Oggi il TISA “ostruisce” la capacità normativa degli Stati per imporre la deregolamentazione che le lobby corporative esigono dai paesi negoziatori
La nuova soffiata di Wikileaks che “Publico” ha ottenuto in esclusiva in Spagna, prova che l’accordo sui servizi vuole imporre ai comuni, ai governi regionali e alle amministrazioni centrali, l’obbligo di informare gli altri paesi prima di approvare nuove normative che rientrino nel grande quadro di questa alleanza.
I cinquanta paesi che trattano il patto segreto TiSA aprono le porte dei servizi pubblici al settore privato. Nonostante le crescenti critiche alla politica commerciale della Commissione Europea, Bruxelles ha confermato la sua posizione nelle conversazioni sull’accordo che danneggerà praticamente tutti i servizi, da quelli postali fino ai trasporti, anche se l’Europarlamento esige che il TISA (Trade in Services Agreement) escluda i servizi pubblici. Tutto questo ha luogo in un’atmosfera di segretezza ancor più densa di quella che avvolge il TTIP.
La nuova rivelazione di Wikileaks mostra che le trattative hanno mantenuto, e indurito in alcuni aspetti, la linea resa pubblica da questo giornale nel giugno del 2015.
Uno dei documenti filtrati evidenzia l’obbligo degli stati di informare gli altri paesi, e quindi le loro imprese, prima di approvare normative che possano danneggiare i loro interessi commerciali. E, mentre alcuni stati in trattativa chiedono di delimitare questa imposizione, USA, Canada e altri esigono che si mantenga.
Questo danneggerebbe anche le misure prese di urgenza dai rispettivi governi, dato che non soddisferanno la clausola che obbliga a dare un “tempo ragionevole” al resto degli stati firmatari per fare commenti in base ai propri interessi o delle proprie imprese. Il TiSA impone che le parti abbiano “tempo sufficiente” per commentare, senza delimitare nessun periodo temporale concreto e stabilisce che gli stati “devono considerare” i loro apporti.
Se gli USA riusciranno a imporre la loro posizione, l’obbligo di dare conto al resto degli stati si applicherebbe “a qualsiasi livello di governo”, per il quale secondo gli esperti di Wikileaks, questo obbligherebbe fino al più piccolo comune a dover informare sulle proprie normative da approvare, per il suo possibile impatto negli interessi economici e finanziari degli investitori stranieri.
L’analisi dell’organizzazione che dirige Julian Assange avverte che il testo in questione “porta le trattative molto più in là degli aspetti legittimamente vincolati al commercio, arrivando in un territorio di una agenda politica profondamente liberalizzatrice.” Avverte che com’è contemplato oggi il TiSA “ostruisce” la capacità normativa degli stati per imporre la deregolamentazione che le lobby corporative esigono dai paesi negoziatori.
Tale documento è la bozza sul Regolamento Nazionale del giro di riunioni del 10 ottobre 2015, una versione attualizzata al febbraio dello stesso anno di cui questo giornale ha avuto accesso a metà dell’anno scorso.
Il sogno delle imprese
Nel marzo 2013, al momento dell’inizio delle trattative, l’allora vicepresidente della Coalizione delle industrie dei Servizi, Samuel di Piazza, affermò davanti al congresso degli Stati Uniti che il TiSA deve “modificare o eliminare regole”, come ricordano dall’organizzazione di Assange.
“Le bozze filtrate del TiSA rivelano che i lobbisti corporativi sono convinti che potranno cominciare la loro causa per deregolamentare”.
Nello stesso anno, la National Retail Federation statunitense chiese che l’accordo smussi le normative sulle misure dei locali e sugli orari di apertura e chiusura per ottenere “efficienze operative” e lavorare “relativamente liberi da normative governative”.
Normative meno “gravose del necessario”
Il quadro d’azione dell’accordo è enorme- dalle normative sul rilascio di licenze per prestare servizio, fino a, possibilmente, gli standard tecnici-, e in funzione di quale proposta avrà maggior appoggio, più duro sarà l’accordo finale.
L’accordo pretende accelerare i tempi per prendere quelle decisioni normative nelle quali bisogna contare con le opinioni del resto degli stati.
Una di quelle è impedire che le regolamentazioni siano “più gravose del necessario per assicurare la qualità del servizio”; un’altra è che siano basate su “criteri obiettivi e trasparenti” relazionati alla prestazione, mettendo così in secondo piano gli obiettivi ambientali e sociali.
Al momento di prendere delle decisioni, gli stati membri hanno un “periodo di tempo ragionevole”, senza “ritardi ingiustificati”.
Gli esperti di Wikileaks si domandano se dentro il “ragionevole” ci sia spazio ad esempio per uno studio di impatto ambientale, ma la risposta di nuovo dipenderà dalla proposta che si imporrà alla fine, o dal livello di ambiguità del linguaggio usato nel testo.
Alejandro López De Miguel
tratto da: (clicca qui)