A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali
Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”
La Grande Truffa – dalla 1° alla 10°parte La Grande Truffa – 11°parte
La Grande Truffa – 12°parte La Grande Truffa – 13°parte
La Grande Truffa – 14°parte La Grande Truffa – 15°parte
La Grande Truffa – 16°parte La Grande Truffa – 17°parte
L’emissione monetaria
LA GRANDE TRUFFA
Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale
19° parte
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Ora vediamo come avviene l’emissione monetaria con l’attuale sistema monetario.
Abbiamo bisogno di 100 milioni per costruire un nuovo ospedale.
Siamo costretti dalle regole scritte dagli Aguzzini internazionali a chiedere i soldi in prestito ai mercati privati, stampando e mettendo in vendita titoli di stato. Per avere 100 milioni dobbiamo dare in cambio un controvalore 100 in buoni del Tesoro più 6/7 milioni di interessi.
Spendiamo i soldi per costruire l’ospedale.
Arricchiamo la società di 100 milioni in valore immobiliare e altri 100 in liquidità. È però una illusione che dura poco.
Ai cittadini rimane l’ospedale, ma rimangono pure senza soldi perché devono restituire i 100 milioni avuti in prestito. Senza soldi ci saranno grosse difficoltà a far funzionare l’ospedale appena costruito.
La società inoltre è indebitata per sempre non essendo in grado di restituire i sette milioni di interessi, introvabili perché mai entrati in circolazione.
Il debito diventa inestinguibile, come già visto.
Per poter pagare gli interessi ed avere denaro in circolazione lo stato deve contrarre nuovi debiti.
Se lo Stato stampa e spende i propri soldi per costruire ospedali, scuole, ponti e autostrade, arricchisce continuamente la società con nuove infrastrutture e grandi immissioni di liquidità.
Quando invece deve prendere i soldi in prestito ad interesse, indebita sempre più la popolazione. Per far fronte a questo crescente debito inestinguibile, la società dovrà prima o poi obbligatoriamente subire il pignoramento (chiamato però privatizzazioni …) di industrie, ospedali e autostrade precedentemente costruite.
Il popolo sovrano indebitato e umiliato come un qualsiasi nullatenente.
Ma non è sempre stato il termine “sovrano” sinonimo di padrone e ricco proprietario di terre e castelli?
Non è forse il popolo italiano proprietario di terre e mari, laghi e boschi, strade e ponti, ogni genere di industrie e sfavillanti città piene di vita?
Ma allora, se siamo perennemente indebitati, dov’è l’inganno?
La moneta, invenzione e dono della mente umana per creare ricchezza, è stata trasformata dai Grandi Usurai in strumento di miseria e controllo.
Vi rendete conto della strabiliante potenza creatrice e distruttrice del denaro?
Vogliamo lasciarla in mano a sadici criminali?
Il primo compito dello Stato è perseguire il benessere dei cittadini.
Liberati, con la proprietà popolare della moneta, dall’angoscia del pagamento dei debiti, delle scadenze e dell’incertezza del futuro, le energie umane si rendono disponibili ad essere usate in campi più creativi come arte, studio e ricerca.
Di conseguenza, lotta serrata a fame, malattie e sofferenza, con vittoria scontata. Grazie unicamente al fatto che non dovremmo più pagare a degli Usurai disonesti i mezzi di scambio necessari a far girare l’economia.
La ricostruzione immediata della città dell’Aquila e del suo entroterra distrutti da un terribile terremoto, sarebbe una semplice formalità se lo Stato mettesse a disposizione il denaro di proprietà del popolo.
Si darebbe lavoro a migliaia di operai, imprese, fornitori di ogni genere di merci e la città potrebbe essere ricostruita in brevissimo tempo con nuove tecniche antisismiche, più moderna e più sicura di prima. L’economia della zona si rimetterebbe in moto a beneficio di tutti, mantenendo l’equilibrio tra nuovi beni prodotti (tutte le infrastrutture necessarie) e la liquidità di denaro immessa in circolazione.
Ma tutto ciò non è possibile nell’attuale sistema monetario nel quale le banche produttrici del simbolo vuoto, cinicamente pretendono di prestare al popolo, con la complicità della classe politica, il valore monetario.
Si rimette in scena la rappresentazione quotidiana: per avere quei quattrini ci si deve indebitare con gli istituti di credito, aumentare il debito pubblico e le tasse nel vano tentativo di tamponarlo.
Conclusione, non ci sono soldi per la ricostruzione: la grande menzogna.
Il teatro non si riempie per mancanza di biglietti.
Le luci dei riflettori dei media di proprietà si spostano su altre meno scomode attualità, il popolo abruzzese verrà abbandonato a se stesso e lo stato ancora una volta verrà meno al suo ruolo, avendo già da tempo consegnato agli Usurai, con la sovranità monetaria, ogni potere decisionale.
Rileggiamo attentamente le parole dei banchieri.
C’è, nascosta tra le righe, la chiave di lettura per la comprensione della storia dei popoli:
“ . . il governo fornirà il proprio denaro senza alcun costo. Ripagherà i suoi debiti e rimarrà senza debito. Avrà tutto il denaro necessario per mandare avanti il suo commercio. Diventerà prospero come non mai nella storia del mondo.”
Nessuno ci può più ingannare dicendo che mancano i chilometri per fare le strade.
Per portare a termine qualsiasi progetto è indispensabile la capacità tecnologica e la disponibilità di forza lavoro.
Il simbolo monetario è solo una formalità.
In presenza di persone disposte ad eseguire il lavoro, i soldi non possono mai mancare.
È sufficiente stamparli.
Sempre.
Tutto troppo bello per essere vero, ci deve essere qualche errore, c’è qualcosa che non va.
Sapete cosa c’è che non va?
Noi.
L’ho già detto, siamo ingenui come bambini, mantenuti ignoranti perché non c’è interesse che ci svegliamo dal nostro sonno profondo.
I Grandi Usurai, in materia monetaria, hanno su di noi lo stesso vantaggio intellettuale di cui noi godiamo nei confronti dei nostri bambini di cinque anni.
Siamo degli analfabeti, non comprendiamo la funzione del denaro.
Siamo da sempre abituati ad avere o dare qualcosa in cambio, quindi ci sembra impossibile che per costruire un ospedale da 100 milioni di euro sia sufficiente stampare le banconote e pagare gli operai mettendole in circolazione.
Se possiamo stampare 100 milioni in titoli di Stato, possiamo stampare pure 100 milioni in banconote. Il principio che garantisce il valore dei buoni del Tesoro, dà pure valore alla cartamoneta.
La verità è che l’educazione ricevuta ci rende prigionieri. Non ce ne rendiamo conto perché non vediamo sbarre intorno a noi.
È una gabbia mentale, non ne veniamo fuori perché non siamo consapevoli di essere prigionieri.
“Nessuno è più ridotto in schiavitù senza speranza di coloro che erroneamente credono di essere liberi”.
Goethe
Da sempre siamo abituati a pagare una infinità di tributi e a chiedere soldi in prestito: dal momento che siamo stati educati a considerare il denaro proprietà della banca, ci sembra giusto pagarle pure un interesse.
Se i soldi escono da un istituto di credito e dobbiamo pagare un interesse, tutto è normale; se li stampiamo noi ci spaventiamo, siamo increduli, c’è qualcosa che non quadra.
Sino a quando i soldi continueranno a venir fuori dalla banca, noi non riusciremo a venir fuori dalla gabbia.
Quindi il denaro si può semplicemente stampare a volontà?
Assolutamente no!
Il suo limite rimane la quantità di beni sul mercato. Il denaro in eccesso sulle merci è falso.
Solo quello corrispondente a merci e lavoro è denaro autentico.
La sua quantità deve essere in equilibrio con i beni esistenti sul mercato.
Entrando in circolazione sottoforma di pagamenti di lavoro svolto e di nuove infrastrutture costruite a beneficio della comunità, l’equilibrio tra beni e mezzi di scambio è mantenuto costante.
Il denaro non è la ricchezza.
La ricchezza risiede nel bene, che a sua volta ha più o meno valore a seconda dell’utilità che noi gli attribuiamo.
Il valore nasce nella nostra mente, è un concetto mentale.
Ci sono ancora dubbi sul fatto che siamo noi i creatori del valore monetario?
Che c’entrano con tutto ciò i banchieri internazionali, volgari falsificatori del simbolo monetario?
Capitolo XIII
EVASIONE FISCALE DELLE BANCHE CENTRALI?
Dopo aver assistito al momento magico della trasformazione della carta in denaro, impotenti di fronte alla contestuale sottrazione del valore monetario da parte della banca centrale ai danni del popolo, dobbiamo completare con ciò che ne consegue: la mancata dichiarazione del guadagno da signoraggio e della relativa tassazione del reddito.
Come ormai ben sappiamo, la moneta, oltre ad essere l’unità di misura del valore, è un mezzo di scambio introdotto per facilitare la circolazione delle merci.
È un credito che il portatore vanta nei confronti della società per delle merci già consegnate alla comunità, il “certificato di un lavoro svolto” di Ezra Pound.
Nello scambio con i titoli di stato, le banca centrale privata si impossessa di un valore che non le appartiene. Non ha fatto nessun lavoro che giustifichi un tale corrispettivo.
Cosa le permette di vantare un credito di tali proporzioni nei confronti della società?
Si limita a stampare su carta il simbolo del denaro, tipico lavoro tipografico remunerabile con poche migliaia di euro.
Esattamente come i falsari, che producendo banconote non originate da un lavoro, presentano alla società “un titolo di richiesta per ottenere beni reali e servizi” senza aver prima dato, così la banca emittente si impossessa di un valore sul quale non ha nessun diritto.
I falsari rubano alla comunità.
Ed i proprietari delle banche centrali ?
A chi sta sottraendo il sistema bancario questo potere d’acquisto?
Al popolo, naturalmente. Il produttore della ricchezza nazionale e, in quanto sovrano, unico depositario del diritto di produrre a titolo originario il valore monetario.
La popolazione si procura i soldi lavorando o indebitandosi, ed attraverso il prelievo fiscale consegna ai governi ormai ben oltre il 60% di ciò che ha guadagnato con il sudore della fronte.
Non riusciamo a pagare le tasse, anche per onorare le scadenze dobbiamo chiedere un prestito ai nostri aguzzini.
I nostri soldi dovrebbero essere utilizzati per pagare i servizi necessari alla comunità (assistenza sanitaria, istruzione, strade, trasporti, esercito e corpi di polizia etc etc.), ma questa è solo una grande menzogna.
Questi servizi li paghiamo parzialmente o totalmente con tickets, bolli vari, iscrizioni scolastiche ed universitarie, pedaggi autostradali, parcheggi, multe, sanzioni esagerate rispetto alle infrazioni commesse, biglietti aerei della “compagnia di bandiera” o dei “traghetti di stato” messi in piedi con i nostri soldi, bollette dell’acqua, una tangente chiamata Iva su qualsiasi acquisto.
Paolo Barnard, nel suo illuminante saggio “Il più grande crimine”(vedi in internet), dice giustamente che le tasse non sono destinate a pagare i servizi erogati dallo stato, ma servono per imporre l’uso della moneta adottata, obbligando i cittadini a procurarsela per pagare le imposte: tutto vero.
Io mi permetto di aggiungere che la funzione di gran lunga più importante e cinica del prelievo fiscale sia quella di togliere dalla nostra disponibilità quanto più denaro possibile per impedirci di godere di una qualche indipendenza economica.
La tranquillità economica è libertà, tempo libero, assenza di stress da lavoro, mente libera e leggera per pensare, approfondire e capire.
Tutte attività pericolose per l’elite dominante.
In tale felice naturale situazione la mente umana è messa in condizione di spaziare in tutti i campi del sapere e comprendere, direi istintivamente e senza grandi difficoltà, molto più dell’Universo che ci circonda e del quale siamo parte infinitesimale, dell’organizzazione della vita umana in società, ed i meccanismi assolutamente perversi del sistema monetario in particolare.
Tutti i popoli primitivi che noi siamo stati istruiti a chiamare selvaggi, avevano una loro spiccata spiritualità (quasi del tutto sconosciuta a noi presuntuosi portatori di civiltà) che vivevano in una quotidianità esente da stress e dalla schiavitù di un lavoro alienante.
Considerazioni fondamentali che avrebbero bisogno di molta più attenzione e spazio per essere affrontate e che rimandiamo quindi ad altre occasioni.
Tornando ai soldi, quelli per i servizi non bastano mai perché suppostamene impiegati in gran parte a pagare gli interessi sul debito inestinguibile generato da un inganno: la moneta presa in prestito.
Il prelievo fiscale garantisce il pagamento dei simboli vuoti stampati dalla banca emittente, restituisce la moneta emessa prestata al falso proprietario.
Nel nostro paese negli anni ’90, solo per pagare gli interessi sui titoli di stato si dovevano adoperare ben oltre il 30% delle entrate.
Nel 1993 a fronte di oltre 470 mila miliardi di lire di entrate, ben un 39%, oltre 182 mila miliardi, se ne andavano in interessi passivi.
Nel ’96: 559 mila miliardi di entrate, 206 mila di interessi passivi, equivalente ad un 36%.
Fonte di questi dati : relazione sulla stima del fabbisogno di cassa presentata da Ciampi al parlamento il 2 Aprile 1997, come precisato da Savino Frigiola nel suo “Alta finanza e miseria”.
Ed il capitale?
Non riusciamo a pagarlo, perciò si sta accumulando ed ha raggiunto cifre spaventose.
Viene continuamente rinnovato e spostato nel futuro.
Ma non per sempre. Ogni tanto qualche industria viene privatizzata (pignorata) nel vano tentativo di arginare il debito.
Nel frattempo il salasso monetario ormai insostenibile al quale siamo ingiustamente sottoposti ha la funzione di soffocare la nostra attività economica, ma lasciandoci un minimo margine per mantenerci in vita, onde poter pagare in eterno gli interessi.
Ricordate il nostro amico Gavino nella bella isola di Maldiventre?
Pagava gli interessi senza restituire il capitale, soluzione ideale per il banchiere.
In Italia siamo più o meno nella stessa situazione verso la quale Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale spingono i paesi poveri: concedono prestiti per cifre che non possono essere restituite da economie non certo floride, con l’unico obiettivo di renderli schiavi con la catena del debito.
Continueranno per sempre a restituire gli interessi senza poter mai saldare il debito del capitale.
Un eterno esproprio di risorse.
“Nel 1971 il debito pubblico, in Italia, era al 20% rispetto al PIL. Nello stesso anno caddero i patti di Bretton Woods. Ciò significa che lo Stato italiano da allora, decaduto l’obbligo della convertibilità monetaria, avrebbe potuto benissimo emettere la propria moneta …
Avrebbe incamerato il relativo signoraggio, la qual cosa gli avrebbe evitato d’indebitarsi in occasione delle nuove emissioni monetarie e di pagare ogni anno cifre astronomiche per i relativi interessi passivi.
Il danno derivato a tutti noi ed allo Stato, per non aver emesso direttamente la propria moneta (biglietto di stato a corso legale), ha fatto sì che il debito pubblico passasse dal 20% sul PIL nel 1971 al 120% nel 1994 (nel frattempo non risulta nessun investimento particolare), per poi attestarsi intorno al 105% negli anni Duemila, dopo aver svenato i contribuenti con salassi da cavallo, anche con il prelevamento forzoso sui conti correnti bancari personali dei privati cittadini (Governo Amato).”
Savino Frigiola, da “Alta finanza e miseria”
Pensate un po’, in venti anni il debito pubblico passa dal 20 al120%, mentre si sarebbe potuto annullare completamente se fossero state emesse banconote di stato senza nessun costo, come già avveniva con il biglietto da 500 lire.
Il debito pubblico è un falso problema se la moneta viene emessa da uno stato sovrano, padrone dell’emissione monetaria, a titolo originario.
Diventa un problema reale se, come succede oggi tra i paesi dell’unione monetaria europea che usano l’euro che non appartiene loro, devono rivolgersi alla Banca Centrale o al mercato dei capitali privati per averlo in prestito.
Così oggi 60 milioni di italiani risultano indebitati senza alcuna possibilità, con l’attuale sistema monetario, di venirne a capo.
Costretti a continuare a pagare imposte altissime solamente per far fronte agli interessi, senza riuscire a liberarsi del debito del capitale.
Oltre al danno, la beffa di essere presi in giro da politici logorroici che in televisione continuano a promettere che le tasse, in un futuro sempre più lontano, diminuiranno.
Il prelievo fiscale, mantenendo l’attuale sistema monetario, non potrà calare.
La cifra delle entrate dello stato proveniente dalla tassazione, in questi ultimi anni è sempre stata superiore alle uscite, quindi il bilancio statale si chiude con un avanzo primario. Ma quando poi la spesa per gli interessi, il cosiddetto “servizio del debito” (definizione virtuale, sfuggente), viene sommato alle uscite, si ha un deficit di bilancio che, cresciuto in maniera abnorme anno dopo anno, supera ormai il prodotto interno lordo di un anno dell’azienda Italia. Dal momento che lo Stato italiano non batte più moneta, questo debito pesa come un macigno sulla nostra economia, e si traduce in un costante incremento della pressione fiscale, una continua riduzione dei servizi, pochi investimenti produttivi in infrastrutture o spesa a beneficio della popolazione.
Neanche con la svendita sistematica di decine di grandi aziende messe in piedi nel dopoguerra con i soldi dei nostri padri, (portata avanti principalmente da Prodi, Amato, D’Alema con la consulenza della Goldman Sachs e regalate a multinazionali amiche) i nostri politici sono riusciti a ridurre l’enorme debito pubblico.
Del resto, ben altro era l’obiettivo da raggiungere.
Stranamente, la quasi totalità delle criminali svendite (assieme a pesanti manovre per il rientro del debito) attuate negli anni novanta sono state spinte in maniera sistematica da governi di sinistra, quelli di Prodi, Amato e D’Alema soprattutto.
Come mai?
Perché l’amara verità è che, contro ogni luogo comune politico trasmessoci dai media dei padroni, dalla caduta del muro di Berlino e dell’impero comunista sovietico la sinistra italiana è stata la complice meschina della Grande Usura mondiale.
Ha svenduto e ridotto in miseria il Bel Paese consegnandolo agli speculatori internazionali con l’accordo sul “Britannia” del 1992 (con Draghi protagonista), in coincidenza con la programmata e già ricordata svalutazione della lira con Ciampi governatore in carica della Banca d’Italia.
Un popolo confuso e ipnotizzato da tv e giornali succubi del capitale, sarebbe probabilmente sceso in strada se tali draconiane misure fossero state prese dalla destra capitalista.
Tutt’altro effetto è l’essere ingannati da una sinistra liberal.
Nel nostro immaginario collettivo “brainwashed” dal mondo dell’informazione indipendente, il tipo di sinistra è socialmente simpatico per via di tutta una serie di luoghi comuni che ci vengono da sempre sbolognati: è contro la guerra, contro la chiesa, contro il razzismo, contro l’inquinamento, la fame nel mondo e via dicendo. A favore della pace, dell’emancipazione femminile, dei diritti umani, del matrimonio gay, per la difesa del pianeta, l’Onu, le Ong e gli aiuti umanitari generosamente elargiti da miliardari sotto gli occhi delle telecamere.
Politicamente il nostro modello di sinistra può anche essere di centro, per accettare tutti i diktat del Vero Potere che ha voluto la dissoluzione degli stati sovrani e l’Unione Europea, che dà a noi sardi e ad altri abitanti del sud la “libertà” di trovarci un padrone per cui lavorare in Germania, Francia, Inghilterra e Paesi Bassi. Possiamo scegliere dove farci mettere le catene della schiavitù in una Europa finalmente senza confini.
In materia economica il nostro rappresentante di sinistra è ovviamente liberal, per le liberalizzazioni (disoccupazione, precarietà, stipendi da fame decisi dal capitale), per la globalizzazione (altra miseria), naturalmente a favore delle privatizzazioni, degli investimenti in borsa, della finanza creativa, della moneta debito della Bce.
È moderno, sorridente, connesso, cool.
Un Tony Bair, per intenderci.
Ecco, da uno così . . .
Riprendiamo il nostro cammino. Non c’è speranza di salvezza senza la proprietà popolare della moneta.
Ci troviamo ora senza i pezzi migliori dell’industria italiana ed il debito sempre superiore al prodotto interno lordo.
Quanto si è ricavato dalle privatizzazioni, e come sono stati impiegati quei quattrini?
Meglio non approfondire.
Oltre a sottrarre al popolo il valore dell’intera emissione monetaria nello scambio con i titoli di stato, la banca centrale compie un’altra “magia”. Riesce a far letteralmente sparire il reddito da signoraggio, praticamente l’intero ammontare dell’emissione del denaro.
Infatti apposta nelle scritture contabili giustamente all’attivo il valore dei titoli di stato ricevuti, ma erroneamente al passivo i 100 milioni di banconote in uscita nel nostro esempio.
La banca centrale pareggia l’attivo di 100 milioni di valore in entrata dei Titoli di Stato, con un fittizio passivo di 100 milioni delle banconote in uscita, come se quei soldi fossero in cassaforte prima dello scambio.
Chiudendo il bilancio in pareggio, occulta in nero un enorme reddito, non pagando un centesimo di tasse allo stato.
Con questo modo di tenere la contabilità, la banca centrale si ritiene di fatto proprietaria del denaro (perché agisce come se le banconote valessero 100 milioni già prima di uscire), nonostante, come abbiamo già detto, nessuna norma scritta in Italia stabilisca chi sia il proprietario del valore monetario al momento dell’emissione.
Vediamo di fare chiarezza sugli equivoci volutamente creati per ingannarci.
La banca emittente continua ad agire come quando, sino a pochi anni fa, stampava sulle banconote in lire la dicitura “Pagabili a vista al portatore”. Pagabili in che cosa, se praticamente dal 15 Agosto 1971 nessuna moneta è più convertibile in oro, ed in tutti i casi dal 1944 (Bretton Woods) solo gli stati, non certo i semplici cittadini, potevano chiedere (senza riuscirci) di convertire dollari nel metallo giallo?
Con tale equivoca dicitura la banca centrale voleva dare ad intendere che la banconota rappresentasse ancora una cambiale convertibile in oro, e quindi un titolo di debito nei confronti del portatore.
Dal momento che il prestare è prerogativa del proprietario, la banca centrale continua ad agire da padrona che presta al popolo 100 milioni gravati da interesse. Questo con i fatti.
A parole invece afferma (nel corso del giudizio civile promosso nel 1993 dal prof. Auriti contro Bankitalia) che “ i biglietti appena prodotti dall’officina di fabbricazione biglietti della Banca d’Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca Centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese “, e che “Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento successivo, in cui la Banca d’Italia li immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori”.
Il massimo dell’ipocrisia e della doppiezza meschinamente costruita per confonderci le idee.
Se, come dichiara a parole, i biglietti sono una semplice merce ed acquistano valore di moneta solo quando, immessi nel mercato (cioè consegnati a noi), la proprietà viene trasferita ai percettori, la Banca d’Italia ammette di non essere proprietaria del valore monetario.
Stando così le cose, dovrebbe segnare un valore in entrata di 100 milioni (i Bot), ed in uscita le poche migliaia di euro di “una semplice merce”.
La differenza è guadagno netto.
Pertanto non potrebbe chiedere un interesse per il prestito di un qualcosa che non le appartiene.
Per lo stesso motivo, questo qualcosa non può costituire un passivo.
continua……
Paolo MALEDDU