2Martedì 25 novembre è stato compiuto un passo fondamentale per innescare una discussione internazionale sull’irrisolta Questione di Trieste, per oltre mezzo secolo delineata dalla legge del silenzio anzichè dalle Leggi Internazionali vigenti.
Dopo decenni di colpevole silenzio per la prima volta si è affrontata la situazione del Territorio Libero di Trieste in ambito ONU.
Invitati dall’UNPO i triestini hanno infatti potuto intervenire personalmente ad un’assemblea generale delle Nazioni Unite (Stanza XX del Palais des Nations, Ginevra), in cui erano presenti le rappresentanze permanenti delle Nazioni di tutto il mondo, le istituzioni internazionali (europee e non), varie commissioni ed enti interni all’ONU stessa, oltre alle principali NGO internazionali.

Durante il nostro intervento, inserito in una delle fasi iniziali e più partecipate del forum concernente i diritti delle minoranze (punto 2 dell’agenda: “Strutture legali e concetti-chiave”), le rappresentanze permanenti all’ONU di Italia, Slovenia e Croazia presenti in aula non si sono espresse sulla questione, non hanno protestato (pur avendone le facoltà) e non hanno preteso l’interruzione dell’intervento del relatore dell’FTT, come accaduto per altri relatori durante i due giorni di lavori.

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Il nostro intervento è stato tradotto simultaneamente nelle lingue ufficiali delle Nazioni Unite (arabo, cinese, francese, inglese, russo e spagnolo) e, successivamente alla prima parte introduttiva, è stato accolto da un inusuale silenzio, da parte delle centinaia di delegati, indicativo di un certo interesse sul tema trattato.

Il testo dell’intervento

Spett.le Presidente, spett.li partecipanti,

siamo qui in rappresentanza dell’Organizzazione per le Nazioni e i Popoli Non Rappresentati.
Vorremmo ringraziare l’UNPO per averci dato l’opportunità di parlare a questo forum delle violazioni, in corso da più di sessant’anni, dei diritti civili e politici dei cittadini del Territorio Libero di Trieste.
Questi diritti vengono conferiti ai cittadini del Territorio Libero di Trieste tramite il Trattato di Pace con l’Italia firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, con l’Allegato VI – articolo 6, che recita: “I cittadini italiani che al 10 giugno 1940 erano domiciliati entro i confini costituenti il Territorio Libero ed i loro figli nati dopo tale data diventeranno cittadini di origine del Territorio Libero e godranno della pienezza dei diritti civili e politici. Divenendo cittadini del Territorio Libero, essi perderanno la loro cittadinanza italiana.”
Quanto i cittadini del Libero Territorio di Trieste reclamano è legge nell’ordinamento italiano e in quello dei Paesi che hanno firmato l’accordo di successione della Jugoslavia. Infatti, il Trattato di pace di Parigi è stato ratificato convertito in legge italiana e jugoslava.
Da allora nulla è cambiato, e nulla è stato fatto per controllare l’applicazione del Trattato di Pace e l’applicazione delle leggi internazionali esistenti. Anzi, nei fatti i cittadini di questo territorio sono stati vessati e indotti ad abbandonare queste terre.
Oggi si contano non meno di mezzo milione di emigranti e loro discendenti, nel mondo.
È giunto il momento di denunciare gli amministratori del Territorio Libero di Trieste per le continue violazioni dei diritti civili e politici, nonostante il mandato delle Nazioni Unite e quanto dichiarato nel Trattato di Pace.
Le Nazioni che amministrano questo territorio non riconoscono i fatti giuridici del Territorio Libero di Trieste.
Questa affermazione è corroborata anche dall’approvazione della 16^ Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU del 10 gennaio 1947, che ha istituito il Regime Provvisorio per il Territorio Libero di Trieste, votata appena un mese prima della firma del Trattato di Pace, la quale ha confermato la creazione di questo Stato. In quell’occasione, il Consiglio di Sicurezza dichiarò la nascita di questo Stato, di cui è tuttora il garante.
Concludendo questo nostro intervento, l’UNPO chiede solidarietà a tutti i popoli che combattono per il riconoscimento dei propri diritti umani, civili e politici, come definiti per esempio dall’art.15 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo:
1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza;
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.
Ringraziamo Lei Presidente e i membri di questa assemblea per l’opportunità avuta.

tratto da: (clicca qui)

Intzandusu ? Du faèus custu Soddu ? S’Euro du podèus puru lassai…..bastara no du manigiai !!!
(Allora ? Lo facciamo questo Soddu ? L’Euro lo possiamo pure lasciare….basta non usarlo !!!)

 

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LONDRA – A sentire i parassiti di Bruxelles la decisione dell’Islanda di rimanere fuori dall’Unione Europea sarebbe un errore colossale visto che tale rifiuto condannerebbe i cittadini islandesi a decenni di povertà, declino e bassissima crescita economica, ma per loro sfortuna la matematica non è un’opinione e i dati recentemente rilasciati dall’istituto di statistica islandese danno un quadro completamente diverso.
E cosi’ mentre i paesi dell’area euro sono ancora impantanati in una recessione senza fine, per quest’anno l’economia islandese e’ destinata a crescere del 2.7%, nel 2015 del 3.3% e tra il 2016 e 2018 la crescita annua dovrebbe oscillare tra il 2.5 e il 2.9%.
A trascinare tale crescita e’ l’aumento dei consumi privati che quest’anno dovrebbe salire del 3.9% e del 4% nel 2015 per poi mantenersi al 3% annuo fino al 2018.
Quindi, mentre gli italiani sono costretti a rinunciare anche all’acquisto di beni essenziali come pasta e pane, i cittadini islandesi possono permettersi di spendere qualcosina in piu’ – si fa per dire, vero? – visto che non devono sottostare ai diktat delivla BCE e della Merkel.
Però c’è anche un altro motivo dietro alla crescita dei consumi, ed è legato alla decisione del governo islandese di condonare parte dei mutui detenuti dalle famiglie islandesi.
Infatti, subito dopo la bancarotta delle tre principali banche islandesi il governo decise nazionalizzare queste banche e ridurre parte dei mutui ad esse dovute – tagliando di molto gli interessi sui prestiti concessi – così da dare un po’ di ossigeno alle famiglie islandesi colpite dalla crisi.
Tale decisione all’epoca fu fortemente criticata dalle agenzie di rating – e dalle banche straniere che perdevano lauti “guadagni” usurai – ma i politici islandesi se ne sono altamente fregati e adesso gli effetti benefici di tale decisione cominciano a farsi sentire.
Quello che sta succedendo in Islanda e’ un esempio da manuale su come vada gestito un paese per farlo uscire dalla crisi finanziaria, ma ovviamente la stampa di regime italiana ha censurato questa storia perche’ la verita’ dà fastidio ai parassiti di Bruxelles e ai loro burattini del governo Renzi, ad iniziare dal ministro dell’Economia Padoan.
GIUSEPPE DE SANTIS – Londra

tratto da: (clicca qui)