Se Washington acquisirà il controllo della politica monetaria e valutaria dei paesi dell’Unione Europea, significherà la totale e definitiva perdita della sovranità da parte di questi ultimi

 

Il 20 aprile ha preso il via a New York la nona tornata di trattative tra Stati Uniti e rappresentanti dell’Unione Europea per la Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership). I funzionari di entrambe le parti convengono sulla cifra di 100 miliardi di dollari. Pare che sarà questa la cifra di cui saranno aumentati il Pil statunitense e quelli di tutti i membri dell’Ue messi insieme. Finora, nessuno ha dato una spiegazione chiara sull’origine di questa previsione economica. Anche se fosse vero, 100 miliardi di dollari in rapporto ai Pil di Usa e Ue nel 2014 (17,4 + 18,5 trilioni di dollari) è meno dello 0,3%. In altre parole, l’entità degli effetti attesi è a livello di errore tecnico. Sembra che per qualche motivo si tenti di arginare l’orto Transatlantico. Tradizionalmente, l’Europa vanta un notevole surplus commerciale stabile con gli Stati Uniti (86,5 miliardi di dollari nel 2012 e 92,3 miliardi nel 2013). Probabilmente Washington spera di mettere le mani su quei 100 miliardi di dollari virtuali, o che per lo meno ci sarà una parziale riduzione nel deficit commerciale tra Stati Uniti ed Europa.

Pubblicazione1Valentin Katasonov

 

 

Washington è la forza trainante dietro il procedimento negoziale della Ttip. Un europeo non molto ferrato in politica non è in grado di capire cosa debba aspettarsi dalla partnership. Tuttavia, ci sono già abbastanza preoccupazioni per una riduzione negli standard di qualità e di sicurezza dei prodotti, per via dei prodotti Ogm che inevitabilmente invaderanno il mercato europeo. Ma anche questo non è tutto, purtroppo. Il punto è che verrà inferto il colpo di grazia a quel che resta della sovranità nazionale europea. In primo luogo, l’accordo in questione copre il commercio e gli investimenti. Le società multinazionali (Tncs) potranno citare in giudizio i governi nel caso in cui questi le ostacolassero nel loro intento di massimizzare i profitti. Ad esempio, alle Tncs verrà riconosciuto il diritto di impugnare la legalità delle decisioni adottate dai paesi europei, come ad esempio le restrizioni ambientali, i regolamenti per tutelare i diritti sociali dei lavoratori, gli aumenti fiscali e così via. Le dispute non rientreranno nell’ambito delle legislazioni nazionali ma in quello del diritto internazionale.
In secondo luogo, una volta firmato l’accordo della Ttp, l’Europa perderà una volta per tutte la sovranità finanziaria e monetaria. Ciò perché Washington avrà il diritto di impugnare molte delle decisioni adottate dagli organismi monetari europei, in base al presupposto che tali decisioni hanno come scopo quello di manipolare il tasso di cambio dell’euro, violando quindi norme di diritto internazionale. Gli esperti europei sono comprensibilmente preoccupati perché la Bce e la Commissione Europea finiranno con il doversi coordinare per ogni cosa con Washington, o semplicemente eseguire ordini che gli giungeranno da oltre oceano. Il tasso di cambio delle valute nazionali è un potenziale strumento di concorrenza, ed è nelle mani delle banche centrali. Detto questo, è stato utilizzato relativamente poco nel XIX e XX secolo. In un modo o nell’altro c’era lo standard aureo, che serviva a contenere, o anche a rendere impossibili, le manipolazioni valutarie. Inoltre, i principali mezzi di concorrenza erano le tariffe doganali, le sovvenzioni alle esportazioni, il dumping e, più recentemente, le restrizioni commerciali non tariffarie (quotas, standard tecnici, ecc.); in altre parole, gli strumenti convenzionali delle guerre commerciali ed economiche.

Pubblicazione2Keynes (Uk) a Bretton Woods

 

Le possibilità di manipolazione valutaria giunsero solo negli anni ’70, dopo la fine del sistema monetario e finanziario Bretton Woods (lo standard del dollaro aureo), e dopo l’abolizione dei tassi di cambio fissi delle banche centrali. Furono poi conclusi in ambito Gatt/Wto degli accordi che limitarono ulteriormente l’uso di questi tradizionali strumenti di concorrenza economica e commerciale. Un tasso di cambio tenuto basso in modo artificiale allo stesso tempo dà maggiori vantaggi agli esportatori e rende le importazioni più costose (il valore delle importazioni è determinato in valuta nazionale). In ultimo, la bilancia commerciale nazionale verrà livellata, o per lo meno diminuirà il bilancio negativo del commercio estero. Se un gran numero di paesi fa ricorso alla manipolazione valutaria (con alcuni che tentano di penetrare i mercati globali ed altri di proteggersi dai dumping valutari), allora è “guerra valutaria”. Secondo gli esperti, durante la crisi finanziaria del 2007/2009 c’e’ stata di fatto una guerra di valute su vasta scala. Nel settembre del 2010, il ministro delle finanze del Brasile, Guido Mantega, dichiarò che tra il 2009 e il 2010 il Real brasiliano si era rafforzato del 30% rispetto alle maggiori valute mondiali, e che questo non era il risultato di naturali dinamiche di mercato, ma una deliberata politica dei paesi più avanzati che emettevano valute mondiali.
Il ministro brasiliano definì questa politica “guerra valutaria”. Nell’ottobre del 2010, il capo del Fmi Dominique Strauss-Kahn confermò che era in corso una “guerra valutaria globale”. E’ ovvio che i capi delle banche centrali e dei governi dei paesi più avanzati dell’Occidente non fanno mai alcun accenno al fatto che le decisioni adottate riguardo alle questioni monetarie hanno come scopi principali l’espansione del commercio estero, il livellamento delle bilance commerciali e la protezione delle società nazionali. Esiste una regola non scritta di astenersi da qualunque recriminazione durante una guerra valutaria. I funzionari parlano di guerre valutarie solo in modo marginale, mentre i giornalisti le definiscono con l’espressione “guerre dell’impoverisci-il-tuo-vicino”. Questa politica di impoverimento dei paesi vicini, spesso, si cela dietro un formale obbiettivo di politica monetaria, come ad esempio la “lotta alla deflazione”. Mentre con l’inflazione il denaro si deprezza, con la deflazione invece cresce il suo potere d’acquisto. Le banche temono la deflazione (le manda nel panico), poiché con essa scompaiono gli incentivi ai prestiti e crolla così tutto il castello millenario usuraio del sistema bancario.

Pubblicazione3Dominique Strauss-Kahn

 

La lotta alla deflazione e la politica di svalutazione del tasso di cambio di una valuta prevedono gli stessi metodi – pompaggio di liquidità aggiuntiva nell’economia del paese e riduzione dei tassi d’interesse, anche arrivando ad applicare in alcuni casi tassi di valore negativo. Queste misure a volte sono corredate anche da interventi valutari. Tuttavia, le guerre valutarie vanno discusse anche a livello ufficiale. Altrimenti il mondo potrebbe crollare nel caos valutario totale. Il Giappone, ad esempio, per diversi anni ha contrastato la deflazione facendo ricorso alla propria zecca e ai tassi d’interesse zero della sua banca centrale. E lo ha fatto, e lo fa, in modo ancora più aggressivo di altri paesi. Di conseguenza, nel periodo da ottobre 2012 a febbraio 2013, il Giappone è riuscito a ridurre il tasso di cambio Yen/paniere Sdr di quasi il 20%. Questo ha fatto molto alterare diversi suoi partner commerciali. Al summit del G20 tenutosi a Mosca nel febbraio del 2013 (presieduto dalla Russia quell’anno), i ministri delle finanze e i capi delle banche centrali giurarono solennemente di non fare mai ricorso alle tattiche di guerra valutaria. In poco tempo, tuttavia, tutto è tornato alla normalità. Washington ha proseguito nel suo programma di allentamento monetario (Quantitative Easing – Qe), che però non ha avuto tutto questo effetto stimolante sull’economia statunitense, ma ha contribuito a far svalutare il dollaro. In questo modo, gli Stati Uniti sono stati di cattivo esempio per altri, compresi i loro partner europei. In ultimo, nel 2015, gli Stati Uniti hanno deciso di dare un freno al programma di Qe.
Tuttavia, nello stesso preciso momento la Bce ha dato inizio al suo programma di Qe. Oltre a questo, ha iniziato ad introdurre tassi di interesse di segno negativo sui conti di deposito e a concedere prestiti senza interessi. L’altalena valutaria pende verso l’euro, il cui tasso di cambio rispetto al dollaro era iniziato a scendere. Nonostante questo, l’Europa ha registrato un notevole surplus di bilancia commerciale con gli Stati Uniti, che potrebbe raggiungere il suo record proprio nel 2015. Cinque o sei anni fa ci sono stati tuttavia dei momenti in cui il tasso di cambio euro/dollaro era più del 1,50. A fine 2014, era poco più del 1,20 e ad aprile 2015 era sceso a 1,06. Gli esperti ritengono che entro il 2016 si raggiungerà la parità tra le due valute. Washington la sta prendendo molto seriamente. Nel 2014, il deficit della bilancia commerciale statunitense era di 505 miliardi di dollari, ovvero maggiore del 6% di quello dell’anno precedente. In anni recenti, i paesi dell’Unione Europea hanno rappresentato il 20% del totale deficit di bilancia commerciale degli Stati Uniti. Nel 2015, tale deficit potrebbe raggiungere il suo record assoluto. Washington non può impedire alla Bce di dare il via al suo programma di Qe, ma se si concluderà l’Accordo della Partnership Transatlantica, gli Stati Uniti saranno in grado di interferire nella politica monetaria europea su basi giuridiche. E’ mia opinione che questa è una delle ragioni principali per cui si è resa necessaria una nona tornata di trattative per la Ttip: il procedimento si sta rivelando molto più complesso di quanto si credeva all’inizio.

Pubblicazione4Mario Draghi

 

In realtà l’abolizione delle barriere doganali nei rapporti commerciali non è un grave problema, poiché queste barriere erano già basse anche prima che iniziassero le trattative per l’accordo. Ma se Washington acquisirà il controllo della politica monetaria e valutaria dei paesi dell’Unione Europea, significherà la totale e definitiva perdita della sovranità da parte di questi ultimi. Questo lo sanno molto bene i politici e le maggiori personalità dei paesi europei. Molti sono sorpresi del fatto che uno dei principali fautori del raggiungimento dell’accordo Ttip sia proprio il presidente della Bce Mario Draghi: dopo tutto, se l’accordo sarà firmato, la Bce diventerà una filiale della Fed. Ma forse è proprio questo a cui mira Mario Draghi, che non ha mai nascosto la sua propensione verso gli Stati Uniti. Non per niente è stato per diversi anni direttore esecutivo e vicepresidente della banca americana Goldman Sachs.

tratto da: (clicca qui)

<<La nostra cultura viene soppressa, durante le esercitazioni militari vengono inquinate la nostra terra e la nostra acqua, sfruttano la nostra terra ed estraggono enormi quantità di risorse naturali a danno dell’ambiente >> .

Tutti gli Stati colonizzatori si comportano allo stesso modo, nei loro intenti la sottomissione dell’altro deve essere totale e totalizzante, esso viene privato della sua identità e della libertà di decidere il suo destino e gli viene imposta la modifica dei propri usi e costumi; viene costretto ad un modello di vita che non gli appartiene

 

Pubblicazione1

I popoli autoctoni dell’Alaska e delle Hawaii intendono valersi del diritto all’autodeterminazione. I rappresentanti delle comunità locali hanno fatto un appello alla comunità internazionale per lamentarsi della “annessione illegale” ed “occupazione” degli Stati Uniti.

Nella dichiarazione si afferma che l’Alaska e le Hawaii

“nel 1959 sono state inglobate dagli Stati Uniti a seguito di macchinazioni e violazioni dei principi delle Nazioni Unite e del processo di autodeterminazione.”
Gli autori del documento hanno esortato l’ONU a “correggere l’errore.”
I rappresentanti dell’Alaska Ronald Burns e delle Hawaii Leon Siu hanno criticato la politica USA nei confronti delle popolazioni indigene.
“La nostra cultura viene soppressa, — ha detto Leon Siu. —
Tuttavia le azioni degli Stati Uniti sono dirette non solo contro la nostra cultura, ma anche la pace nel mondo, perché nelle Hawaii si trova la base militare di Pearl Harbor. Durante le esercitazioni militari vengono inquinate la nostra terra e la nostra acqua. Per questo qui le persone si ammalano. Si tratta di un abuso contro la nostra terra e la nostra gente. Non vogliamo essere parte della macchina da guerra.”
“Sfruttano la nostra terra ed estraggono enormi quantità di risorse naturali a danno dell’ambiente”,
— ha aggiunto Burns.

tratto da: (clicca qui)

 

2015.05.01 – DENUNCIA E APPELLO

Posted by Presidenza on 1 Maggio 2015
Posted in articoli 

TESTATA  PRESIDENZA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aristanis. 23 aprile 2015

 

 

   SPETT. LE

– INTERNATIONAL COURT OF JUSTICE PEACE PALACE

– O.N.U.
Human Rights Committee
Petitions Team
Office of the High Commissioner for Human Rights
United Nations Office at Geneva

– ICRC
International Committee of the Red Cross

– STATI TERZI

 

OGGETTO: DENUNCIA E APPELLO

 

Noi, cittadini del Popolo Sardo, nell’esercizio legittimo del Diritto all’Autodeterminazione, ci siamo costituiti, in data 31 agosto 2011, in Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu, ai SENSI E PER GLI EFFETTI DELLE NORME DEL DIRITTO INTERNAZIONALE.

In data 04.06.2012 il Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu (MLNS) ha denunciato l’Italia all’ONU per occupazione, dominazione e colonizzazione della NAZIONE SARDA da parte dello Stato straniero italiano rivendicando il diritto di sovranità del Popolo Sardo.

In considerazione del
– diritto all’autodeterminazione dei popoli sancito dall’articolo I paragrafo 2 della Carta delle Nazioni Unite firmata a San Francisco il 26 giugno 1945 ed entrata in vigore il 24 ottobre 1945
– del Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici siglato a New York il 16 dicembre 1966 dall’Assemblea Generale O.N.U.
– la Risoluzione n. 2625 del 24 ottobre 1970 dell’Assemblea Generale ONU
– la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa di Helsinki del 01 agosto 1975
– che il diritto all’autodeterminazione, parte del diritto internazionale imperativo (Jus cogens), è un diritto inalienabile di ogni Popolo e quindi del Popolo Sardo, al quale solo spetta il legittimo esercizio di tale diritto erga omnes

Sebbene:
il MLNS e le sue istituzioni di Guvernu Sardu Provvisoriu (GSP), costituito dal MLNS in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 96.3 del Primo Protocollo di Ginevra del 1977, mantenga un assoluto rispetto per la legalità internazionale, le autorità d’occupazione straniere italiane insistono ad ignorare il diritto di autodeterminazione del Popolo Sardo e invece di favorirlo, così come previsto dalle norme del diritto internazionale e le loro stesse leggi (vedasi legge 881/77 di ratifica dei patti di New York), insistono con l’abusare delle proprie funzioni e attaccano i membri del MLNS con inconsistenti pretesti.

DENUNCIA

che, in seguito ad un’intensa attività di spionaggio, protrattasi per mesi, contro alcuni dei membri del MLNS e di altri Cittadini del Popolo Sardo, lo Stato straniero occupante italiano ha sferrato un violento attacco contro il Movimentu de Lìberatzioni Natzionali Sardu con il pretesto di un’inchiesta giudiziaria strumentale, calunniosa e creata in modo subdolo al solo fine di poter ipotizzare, l’esistenza di circostanze fantasiose e reati di fatto inesistenti, quali la costituzione di una fantomatica associazione militare, in presunta violazione di una legge italiana del secondo dopoguerra, il decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43.
Pertanto, in data 13 marzo 2015, per tali ipotesi di reato ma prive di qualsiasi fondamento, la polizia italiana, su mandato del sostituto procuratore della Repubblica italiana di Cagliari, è intervenuta pesantemente in forze e con armamento da guerra contro il MLNS. Con una improvvisa incursione ha sottoposto a perquisizione il Presidente e fondatore del MLNS, più alcuni altri appartenenti al MLNS ed altri cittadini del Popolo Sardo, le loro abitazioni private, i luoghi dei loro posti di lavoro e i loro autoveicoli, sottraendo illegalmente beni ed effetti personali e strumentali di lavoro, terrorizzando le loro famiglie ed i loro conoscenti, e poi li ha sequestrati, segregati e sorvegliati a vista per molte ore, sottoponendoli ad informali interrogatori ed a inaudite violenze morali e psicologiche.
Ancora una volta, dunque, si denuncia lo stato straniero italiano perché l’atto in questione costituisce un atto di forza e di aggressione contro il MLNS e il suo apparato istituzionale, il Governo Sardo Provvisorio, configurandosi come un crimine contro il Popolo Sardo e l’integrità della Nazione Sarda, aggravata dall’occupazione della Patria Sarda.
Le autorità d’occupazione straniere italiane sono ben consapevoli della legittimità giuridica del MLNS, ma tentano di giustificare i propri atti di aggressione, prendendo a pretesto una possibile deriva militare del processo di rivendicazione del Diritto all’Autodeterminazione del Popolo Sardo e quindi del legittimo ripristino della sovranità dello stesso Popolo su tutti i territori della Nazione Sarda.
Il comportamento delle autorità inquirenti italiane manifesta così la inequivocabile volontà di non rispettare precise norme del diritto internazionale e delle stesse leggi italiane, senza contare il fatto che nei Territori della Nazione Sarda consta un difetto assoluto di competenza e di giurisdizione, nonché l’incompetenza assoluta per materia e per territorio, da estendersi in capo a tutte le autorità di occupazione dello stato straniero italiano (ogni atto e/o provvedimento italiano si configura tanquam non esset).
Altro scopo è impedire al MLNS di proseguire nella sua legittima attività di rivendicazione del diritto all’autodeterminazione del Popolo Sardo e consolidamento del proprio apparato istituzionale ovvero del suo Governo Provvisorio e delle sue istituzioni; non si giustifica il portar via (vera e propria rapina a mano armata) ricordi e collezioni personali, modulistica, computers ed altro materiale informatico e documenti di riconoscimento rilasciati dal GSP.
Si diffidano ancora una volta le autorità d’occupazione straniere italiane ad attenersi con scrupolo e stretta osservanza a tutte le norme in materia di autodeterminazione, dei Movimenti di Liberazione Nazionale e dei loro apparati istituzionali.
Si avvisa sin d’ora che in difetto, la responsabilità di tale reiterata violazione, verrà ascritta anche al promotore e/o firmatario dell’atto in questione e del quale si chiede l’iscrizione a ruolo giudiziario presso la Corte Europea, affinché nei tempi e nelle modalità da stabilire, sia assicurato alla Giustizia Sarda, per rispondere in sede penale e in sede civile, con tutti i suoi beni presenti e futuri, al risarcimento di tutti i danni derivanti alla Nazione Sarda.
Si rammenta come in fatto e in diritto e per l’ennesima volta, che lo Stato italiano, sul Territorio della Nazione Sarda, rimanga ad oggi uno stato straniero occupante, a nulla rilevando sotto il profilo della legittimazione dell’esercizio della sua sovranità sul Territorio della Nazione Sarda i tanti anni di illecita e illegittima occupazione razzista e colonialista.

Con fermezza, ancora una volta, si chiede all’ONU e alla Comunità Internazionale tutta che venga imposto allo Stato straniero oppressore italiano il rispetto delle norme e delle prassi del Diritto Internazionale ed in particolare:

– l’obbligo di riconoscere il diritto all’autodeterminazione del Popolo Sardo;

– l’obbligo di consentire l’esercizio del diritto all’autodeterminazione del Popolo Sardo con il ripristino di sovranità della Nazione Sarda in tutti i suoi territori, ancora oggi occupati e depredati dallo stato italiano;

– il divieto di continuare a ricorrere all’uso della forza per negare tale diritto all’autodeterminazione, come fatto sinora, con i suoi ripetuti illegali, illegittimi, persecutori e razzisti attacchi contro questo MLNS e i suoi militanti e loro familiari.

si auspica e ci si appella affinchè

– gli Stati terzi sostengano il Popolo Sardo e quindi questo MLNS nella sua lotta per l’autodeterminazione.
– gli Stati terzi si astengano dall’aiutare e sostenere in qualsiasi modo lo Stato straniero occupante oppressore italiano e, per l’effetto, rinuncino o rivedano i propri rapporti politici, commerciali, economici, militari e diplomatici con lo stesso.
– gli Stati terzi aiutino, appoggino e sostengano il MLNS ed il suo apparato istituzionale Governo Sardo Provvisorio, anche con l’avvio di formali rapporti diplomatici.

Questo MLNS e le singole persone, che ne compongono il Direttivo, hanno da sempre compiuto – e così sarà in futuro – ogni singolo passo rigorosamente e volutamente entro gli argini e nell’alveo del diritto Naturale e Civile, ma anche e soprattutto internazionale.

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