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A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

 

 

 

 

 

 

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

La Grande Truffa – dalla 1° alla 10°parte                           La Grande Truffa – 11°parte

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

12° parte

 

……………….

Capitolo VI

 

BREVE STORIA DELLA MONETA DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI

 

L’origine della moneta si perde nella notte dei tempi.

Secondo Francesco Cianciarelli, docente di Storia della Moneta al Corso di Perfezionamento post Lauream dell’Università di Teramo, nel suo “Le origini storiche della Moneta”, la prima forma di cartamoneta, chiamata mamrè o memrà, circolava tra il popolo ebraico già all’epoca dell’esodo dall’Egitto.

Era in pratica il riconoscimento scritto emesso dal debitore per un prestito ricevuto.

Riportiamo le parole del professore:
“Questa moneta era formata “dalle ricevute di credito” che rilasciavano i debitori; esse circolavano senza bisogno di “girata”, ed erano chiamate mamrè; l’antenato della nostra cartamoneta.”

Sin da quando le prime comunità di uomini hanno iniziato a sentire la necessità di scambiarsi beni e quasi sino ai giorni nostri, il baratto è stato il mezzo di scambio più comune e immediato.
La moneta è nata quando l’aumento costante degli scambi commerciali ne rese sempre più evidenti i limiti. Il baratto in tutti i casi, in periodi e luoghi diversi a seconda del differente livello di organizzazione sociale di questa o quella comunità, è rimasto per tanti secoli, e sino all’età moderna, il mezzo di scambio prevalente anche dopo l’introduzione della moneta.

La moneta-merce, quantunque ancora un baratto, rappresenta un primo passo verso la realizzazione di un autentico mezzo di scambio.

Una quantità e varietà di merci differenti hanno svolto in principio la funzione di moneta-merce.
Capi di bestiame, la pecus latina, da cui pecunia, il sale (salario), gli arachidi, il cotone, i datteri, le pelli di animali, il riso, il tabacco, il tè pressato in pani, per nominarne solo alcune.
In Inghilterra per oltre seicento anni è stato usato come denaro, assieme a baratto e moneta, un bastone di legno, il tally stick. Ha svolto la sua funzione in modo egregio, tanto che permise l’acquisto di una parte consistente di azioni del capitale iniziale della Banca d’Inghilterra nel 1694.

La banca che ha legalizzato la più grande truffa di tutti i tempi fondata grazie anche ad un bastone di legno, a conferma di quanto l’essenza del valore del denaro sia sfuggente, spesso paradossale.

Le merci che di volta in volta si dimostravano più adatte venivano adoperate come mezzo di scambio.

Tra tutti i materiali, alcuni metalli riunivano quelle qualità di non deperibilità, omogeneità, durata e resistenza all’uso, frazionabilità ed alto valore concentrato in poco peso, necessarie per un mezzo di scambio affidabile.

Tra i metalli, l’oro si impose come moneta per eccellenza.
Da sempre nell’immaginario collettivo l’oro è simbolo di ricchezza.

Nel lungo cammino che ha avuto origine in Mesopotamia, con il popolo dei Sumeri, attraverso le varie civiltà egizio-babilonesi, greca e romana, sino agli orafi medioevali per giungere ai giorni nostri, l’oro è stato l’autentico protagonista, nel bene e nel male.
In principio venne usato, assieme all’argento, al rame e meno frequentemente anche al bronzo, come unità di conto per la valutazione delle merci.

Gli antichi sacerdoti-scribi, autentici contabili del tempio, luogo dove si ammassavano i raccolti e dove avvenivano gli scambi commerciali, valutavano queste merci in quantità corrispondenti di oro ed argento. I metalli però restavano all’interno del tempio, non circolavano tra la popolazione.

Erano solo una unità di conto utilizzata dai sacerdoti per tenere la contabilità del regno.
Le prime monete della nostra civiltà sviluppatasi attorno alle coste del Mediterraneo, pare siano state coniate in Lidia, Asia Minore, l’attuale Turchia, tra il VII e VI secolo avanti Cristo.
Già tre secoli prima comunque i cinesi, dall’altra parte del pianeta, avevano iniziato a produrre con il metodo della fusione delle monete metalliche di varie forme.

Con il conio, che dalla Lidia si è lentamente diffuso alle civiltà vicine, il denaro assumeva sempre più diffusamente quel ruolo di mezzo di scambio e contenitore di valore.
Bisogna tener presente che la circolazione di monete d’oro e d’argento, anche a causa della scarsa disponibilità di metalli preziosi, è sempre stata per lo più limitata alle classi agiate delle società più progredite.

Solo in tempi recenti la presenza del denaro nella vita quotidiana ha assunto la rilevanza attuale.

Le monete, nei secoli che ci hanno preceduto, erano veramente roba da ricchi.
L’economia delle famiglie popolari si è sempre basata sull’autoconsumo.
Ogni famiglia si adoperava per cercare di produrre in casa il necessario per vivere: ortaggi, frutta, farine, galline per carne ed uova, conigli, latte.
Usanza che si è tramandata sino ai giorni nostri, ed alla quale, chissà, potremmo e dovremo tornare.

Ciò che non si riusciva a produrre, si poteva barattare, rendendo praticamente superfluo il possesso di denaro per la sopravvivenza vera e propria.

È in epoca medioevale che si sono avuti dei cambiamenti determinanti con la manipolazione dell’oro da parte degli orafi.

Questi artigiani, per il quotidiano contatto con argento e metallo giallo sul banco di lavoro e la necessità di avere una cassaforte per metterli al sicuro, si tramutarono lentamente da custodi in banchieri.

Nelle loro casseforti trovava sicuro rifugio sempre più oro che le famiglie abbienti non si fidavano a tenere in casa.
L’orafo faceva pagare un modesto compenso per la custodia, e rilasciava delle “fedi di deposito” sulle quali venivano annotate le quantità del metallo prezioso di volta in volta depositate.

“Tale ricevuta – documento incensurabile sul quale si edificherà la più grande truffa dei secoli passati e che verranno, non era in realtà, che una promessa di pagamento, firmata dal proprietario di una cassaforte”.
Joacquìn Bochaca, “La finanza e il potere”

Le ricevute o note del banco, da cui banconote, iniziarono ad essere accettate nelle compravendite in sostituzione dell’oro, perché più comode da trasportare e meno soggette ad essere rubate in quanto rappresentavano un valore depositato, ma non erano “il valore”.
Notando che i possessori sempre più frequentemente preferivano tenere le ricevute piuttosto che riconvertirle in monete d’oro, gli orefici affinarono l’ingegno e la tecnica di emissione.

Dal momento che solo una persona su dieci si presentava occasionalmente a ritirare l’oro depositato, in teoria si sarebbero potute prestare note del banco per un valore corrispondente sino a dieci volte il metallo custodito senza correre grandi rischi. Iniziarono pertanto ad emettere un numero sempre maggiore di ricevute di deposito rispetto all’oro custodito, cedendole in prestito e caricandoci sopra un interesse.

Fermiamoci un attimo a riflettere.

I custodi dell’oro si stanno trasformando in falsari. Emettono valore monetario senza copertura, facendo solo credere che in cassaforte ci sia una quantità equivalente di metallo giallo. Creano denaro dal nulla.

Questo denaro non proveniente da un lavoro o un bene, non è certo il “certificato di un lavoro svolto” di Ezra Pound o il “titolo di richiesta per ottenere beni e servizi” di Gertrude Coogan a cambio di un qualcosa di già dato alla società : è una “richiesta” fasulla, creata solo con carta e penna.

Viene prestato ad interesse e ha il potere di comprare merci, proprio come il denaro vero.
L’orafo, mettendo in circolazione questa falsa ricevuta, sottrae alla società potere d’acquisto senza aver dato niente in cambio.

Ha in mano una falsa richiesta di merci, la usa per sottrarre beni agli altri membri della società.
Ruba.

Le note del banco si trasformarono pian piano da “fedi di deposito” attestanti una proprietà personale depositata e facilmente identificabile, ad un titolo più anonimo che era solamente una ricevuta al portatore convertibile in oro. Una promessa, un titolo di credito.

“Alcuni ingegnosi orafi concepirono l’idea (che fece epoca) di rilasciare note non solo a chi depositava i metalli (oro e argento), ma anche a coloro che le richiedevano in prestito, e così fondarono il moderno sistema bancario.”
Hartley Withers, “The meaning of money”

La spersonalizzazione delle ricevute faceva sì che si perdesse da parte dei portatori la percezione della quantità di moneta circolante; una cosa è che mi passino in mano troppe ricevute con il mio nome sopra, altra che siano ricevute non identificabili, rappresentative di depositi anonimi dei quali ignoro la consistenza.

È un cambio di enorme importanza.
Un passo decisivo verso il perfezionamento della grande truffa.

È paragonabile a ciò che succede con le attuali banconote in euro. Sono anonime.
Da dove vengono? A chi appartengono? Chi le ha emesse? In che quantità? Come entrano in circolazione?

Tutte domande semplici e legittime alle quali però non sappiamo rispondere, grazie al silenzio assoluto imposto sulla materia monetaria; o peggio ancora, alle mezze informazioni frammiste a menzogne e indicazioni tendenti unicamente ad ingannarci per costruire la nostra ignoranza.

Noi accettiamo e diamo denaro per consuetudine, senza porci domande, abbiamo sempre visto fare così. Non ci viene neanche in mente di mettere in discussione il sistema.
Una situazione ideale per chi trama al riparo dai nostri sguardi indiscreti.
Subiamo passivamente ogni decisione che viene dalle cosiddette istituzioni.
Sempre più lontane dal popolo.

Le decisioni in materia monetaria da dove arrivano?

Quali sono le “autorità monetarie” citate da televisioni e giornali?
Vocaboli astratti, virtuali.

Che cosa è e cosa significa “Basilea due”?

Quanti di noi conoscono l’esistenza della “Banca dei Regolamenti Internazionali”?

Gli orefici iniziarono a lucrare un interesse sul prestito di un valore che non possedevano essendo l’oro a copertura solo un decimo del prestato.

Qualora soltanto due o tre persone su dieci si fossero presentate contemporaneamente alla riscossione, l’orafo si sarebbe trovato nell’impossibilità di far fronte ai propri impegni. Una situazione che ogni tanto si verificava. Era la cosiddetta “bancarotta”, che veniva a volte resa platealmente pubblica con la rottura fisica del banco di lavoro dell’orafo disonesto da parte dell’autorità.

Non era che un piccolo incidente di percorso, che diede origine ad un accordo di collaborazione solidale tra orafi.

Per evitare il ripetersi di situazioni simili con grave danno per la reputazione di tutti, gli orafi-banchieri si impegnavano ad aiutarsi mutuamente, garantendo ciascuno con la propria riserva la copertura delle ricevute emesse in eccesso in eventuali casi di improvviso aumento di richieste di conversione. All’insaputa della clientela, accorrevano con il proprio oro in soccorso del collega in difficoltà per tranquillizzare eventuali richiedenti sospettosi, dando rassicurante mostra di solidità del “banco”.

Era l’idea iniziale dalla quale avrebbero in seguito preso forma la banca centrale e la riserva frazionaria, “miracolo” quotidiano che oggi permette alle banche, con l’approvazione della legge, la creazione dal nulla di denaro cosiddetto scritturale.
La legalizzazione della truffa.

Forti di un accordo di solidarietà che li faceva sentire ancora più sicuri, gli orafi presero ad offrire un piccolo interesse a chi avesse depositato oro ed argento nelle loro casseforti, piuttosto che chiedere un compenso.

La lucrosa attività di creatori di denaro dal nulla fece in poco tempo degli orafi-banchieri una casta estremamente ricca e potente.
Guadagnavano grandi somme con promesse di pagamento emesse su denaro inesistente, e quel dieci per cento depositato non era neanche loro!

Con un deposito di 100 monete d’oro remunerato con un 2% di interesse annuo al cliente che lo lasciava in custodia, si poteva prestare l’equivalente in note del banco di 900 monete, che ad un interesse diciamo del 10% producevano altre 90 monete.

Detraendo le due monete di interesse dovute al depositante, si poteva ricavare un profitto di 88 monete da un deposito di 100 monete appartenenti ad un cliente!

Se un investimento di 2 da un profitto di 88, rappresenta il 4.400% in percentuale!
In questi tempi che uno 0,5% di interesse sui depositi è la normalità, la percentuale del profitto sale a un incredibile 19.600% !

Il confronto con i pochi punti percentuali realizzabili oggi con una qualsiasi attività commerciale, diciamo un 10% quando sempre più raramente si chiude in attivo, da una idea di che cosa sia l’attività bancaria.

Inoltre, il miglioramento dei meccanismi dei prestiti bancari e la ricchezza patrimoniale raggiunta con gli ingenti guadagni permettevano agli orafi-banchieri di proiettare sulla clientela una immagine di professionalità, competenza, solidità finanziaria e fiducia.

Tutti requisiti fondamentali per l’attività bancaria.

Questa grande fiducia acquisita, incrementava la circolazione delle ricevute: dal momento che c’era la sicurezza di poterle convertire in monete d’oro in qualsiasi momento, nessuno lo faceva più.

La ricevuta, emessa sotto forma di cambiale con valore creditizio, in quanto rappresentativa della riserva aurea, non era altro che una promessa di pagamento.
Non rientrando in “banca” per essere riconvertita, si trasformava in promessa perenne.

Quella funzione di mezzo di scambio assunta in sostituzione dell’oro, da temporanea diventava definitiva.
In conseguenza della ormai superflua riconversione in oro, la ricevuta veniva accettata come moneta.

La ricevuta aveva acquisito lo status di denaro, era denaro.

I banchieri non lucravano più solo gli interessi, ma anche l’intero capitale .

Prestavano promesse di pagamento, che non tornando più indietro, si trasformavano in denaro vero.

Si erano impossessati del segreto della creazione del valore del denaro basato sulla fiducia.

“Fiat money”. La riserva aurea non è più necessaria.
Perchè a nessuno di noi viene mai in mente di andare in banca e cambiare in oro una banconota da 500 euro?

Perché, indipendentemente dal fatto che non si può fare da quasi un secolo e che non c’è nessun oro a garanzia del valore della nostra cartamoneta, noi da quando siamo nati abbiamo sempre visto circolare le banconote.

Per noi quei biglietti non sono la rappresentazione di una riserva aurea, sono semplicemente denaro.
Sin dalle origini nei banchi degli orafi, difficilmente le banconote sono mai state completamente coperte da oro depositato.

Da sempre, il trucco di fondere monete già in circolazione e coniarle nuovamente con lo stesso valore nominale ma con meno metallo, era prassi ricorrente. Era una vera e propria svalutazione, necessaria in momenti di scarsità del metallo per aumentare i mezzi di scambio in circolazione in termini di numero e valore complessivo.

Utilizzando la medesima quantità di oro od argento si moltiplicavano i mezzi di scambio ed il potere d’acquisto senza creare contemporaneamente una maggior offerta di beni da scambiare.
Una inflazione di moneta, la svalutazione del denaro esistente.

Durante tutto il XX secolo la copertura in oro delle banconote è sempre stata solo un’illusione da vendere al popolo.

Negli anni successivi alla grande depressione del 1929, il popolo americano fu costretto a consegnare anelli, orecchini ed oggetti in oro posseduti, per essere fusi in lingotti come misura estrema per tentare di costituire una base aurea che permettesse la stampa di nuova cartamoneta.

Chi venisse trovato illegalmente in possesso di oggetti fatti di prezioso metallo giallo, oltre ad essere marchiato dell’accusa infamante di “traditore della patria”, correva il rischio di essere condannato a 10 anni di carcere.

Nel 1933 le monete d’oro scomparvero dalla circolazione.

Con gli accordi di Bretton Woods, cittadina americana del New Hampshire dove nel luglio del 1944, tra gli alleati che si accingevano ad uscire vittoriosi dalla seconda guerra mondiale, si tennero ripetuti incontri nel corso dei quali si gettarono le basi per una riorganizzazione del sistema economico e geopolitico mondiale, fu stabilito che tra tutte le monete internazionali, solo il dollaro avrebbe continuato ad essere convertibile in oro.

Come sempre succede in occasione di grandi vertici internazionali durante i quali si prendono decisioni che riguardano la vita di tutti noi, al popolo non è permesso capire motivazioni e conseguenze dei provvedimenti adottati.

A Bretton Woods la finanza anglo-americana si è dotata degli strumenti necessari ad esercitare quel dominio e controllo militare, politico e finanziario che vengono perfezionati nei giorni nostri.

La Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e la devastante Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto, World trade organisation) per il controllo economico/finanziario planetario, le Nazioni Unite per il controllo politico di tutti gli stati membri, la Nato per il dominio militare.

Sotto la guida dei centri di potere già esistenti, Wall Street e la City di Londra per la finanza, Washington per la politica e gli eserciti inglese e americano per l’egemonia militare, la distruzione delle economie nazionali e la creazione di un unico grande mercato globale offerto al saccheggio assassino di insaziabili multinazionali poteva avere inizio.
A Bretton Woods si è anche parlato per la prima volta di una moneta mondiale, ma i tempi non erano ancora maturi, fortunatamente.

Decidendo che rimanesse l’unica valuta convertibile in oro, si era di fatto trasformato il dollaro, strumento del nascente imperialismo americano, nella moneta degli scambi internazionali.

Gli Usa tenevano in cassaforte una riserva aurea a garanzia della cartamoneta emessa, mentre le banche centrali degli altri paesi, dal momento che era convertibile in oro, usavano il dollaro come riserva per le proprie valute.

Gli americani iniziarono da subito a stampare dollari in quantità ben superiore alla riserva aurea di Fort Knox, in Arkansas.

Denaro “falso”, non proveniente da un lavoro o un servizio, creato dal nulla.

Con la cartamoneta a costo zero compravano in giro per il mondo le migliori aziende, le materie prime e tutte le risorse necessarie all’espansione della loro potenza economica.

Si impossessavano della ricchezza del pianeta dando in cambio carta straccia. Esattamente ciò che fanno le banche con la popolazione mondiale: si impossessano della ricchezza prodotta dando in cambio impulsi elettronici del computer.

Gli Stati Uniti inflazionavano il mondo di dollari, rubavano potere d’acquisto agli altri paesi, sottraevano loro grandi fette di ricchezza.

Gli Stati Uniti fecero pagare i costi della loro crescita a tutta la popolazione mondiale.

Il 15 Agosto 1971, Richard Nixon, presidente americano in carica, annuncia in diretta televisiva ai suoi connazionali ed al mondo intero la fine della convertibilità del dollaro in oro.
Nuovamente, popolazioni mondiali a digiuno dei principi più elementari di economia non vengono messe in condizioni di capire ciò che succede.

Il presidente americano praticamente dichiarava la bancarotta del suo paese.

Gli Stati Uniti non avrebbero più potuto mantenere l’impegno preso a Bretton Woods di cambiare i dollari con l’ammontare corrispondente di oro ai paesi che ne avessero fatto richiesta.

Con quell’annuncio di Nixon, il denaro riprendeva la sua condizione ideale di valore monetario puramente convenzionale.

Fiat money, moneta senza nessuna riserva aurea.
La pietra filosofale, dispensatrice di ricchezza, potere ed immortalità.

I dollari in circolazione nel pianeta pare fossero otto volte il valore della riserva aurea.
Qualche autore riporta addirittura che nei primi anni settanta ci fossero in riserva negli Stati Uniti solo duecentomila tonnellate di oro a copertura di un equivalente in dollari circolanti sul pianeta di ben 75 milioni di tonnellate.

Il reale valore della banconota da un dollaro equivaleva praticamente a 3 centesimi.
Gli americani si impossessavano delle risorse del pianeta dando in cambio carta straccia.
Lo strapotere militare dell’esercito americano scoraggiava ogni protesta.
Proprio come il Gran Kan nell’impero cinese del 1300.

Si trovò subito un rimedio che impedisse il crollo della moneta statunitense conseguente alla perdita di credibilità.

Arabia Saudita e Stati Uniti conclusero un accordo secondo il quale il petrolio saudita sarebbe stato venduto solo in dollari, costringendo così tutti i più importanti paesi occidentali che volessero comprare l’oro nero, ad acquistare prima la moneta americana per avere poi accesso al petrolio.

La rinnovata richiesta mondiale, per la legge economica della domanda e dell’offerta, mantenne alto il valore del dollaro. Le banconote americane garantite dal petrolio divennero petrodollari.

Fu sufficiente agganciare il dollaro ad una merce molto utile, della quale tutti avevano bisogno, per rivalutarlo.

Ulteriore dimostrazione che la ricchezza materiale sta nelle merci, non nel mezzo di scambio.

Quale è l’aspetto che più ci interessa riguardo alla fine della convertibilità in oro della moneta?

La chiara dimostrazione che la moneta non ha nessuna necessità di avere una riserva d’oro a garanzia del proprio valore.
Il valore è un concetto della nostra mente. Noi diamo valore ad un bene a seconda dell’utilità che può avere per noi.

Ma allora, su cosa si regge la moneta?

Sulla fiducia che noi riponiamo in essa.

La nostra accettazione in cambio di merci, in previsione che altri la accetteranno da noi.

La moneta ha un valore convenzionale, fiduciario, dato dalla consuetudine, dalla nostra accettazione. Valore confermato e rafforzato dall’essere dichiarata valuta ufficiale di un paese e dal corso forzoso imposto, che induce in essa il valore e la immette in circolazione.

Ma teniamo sempre a mente che la ricchezza vera risiede nei beni, materiali e non; la moneta è solo il mezzo di scambio per poterli raggiungere.
La fiducia nella moneta trova origine nella consapevolezza di poterla convertire, in qualsiasi momento, in beni materiali esistenti.

In presenza di una inflazione galoppante, nonostante sia la valuta legale ed abbia corso forzoso, è sempre la mente umana che decide se sia più conveniente avere denaro o beni materiali.

La reazione popolare è di tenersi beni reali e liberarsi della moneta svalutata. La casa vista come rifugio sicuro riacquista valore.

Pure l’oro sale di prezzo grazie agli “spot” televisivi che lo indicano come bene rifugio.

Mantenendo viva nell’immaginario collettivo quella plurimillenaria identificazione con la ricchezza, la “pubblicità” dei media contribuisce in modo determinante ad aumentarne richiesta e valore.

Ma è anch’esso un inganno.
Sull’isola deserta sono il cibo e un rifugio sicuro i beni indispensabili.

Tra un carico di cibo e acqua fresca o un camion di lingotti d’oro, voi cosa scegliereste?

L’oro ha valore perché, come qualsiasi altro simbolo monetario, noi abbiamo deciso di darglielo. Come per un quadro d’autore, il suo prezzo è ciò che qualcuno è disposto a dare in cambio.
Come metallo, il suo valore intrinseco non è altissimo.

continua….

 

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Paolo MALEDDU