2014.12.15 – Si intensificano le Relazioni Internazionali del MLNS

Posted by Presidenza on 15 Dicembre 2014
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2014.08.22 – ACCORDO UFF. MLNS – ABKHAZIA

Il MLNS-Guvernu Sardu Provvisoriu prosegue nel suo lavoro rafforzando il Trattato di amicizia e collaborazione sottoscritto nel mese di agosto 2014 con la Repubblica di Abkhazia e gettando le basi per nuove cooperazioni con altre realtà del panorama politico internazionale”
Sabato 13 dicembre 2014 la Sardegna ha avuto il piacere di ricevere la gradita visita del Ministro degli Esteri della Repubblica di Abkhazia Viacheslav Chirikba. Cooperazione e reciproco sostegno daranno sicuramente un vigoroso impulso alla comune causa.

DA SINISTRA-Viacheslav Chirikba (Ministro degli Esteri della Repubblica di Abkhazia), Maurizio Cacciavillani (Rappresentante Ufficiale della Repubblica di Abkhazia per lo Stato del vaticano),

Cagliari, 13 dicembre 2014

DA SINISTRA-Viacheslav Chirikba (Ministro degli Esteri della Repubblica di Abkhazia), Maurizio Cacciavillani (Rappresentante Ufficiale della Repubblica di Abkhazia per lo Stato del Vaticano),  Conxita Bosch (Responsabile internazionale di Solidaritat Catalana per la Independència e membro del Secretariato internazionale della Federació d’Entitats de la Mediterrània-Mare Nostrum), Mauro Murgia (Rappresentante Ufficiale della Repubblica di Abkhazia per l’Italia, Sergio Pes (Presidente Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu e Guvernu Sardu Provvisoriu), Jordi Mirò ( Dirigente e Leader di Estat Català)

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Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Abkhazia Viacheslav Chirikba ed il Presidente del MLNS-Guvernu Sardu Provvisoriu Sergio Pes

Mentre i giornali occidentali di regime continuano a falsificare l’informazione la volpe Putin aggiunge un’altra vittoria al suo carnet !

 

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lunedì 15 dicembre 2014
LONDRA – Da qualche settimana i giornali di regime non fanno che riportare storie riguardo la crisi dell’economia russa causata dal calo del prezzo del petrolio e non mancano commenti pieni di previsioni negative riguardo il futuro di Vladimir Putin.
Ovviamente la realta’ e’ piuttosto differente e sebbene il crollo del prezzo del petrolio inevitabilmente avra’ degli effetti, parlare di recessione oltre ad essere prematuro e’ anche sbagliato visto che il governo russo negli ultimi anni ha varato delle riforme che rendono l’economia russa molto piu’ resiliente di quanto lo fosse in passato e anche la svalutazione del rublo, lungi dall’essere un disastro, si sta rivelando estremamente vantaggiosa per le casse statali russe.
A tale proposito qualche giorno fa Bloomberg ha riportato che l’avanzo di bilancio del governo russo a Novembre era di 1270 miliardi di rubli (23 miliardi dollari) rispetto ai 600 miliardi di rubli dello stesso periodo dello scorso anno e dei 789 miliardi di rubli nel 2012.
“Un rublo debole è un bene per il bilancio dello Stato”, ha detto Dmitrij Postolenko del Kapital Asset Management di Mosca il quale ha aggiunto che e’ nell’interesse del governo lasciare svalutare il rublo anche se va fatto senza creare panico tra i russi che detengono rubli”.
Effettivamente questo surplus di bilancio dimostra che l’economia russa e’ in buona salute e chiunque segue con attenzione le vicende del governo russo sa che Putin e’ sempre in giro a concludere affari e trovare nuove alleanze e a tale proposito basta citare l’accordo fatto con l’India per la costruzione di nuove centrali nucleari o l’alleanza raggiunta di recente col governo turco per la realizazione del gasdotto south stream in Turchia.
La verita’ e’ che la politica antirussa degli USA e della UE si sta rivelando un colossale fallimento e le menzogne dei giornali di regime non possono nascondere questo fatto che e’ evidente a tutti coloro che hanno un po’ di cervello e buonsenso.
GIUSEPPE DE SANTIS – Londra.

tratto da: (clicca qui)

 

Orban non si fa intimidire e taglia le unghie alle multinazionali !

 

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LONDRA – Da un po’ di tempo l’Ungheria sta facendo parlare di se per via di alcuni provvedimenti adottati che vanno contro il pensiero dominante globalista e liberista.
Tali provvedimenti seguono le regole elementari del buonsenso ma ovviamente questo da’ molto fastidio ai poteri forti globalisti i quali non tollerano che l’esecutivo ungherese possa danneggiare i loro interessi per venire incontro alle esigenze dei cittadini e protegga le piccole imprese dallo strapotere delle multinazionali.
Per loro sfortuna pero’ il partito di governo ungherese non si fa intimidire e continua ad andare controcorrente per tutelare meglio gli interessi dei suoi elettori e proprio in questi giorni ha preso un provvedimento che dovrebbe servire da esempio a tutti i politici di casa nostra.
E difatti con 116 voti a favore, 34 contrari e 25 astensioni il parlamento ungherese pochi giorni fa ha approvato una legge che impone la chiusura ai grandi esercizi commerciali che avranno presentato fatturati in rosso per due anni consecutivi e che entrerà in vigore dal 2018.
I motivi che hanno spinto i parlamentari ungheresi ad approvare questa legge stanno nel fatto che le catene di negozi, dal capitale forte, possono permettersi di generare perdite per anni al fine di portare i prezzi al ribasso minando in tal modo le imprese locali che non sono in condizione di competere. La tecnica è nota col nome di “dumping” (
Con dumping, che è un termine di lingua inglese, si indica, nell’ambito del diritto ma il concetto deriva dalla dottrina economica, una procedura di vendita di un bene o di un servizio su di un mercato estero (nel caso specifico quello dell’Ungheria) ad un prezzo inferiore rispetto a quello di vendita (o addirittura a quello di produzione) del medesimo prodotto sul mercato di origine, ad esempio gli Stati Uniti o la Germania. Questo, al fine di danneggiare gravemente la concorrenza locale e conquistare il mercato, per poi alzare i prezzi e riprendere a guadagnare.
Grazie a questo provvedimento – invece – si introduce un meccanismo che protegge i piccoli negozi dalla competizione sleale portata avanti dalle grandi catene di distribuzione (che in Ungheria sono per lo piu’ straniere) e previene la chiusura di tante attività commerciali che tanti danni ha creato in altri paesi.
Ma questo provvedimento prevede altre interessantissime novita’.
Infatti, a partire dal 2018 tale normativa vieta l’operatività di supermercati superiori ai 400 metri quadrati nelle zone di Budapest designate Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO che includono le rive del Danubio e l’area attorno il castello di Buda. Questi centri commerciali dovranno chiudere e traslocare lontano.
Ovviamente una legge simile dovrebbe essere approvata anche in Italia dove i danni causati dall’apertura senza limiti di centri commerciali e supermercati sono evidenti a tutti coloro che vivono in quartieri pieni di negozi chiusi ma questo non accadra’ mai anche perche’ tale provvedimento danneggerebbe parecchio che varie coop che da decenni finanziano i partiti di sinistra e quindi cio’ che sta avvenendo in Ungheria nel nostro paese rimane solo un bel sogno.
GIUSEPPE DE SANTIS – Londra

tratto da: (clicca qui)

 

L’euro ha portato solo poverta’ e recessione e di conseguenza chi puo’ cerca in tutti i modi di restarne fuori

 

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lunedì 8 dicembre 2014
LONDRA – Dopo la Polonia e la Repubblica Ceca anche l’Ungheria ha deciso di rimanere fuori dall’euro tant’e’ che nonostante siano passati dieci anni dall’ingresso nell’Unione Europea il governo ungherese non ha ancora la ben che minima intenzione di adottare la moneta unica.
A gelare gli entusiasmi di coloro che si ostinano a sostenere che l’euro e’ stato un enorme successo e’stato Zoltan Kovacs il quale in un’intervista rilasciata pochi giorni ha dichiarato che l’adesione alla moneta unita non e’ piu’ una priorita’ per il governo ungherese non fosse altro che al momento l’Ungheria sta traendo grosso vantaggio dal fatto di avere una propria moneta.
Il portavoce del governo ungherese ha poi precisato che il debito pubblico ungherese, che al momento e’ dell’83% del pil, renderebbe impossibile l’ingresso nella moneta unica visto che e’ di gran lunga superiore al 60% previsto dai trattati di adesione e anche se il governo ungherese sta lavorando per abbattere il livello del debito pubblico le previsioni piu’ ottimistiche fatte dall’OCSE stimano che nei prossimi due anni il rapporto debito pil raggiungerebbe il 75% e quindi anche volendo l’Ungheria non avrebbe i parametri richiesti per aderire alla moneta unica. Ma è del tutto evidente che si tratti di una vera e propria “scusa formale”.
Effettivamente, cio’ che sta succedendo nell’Europa dell’est dimostra che oramai sono molto pochi coloro che credono nel successo della moneta unica perche’ e’ chiaro che l’euro ha portato solo poverta’ e recessione e di conseguenza chi puo’ cerca in tutti i modi di restarne fuori. E la libertà d’azione data all’Ungheria dal possedere la propria valuta è dimostrata dal seguente caso finanziario.
Mancherebbe solo la firma di Viktor Orbán per sancire l’acquisizione da parte dello stato ungherese di Budapest Bank, la più piccola tra le grandi banche del Paese, il cui proprietario di maggioranza è dal 2001 General Electrics, la potente multinazionale americana. Lo scrive nol.hu, il sito del principale quotidiano ungherese.
La Budapest Bank è stata la meno esposta a progetti di finanziamento in valuta estera ed immobiliari e potrebbe generare profitti anche nei prossimi anni, nonostante la tassa sulle banche mantenuta dal governo. L’utile netto della Budapest Bank è di 9,5 miliardi di fiorini del 2013, proveniente prevalentemente dal finanziamento delle PMI dell’Ungheria. Comprarla è un ottimo affare. A novembre Orbán ha dichiarato che il 60% delle banche presenti in Ungheria dovrebbe diventare ungherese di proprietà “nel vicino futuro” (in precedenza l’obiettivo era stato indicato per il 50%). E quindi lo Stato si starebbe apprestando ad acquistarla in contanti. Cosa che può fare senza chiedere permesso a nessuno, nè alla Ue e tanto meno alla Bce.
Per tutti questi motivi, sarebbe opportuno che anche gli italiani seguissero l’esempio dei cittadini cechi, ungheresi e polacchi e chiedano a viva voce di uscire dall’euro e ritornare alla valuta sovrana, la nuova lira.
GIUSEPPE DE SANTIS

tratto: (clicca qui)

2014.12.05 – Stampano moneta e comprano noi, poveri euro-fessi

Posted by Presidenza on 5 Dicembre 2014
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Marco Della Luna: «In una situazione di recessione interna e fuga verso l’estero di imprenditori, lavoratori qualificati e capitali, che cosa potrebbe essere più demenziale che imporre tasse al paese per sostenere il debito pubblico di paesi in crisi (Spagna, Grecia) al fine puntellare una valuta, l’euro, che ostacola le esportazioni e induce la deindustrializzazione del paese?».

 

Stampare moneta per l’economia reale, contro lo strapotere del sistema finanziario. Moneta funzionale, emessa direttamente dallo Stato o dalla “banca centrale di emissione”, di cui il potere pubblico assuma il governo. Obiettivo: fornire «tutto il denaro necessario a fare gli investimenti pubblici diretti», destinati a incentivare «occupazione, domanda interna, adeguamento infrastrutturale, innovazione scientifico-tecnologica, assicurando al contempo l’impossibilità del default». Per Marco Della Luna, è esattamente ciò che servirebbe per «uscire dall’attuale recessione-deflazione, dopo il fallimento ormai visibile delle ricette dell’austerità e del quantitative easing, difese oramai soltanto da soggetti in malafede e per interesse». Di fronte alla possibilità di creazione monetaria, il neoliberismo obietta: non si può immettere moneta a piacimento nell’economia, perché ci deve essere un rapporto tra quantità di moneta e quantità di beni, altrimenti la moneta si svaluta o si generano bolle speculative, mobiliari e immobiliari. L’alternativa? Ce l’abbiamo sotto gli occhi, e si chiama disastro.

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Se la moneta aggiuntiva viene usata per aumentare la produzione, quindi l’offerta di beni e servizi, allora non vi sarà inflazione monetaria (ossia aumento generalizzato dei prezzi), mentre vi sarà un aumento della ricchezza prodotta e del reddito, oltre che dell’occupazione. Certo, aggiunge Della Luna, questa moneta in più «bisogna spenderla bene, e una classe dirigente avida e idiota, come tale selezionata, non lo può fare». Se invece la moneta aggiuntiva viene usata per acquistare titoli finanziari e immobili, «allora vi sarà una salita dei valori delle Borse e degli immobili, e questo fa piacere a tutti gli investitori mobiliari e immobiliari». E se anche vi fosse, come conseguenza dell’immissione monetaria, una certa inflazione iniziale, «questa aiuterebbe i debitori (cioè gli Stati, molte imprese, molti privati) e danneggerebbe i creditori non indicizzati all’inflazione, mentre stimolerebbe le spese che oggi vengono differite perché si prevede un calo o una costanza dei prezzi, il che alimenta la deflazione». Quindi, nel complesso, «dopo la presente deflazione, una certa inflazione o reflazione sarebbe benefica».
Oggi, continua Della Luna, il grosso dell’offerta monetaria è assorbito dal settore finanziario-speculativo, ossia da “prodotti” finanziari separati dall’economia reale (produzione, consumi). Sono “prodotti” producibili all’infinito, fino alla saturazione del mercato, cioè all’esaurimento «dell’abilità di collocarli, rifilarli o sbolognarli ai clienti ingenui, allorquando una bolla sta per scoppiare». Problema: questo settore dell’economia assorbe il grosso dell’offerta monetaria, «lasciando a secco della fisiologica liquidità il mercato dei beni-servizi reali e degli investimenti per produrli». Ed ecco il paradosso di oggi: «Da un lato un’esorbitante creazione-offerta di moneta, che le banche centrali creano e mettono a disposizione, in quantità enormi, non dell’economia reale ma delle banche universali per le loro speculazioni finanziarie, improduttive anzi distruttive, e dall’altro una carestia di moneta nell’economia reale, cui le medesime banche (in Italia) fanno sempre meno credito, con conseguente declino-insufficienza di domanda solvibile e di possibilità di investimento e occupazione – onde la deflazione».

Pubblicazione2 In altre parole, l’offerta di moneta «è eccessiva per il settore finanziario, da cui viene continuamente alimentata, mentre è gravemente insufficiente per quello reale, a cui viene continuamente ridotta». Primo passo: non solo «separare le banche di credito e risparmio da quelle speculative», ma anche «fare in modo che la liquidità del settore produttivo, dell’economia reale (quello da cui dipendono gli stipendi, il cibo, i servizi) sia assicurata e protetta dalle interferenze e distrazioni del settore finanziario, molto più grosso e turbolento». Della Luna Parla di «anemizzazione monetaria dell’economia reale», con detentori di liquidità che “tesaurizzano” gli investimenti anche all’estero, mentre il prelievo fiscale imposto dal Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, drena altro denaro dal sistema-Italia, insieme al regime di austerity europea che impone «la realizzazione forzata di avanzi primari del bilancio pubblico e il pagamento di alti interessi a detentori esteri di titoli del debito pubblico». Domanda: «In una situazione di recessione interna e fuga verso l’estero di imprenditori, lavoratori qualificati e capitali, che cosa potrebbe essere più demenziale che imporre tasse al paese per sostenere il debito pubblico di paesi in crisi (Spagna, Grecia) al fine puntellare una valuta, l’euro, che ostacola le esportazioni e induce la deindustrializzazione del paese?».

Pubblicazione3Marco Della Luna

«Eppure gli italiani hanno dato fiducia persino a chi ha fatto questo», continua Della Luna. «Si aggiunga, infine, a questo museo degli orrori dell’imbecillità politica, o dell’alto tradimento istituzionale – se preferite – il fatto che la deprivazione-anemizzazione monetaria del paese, di cui sopra, fa sì che gli asset produttivi migliori – industria, commercio, finanza, alberghi, terreni agricoli pregiati – si deprezzino e vengano massicciamente comperati da soggetti-capitali finanziari stranieri, e che quindi il reddito generato da questi asset esca dal reddito nazionale italiano, divenendo reddito dei paesi che li comperano». E l’auto-privazione monetaria, che produce tutti questi mali, non è che un trucco: perché la moneta sovrana «è solo un simbolo e non ha costi o limiti di produzione intrinseci», e i paesi stranieri che rastrellano le nostre migliori aziende «lo possono fare appunto perché fanno la scelta opposta all’auto-privazione monetaria, ossia perché scelgono di produrre a costo zero grandi masse di moneta-simbolo». Che dire: «Il quadro dell’idiozia totale è perfetto. Non resta che ringraziare i nostri governanti nazionali ed europei e le nostre banche centrali, e lusingarci per tutti i consensi, i voti, le tasse e gli onori che continuiamo tributare loro».

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2Martedì 25 novembre è stato compiuto un passo fondamentale per innescare una discussione internazionale sull’irrisolta Questione di Trieste, per oltre mezzo secolo delineata dalla legge del silenzio anzichè dalle Leggi Internazionali vigenti.
Dopo decenni di colpevole silenzio per la prima volta si è affrontata la situazione del Territorio Libero di Trieste in ambito ONU.
Invitati dall’UNPO i triestini hanno infatti potuto intervenire personalmente ad un’assemblea generale delle Nazioni Unite (Stanza XX del Palais des Nations, Ginevra), in cui erano presenti le rappresentanze permanenti delle Nazioni di tutto il mondo, le istituzioni internazionali (europee e non), varie commissioni ed enti interni all’ONU stessa, oltre alle principali NGO internazionali.

Durante il nostro intervento, inserito in una delle fasi iniziali e più partecipate del forum concernente i diritti delle minoranze (punto 2 dell’agenda: “Strutture legali e concetti-chiave”), le rappresentanze permanenti all’ONU di Italia, Slovenia e Croazia presenti in aula non si sono espresse sulla questione, non hanno protestato (pur avendone le facoltà) e non hanno preteso l’interruzione dell’intervento del relatore dell’FTT, come accaduto per altri relatori durante i due giorni di lavori.

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Il nostro intervento è stato tradotto simultaneamente nelle lingue ufficiali delle Nazioni Unite (arabo, cinese, francese, inglese, russo e spagnolo) e, successivamente alla prima parte introduttiva, è stato accolto da un inusuale silenzio, da parte delle centinaia di delegati, indicativo di un certo interesse sul tema trattato.

Il testo dell’intervento

Spett.le Presidente, spett.li partecipanti,

siamo qui in rappresentanza dell’Organizzazione per le Nazioni e i Popoli Non Rappresentati.
Vorremmo ringraziare l’UNPO per averci dato l’opportunità di parlare a questo forum delle violazioni, in corso da più di sessant’anni, dei diritti civili e politici dei cittadini del Territorio Libero di Trieste.
Questi diritti vengono conferiti ai cittadini del Territorio Libero di Trieste tramite il Trattato di Pace con l’Italia firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, con l’Allegato VI – articolo 6, che recita: “I cittadini italiani che al 10 giugno 1940 erano domiciliati entro i confini costituenti il Territorio Libero ed i loro figli nati dopo tale data diventeranno cittadini di origine del Territorio Libero e godranno della pienezza dei diritti civili e politici. Divenendo cittadini del Territorio Libero, essi perderanno la loro cittadinanza italiana.”
Quanto i cittadini del Libero Territorio di Trieste reclamano è legge nell’ordinamento italiano e in quello dei Paesi che hanno firmato l’accordo di successione della Jugoslavia. Infatti, il Trattato di pace di Parigi è stato ratificato convertito in legge italiana e jugoslava.
Da allora nulla è cambiato, e nulla è stato fatto per controllare l’applicazione del Trattato di Pace e l’applicazione delle leggi internazionali esistenti. Anzi, nei fatti i cittadini di questo territorio sono stati vessati e indotti ad abbandonare queste terre.
Oggi si contano non meno di mezzo milione di emigranti e loro discendenti, nel mondo.
È giunto il momento di denunciare gli amministratori del Territorio Libero di Trieste per le continue violazioni dei diritti civili e politici, nonostante il mandato delle Nazioni Unite e quanto dichiarato nel Trattato di Pace.
Le Nazioni che amministrano questo territorio non riconoscono i fatti giuridici del Territorio Libero di Trieste.
Questa affermazione è corroborata anche dall’approvazione della 16^ Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU del 10 gennaio 1947, che ha istituito il Regime Provvisorio per il Territorio Libero di Trieste, votata appena un mese prima della firma del Trattato di Pace, la quale ha confermato la creazione di questo Stato. In quell’occasione, il Consiglio di Sicurezza dichiarò la nascita di questo Stato, di cui è tuttora il garante.
Concludendo questo nostro intervento, l’UNPO chiede solidarietà a tutti i popoli che combattono per il riconoscimento dei propri diritti umani, civili e politici, come definiti per esempio dall’art.15 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo:
1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza;
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.
Ringraziamo Lei Presidente e i membri di questa assemblea per l’opportunità avuta.

tratto da: (clicca qui)