La storia e la leggenda
La vicenda di Sant’Efisio è stata più volte ricondotta a una mera leggenda, pur se il diffuso sentimento religioso dei sardi e dei cagliaritani in particolare ha resistito nel corso dei secoli ad ogni tentativo revisionista. Nonostante la scarsità dei riscontri documentali, la tradizione vuole che Efisio, figlio di una famiglia aristocratica di Elia (Gerusalemme) e capitano dell’esercito imperiale romano, venne inviato in Italia per combattere i cristiani. In seguito a una visione notturna in cui gli apparve la croce, Efisio si convertì al cristianesimo e giunto in Sardegna rifiutò l’abiura, tanto che il governatore decise di farlo giustiziare a Nora: il 3 gennaio del 303 d.C. Efiso fu decapito ed è proprio sul luogo dell’esecuzione che fu poi eretta una chiesa dove il santo fu sepolto.
La tradizione della festa di Sant’Efisio nasce alla metà del ‘600, quando scoppiò in Sardegna una terribile epidemia di peste che in quattro anni decimò la popolazione. I consiglieri di Cagliari, dove il morbo provocò diecimila morti, invocarono l’intercessione di Sant’Efisio affinché salvasse la città. Così nel maggio del 1657, finita l’epidemia, i cagliaritani tennero fede alla promessa e condussero il simulacro del santo in processione da Cagliari a Nora, dove era avvenuta la decapitazione. Da allora questa è la data che viene riconosciuta come anno d’inizio della secolare festa
Nella celebrazione della festa di Sant’Efisio il 1° maggio fede e folklore, sacro e profano, si intrecciano. Nel giorno della festa tutta la Sardegna si ritrova idealmente a Cagliari, unendosi a migliaia di turisti che scoprono ammirati in questa celebrazione una delle più autentiche manifestazioni della devozione popolare.
Dalla chiesetta del quartiere Stampace dove la statua del santo viene custodita, si muove dapprima una sfilata colorata e festante: al suono delle “LAUNEDDAS” intere famiglie provenienti dalle pianure del Campidano sfilano in costume su “IS TRACCAS”, carri stracolmi di utensili della vita quotidiana, addobbati con coperte tessute a mano e tappeti e tirati da buoi adornati di fiori e ghirlande. Poi è la volta delle decine di rappresentanze dei paesi e delle comunità della Sardegna, con donne, uomini e bambini vestiti negli abiti tradizionali e ricoperti dei preziosi gioielli dell’artigianato orafo sardo, i quali sfilano intonando canti e preghiere.
E’ solo dopo questa lunga sfilata folklorica che inizia la processione vera e propria , quella in cui la devozione popolare raggiunge il suo culmine con l’uscita del cocchio che contiene il simulacro di Sant’Efisio. A precederlo però è ancora una volta un personaggio decisamente profano, l’Alter Nos, il consigliere comunale delegato dal sindaco a sciogliere l’antico voto della città. La figura dell’Alter Nos ruba ancora la scena al santo: si presenta a cavallo, vestito come un uomo dell’Ottocento con frac, cilindro e marsina e indossa le insegne del potere municipale, ossia la fascia tricolore e il “Toson d’oro”. Finalmente la statua del santo, circondata dai devoti in preghiera, inizia il suo percorso verso Nora. Attraversata via Roma su un tappeto di petali, “SA RAMADURA”, e salutato dalle sirene delle navi alla fonda, il santo torna verso il luogo del martirio in un’atmosfera diversa, meno colorata e più intima, dove prevalgono i momenti di devozione e preghiera. Alcune centinaia di uomini e donne accompagneranno il santo nei tre giorni seguenti nel suo lungo percorso, fino all’arrivo a Nora e al ritorno a Cagliari.
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