Il premio finale per lo Stato terrorista americano che si atteggerà a salvatore del calcio mondiale ? Non la “giustizia”, ma un sacco di soldi per i mondiali di USA 2022
DI PEPE ESCOBAR
Non c’è dubbio che la FIFA sia un racket mostruoso, assolutamente nocivo per lo sport. Ci sono però miriadi di altre situazioni in gioco.
Il timing. Perché proprio ora? Avrebbe potuto succedere tutto molto prima, da quando Condie Rice aveva chiesto di estromettere l’Iran dalla Coppa del Mondo – ricevendo un rifiuto; la richiesta faceva parte di un mostruoso pacchetto di sanzioni contro l’Iran.
C’è una forte lobby statunitense fermamente decisa a togliere alla Russia la Coppa del Mondo del 2018 e in via ipotetica tutti i pezzi grossi occidentali vogliono il Qatar dei “ribelli moderati in Siria” fuori dalla Coppa del Mondo 2022.
Non dimentichiamoci che gli sfruttatori di forza lavoro schiavizzata del deserto avevano vinto contro gli USA nella candidatura al 2022. Sono gli USA che avrebbero dovuto ospitare la manifestazione:
http://theweek.com/articles/557257/down-fifa-why-next-world-cup-should-held-usa
Ora l’FBI ha una perfetta occasione di apparire meravigliosa. E che fantastica mossa di marketing – gli USA che “salvano” il calcio di tutto il mondo da un gruppo di squali cattivi.
Il premio finale: non la “giustizia”, ma un sacco di soldi per i mondiali di USA 2022
Business-virus. La FIFA nel mirino dell’FBI
Il calcio è marcio: la rima non è perfetta ma ci si avvicina parecchio. E delle rime, comunque, chi se ne frega. Saltiamo al completamento della frase, e del concetto: il calcio è marcio da un pezzo, e chiunque continui a fare finta che non sia così è giocoforza un illuso ai limiti dell’idiozia oppure uno che ha qualcosa da guadagnarci, vuoi in modo legale, vuoi in modo illegale.
Dando ciò per acquisito (chi abbia dei dubbi può “divertirsi” a digitare on-line le due paroline chiave, corruzione e calcio, e a vedere quanti casi si sono già accumulati, dalle scommesse truccate agli abusi di ogni sorta) non c’è più alcun motivo di stupirsi per le accuse contenute in quest’ultima maxi inchiesta proveniente dagli USA e, semmai, da accogliere con qualche cautela per le possibili implicazioni ostili alla Russia, assegnataria dei Mondiali 2018. Men che meno, c’è da stracciarsi le vesti come se di colpo si fosse scoperto che a custodire il Paradiso Pallonaro c’erano invece dei satanassi della peggiore specie. La sola cosa seria da fare, al contrario, è avventarsi sulla domanda decisiva: come ci siamo arrivati, a cotanto schifo?
L’interrogativo, naturalmente, deve essere ampliato. Primo: era davvero così imprevedibile che, trasformando uno sport in un business, le logiche del profitto avrebbero prevalso su ogni principio di correttezza, sia agonistica che organizzativa? Secondo: invece di passare anni e anni a paventare la temutissima “rottura del giocattolo”, non sarebbe stato il caso di riconoscere pubblicamente che ormai non si trattava più di un gioco, nel senso buono del termine, ma di una cinica messinscena, imperniata sui bisogni psicologici più o meno distorti di popolazioni terribilmente a corto di comunità e di miti?
Ammesso che si fosse in buona fede, e la questione investe innanzitutto i “colleghi” dei media mainstream, le crescenti, stridenti, insormontabili contraddizioni tra la teoria e la pratica avrebbero dovuto balzare all’occhio già da molto tempo. Preso atto del degrado irreversibile, scatta l’obbligo di farla finita con gli infiniti aggiornamenti della cronaca – benché inframmezzati, e mascherati, da pensose riflessioni sulla necessità di un risanamento, o persino di una palingenesi – e arrivare dritti all’epilogo: il paziente non sta migliorando e non si riprenderà né ora né mai, per il semplicissimo motivo che il suo tumore è all’ultimo stadio (stadio, yes).
Viceversa, si è andati avanti a oltranza. Processi del lunedì, del martedì, di ogni stramaledetto giorno della settimana; discussioni a non finire prima-durante-e-dopo ogni fottuta partita, o partitona, o partitella, dai normali match di campionato alle grandiose sfide delle coppe internazionali, e fino ai risibili tornei estivi coi calciatori fuori forma e i tifosi in crisi d’astinenza a caccia di emozioni riflesse, della serie “loro giocano e noi ci eccitiamo”.
Tutto permesso e addirittura legittimato, pur di tenere aperto il baraccone e di lucrare una parte degli enormi incassi complessivi. Giornalisti, o presunti tali, che scambiano gli studi radiofonici e televisivi per dei palcoscenici su cui esibirsi, con ambizioni da showmen e risultati da guitti di quart’ordine. Addetti ai lavori, dai presidenti in giù, che straparlano senza riuscire a controllarsi, tanto poi, se serve, c’è la comodissima via di fuga della rettifica, resa ancora più ipocrita dallo pseudo alibi del “sono stato frainteso”. Affaristi senza scrupoli, e delinquenti a pieno titolo, che saccheggiano tutto il saccheggiabile, alla faccia delle chiacchiere sul fair play, degli appelli a una ritrovata moralità e persino delle inchieste giudiziarie, fatalmente limitate a degli specifici filoni d’indagine.
Bisogna continuare? C’è da augurarsi di no. Per quanto si possa aver amato il calcio come sport, sull’onda delle passioni da ragazzini, l’amara verità è che quello slancio non ha più nessuna ragion d’essere. È solo un riflesso condizionato, un’abitudine sbagliata, un entusiasmo mal riposto. E prima lo si capisce – prima si riesce a liberarsene – meglio è: mai più neanche un euro, a chi ha avvelenato i pozzi del calciodotto.
Federico Zamboni
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