Il più grande terrorista al mondo, Barack Obama, ha fatto male i suoi calcoli e si è dato la zappa sui piedi …
La dichiarazione del 22 Dicembre 2014 del Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi – “Se la Russia dovesse averne bisogno, forniremo tutta l’assistenza necessaria, nei limiti delle nostre possibilità” – testimonia chiaramente che la Russia e la Cina hanno stipulato un’alleanza economica senz’altro più forte delle manipolazioni attuate incessantemente da Washington sul rublo e sul petrolio – aiutata in questo dai burattini europei.
La Cina, principale membro dei BRICS [Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa], sta mettendo insieme questo blocco e quello della SCO [Shanghai Cooperation Organisation] – insieme alle loro valute – per sostenere la Russia nel caso ce ne fosse bisogno. Il “currency swap” [1] tra Russia (rublo) e Cina (yuan), per l’equivalente iniziale di 25 miliardi di dollari, è già stato attuato e consentirà transazioni dirette tra i due paesi.
Swaps similari sono in corso tra Cina, Russia ed altri paesi, in primo luogo quelli che fanno capo ai BRICS e alla SCO – compresi quelli che ben presto ne diventeranno membri, ovvero l’Iran, il Pakistan, l’India (membro anche dei BRICS), la Mongolia e forse, in un futuro non troppo lontano, anche la Turchia, membro strategico della NATO.
Una grande quantità di idrocarburi, in altre parole, sarà immediatamente scambiata non più in petro-dollari, ma in rubli, in yuan e nelle valute dei vari partners. Ciò consentirà di ridurre la domanda mondiale di petro-dollari.
Gli Stati Uniti sono in grado di mantenere una forte pressione su un’altra valuta – attualmente il rublo – solo fino a quando il petro-dollaro resterà la principale valuta di riserva mondiale.
Questo è il motivo principale per cui Washington si ritrova con un debito in dollari (ovvero il totale degli impegni in sospeso e degli scoperti) superiore a ben sette volte il PIL degli Stati Uniti (17.600 miliardi di dollari – stima 2014 – contro i 128.000 miliardi di dollari costituiti dagli obblighi non soddisfatti), che rende questo paese di gran lunga il più indebitato a livello mondiale.
Una volta che la domanda di petro-dollari andrà a svanire – conseguenza del fatto che gli idrocarburi non sono più trattati usando questa valuta – il valore del dollaro diminuirà e, nel peggiore dei casi, potrebbe causare un’iperinflazione sia nell’economia statunitense che in quelle ad essa strettamente legate.
La Russia, nel frattempo, non ha nulla da temere, perché il rublo non viene negoziato da nessuna parte, salvo le quantità vendute dalle Banche Centrali Occidentali, che hanno inondato di rubli un “mercato” immaginario, per implementare il piano di Washington volto a distruggere l’economia russa – un risultato che gli Stati Uniti non otterranno.
La Banca Centrale Russa non sta sostanzialmente interferendo. Perché? Perché la Russia avrà bisogno di rubli, per la sua nuova alleanza commerciale. Dovrà riacquistare, conseguentemente, quei rubli che hanno inondato il mercato (a prezzi stracciati) in cambio di dollari, euro ed altre valute occidentali (potenziate artificiosamente).
In un futuro sistema monetario basato sulla Russia e sulla Cina, queste valute, almeno inizialmente, diventerebbero d’importanza secondaria o addirittura terziaria.
Il lasciare che il rublo “crolli” è una superba strategia attuata da quel maestro di scacchi che è Vladimir Putin. Gli investitori occidentali che hanno acquistato azioni russe – soprattutto, ma non solo, società petrolifere – hanno anch’essi subito delle perdite. Mentre vendevano le loro azioni sul mercato, il governo russo le riacquistava ad un prezzo molto basso, speculando sul successivo aumento del loro valore e raccogliendo i dividendi di quelle azioni, nuovamente di sua proprietà.
Secondo un articolo dello Spiegel Online la Russia, oltre a trarre un profitto di almeno 20 miliardi di dollari solo come conseguenza di questa piccola mossa, ha in più rimpatriato circa il 30% delle azioni delle società petrolifere russe precedentemente detenute dagli stranieri.
La Russia ha riserve valutarie pari all’equivalente di quasi 500 miliardi di dollari, più del doppio dei rubli in circolazione. L’economia russa presenta un bilancio incontaminato [da queste vicende], visto che ha un debito di circa il 15% rispetto al PIL, mentre quello dell’Unione Europea è vicino al 100%.
Ma passiamo alla questione del prezzo del petrolio, manipolato dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita. E’ appena sceso al di sotto di 50 dollari al barile, meno della metà rispetto a Giugno del 2014 (WTI Crude Oil: 105 USD).
Questo tentativo criminale di distruggere l’economia di alcune nazioni sovrane è rivolto soprattutto contro la Russia, ma anche contro gli altri produttori di petrolio non allineati, come il Venezuela e l’Iran – le sofferenze dei produttori di petrolio allineati sono considerate dall’impero come una specie di danno collaterale.
Ma Obama ha fatto male i calcoli, e ha sparato sul suo piede. A questi prezzi la disoccupazione statunitense salirà, soprattutto negli Stati produttori di petrolio, come il Texas e il North Dakota. La scorsa settimana il capo economista della JPMorgan, Michael Feroli, ha dichiarato: “Pensiamo che lo Stato del Texas avrà un 2015 parecchio brutto e rischierà di scivolare in recessione”.
Secondo Zero Hedge, l’industria degli idrocarburi degli Stati Uniti, con le sue ramificazioni a livello nazionale, produce quasi 1.200 miliardi di dollari di PIL (7% del totale) e genera più di 9,3 milioni di posti di lavoro, permanenti e ben pagati, in tutta la nazione.
Il settore che più sarà colpito dalla caduta libera dei prezzi del petrolio sarà quello della (costosa) produzione degli idrocarburi di scisto – la nuova fonte di approvvigionamento che ha dato impulso alla rinascita del settore petrolifero, 5 anni fa.
Il Texas e il North Dakota saranno i più colpiti dalla perdita di posti di lavoro e dalla recessione. Ma ci saranno ripercussioni anche a livello nazionale, visto che quasi tutte le industrie statunitensi sono legate all’energia tratta dagli idrocarburi.
Obama potrebbe ritenere che l’aumento della disoccupazione sia tutto sommato un prezzo accettabile da pagare, quando si persegue l’obiettivo di rovinare l’economia di qualche altro paese nel mondo. L’economia statunitense, inoltre e nel suo complesso, potrebbe trarre profitto dai prezzi più bassi del petrolio – lasciando come effetto collaterale che i ricchi diventino sempre più ricchi e che i poveri diventino … beh, sappiamo che cosa.
C’è un altro elemento, inoltre, che la miopia di Obama e dei suoi compari non aveva previsto. Il petro-dollaro è fortemente dipendente dagli idrocarburi venduti in dollari – a seguito del vecchio accordo di 40 anni fa con i sauditi (i veri capi dell’OPEC), a loro volta in cerca di sicurezza e protezione da parte degli Stati Uniti.
Questo fatto, preso da solo (ovvero la costante domanda di dollari da parte delle nazioni che avevano bisogno di acquistare petrolio), ha spinto il dollaro a diventare una “permanente” valuta di riserva mondiale, permettendo a Washington di stampare dollari a volontà e di diventare la potenza finanziaria egemone.
Ma non più molto a lungo. Questi tempi sono finiti. Il malefico tentativo di Washington di distruggere tutti coloro che “non sono con noi” ha fatto da catalizzatore alla transizione. Più di un anno fa la Russia ha cominciato a vendere i suoi idrocarburi sia in rubli che nelle valute dei suoi partners commerciali, come la Cina e gli altri paesi dei BRICS.
Oggi la Russia [conseguenza della miopia di Obama] sta vendendo i suoi idrocarburi in cambio di oro – sì, oro fisico. L’Occidente non aveva fatto i conti con il pensiero di Putin, rapido e analitico. Egli accetta dei dollari gonfiati artificialmente, salvo scambiarli immediatamente con oro fisico [sgonfiato artificialmente], aumentando notevolmente le riserve auree del suo paese. Già oggi, il rublo, è sostenuto dall’oro – una realtà al cui riguardo l’Occidente, con il suo casinò valutario, può solo starsene zitto.
Aumentando artificialmente il valore del dollaro (contro l’euro) e abbassando il prezzo dell’oro, la FED e i mafiosi di Wall Street intendono rendere il dollaro più attraente, almeno quanto l’euro, ad esempio, che nonostante la sua mediocrità è sostenuto da un’economia molto più solida e stabile di quanto lo sia quella degli Stati Uniti, soprattutto per la sua enorme capacità di commerciare con l’Oriente – la Russia e la Cina hanno annunciato che la nuova Silk Road [Via della Seta] economica andrà da Francoforte a Shanghai.
Ma questo comporta una chiamata in causa dell’Europa. Una chiamata fatta da stati sovrani [Russia e Cina] e rivolta sia ad una “unione sovrana” [Eurozona] che a leaders dotati di spina dorsale e comune buon senso.
Ma questa è ancora una decisione in itinere, anche se sembrerebbe che l’Europa si stia svegliando (come sembrerebbe logico). Anche i più ostinati tirapiedi di Washington stanno progressivamente vedendo la luce … l’Ungheria e la Polonia, storicamente non grandi amici della Russia, stanno chiedendosi se non sia meglio stare con l’Est, piuttosto che leccare gli stivali di Obama.
Il mondo degli affari tedesco è arrabbiato con la Merkel per la sua ossessione riguardo le “sanzioni” imposte da Washington. Gli imprenditori tedeschi vedono la Russia come un importante partner commerciale per il futuro. Come lo è stato, del resto, fino a quando Washington non è intervenuta in Ucraina con un piano disperato, quasi senza speranza (seppur ancora omicida), nel tentativo di schiacciare Vladimir Putin e il suo paese.
Anche quello smidollato senza cervello di Hollande sta duramente rispondendo al mondo degli affari francese per queste “sanzioni” – quando è troppo è troppo.
Ma cosa comporta tutto ciò per Washington? Gli Stati Uniti hanno fatto una mossa da scacco matto [palese l’ironia dell’autore]. Il tentativo criminale di Washington di distruggere l’economia russa è stato in gran parte irrilevante e autodistruttivo. La Russia, con le sue riserve auree in aumento, ha colto l’occasione per realizzare, fra le altre cose, un sistema SWIFT [2] alternativo.
Il nuovo sistema è attualmente in fase di sperimentazione interna, ma nel giro di pochi mesi potrebbe essere operativo a livello globale. In questo modo qualsiasi paese che voglia evitare il degradato “casinò” del dollaro potrebbe utilizzarlo per gli scambi monetari internazionali.
Tutto questo, combinato al numero sempre maggiore di paesi disposti ad acquistare il petrolio usando le proprie valute (o comunque con valute diverse dal dollaro), farà ulteriormente diminuire la domanda di petro-dollari.
Inoltre, nell’ambito della loro alleanza economica, la Russia e la Cina potrebbero presto lanciare una nuova moneta, ovvero un paniere di valute alle quali potrebbero aggiungersi quelle degli altri paesi disposti ad abbandonare il fraudolento regime valutario occidentale, composto da monete esclusivamente fiat [3]. Candidati naturali sono gli altri paesi BRICS e quelli che aderiscono alla SCO.
Il sistema potrebbe funzionare allo stesso modo dell’euro ai suoi inizi [4] – ovvero come un paniere di valute, ognuna valutata secondo alcuni indicatori-chiave della sua economia nazionale.
Inizialmente il nuovo sistema monetario potrebbe essere basato sull’oro, in contrasto con l’attuale denaro-fiat, che non ha alcun supporto. A lungo andare, però, l’oro non è un supporto stabile, o comunque sostenibile, per qualsivoglia valuta. Il valore intrinseco dell’oro è solo il suo valore industriale, che attualmente copre meno del 20% del suo utilizzo [5].
Il prodotto combinato delle nazioni poste dietro alla nuova moneta comune – con riferimento non solo alla crescita del PIL, ma piuttosto ad indicatori sociali quali la sanità pubblica, il livello d’istruzione, le questioni ambientali, la capacità sia di risolvere i conflitti che di vivere in pace e armonia – potrebbe essere più indicativo della forza reale di una valuta-sovrana, rispetto al solo oro o al semplice PIL.
Questo nuovo sistema monetario potrebbe coprire 1/3 : 1/4 dell’economia mondiale, diventando così completamente autonomo. Il petro-dollaro, conseguentemente, perderebbe ancora un pezzo del suo status di riserva mondiale.
Dieci anni fa il 90% delle riserve mondiali erano costituite da titoli denominati in dollari. Oggi questo rapporto si è ridotto ad un mero 60%, perché monete come lo yuan stanno rapidamente guadagnando terreno come valute di riserva, soprattutto in Asia. Anche l’Australia ha recentemente dichiarato che aumenterà la quantità di yuan in suo possesso.
Il calo del dollaro come principale valuta di riserva mondiale è il più grande incubo di Washington, e lo è stato costantemente negli ultimi 15-20 anni quando, prima l’Iran e poi a seguire l’Iraq e il Venezuela, hanno minacciato di vendere il loro petrolio in euro. A quel tempo questa mossa strategica non era tanto intesa come un affronto agli Stati Uniti, ma piuttosto come una misura di sicurezza per le loro economie, visto che la fiducia sul dollaro era calante, allora come oggi.
Queste considerazioni furono considerate come una delle principali ragioni alla base dell’invasione statunitense dell’Iraq, nel 2003 – fatta per assicurarsi che il dollaro continuasse ad essere la moneta di riferimento per gli acquisti di petrolio, ma anche per assumere il controllo di tutti i pozzi iracheni, per poterli poi privatizzare.
Ma sono alla base anche delle accuse rivolte all’Iran, che starebbe pianificando la produzione di armi nucleari. Nel frattempo è stato dimostrato che queste accuse sono mille volte bugiarde, anche da parte delle 16 principali “agenzie di intelligence” americane.
L’implacabile aggressione di Washington alla Russia fa parte, naturalmente, del PNAC (Progetto per un Nuovo Secolo Americano), volto al conseguimento della piena egemonia mondiale … ma allo stesso tempo Washington è disperata perché il dollaro sta perdendo la sua supremazia!
Gli Stati Uniti sono immersi in un pantano terminale. Non c’è via d’uscita. Washington si comporta come una bestia feroce preda dei suoi ultimi spasmi. L’impero può essere in grado di distruggere il mondo – compreso se stesso – perché nessuno possa sopravvivere, al di fuori dei sedicenti Maestri dell’Universo.
L’emersione di una nuovo regime monetario “orientale”, indipendente dal dollaro, è quindi sempre più urgente. Ci si potrebbe comunque chiedere: perché non è successo prima?
I motivi potrebbero essere molteplici. Gli istituti bancari e le infrastrutture di scambio dei paesi-chiave – ovvero la Russia e la Cina – avrebbero potuto non essere pronti ma, più probabilmente, per ridurre il più possibile il danno economico collaterale che un nuovo sistema monetario avrebbe potuto comportare per il resto del mondo. Il giusto commercio tra nazioni sovrane è, dopo tutto, un obiettivo nobile, senz’altro alla base della pace globale.
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