dunque rilasciato, ma non ha ancora ricevuto dalle autorità dell’Estonia un’esauriente spiegazione dei motivi per i quali è stato arrestato. C’è un decreto di espulsione, dicono. L’ha emanato ad personam il governo di un paese membro dell’Unione europea: senza nessuna accusa formulata in nome di una qualche fattispecie di reato. Si è voluto colpire un cittadino di quella stessa Unione europea, una personalità pubblica nel pieno dei suoi diritti politici e di parola, da sempre proclamati come il miglior primato dell’Europa.

In teoria, tutti hanno quei diritti, ma vengono usati poco e sempre meno. Per i diritti funziona al contrario dei vestiti: meno li usi più si sgualciscono. Giulietto indossa invece tutte le sfumature del diritto di parola e perciò mostra la veste integra della libertà, che spicca in mezzo a un sistema dell’informazione ormai agli stracci. Questa veste – a qualcuno – è sembrata troppo intatta. Non è un caso che si cominci da uno dei paesi baltici, quelli in cui, assieme alla Polonia e all’Ucraina, con la benedizione della NATO, si sta formando un cuore nero dell’Occidente: lì, in piena Europa, si sta “normalizzando” un modo di concepire l’Occidente alla maniera dell’America Latina degli anni settanta. È un sistema in cui le strategie militari e finanziarie le decide Washington, gli apparati repressivi sono in mano a manovalanza di ispirazione nazista, i simboli storici sono manipolati con ogni mezzo, si rimuove con la forza ogni memoria antifascista e si recuperano segni, monumenti, cimeli legati al peggiore nazionalismo. Per le idee diverse c’è la repression
Una parte dei lettori conoscerà uno dei libri più “strani” di Giulietto Chiesa, “Il candidato lettone”, che racconta una storia – la sua candidatura in Lettonia alle elezioni europee del 2009 – per narrare una storia più grande ancora, che quasi nessuno a Ovest ha saputo vedere: quella delle repubbliche baltiche post-sovietiche (e fresche di NATO e di UE), dove intere comunità di lingua russa sono state private dei diritti elettorali e della cittadinanza, per ritrovarsi con il passaporto segnato dalla scritta “alien”. Un capitolo di quel libro parla dell’Estonia e sembra spiegare perché oggi c’è stato questo arresto:
«Mi rendevo conto, nonostante fossi lontano, che si stava preparando un focolaio, che avrebbe presto potuto trasformarsi in un incendio. E avvertivo anche che l’informazione che arrivava da Tallinn era – per usare un eufemismo – incompleta, inadeguata, e che, per capirci qualche cosa, si doveva integrarla con le notizie che venivano da Mosca. L’esperienza mi diceva che le crisi non nascono per caso. Anche se appaiono all’improvviso, hanno sempre una gestazione lunga ed è quella che bisogna scandagliare. Sono come corsi d’acqua, che escono dagli argini all’ultimo momento. Ma è evidente che la questione non è soltanto se gli argini siano sufficientemente alti; bisogna capire perché tanta acqua sia scesa dai monti».
L’acqua baltica dell’ultimo decennio è quella del recupero della memoria delle SS, della persecuzione dei russi, delle ondate repressive in stile G8 di Genova, tutte raccontate nel libro, che ancora non poteva descrivere gli sviluppi che invece nel 2014 ha poi raccontato Pandora TV: la guerra ucraina, la veloce e drammatica militarizzazione NATO dell’Est europeo; l’oltranzismo dei leader di quell’area, sempre più organici ai loro burattinai d’Oltreoceano, al punto che cedono platealmente i ministeri chiave e la finanza a ministri stranieri, come in Ucraina; le stragi naziste e i villaggi bombardati dall’artiglieria, le centinaia di migliaia di profughi, l’Europa delle sanzioni autolesioniste.
Su questo fiume di eventi c’è l’alba cupa dell’Europa che va incontro alla guerra da Est, non trattenuta dall’altra Europa più a Ovest, a sua volta devastata dall’austerity del regime europeo. Solo in un contesto simile potevano eleggere il polacco Donald Tusk come presidente del Consiglio Europeo. Ai piani alti vogliono quanta più russofobia possibile.

Non è che dovete andare d’accordo con Giulietto Chiesa. Non è che dovete leggere “Il candidato lettone”. Vi basti rileggere Bertolt Brecht, quando riprende la poesia “prima vennero” di Martin Niemöller. Si tratta di capire in tempo dove si va.

Questo arresto ci dice che il regime europeo non solo emargina le voci dissidenti ma non vuole più tollerarne l’esistenza. Il silenzio mediatico su notizie importanti non basta più alle correnti atlantiste che dominano il continente. Vedono che c’è chi non si rassegna al silenzio, mentre avverte – qui e lì per l’Europa – che bisogna fare molto chiasso, e urlare che la guerra non sarà in nostro nome.

Le dichiarazioni a caldo di Giulietto Chiesa – di nuovo libero dopo le ore di cella e dopo l’estenuante lavorio dell’ambasciatore italiano – suonano, come di sua abitudine, in termini di un programma di impegni: «L’episodio è sicuramente grave. Ma è anche una lezione da imparare. Ci aiuta a capire che razza di Europa è quella che ci troviamo davanti ora. E che battaglia dovremo fare per cambiarla, per rovesciarla come un calzino. Se non vogliamo che questa gente rovesci noi.»

tratto da: (clicca qui)