2015.08.10 – La Grande Truffa – 1° parte

Posted by Presidenza on 10 Agosto 2015
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A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo. Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate. Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi. Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”

“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

 

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

 

“ … l’attuale creazione di denaro operata ex nihilo dal sistema bancario, è identica alla creazione di moneta da parte dei falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto”.

Maurice Allais,
Premio Nobel per l’economia 1988

 

“C’è una sola cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo, ed è un idea il cui tempo sia giunto”
Victor Hugo

 

“Noi trasformeremo tutti i popoli del mondo da debitori in proprietari della moneta, per il solo fatto che questa idea è nata”
Giacinto Auriti

 

 

Introduzione

MARCO POLO: LA CARTAMONETA DEL GRAN KAN

 

Nel suo “Il milione”, Marco Polo ci racconta come al suo arrivo in Cina alla fine del tredicesimo secolo, al tempo dell’imperatore Kublai, il Gran Kan, circolasse una moneta di carta.
Dopo averci illustrato come venisse ricavata da un impasto con colla della pellicola che si trovava tra la corteccia ed il fusto dell’albero del gelso, ci spiega in che modo avvenisse la emissione del valore monetario per mezzo di foglietti di tale carta a Cambaluc, l’odierna Pechino, sede della zecca del Gran Kan:

“ Ogni foglietto porta il sigillo del Gran Signore. E questa moneta è fatta con tanta autorità e solennità come se fosse d’oro e d’argento . . . E se qualcuno osasse falsificarla sarebbe punito con la morte; e questi foglietti il Gran Kan li fa fabbricare in tale numero che potrebbe pagare con essi tutta la moneta del mondo.

Fabbricata così la moneta, il Signore fa fare con essa ogni pagamento e la fa spendere per tutte le province dove egli tiene signoria: e nessuno osa rifiutare per paura di perdere la vita. Ma è vero anche che tutte le genti e le razze di uomini, sudditi del Gran Kan, prendono volentieri queste carte in pagamento perché a loro volta le danno in pagamento per mercanzia, come perle, pietre preziose, oro e argento. Si può così comprare tutto ciò che si vuole e pagare con la moneta di carta . . .

Più volte all’anno arrivano a Cambaluc i mercanti: arrivano a gruppi e portano perle, gemme, oro, argento ed altre merci ricche come tessuti d’oro e di seta; offrono la mercanzia al Gran Signore ed egli fa chiamare dodici uomini esperti che hanno la direzione di queste cose e ordina loro di esaminare la merce e di pagare quello che ritengono giusto. I dodici esaminano con molta cura e stimano secondo coscienza, e subito fanno pagare gli acquisti con i foglietti che ho detto.

I mercanti li prendono molto volentieri perché se ne serviranno poi per altri acquisti all’interno delle terre del Gran Kan; se poi devono comprare in paesi dove non si accettano i foglietti, comprano altra merce e la scambiano.
. . .
Il Gran Signore paga sempre in foglietti. Si aggiunga che durante l’anno va per la città un bando che impone a tutti quelli che hanno oro e argento e pietre preziose e perle di portarle alla zecca. I sudditi obbediscono e ricevono pagamento in carta. Portano infiniti oggetti preziosi e anche questi sono pagati in carta. In questo modo il Signore possiede tutto l’oro, l’argento e le perle che si trovano sulle sue terre.
. . . se qualcuno vuole acquistare oro e argento per il suo vasellame, per le sue cinture o per altre cose, va alla zecca, porta con sé i foglietti e prende in cambio l’oro e l’argento che gli serve.
Adesso vi ho raccontato il modo usato dal Gran Signore per possedere il maggior tesoro che un uomo abbia mai posseduto; e certo tutti i principi del mondo riuniti insieme non raggiungono l’immensa ricchezza che il Gran Kan ha da solo.”

In queste poche righe Marco Polo ci spiega molto semplicemente il segreto dell’emissione di moneta legale a corso forzoso nell’impero del Gran Kan Kublai.

L’imperatore non faceva altro che esercitare il suo potere di “signoraggio” sulla emissione: con l’autorità conferitagli dal suo essere “signore” nei territori amministrati, dotava il suo popolo del mezzo di scambio necessario per agevolare il commercio all’interno della società.
Batteva una moneta, sottoforma di foglietti di carta di diverse dimensioni e valore garantiti dal proprio potere e dalla forza di un esercito sempre pronto ad intervenire, che dava in pagamento per lavori eseguiti o in cambio di mercanzie da acquistare, come abbiamo visto.
Producendo i foglietti di carta con il solo costo di fabbricazione e stampa, e dandoli in cambio di merci e lavoro altrui, il Gran Kan poteva impossessarsi praticamente a costo zero della ricchezza disponibile.
Dava carta in cambio di beni reali.
Aveva per sé un potere d’acquisto praticamente illimitato.

Teneva per sé tutto il valore dato dalla differenza tra il prezzo delle merci acquistate, ed i costi di produzione dei foglietti di carta.

A chi sottraeva il Gran Kan tutto questo valore?
Al popolo nel suo insieme, produttore di ogni bene materiale con il lavoro dei suoi artigiani, contadini, allevatori, pescatori, minatori e fornitori di materia prima da trasformare in merci.
Un onesto monarca potrebbe trattenere per sé una modesta percentuale di quel valore, un diritto di signoraggio sulla moneta come giusto compenso per il suo status di “signore” di quei territori ed autorità garante del mantenimento di ordine e giustizia all’interno della società, utilizzando però la gran parte della ricchezza prodotta a vantaggio di un miglioramento delle condizioni di vita del suo popolo.

Una sana organizzazione di un moderno stato democratico non dovrebbe scostarsi da tale condotta: utilizzare la ricchezza prodotta per il benessere ed il progresso sociale della comunità di cittadini, assicurando giustizia, istruzione, assistenza sanitaria, pace, sicurezza interna e protezione da nemici esterni.

Un popolo, costituitosi in uno Stato (l’insieme di una popolazione che vive in un determinato territorio e che si fa amministrare da un governo rappresentativo legittimamente eletto), esercitando quel diritto/dovere che gli deriva dalla propria condizione di essere signore e sovrano all’interno del territorio statale, ha la facoltà e la necessità di dotarsi di un sistema monetario che agevoli l’attuazione di un sano processo economico che distribuisca equamente all’interno della comunità la ricchezza disponibile.

La moneta nazionale è il mezzo distributivo per eccellenza, in quanto permette la giusta ricompensa del lavoro eseguito, ed il corrispondente, proporzionale accesso alla ricchezza prodotta dalla collettività con l’acquisizione dei beni necessari a condurre una esistenza dignitosa.

Proprio come faceva il Gran Kan in Cina nel 1300, un moderno stato democratico dovrebbe battere moneta e darla in pagamento per lavori eseguiti, pagare infrastrutture ed acquisire le risorse necessarie ad un continuo miglioramento dell’organizzazione sociale. A differenza del monarca cinese che si impossessava dispoticamente di tutta quella enorme ricchezza derivante dall’esercizio del “signoraggio”, una onesta classe politica che amministrasse saggiamente il patrimonio statale, dovrebbe spendere e ridistribuire tra tutti i cittadini la ricchezza da essi stessi prodotta.

Al momento attuale, all’inizio del terzo millennio dell’era moderna, grazie alla generosità della natura che ci fornisce gratuitamente tutte le risorse delle quali abbiamo bisogno, ad un formidabile sviluppo tecnologico ed alla possibilità di emettere il valore monetario a costo zero, l’intera società planetaria è potenzialmente ricchissima, ben più di quanto potesse esserlo il Gran Kan cinese nel 1300 del quale Marco Polo ci racconta incredulo.

Ma la situazione economica che stiamo attraversando, come tutti noi ben sappiamo, è molto differente. Ansia, sofferenza e disperazione diffusa per mancanza di denaro sembrano essere le note dominanti. Guerra, morte, fame, distruzione di interi paesi e sfruttamento di popolazioni sottomesse sono ancora all’ordine del giorno, invece di essere ricordi di un lontano passato.
Al giorno d’oggi non esiste più un Gran Kan che si impossessa del valore della moneta appena emessa a costo nullo, tenendolo per sé e sottraendolo ai sudditi.

Ma allora, dove va a finire l’enorme ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale?
Chi si impossessa del valore dell’emissione monetaria che, come abbiamo appena detto, appartiene al popolo in quanto sovrano?

È ciò che andremo a scoprire con la lettura del libro.

 

continua…..

Abraham Lincoln: “Il Governo non ha necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del Governo ed il potere d’acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del Governo, ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso. La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell’umanità. La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi”.

Queste parole furono pronunciate da Lincoln nel 1865.

Quello stesso anno fu assassinato.

 

 

Pubblicazione1

 

Questa moneta unica rappresenta una delle questioni di maggiore divisione nel Paese. Il motivo non è tanto la difficoltà dell’argomento, di per sé abbastanza semplice seppur policromatico, ma la persistente mala fede di certa politica (nostrana e sovranazionale) e di certi gruppi di potere che dominano il pianeta (quei gruppi oligarchici che decidono il destino di centinaia di milioni di persone senza alcuna legittimazione democratica).

 

 

di Giuseppe PALMA

Con questo mio articolo cercherò di rendere l’argomento “Euro” semplice e comprensibile a tutti, evitando – volutamente – eccessivi tecnicismi.
In soli 8 punti, e con un linguaggio molto semplice, cercherò di spiegare il perché questa moneta unica rappresenti un vile attentato al benessere diffuso dei popoli europei e all’essenza stessa della democrazia costituzionale, e lo farò come se dovessi spiegarlo a mia figlia di un anno e mezzo.

 
A) Uno Stato a moneta sovrana è il legittimo ed unico titolare della propria moneta, quindi crea e dispone liberamente della stessa sia per far fronte alle problematiche economico-sociali dei cittadini, sia per far fronte al debito pubblico, il quale non costituisce mai un problema in quanto è lo Stato che genera quella stessa moneta occorrente a “pagare” il debito, quindi non deve chiederla in prestito a nessuno: uno Stato a moneta sovrana crea moneta dal nulla! Ciò detto, la domanda nasce spontanea: come fa uno Stato a sovranità monetaria a creare moneta dal nulla? Semplice: pigiando il tasto di un computer del Ministero del Tesoro o della Banca Centrale;
B) In uno Stato a moneta sovrana, la Banca Centrale (o il Ministero del Tesoro) funge da prestatrice di ultima istanza. Cosa significa “prestatrice di ultima istanza”? Significa che quando lo Stato deve onorare il proprio debito pubblico (rappresentato dal capitale investito dai cittadini nei Titoli di Stato, più gli interessi), non va a chiedere i soldi alla collettività (lo potrebbe fare, anzi lo fa, ma si ferma quando comprende che le tasse sono troppo alte e i cittadini/imprese potrebbero risentirne), ma “stampa moneta” (cioè crea moneta dal nulla), quindi si rende fattivamente e concretamente garante di quel debito senza “massacrare” cittadini e imprese; in altre parole è lo Stato che “acquista” il proprio debito facendosi carico dello stesso. A tal proposito, tanto per essere chiari, il capitale relativo ai Titoli di Stato non viene mai realmente restituito dallo Stato all’investitore, e questo per due motivi molto semplici. Esempio: il cittadino X, nell’anno 0, acquista un Titolo di Stato a scadenza decennale di valore C, con un tasso di interesse allo T% (in pratica si tratta semplicemente di un pezzo di carta con su scritto “Titolo di Stato”) Bene. Trascorsi i dieci anni, X ha due possibilità: a) rinnovare il suo Titolo di Stato per altri dieci anni, quindi zero costi per lo Stato; b) decidere di richiedere allo Stato la restituzione del capitale investito dieci anni prima nel Titolo, più gli interessi maturati. In quest’ultimo caso, lo Stato cosa fa? Vende il Titolo di Stato di X ad un altro investitore, Y, e con il denaro con il quale Y paga quel Titolo (cioè investe i suoi soldi in quel Titolo), lo Stato restituisce il capitale all’investitore X. Costi per lo Stato? Zero! E gli interessi? Nessun problema: lo Stato a moneta sovrana li paga pigiando quello stesso tasto del computer che si trova al Ministero del Tesoro o alla Banca Centrale. In tal modo lo Stato crea, sì, debito, che però rappresenta ricchezza concreta per i cittadini e non costituisce alcun problema perché – e lo ribadisco – è lo Stato stesso che genera quella medesima moneta con la quale garantisce e “paga” quel debito (moneta alla quale lo Stato ha attribuito valore intrinseco, cioè ha imposto la tassazione in quella medesima valuta che esso stesso crea dal nulla e che accetta quale unica moneta per il pagamento delle tasse che ha imposto, quindi cittadini e imprese corrono per procurarsela);
C) Negli Stati a moneta sovrana le tasse NON servono a pagare gli ospedali, le scuole, gli stipendi dei dipendenti pubblici, le pensioni etc… negli Stati a moneta sovrana le tasse servono solo a non creare altro debito pubblico. Punto! Negli Stati che invece non godono di sovranità monetaria (i 19 Stati dell’Eurozona), le tasse servono (anche) per far fronte alla spesa pubblica, quindi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, gli ospedali, le scuole, le pensioni, i servizi pubblici essenziali etc… Dicendola con parole più semplici: gli Stati a moneta sovrana prima spendono e poi tassano, invece gli Stati privi di sovranità monetaria prima devono tassare (cioè procurarsi la moneta) e poi possono spendere (attenendosi e rispettando i limiti capestro fissati dai Trattati). Se non si comprendono questi concetti, non è possibile comprendere l’intera questione “Euro”;
D) Tutti gli Stati dell’Eurozona, quando devono pagare gli stipendi degli insegnanti, le pensioni, gli ospedali, i servizi pubblici, assumere nuovo personale etc (in pratica quando devono far fronte alla spesa pubblica), non disponendo di sovranità monetaria vanno a cercarsi la moneta. Come? In due modi: a) tassando i cittadini fino al loro collasso, quindi introducendo nuove imposte e tasse o aumentando quelle già esistenti, introducendo sistemi giacobini di accertamento fiscale e di lotta all’evasione, quindi limitando l’uso del denaro contante, spiando i conti correnti dei cittadini e le loro spesucole quotidiane, tagliando le voci di spesa pubblica più sensibili come sanità, istruzione, giustizia, pensioni; e così via… b) chiedendola in prestito ai mercati dei capitali privati (cioè ad esempio alle banche private), i quali, prima di prestarla allo Stato che ne fa richiesta, valutano con la lente di ingrandimento l’affidabilità finanziaria dello Stato stesso a poterla restituire (con gli interessi), quindi fissano i tassi di interesse mettendo gli Stati in competizione tra loro (e qui si collocano le famigerate valutazioni delle Agenzie di rating che fanno tremare i Governi). Bene, anzi male! Ciò fatto, una volta che lo Stato ha preso in prestito la moneta dalle banche private, dovrà successivamente a queste restituirla maggiorata dagli interessi. Ma se lo Stato non gode di sovranità monetaria, da dove la va a prendere la moneta per poterla restituire alle banche private? La risposta è semplice: dai cittadini, quindi attraverso gli strumenti e i meccanismi sopra già evidenziati;
E) In passato, durante i periodi di crisi, gli Stati a moneta sovrana potevano “aggiustare” il cambio tra la propria moneta e le monete degli altri Stati, cioè facevano leva sulla svalutazione monetaria. In questo modo, con una propria moneta svalutata, si verificava la conseguenza che i prezzi delle merci da esportare si abbassavano rispetto alle stesse merci prodotte all’estero, con il conseguente aumento delle esportazioni. Ciò detto, se le aziende esportavano più prodotti perché più competitivi rispetto ai prodotti esteri, necessitavano di maggiore forza lavoro (più personale), quindi maggiore occupazione = maggiore numero di cittadini che percepivano un reddito, quindi + consumi e + investimenti privati (vedesi Keynes). Oggi, con questa moneta unica, essendo stati fissati i tassi di cambio irrevocabili tra l’Euro e le monete nazionali dei Paesi aderenti (i c.d. cambi fissi), gli Stati dell’Eurozona – per essere competitivi – non possono più far leva sulla svalutazione della moneta. Ciò premesso, come fanno gli Stati della zona euro ad essere competitivi, non potendo far leva sulla svalutazione monetaria? La risposta è semplice: attraverso la svalutazione del lavoro, cioè tramite la riduzione dei salari e la contrazione delle tutele contrattuali (e di legge) a beneficio dell’abbassamento dei prezzi delle merci da esportare!
F) Se negli Stati a moneta sovrana la Banca Centrale funge da prestatrice di ultima istanza, negli Stati della zona euro la BCE non svolge questa funzione, lasciando che siano i cittadini a “vestire i panni” di prestatori di ultima istanza. Ciò detto, che ruolo ha la BCE? E’ semplice: funge unicamente da guardiana della stabilità dei prezzi! Mentre uno Stato a moneta sovrana (attraverso la Banca Centrale o il Tesoro) garantisce integralmente il proprio debito pubblico senza alcun problema di default (e non potrebbe essere altrimenti come si è già visto), la BCE non garantisce nulla, infatti ciascuno Stato dell’Eurozona deve esso stesso garantire il proprio debito pubblico, senza disporre di sovranità monetaria! Come fa uno Stato che non dispone di sovranità monetaria a garantire (e pagare) il proprio debito pubblico? Semplice: tassando i cittadini fino al loro collasso, inasprendo oltremisura gli strumenti di accertamento fiscale nei confronti delle imprese, degli artigiani, dei piccoli commercianti e dei giovani professionisti, innalzando l’età pensionabile e riducendo la spesa pensionistica, riducendo le assunzioni nel pubblico impiego, tagliando le voci di spesa pubblica più sensibili quali la sanità, la giustizia, la scuola e così via… Una vera e propria pazzia, ma è così! In pratica, negli Stati dell’Eurozona, la funzione di prestatrice di ultima istanza non è esercitata da una Banca Centrale bensì dai cittadini. La BCE, sia nella forma che nella sostanza, non è una vera e propria Banca Centrale: per espressa previsione del suo Statuto, infatti, la BCE non può finanziare i debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona. Appare evidente, quindi, che chi ha costruito l’intera struttura dell’Euro aveva ben in mente i gravissimi danni sociali, economici e finanziari cui conduceva questa moneta unica;
G) Con l’avvento dell’Euro la moneta è creata dalla BCE, anzi, più precisamente dalle Banche Centrali di ciascuno Stato d’accordo con la BCE. A chi è destinata questa moneta? A ciascuno Stato (Governo) dell’Eurozona? Assolutamente no! Gli Stati della zona euro sono costretti a chiederla in prestito ai mercati dei capitali privati (che stabiliscono i tassi di interesse a seconda dell’affidabilità finanziaria dello Stato richiedente, mettendolo in competizione con gli altri Stati) e a questi debbono successivamente restituirla con gli interessi (vedesi i meccanismi di cui sopra);
H) Che cos’è il QE (Quantitative Easing) che la BCE – quindi Mario Draghi – ha annunciato nel gennaio del 2015? Tradotto significa “alleggerimento quantitativo” del debito pubblico, cioè la BCE ha annunciato che provvederà ad “acquistare” (quindi a garantire) fette di debito pubblico di ciascuno Stato dell’Eurozona, liberandolo (solo in teoria) di fette dello stesso, quindi (sempre in teoria) ciascuno Stato avrà a disposizione maggiore liquidità per far fronte ai problemi socio-economici dei propri cittadini. Questo solo in teoria, infatti nella pratica le cose stanno diversamente: al fine di poter porre in essere la misura non convenzionale del QE, Draghi è dovuto scendere a compromessi accettando alcuni limiti imposti dalla Germania. In pratica, per dirla con parole semplici, di quelle fette di debito pubblico di cui ciascuno Stato sarà “alleggerito” grazie al QE, solo il 20% sarà garantito dalla BCE, mentre il restante 80% dovrà essere garantito dalle Banche Centrali (che Centrali non sono) di ciascuno Stato dell’Eurozona. A questo punto la domanda è d’obbligo: come farà ogni Banca Centrale di ciascuno Stato a garantire l’80% di quella fetta di debito pubblico (che come abbiamo visto è solo virtualmente alleggerita) se non dispone di sovranità monetaria? La risposta è talmente semplice che mi rifiuto di fornirla. Bisogna tuttavia ammettere che il QE, anche dopo essere stato semplicemente annunciato, ha iniziato a produrre l’effetto positivo di una svalutazione competitiva dell’Euro nei confronti del dollaro, ma è un effetto che non risolverà affatto i problemi degli Stati della zona euro, i quali, soffocati in ogni caso dai vincoli forcaioli e dai parametri capestro imposti dai Trattati dell’UE (vedesi ad esempio i Trattati di Maastricht e di Lisbona) e dal Fiscal Compact (che supererà illegittimamente sia Maastricht che Lisbona), oltre che da una moneta “straniera” che devono continuare a chiedere in prestito alle banche private e restituirla gravata dagli interessi, saranno destinati al default, oppure, nella migliore delle ipotesi, alla distruzione dello stato sociale, del benessere collettivo e – soprattutto – della democrazia costituzionale e del lavoro. Il QE ha avuto inizio a marzo e finora ha prodotto una svalutazione dell’euro sul dollaro di circa il 25%. Tuttavia, pur non essendovi stata alcuna invasione di cavallette (scenario che gli euristi prevedono invece in caso di un’uscita dell’Italia dall’Euro con una svalutazione della Nuova Lira nei confronti dell’€ pressappoco nella medesima percentuale della svalutazione €/$ causata dal QE), gli obiettivi sperati non sono stati ancora raggiunti!
Ciò detto, nonostante l’eccessiva semplicità con cui ho affrontato l’argomento, nutro il fondato timore che possa esserci qualcuno che faccia finta di non aver capito. A tal proposito, riporto qui di seguito il frammento di un discorso di centocinquanta anni fa dell’ex Presidente degli Stati Uniti d’America Abraham Lincoln: “Il Governo non ha necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del Governo ed il potere d’acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del Governo, ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso. La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell’umanità. La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi”. Queste parole furono pronunciate da Lincoln nel 1865. Quello stesso anno fu assassinato.

Tutto ciò premesso, voglio proprio vedere se c’è ancora qualcuno che mi scrive dicendomi che questo Euro è irreversibile! Sono altresì curioso di vedere se qualche ostinato difensore della moneta unica continua a dire che l’Euro è stata una conquista per l’Europa, per la democrazia e per il benessere dei popoli!

Chiedo scusa al lettore perché mi rendo conto – in merito all’argomento sinora trattato – sia di aver sensibilmente sacrificato gli aspetti tecnici sia di aver utilizzato un linguaggio molto semplice e diretto, ma quanto scritto fin qui è frutto delle mie ricerche e delle mie pubblicazioni degli ultimi due anni.

E’ dunque giunta l’ora che il popolo si svegli e comprenda, quantomeno in linea generale, ciò che questa Unione Europea ha volutamente creato a danno dei popoli, del lavoro e della democrazia costituzionale di ciascuno degli Stati membri .

L’Euro è una moneta perfettamente idonea alla tutela e al perseguimento degli scopi del capitale internazionale, quindi del tutto INCOMPATIBILE con la democrazia costituzionale e i “principi supremi” (tra cui il lavoro) sui quali trova fondamento la nostra Costituzione! Non esiste altra verità!

tratto da: (clicca qui)

Per chi lavora Equitalia in realtà? Chi c’è dietro a questo attuale livello di pressione fiscale?
Si tratta, è inutile girarci intorno, di un disegno criminoso. Con un fisco vampiro si punta alla distruzione della domanda interna ed alla recessione

Si scrive Equitalia ma si legge Goldman Sachs, Jp Morgan e così via. Equitalia oggi lavora per le banche d’affari internazionali.

 

Pubblicazione1

 

 

La commissione Finanze del Senato – approvando a maggioranza il parere in cui invita il Governo ad adottare misure per rimuovere ogni ostacolo all’esecuzione esattoriale – ha di fatto spianato la strada all’ingresso in banca, incondizionato e diretto, in favore di Equitalia. L’agenzia potrà infatti entrare, senza bisogno di autorizzazioni o di intermediari, nei dati patrimoniali e nelle informazioni finanziarie che riguardano i contribuenti come, per esempio, i conti bancari italiani e quelli all’estero, la compravendita di auto o di imbarcazioni, i conti titoli, ecc.

 

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Il pignoramento dell’unica casa – si legge nella relazione – preclusa ad Equitalia ma non alle banche, ha creato una disparità di trattamento privilegiando i creditori privati rispetto a quelli pubblici, il che ha comportato una contrazione del recupero dei crediti esattoriali. Con la conseguente contrazione del gettito per lo Stato. Non solo. La prospettata diminuzione dell’aggio, dall’attuale 8% al 6% (così come scritto nelle bozze di decreti attuativi della delega fiscale, appena approvati dal governo Renzi), procurerà un ulteriore calo delle entrate per l’Agente della riscossione. È quindi necessario correre ai ripari, almeno secondo i senatori.

In verità, la norma potrebbe avere un effetto non così innovativo. Difatti, già da oggi Equitalia ha libero accesso ai dati patrimoniali dei contribuenti grazie all’accesso all’anagrafe tributaria e a quella dei rapporti finanziari (conti correnti, ecc.): è vero, si tratta comunque di banche dati gestite da pubbliche amministrazioni e tale non è l’Agente per la riscossione, che resta pur sempre un soggetto a struttura privata e, come tale, necessita di iter differenti rispetto a un controllo immediato e diretto, come potrebbe essere quello sui conti bancari che, attualmente, l’Agenzia delle Entrate può effettuare. Insomma, i nuovi poteri consentirebbero a Equitalia una maggiore celerità e facilità di accesso ai dati dei contribuenti, evitando anche il rischio prescrizione e decadenza di numerose azioni esecutive.

Alla fine non sarà l’idea del database dei grandi debitori, suggerita a novembre scorso da Vincenzo Busa, presidente di Equitalia, ma qualcosa di molto simile. Busa aveva lanciato il progetto di un cervellone contenente gli estremi di tutti i “grandi debitori” per scoprire chi occulta i patrimoni.

Dall’altro lato, però, la Commissione nulla dice sulla nuova norma, appena approvata dal Governo, che ripristina l’anatocismo in favore di Equitalia: in questo caso il confronto tra banche e agente della riscossione è sbilanciato a favore di quest’ultimo. Solo infatti per gli istituti finanziari vale la nuova regola – che dal 2014 ha modificato il testo unico bancario – secondo cui gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che nelle successive operazioni di capitalizzazione; gli interessi sono quindi calcolati esclusivamente sulla sorte capitale. Equialita, invece, potrà far lievitare gli importi delle cartelle esattoriali calcolando gli interessi non solo sul capitale, ma anche sugli stessi interessi in precedenza maturati.

tratto da: (clicca qui)

Quanto a lungo ancora le maggiori compagnie dell’Europa occidentale consentiranno che i loro profitti siano danneggiati da un pugno di estremisti politici con una ossessione per eliminare Putin dal governo? E quanto a lungo ancora i governi europei accetteranno di sottoscrivere una politica di sanzioni palesemente contraria agli interessi nazionali? Non sta alla Russia cambiare atteggiamento, dal momento che non ha fatto niente di sbagliato o avventato, ma certamente a questi cosiddetti neoconservatori Occidentali….Ma quale parte della parola NYET! Non riescono a capire?

 

Pubblicazione1

 

di Neil Clark

Come gli eventi in Siria hanno dimostrato, la Russia e’ il mattone piu’pesante da spostare negli infiniti piani delle lobby volti al dominio mondiale; ecco perchè la rimozione di Putin ed il suo rimpiazzo con una marionetta che esegua a bacchetta ogni comando e volere dei neocons e’ l’obiettivo principe dell’intera politica attuale dei neocons suddetti.

Ad ogni modo, le loro possibilità di raggiungere questo loro ambizioso obiettivo sono parecchio scarne e le motivazioni costruite e pretestuose almeno quanto le fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam in Iraq. La nuova “guerra fredda” contro la Russia, di istigazione neoconservatrice, che avrebbe dovuto indebolire l’economia Russa, così portando a proteste anti-governative stile Maidan, ha in realtà fatto schizzare la popolarità del presidente Putin alle stelle, come evidenziano i sondaggi.

Le percentuali di apprezzamento per quest’uomo, per demonizzare il quale i neocons non hanno risparmiato nessuna energia, almeno negli ultimi 12 anni, sono a livelli di record assoluto, quasi il 90% dei Russi hanno una opinione positiva del loro presidente.
L’appoggio alle sue politiche estere è altrettanto solido, con un 70% che approva le scelte in materia di crisi Ucraina.

Il politico pacifista Britannico George Galloway ha twittato:
“La popolarità di Putin tocca livelli record sfiorando il 90% di gradimento delle sue capacità di gestire gli eventi da parte della popolazione. Un’altra storia di successo per la NATO!!”
Ma non è soltanto la popolarità di Putin a rappresentare un macigno che blocca i piani neoconservatori per il cambio di regime. La principale e più agguerrita opposizione a Putin ed al suo partito Russia Unita non è costituita da liberali pro-NATO e pro-Israele, bensi’ dal partito comunista Russo, che è il secondo maggior partito della Nazione,

Il leader comunista Gennady Zyuganov ha ottenuto il 17% dei consensi alla scorsa tornata elettorale (nel Dicembre 2011), e i comunisti nel loro complesso hanno ottenuto 92 seggi sui 450 seggi totali alla Duma.

I comunisti hanno fatto pressione su Putin nell’assumere un ruolo ancora più fermo e deciso contro coloro che essi considerano nemici della Russia. Nel Maggio 2013 presentarono una mozione per suggerire che la Russia convocasse il consiglio di sicurezza ONU in seguito a bombardamenti illegali Israeliani sulla Siria.

“La Siria non è nè la prima, nè certamente l’ultima tra le vittime dell’espansione globale degli Stati Uniti e dell’alleanza NATO. Gli eventi degli ultimi 20 anni mostrano che la Russia stessa si trova costantemente in bilico. Considerato questo, la protezione dei nostri confini passa anche dalle città Siriane, attualmente scena di duri e intensi combattimenti. La Russia non può permettersi di girarsi dall’altra parte mentre la sovversione violenta degli Americani e dei loro satelliti si scaglia contro i nostri alleati”. Così recitava la dichiarazione del comitato centrale del partito comunista.

I sovvertori di regime seriali dell’Occidente si trovano di fronte a una situazione in cui l’unica opposizione credibile esistente a un leader che vorrebbero vedere eliminato sarebbe ancora più decisa nel seguire politiche che gli risulterebbero ancora più complicate da digerire.
E allora che fanno? Con evidente disprezzo delle vedute del popolo Russo e totalmente ignorando il fatto che il partito comunista rappresenta il secondo partito nazionale, ci dipingono i cosiddetti “liberali”, che godono di livelli di supporto popolare del tutto esigui (attualmente intorno all’1%!) come l’ “opposizione democratica”!!!

La linea neoconservativa così recita: “in nome della democrazia i partiti più impopolari tra gli elettori dovrebbero governare la Russia”. Una interpretazione della parola democrazia che straccia 1984 di Orwell.

“Per quanto cambio di regime sia diventata una espressione sporca, la cosa migliore che potrebbe accadere alla Russia, ai suoi vicini, ed al mondo intero, sarebbe un cambiamento, dall’autoritarismo dal pugno duro firmato Vladimir Putin a una qualche forma di democrazia”, ha sostenuto Alexander Motyl su Newsweek in Gennaio, articolo che Newsweek riprese da una prima pubblicazione sul blog del Consiglio Atlantico…

Dunque, in altre parole, l’uomo con il gradimento record dovrebbe essere eliminato così che qualcuno molto meno popolare possa governare la Russia. Tutto, certo, come sempre nel nome di “diffondere la democrazia”!

In ogni caso, semmai non bastasse quanto è stato detto, i piani neoconservatori per la promozione della loro democrazia non democratica in Russia sono sbarrati da un ulteriore macigno, la legislazione Russa sugli agenti stranieri. La legge prevede che tutte le organizzazioni non governative che ricevono finanziamenti esteri e che svolgono attività politiche debbano registrarsi come “agenti esteri”. Inoltre, per i partiti politici Russi è vietato farsi sponsorizzare o svolgere qualsiasi tipo di affari, o forme di partnership con organizzazioni non governative distinte dallo status di “agente estero”.

Questo rende la possibilità di “rivoluzioni colorate” alimentate da finanziamenti esteri parecchio pià difficile a materializzarsi. E mi sembra scontato dirlo, ai neoconservatori qeusta legge non piace affatto:

“ La legge di Putin sugli “agenti esteri sta distruggendo alcune delle migliori organizzazioni civili in Russia “http://t.co/fyAeyqUSa2

— Anne Applebaum (@anneapplebaum) Febbraio 16, 2015

I piani neoconservatori per un cambio di regime in Russia cercano di fare leva sulla crisi Ucraina e sul conflitto Siriano. Possiamo ricondurli indietro fino al 2003 quando iniziò a essere chiaro che Putin non aveva intenzione di fare compromessi sugli interessi nazionali legittimi della Russia, a differenza del più malleabile Boris Yeltsin. Il primo presidente post’perestrojka infatti se ne stette a guardare con una bottiglia di wodka in mano (e bustarelle nelle tasche..) mentre fuori casa la NATO bombardava illegalmente la Jugoslavia e dentro casa oligarchi appoggiati dalle potenze militari Occidentali saccheggiavano la Russia, con l’impoverimento rapido e drastico di milioni di persone come risultato del processo.

Come ho sostenuto in un editoriale precedente, il punto di svolta furono le azioni decise contro gli oligarchi corrotti con fortissimi legami con l’occidente.
Ricostruire l’economia ed innalzare gli standard di vita dei normali cittadini Russi richiedeva necessariamente una azione forte contro determinati oligarchi, che avevano saccheggiato le loro vastissime fortune durante gli anni di Yeltsin. Tali oligarchi, come Boris Berezovsky o Michail Khodorkovsky godevano di sostenitori potentissimi in Occidente. Come ho esposto in un articolo per il New Statesman nel Novembre 2003, neoconservatori molto influenti in USA, collegati agli oligarchi Russi, coglierono l’occasione dell’arresto di Khodorkovsky per frode ed evasione fiscale per spingere verso un inasprimento delle politiche USA verso Mosca.

All’arresto seguirono domande neoconservatrici di sanzioni contro la Russia, richieste poi ripetute all’infinito durante gli anni successivi. Tale crociata anti-Putin si è poi gonfiata a dismisura, raggiungendo un ulteriore livello di gravità, a partire dalla temerarietà di Putin nell’intervenire a bloccare le macchinazioni per un “cambio di regime” in Siria.

Nel suo articolo “come la guerra alla Siria si perse per strada”, l’ex ufficiale CIA Ray McGovern riferisce di come si trovo nello stesso studio della CNN con i due ultrafalchi militaristi Paul Wolfowitz e Joe Lieberman, poco dopo che i piani USA del 2013 per bombardare la Siria furono abbandonati.

McGovern descrisse l’atmosfera come “da funerale”.
“Mi sentivo a una veglia funebre con gente sobriamente vestita, senza cravatte color pastello, che si commiserava per il recente decesso della tanto amata guerra”.
Non apppena dopo che Damasco riuscì così a risparmiarsi i bombardamenti aerei, una megaondata di attacchi anti-Russi inizio ad inondare i mass media dell’elite. Il neoconservatore della “sinistra” Britannica, che nel 2012 scrisse un articolo intitolato “la Russia stra prendendo i democratici europei per il culo”, si lamentò che Putin aveva fatto passare Obama per “un imbroglione al soldo dei conservatori”.

Pensieri simili a quelli di Michael Weiss, che, scrivendo per la ultra-neoconservatrice Henry Jackson society nel 2012 “rimproverò” l’amministrazione Obama per “inisistere ancora a ingraziarsi il Cremlino” dopo due veto consecutivi della Russia al tentativo di fare passare una risoluzione presso il consiglio di sicurezza ONU di “condanna del regime Assad”.

Allora l’Ucraina è stato il terreno dove i neocons hanno cercato vendetta per il blocco delle loro intenzioni bellicose in Siria. Come ho sostenuto in un altro precedente editoriale su RT: “Il cambio di regime a Kiev sotto sponsorizzazione USA, in presa in cui Victoria Nuland, del dipartimento di Stato, moglie del cofondatore del think’thank “progetto per il nuovo secolo Americano”, ha giocato un ruolo chiave, ha finalmente consentito ai falchi di mettere le grinfie su quello a cui da un decennio aspiravano: il sanzionamento della Russia. La politica del pugno duro contro la Russia per cui facevano pressione da un decennio è finalmente la linea ufficiale degli USA e dei maggiori stati Europei. La demonizzazione del presidente Putin in Occidente è ormai mainstream”.

I neocons contavano sulle sanzioni per scatenare proteste di massa conrto il governo Putin. Ma , come possiamo osservare dai sondaggi, è successo semmai il contrario e Putin è più popolare che mai. Fare i bulli contro la Russia non ha sortito altro effetto che rendere la popolazione Russa più determinata che mai a opporsi a quello che i falchi occidentali vorrebbero.
La domanda adesso è, che cosa faranno i neoconservatori a questo punto? Ci sono pressioni per sanzioni ancora pià aspre alla Russia, fino al punto di una esplusione dal sistema bancario SWIFT, un esempio:

@b_judah Bandire le banche Russe dal sistema SWIFT. Rispediamo la Russia al medioevo, lasciamoli a minacciare l’Occidente con arco e frecce!

— shay culligan (@shaymultimedia) March 24, 2015

In Febbario, un editoriale intitolato “Niente pià concessioni” sul Times, proprietà di Rupert Murdoch, il più estremo tra i quotidiani neoconservatori linea’dura Britannici, dichiara il suo supporto per “sanzioni più dure di quelle già in essere”. Nel frattempo Victoria Nuland ha avvertito pochi giorni fa che “il costo per la Russia salirà” se aumenta la violenza a Donetsk e Lugansk, anche se chiaramente la violenza su iniziativa di Kiev, o tra Kiev stessa e “il settore destro”, quella non conta.

In ogni caso il problema della Nuland e del London Times è che gli stati Europei invece sono al contrario ansiosi di alleggerire le sanzioni, siccome le loro già compromesse economie stanno soffrendo a causa delle controsanzioni del Cremlino.

Quanto a lungo ancora le maggiori compagnie dell’Europa occidentale consentiranno che i loro profitti siano danneggiati da un pugno di estremisti politici con una ossessione per eliminare Putin dal governo? E quanto a lungo ancora i governi europei accetteranno di sottoscrivere una politica di sanzioni palesemente contraria agli interessi nazionali?

C’è che sostiene che i neocons non si farebbero scrupoli a scatenare la guerra pur di averla vinta loro sulla questione.

“La pià risoluta spinta guerrafondaia nel 2015 arriva da neoconservatori e vari interventisti che vogliono uno scontro diretto anti-Putin e un cambio di regime in Russia ad ogni costo”, avvisa il commentatore paleoconservatore Americano Patrick J. Buchanan qualche mese fa.

Sicuramente durante i periodi di conflitto a fuoco più accesi in Ucraina è sembrato proprio che tutto quello che alcuni, in Occidente, desideravano fosse una escalation definitiva: “Bisogna fermare Putin, e a volte per fermare qualcuno armato di pistola occorre avere una pistola!” era il titolo di un articolo sulla linea guerrafondaia firmato Timothy Garton-Ash, articolo in cui incensava di lodi il guerrafondaio seriale Sen. USA John McCain, meritevole di aver operato decise pressioni sul Congresso per il passaggio dell’ “atto di sostegno alla libertà Ucraina”, che consistette in pratica nell’autorizzazione a rifornire il governo Ucraino di armamenti.

Vale la pena di notare, però, che hai conservatori piace attaccare i paesi deboli, non certo quelli forti. Iraq si è beccata l’operazione “Shock and awe” (“sciocca e sorprendi”) non perchè aveva armi di distruzioni di massa, ma casomai perchè non ne aveva! La Libia era vulnerabile perchè le sue difese erano deboli e Muhammar Ghedddafi aveva tempo prima decommissionato le sue armi ad alto impatto. Russia, tutt’al contrario ha un arsenale nucleare enorme, armi convenzionali allo stato dell’arte, e 771.000 soldati in servizio permanente attivo.

Un attacco diretto alla Russia su istigazione neocon è un evento improbabile, ma non possiamo sentirci di escluderlo al 100%, visto il cieco fanatismo del genere di gente di cui stiamo parlando. Lo scorso Dicembre, Robert Parry ha scritto proprio delle caratteristiche di patologia mentale del progetto di cambio regime forzato istigato dai neocon per fare cadere Vladimir Putin:

“Assistiamo ad un tipico processo passo dopo passo verso un sovvertimento di regime per mano neocon, in quanto il demonio straniero bersagliatocontinua a rifiutarsi di compiere i ragionevoli passi indietro dettati da Washington e quindi va affrontato, non importa il livello di escalation necessario, nel modo più severo possibile a forzare il demone a farsi da parte, possibilmente facendo soffrire il suo popolo finchè queste sofferenze non aprano gli spazi per il cambio di regime desiderato”

Perry ha messo in guardia che addirittura il futuro del pianeta era a rischio, se questi “sforzi occidentali” per il cambio di regime in Russia fossero proseguiti ad oltranza.
L’anziano giornalista pluripremiato John Pilger ha ammonito di un “nuovo Olocausto” se non si riuscirà a fermare il fanatisco dei guerrafondai seriali. “Quando l’uomo a Mosca era Boris Yeltsin, uno che mentre si ubriacava regalava pezzi della sua nazione agli Occidentali, tutto andava benissimo. Poi è arrivato Vladimir Putin a ristabilire la Russia come Nazione sovrana, e questo è il suo crimine”.

Pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato uno scritto dell’ex ministro degli esteri nel governo Yeltsin, Andrei Kozyrev, intitolato “cambio di regime in vista in Russia”, dove ha sostenuto che tale cambio di regime fosse “inevitabile, probabilmente imminente”. Ma sondaggi che mostrano un apprezzamento del leader al 90% non credo proprio che consentano di prendere questa visione per realistica.

Nonostante tutti gli sforzi titanici ed ossessivi, forzare un cambio di regime a Mosca è una questione troppo grossa per essere alla portata persino dei neocons. I Russi sicuramente possono desiderare tutto meno che essere rispediti al 1990 e ovviamente non accetterebbero mai un pupazzo verificato e certificato dai neocon come presidente. Inoltre la Russia è preparata tecnicamente e psicologicamente a difendere se stessa semmai l’incubo della guerra dovesse per forza materializzarsi. E se avete qualche dubbio al riguardo, andate a rivedere i filmati della parata per il giorno della vittoria nella grande guerra patriottica.

Infine, come possiamo mettere termine a questa “nuova guerra fredda? Non sta alla Russia cambiare atteggiamento, dal momento che non ha fatto niente di sbagliato o avventato, ma certamente a questi cosiddetti neoconservatori Occidentali….Ma quale parte della parola NYET! Non riescono a capire?

tratto da: (clicca qui)

 

 

Pubblicazione1

 

 

 

di Luciano Lago

 

“Ogni paese ha politici che si merita”, questo un vecchio detto, giudicato anche un luogo comune ma che per l’Italia ha una sua valenza storica, viste le condizioni disastrate in cui si trova il nostro paese.

 
A proposito di presidenti della Repubblica, massima carica delle Istituzioni, abbiamo avuto in questo paese dei presidenti, a nostro giudizio indegni, come l’ultimo Giorgio Napolitano che ne è stato il miglior esempio, i quali avrebbero dovuto essere messi sotto inchiesta per come hanno consentito la violazione delle norme costituzionali, in particolare quella che riguarda la sovranità nazionale (art. 1, “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”) , dimostrandosi proni e servili a tutte le direttive che sono venute dall’esterno (dalla Troika europea o da Washington) anche quando si è trattato di far scendere il nostro paese in guerra contro i suoi stessi interessi nazionali (operazione della NATO in Libia) in barba alla costituzione (art. 11.” l’Italia bandisce la guerra come mezzo per la risoluzione delle crisi internazionali») .

Ci sono invece altri paesi in Europa, piccoli ma con grande senso della propria storia e della propria identità nazionale (quella che manca in Italia), come ad esempio la Repubblica Ceca,dove è stato eletto un presidente, Milos Zeman, che dimostra di non volersi piegare a nessun potere e che parla dicendo le cose come stanno, evitando la stucchevole retorica e la propaganda che caratterizzano i discorsi dei presidenti in Italia.

Anche nella Repubblica Ceca viene avvertito il problema dell’immigrazione clandestina ed è interessante ascoltare le dichiarazioni del presidente Zeman in proposito:

“Di questo grande afflusso di rifugiati e di clandestini illegali verso l’Europa sono responsabili gli Stati Uniti ed i paesi europei che hanno partecipato nella esecuzione dei piani dementi attuati in paesi come l’Iraq, la Libia e la Siria, ha dichiarato ieri il presidente Milos Zeman.

 
“L’attuale ondata di immigrazione (in Europa) è sorta a causa della idea demente di invadere l’Iraq, dove presumibilmente (secondo gli USA) si immagazzinavamo grandi armi di distruzione di massa, ma alla fine non si è trovato nulla del genere. Questa ondata deriva anche a causa dell’idea pazza di voler restaurare l’ordine in Libia e successivamente in Siria”, ha segnalato Zeman nel corso di una intervista al giornale ceco, “Blesk”.
“Come risultato di queste azioni, sono venuti fuori in quei paesi regimi di terroristi che in ultima istanza hanno spinto l’attuale flusso incontrollato di immigranti illegali in Europa”, ha aggiunto il presidente Zeman.

“La responsabilità di tutto questo ricade non soltanto sugli Stati Uniti ma anche sui paesi dell’Unione Europea che hanno dato il loro assenso nel partecipare a queste operazioni belliche insensate, come avvenuto in Libia”, ha ricordato il mandatario ceco.

Da considerare che, alla fine di Giugno, centinaia di cittadini cechi sono scesi in strada nella città di Brno per protestare contro la politica migratoria della UE e gli attivisti si sono mostrati contrari ad attuare le politiche migratorie di accoglienza per quote dettate dalla Commissione Europea.

Il presidente ceco Zeman è lo stesso che, due mesi addietro, in occasione di una sua visita programmata a Mosca per presenziare ai festeggiamenti per i 70 della vittoria della Russia nel secondo conflitto mondiale, aveva cacciato dalla residenza presidenziale l’ambasciatore statunitense, Andrew Schapiro, che era venuto a suggerigli “di non recarsi in Russia” per uniformarsi alle decisioni sanzionatorie di Washington.

In quell’occasione Zeman aveva dichiarato: Qualcuno potrebbe immaginare il nostro ambasciatore a Washington mentre porge “raccomandazioni” a Washington per il presidente Obama sul dove deve o non deve recarsi in visita? Si è domandato Zeman, citato da Radio Praga.

“Non permetto a nessun ambasciatore straniero di interferire nelle mie visite pianificate.”

 

tratto da: (clicca qui)

 

 

Il presidente della Repubblica Ceca polemizza contro la grossolana ingerenza di Washington

 

6 aprile 2015

Il presidente della Repubblica Ceca, Milos Zeman, ha rifiutato oggi di ricevere l’ambasciatore statunitense Andrew Schapiro, con il quale ha avuto una discussione circa l’opportunità di una sua visita a Mosca per assistere alle celebrazioni per il giorno della Vittoria.

“Le porte del Castello di Praga (sede della Presidenza) sono chiuse per Schapiro”, ha dichiarato il capo di Stato, il quale ha condannato i tentativi degli Stati Uniti di immischiarsi nei fatti del suo paese.
Qualcuno potrebbe immaginare il nostro ambasciatore a Washington mentre porge “raccomandazioni” a Washington per il presidente Obama sul dove deve o non deve recarsi in visita? Si è domandato Zeman, citato da Radio Praga.

“Non permetto a nessun ambasciatore straniero di interferire nelle mie visite pianificate.”

Questa dichiarazione è stata fatta da Zeman dopo che in un intervento alla Tv pubblica l’ambasciatore degli Stati Uniti in Repubblica Ceca Andrew Schapiro aveva criticato la prevista visita del presidente ceco a Mosca per celebrare il 70° anniversario della vittoria sulla Germania nazista.

Il diplomatico nordamericano aveva considerato “poco perspicace” un viaggio di Zeman a Mosca per assistere, per il prossimo 8 e 9 di Maggio, alle cerimonie per il trionfo della Grande guerra Patriottica, nello stimare che questo avrebbe potuto screditare l’atteggiamento dell’Occidente circa l’Ucraina.

I media della stampa locale ricordano che in Febbraio del 2014 si è installato a Kiev un governo ultra nazionalista, dopo un colpo di Stato appoggiato dai neo nazisti, che da un anno ha lanciato una “operazione castigo” contro la popolazione insorta nel sud Est ucraino.

Inoltre Zeman si è pronunciato contro le sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea contro Mosca per la sua posizione di denunciare il governo golpista, di voler appoggiare la sovranità della Crimea e la causa degli insorti ucraini del Donbass.

La cancelleria russa ha salutato l’atteggiamento preso da Zeman ed ha ringraziato la sua lealtà alla memoria dei soldati caduti durante la II Guerra Mondiale nella lotta contro il nazismo.

A Kiev, al contrario, il governo sta cercando di equiparare il nazismo con il comunismo, dopo aver reso illegale l’unico partito di questa tendenza in questa nazione, esaltare i gruppi neonazisti ucraini (Pravy Sektor ) ed includerli nella Guardia Nazionale riformatasi da poco.

tratto da: (clicca qui)

 

 

 

 

Sta emergendo un’alleanza fra i “Fronti di Liberazione Nazionale” europei, per vendicare la sconfitta della Grecia

 

Pubblicazione1

 

 

 

di Ambrose Evans Pritchard

 

Redazione: è difficile capire come possa avere un futuro un’Unione Monetaria tenuta insieme dal potere giudiziario, dalla coercizione e dalla paura. Ma non è la fine della storia. Per “Podemos”, la lezione un po’ leninista che si può trarre dalla Grecia, è che le forze rivoluzionarie devono mostrare il pugno di ferro, la Spagna non sarebbe trattata meglio della Grecia. Per l’Italia la situazione è peggiore di quella del “decennio perduto” giapponese. Ma Fassina e Grillo …

 

Siamo arrivati a questo! Il primo Ministro delle Finanze di un paese dell’Eurozona ad aver elaborato un “piano d’emergenza” per l’eventuale uscita dall’Eurozona è stato posto sotto inchiesta, con l’accusa di “tradimento”.

Il Procuratore Capo della Grecia sta esaminando le accuse (di tipo penale) nei confronti dei cinque componenti del “gruppo di lavoro” costituitosi presso il Ministero delle Finanze del paese, colpevoli di aver progettato un “Piano B” – ovvero un sistema parallelo “per creare liquidità e finanziare il sistema bancario greco (entrambi in euro)”, che avrebbe potuto portare, in extremis, ad una ritorno alla dracma.

E’ difficile capire come possa avere un futuro un’Unione Monetaria tenuta insieme fino a questo punto dal potere giudiziario, dalla coercizione e dalla paura, in uno degli Stati più antichi d’Europa.

La criminalizzazione di qualsiasi dibattito sul Grexit esclude che ci possa essere un ordinato ritorno alla dracma, anche se è molto probabile (per molti quasi certo) che l’ultimo pacchetto di prestiti concessi dall’UEM alla Grecia si riveli impraticabile, portando alla fuoriuscita del paese dalla “moneta unica” entro un anno. È una pura questione di logica, siamo davanti alla follia.

Il quotidiano Kathimerini – la voce dell’oligarchia greca – ha scritto che le accuse comprenderebbero “la violazione del dovere [d’ufficio], la violazione delle leggi valutarie e l’appartenenza ad un’organizzazione criminale”, ma anche la violazione della privacy sui dati fiscali, illegalmente sottratti dal data-base della Grecia.

Il Procuratore Capo sembra che abbia agito dopo la denuncia di un avvocato, che ha accusato Yanis Varoufakis di “tradimento”. Niente più che un tentativo per distruggere il mercuriale ex Ministro delle Finanze, per fare in modo che non possa tornare [alla vita politica] alla guida di una forza “vendicatrice”.

Il “Piano B” greco era stato approvato anche dal Primo Ministro Alexis Tsipras. Fu progettato, in origine, per creare una fonte alternativa di liquidità in euro, se la Banca Centrale Europea avesse tagliato i finanziamenti d’emergenza al sistema bancario greco.

Ed in effetti la BCE ha fatto esattamente questo – violando probabilmente il suo mandato, che è quello di garantire la stabilità finanziaria, agendo “ultra vires” [quando non si può invocare una limitazione della propria responsabilità] nei riguardi di un movimento puramente politico, come “agente esecutore” dei creditori – quando il governo Syriza ha lanciato il “guanto di sfida”, indicendo un referendum anti-austerità.

Il Sig. Varoufakis insiste nel dire che il suo piano era basato sullo schema “IOU” [dei pagherò] applicato dalla California nel 2009 per coprire gli oneri per gli sconti fiscali e per pagare gli appaltatori, quando la liquidità andò a prosciugarsi dopo la crisi della Lehman.

Il suo scopo era quello di reflazionare l’economia greca restando all’interno dell’Eurozona, non quello di lasciarla. Questo piano, tuttavia, aveva una potenziale doppia funzione, ed è lì che si trova il presunto tradimento. Egli ha detto, in effetti, che “… la liquidità poteva immediatamente essere convertita in nuove Dracme”.

Pablo Iglesias, il leader “dai capelli a coda di cavallo” del movimento spagnolo Podemos, ha tratto le sue conclusioni dopo aver visto che il primo governo della sinistra-radicale europea dei tempi moderni è stato messo in ginocchio prima dalla negazione della necessaria liquidità [al sistema bancario greco], e poi dalle forze eurofile interne.

Ha accusato la Germania di aver imposto alla Grecia un’occupazione di tipo cartaginese, come punizione per aver osato promuovere un referendum, e ha avvertito al contempo che sono ormai brutalmente chiari “i limiti della democrazia in Europa”.

La lezione da imparare, quindi, è che se Podemos vuole andare al governo [in Spagna] dovrà affrontare una dura prova di forza (medir fuerzas). Dovrà quindi prendere il potere nel senso più ampio del termine.

Ognuno può interpretare questa dichiarazione come meglio crede, ma in queste parole c’è un pizzico di disprezzo leninista. Avvertono che Podemos potrebbe lanciare degli attacchi preventivi contro le posizioni, fra loro strettamente intrecciate, dell’establisment spagnolo, dei media, della magistratura, delle forze di sicurezza ed infine delle leve fondamentali dell’economia.

Il destino di Syriza ha chiaramente “avvelenato” la sinistra radicale. I paesi creditori dell’Unione Monetaria hanno dimostrato fin troppo chiaramente che, se scalciate il sistema, il vostro paese dovrà pagare un prezzo molto duro. E’ difficile spiegare, e non solo agli elettori spagnoli, com’è che il Sig. Tsipras abbia potuto accettare un draconiano pacchetto di richieste, dopo che questo era già stato respinto dal popolo greco con un referendum vinto a valanga, appena una settimana prima.

Podemos ha conseguentemente perso una parte del suo vantaggio elettorale, ed è sceso nei sondaggi al 17%, largamente staccato dal Partito Socialista. Ma sarebbe prematuro concludere che questa è la fine della storia. Il messaggio più profondo – che deve ancora entrare nella coscienza collettiva – è che nessun governo di sinistra può perseguire politiche sovrane all’interno dei vincoli dell’Unione Monetaria.

Il Professor James Galbraith della Texas University – che ha giocato un ruolo-chiave nei piani dei greci, e che ora è egli stesso sotto accusa – ha detto che l’esperimento portato avanti da Syriza nel corso degli ultimi cinque mesi ha dimostrato agli occhi di tutti che è impossibile per gli Stati periferici dell’UEM cambiare l’attuale regime politico con la sola forza delle argomentazioni – anche se le prescrizioni sulla deflazione del debito e la pressione fiscale sono state palesemente calamitose.

Parlando alla sinistra, il Prof. Galbraith ha detto agli elettori spagnoli di non illudersi sul fatto che avrebbero garantite delle condizioni migliori, solo perché il loro paese è più grande [della Grecia]. I creditori si sono dimostrati rigidi fino al fanatismo, insistendo sui termini esatti del loro memorandum, indipendentemente sia dalla scienza economica che dal buon senso.

Anche per la Spagna ci sarebbe lo stesso improvviso stop ai flussi di capitale, da parte delle banche private dell’UEM, che porterebbe allo stesso razionamento della liquidità (ad opera della BCE) ed alla stessa “corsa agli sportelli”, che terminerebbero con la stessa “spirale di morte”.

Personalmente, dubito che la sinistra-radicale in Spagna o in Portogallo potrà spazzare via gli altri partiti, nelle elezioni che si terranno alla fine di quest’anno, anche se è troppo presto per poterlo dire. Il paese sta vivendo una fase di ripresa congiunturale, e questo crea l’illusione di una ripresa duratura, anche se il disavanzo delle “partite correnti” sta di nuovo crescendo. La preoccupazione è su che cosa accadrà in occasione della prossima recessione globale, quando il popolo spagnolo scoprirà di non essere mai veramente guarito.

Per l’Italia, invece, il discorso è di un altro tipo. Non esiste alcun mini-boom. Il Pil è ancora dell’11% al di sotto del picco pre-Lehman. E’ sceso ai livelli del 2000. Si tratta di un qualcosa di molto peggiore del “decennio perduto” giapponese, o dell’esperienza italiana del 1930. E’ un qualcosa che non ha precedenti nelle grandi economie moderne, e deriva dall’irreversibile perdita di concorrenzialità del lavoro, che ha avuto luogo nei primi anni dell’Unione Monetaria.

Stefano Fassina, l’ex Vice-Ministro delle Finanze del Partito Democratico di Matteo Renzi, sta già proponendo una “disgregazione controllata dell’Eurozona”, per liberarsi da ciò che egli chiama il “mercantilismo neo-liberale imposto dalla Germania”.

Ha sostenuto che: “… siamo ad una svolta storica. La scelta sarà drammatica”. Ed ancora: “… Syriza ed il popolo greco hanno l’innegabile merito storico di aver ‘strappato il velo’ della retorica europeista”.

Evocando il linguaggio della guerriglia, il Sig. Fassina ha chiesto l’alleanza dei “Fronti di Liberazione Nazionale” di sinistra, che possa agire di concerto con tutti i “sovranisti” che si rifanno al “diritto democratico”.

Ed ha concluso: “Dobbiamo ammettere che la ‘sinistra’ ha perso la sua funzione storica a difesa della dignità e della cittadinanza sociale all’interno della gabbia neo-liberista della moneta unica. La sinistra è morta. Sono manifesti l’irrilevanza e la collusione dei Partiti Socialisti europei”.

Beppe Grillo, il leader del “Movimento Cinque Stelle” è tutt’ora una forza importante nella politica italiana. Egli è stato a lungo piuttosto equivoco sull’adesione dell’Italia all’euro. Disgustato dagli eventi in Grecia, ha lanciato a spron battuto un “Piano B” per il ritorno alla lira.

“E’ difficile difendere gli interessi del popolo greco in modo più distruttivo di quanto abbia fatto Tsipras. Pensando di poter spezzare il legame tra l’euro e l’austerità, ha finito per consegnare il suo paese nelle mani della Germania, facendone uno stato-vassallo”, egli ha detto.

Ed ha aggiunto che la lezione che se ne deve trarre è che l’Italia deve elaborare una propria linea politica, per evitare l’occupazione e la confisca neo-coloniale dei suoi beni nazionali. Deve preventivamente dichiarare guerra ai creditori e forzare l’uscita dall’euro alle proprie condizioni.

Questo riarmo ideologico è l’involontario risultato del rifiuto dell’Eurozona ad instaurare un qualsiasi modus-vivendi con Syriza, anche dove c’era molto terreno in comune. Erano così determinati a punire la Grecia, accusata di “lesa maestà”, da perdere completamente di vista il maggior interesse europeo.

Donald Tusk, Presidente di turno dell’UE, ammette che in gran parte dell’Europa sta prendendo piede uno stato d’animo pre-rivoluzionario, e lo ha confrontato con quello che portò alle alleanze sinistra-destra della fine del 1930: “… il gioco è sempre quello, prima delle più grandi tragedie della storia europea”, ha dichiarato al Financial Times.

Tuttavia, non è riuscito ad ammettere che la causa principale della rivolta populista è proprio la struttura deformata dell’Unione Monetaria, che ha portato a sei anni di disoccupazione di massa ed ha incubato questa nuova tragedia. Non ha nemmeno voluto ammettere che il “water-boarding” di 17 ore che ha avuto luogo a Bruxelles sul Sig. Tspiras, al quale egli stesso ha partecipato, è servito a perpetuare lo stesso circolo vizioso.

Così, ora, abbiamo un’Europa in cui la temperatura politica sta arrivando al punto di ebollizione, un’Europa dove le élites dell’Unione Monetaria si rifiutano di cambiare rotta e dove degli avvocati un po’ birichini inventano accuse penali contro chiunque osi esplorare una possibile via d’uscita dalla trappola.

Questa è una ricetta che porta alla guerra civile, in Europa.

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