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A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

 

 

 

 

 

 

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo. 

Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate. 

Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.

C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi. 

Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.” 

Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

La Grande Truffa – dalla 1° alla 20°parte                         La Grande Truffa – 21°parte

La Grande Truffa – 22° parte                                        La Grande Truffa – 23° parte

 

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

24° parte

 

 

…………………….

I problemi iniziarono a sorgere quando i metalli assunsero un valore nominale, fittizio, non corrispondente ma superiore a quello del suo peso.

Quando il sovrano, l’imperatore romano od il signorotto locale fondevano le monete d’oro per poterne poi coniare un numero maggiore con la stessa quantità di metallo, più leggere ma con lo stesso valore nominale delle precedenti, in pratica creavano nuovo potere d’acquisto, rubandolo a quelle già esistenti. Svalutavano il valore di ogni singola moneta, aumentate di numero e valore complessivo, senza un aumento corrispondente delle merci da scambiare.

Con la cartamoneta a valore nominale, il problema si ingigantisce, esplode.

La fede di deposito emessa dall’orafo aveva valore creditizio, certificava un valore custodito come riserva, l’oro o l’argento, che garantivano il valore della promessa cartacea.

Ma le ricevute che eccedevano il valore della riserva si basavano solamente sulla fiducia, non essendo coperte dall’oro. Avevano un valore fiduciario, ed erano in realtà falsa moneta.

I buoni ordinari del Tesoro hanno anche essi un valore fiduciario, reso certo però dal lavoro e dalle proprietà di un intero popolo, e dalla forza della legge che verrà impiegata per espropriare immobili o altri beni ai cittadini che non potranno pagare le tasse con denaro.

L’odierna banconota in euro dal costo nullo ed a valore nominale, è anch’essa moneta fiduciaria. Una fiducia molto mal riposta, come ben sappiamo.

 La cartamoneta continua a essere spacciata come moneta a valore creditizio, nonostante non esista più nessuna riserva aurea.

I banchieri, prestandolo ad interesse al popolo grazie alla complicità della classe politica, si appropriano ingiustamente del valore monetario.

Spacciandosi per proprietari, emettono la banconota come un prestito con interesse concesso al richiedente, essendo il prestare prerogativa di chi possiede il bene.

La banconota nasce quindi come credito del banchiere e come debito del ricevente.

La moneta è la manifestazione di un debito.

 

Essendo in questo malvagio sistema monetario il debito inestinguibile, la moneta rappresenta di fatto la catena che ci lega al padrone.

Lo strumento che rende il banchiere padrone e noi schiavi.

Il mezzo di scambio trasformato in mezzo di controllo.

 

Vorrei farvi leggere alcuni brani estratti dalle opere di Giacinto Auriti e Francesco Cianciarelli, assolutamente indispensabili per capire a fondo l’essenza del segreto del valore nominale della moneta cartacea a costo nullo. Non prima di richiamare la vostra attenzione sul mamrè: leggendo il settimo versetto dell’estratto del Deuteronomio (quinto libro del Pentateutico, Antico Testamento) riportato, risulta evidente come l’aiuto generoso ed il prestito al fratello bisognoso sia praticamente un obbligo imposto dalla religione. Il mamrè non è altro che il riconoscimento scritto, emesso dal ricevente in favore del donatore, di un prestito ricevuto, un debito contratto. Un debito più che altro simbolico, effimero, dal momento che verrà condonato, e che trova origine in un lodevole atto di carità.

La moneta nasce come atto di amore e solidarietà, caratteristiche che le sono proprie, ma che purtroppo perderà presto a causa della perversa manipolazione operata dal banchiere.

 

Da “Le origini storiche della moneta e la sua influenza nelle vicende umane” del prof. Cianciarelli:

 

“Il più antico documento, antenato della nostra cartamoneta, è il mamrè di cui si parla diffusamente nella Bibbia, al libro di Tobia. Il mamrè costituiva il vero “strumento monetario” degli Israeliti la cui “emissione” era affidata alla sensibilità “religiosa” ed alla responsabilità dei singoli credenti, ed era protetto e sostenuto da una “solidarietà creditizia” che si estendeva a tutto il Popolo di Dio.”

 

“Al <debito dotato di potere di circolazione senza bisogno di girata>, la Bibbia non dedica alcuni versetti ma un intero libro, tanto era importante la <istituzione dello strumento monetario> e non ne parla in forma astratta, ma con un linguaggio semplice e chiaro, comprensibile a tutti. La istituzione del mamrè viene trasmessa di generazione in generazione come mezzo per attirare su di sé le benedizioni divine, l’esercizio della carità; il dono e il prestito senza interesse sono la fonte della vita che libera dal male.”

“La “dottrina sociale monetaria” di Mosè è contenuta nel Deuteronomio e si fonda essenzialmente su tre principi:

  • Tutti i credenti in Dio debbono farsi reciprocamente tra di loro “prestiti” senza “interesse”, nella misura delle loro necessità.
  • Il “prestito” ha una vita effimera: ogni 7 anni viene annullato, anche se non è stato pagato (= anno sabbatico).
  • Nessun credente può fare immagini di Dio, né intagliate, né incise, né stampate, né su pietra, né sui metalli. I metalli preziosi possono essere usati come merce e non come moneta. Da queste tre premesse scaturisce un quarto principio: “Poiché i credenti in Dio tra loro debbono farsi “credito”, nella misura della loro necessità, qualsiasi “debitore”, in qualsiasi momento, avrebbe potuto estinguere il proprio “debito” col ricavo di un “nuovo” debito contratto verso un “nuovo” creditore. Per cui il Comandamento di Mosè rendeva impossibile l’insolvibilità del debito; ed inoltre, a conseguenza dell’impossibilità di “coniare” monete in metalli preziosi, si faceva necessariamente ricorso ad un’altra moneta. Questa moneta era formata “dalle ricevute di credito” che rilasciavano i debitori; esse circolavano senza bisogno di “girata”, ed erano chiamate mamrè : l’antenato della nostra carta-moneta.

Il mamrè è nato come un “perfetto” strumento di carità e fratellanza. Il Comandamento “creditizio” ha istituito un “patto” ben preciso tra Dio ed il Suo popolo che mediante questo strumento ha ottenuto una particolare “struttura sociale”, unica nella storia antica, perché in sostanza le aveva dato la “struttura” di una “Cooperativa Creditizia”, e la possibilità di creare dal nulla una moneta nominale (cartacea) di costo nullo, ma di un valore effettivo, arbitrario e convenzionale, e dotato di una garanzia assoluta perché protetto dalla “solvibilità” di tutto il popolo di Dio. Questo Comandamento era una promessa per il genere umano. Era uno strumento di carità, di amore e di benessere per tutte le genti! Ma è stato trasformato in uno strumento di preda e di pianto e di sofferenza!”

 

“Ciò significa che il Comandamento di Mosè è stato rivelato per tutti i popoli della terra, che ancora attendono lo “strumento”, la “istituzionalità” che renda possibile la fraternità e l’amore: la moneta; ma usata nei “modi” e “termini” prescritti da Dio e rivelati per bocca di Mosè.

I mamrè ben presto si diffusero anche fuori dai confini dello Stato di Israele, poiché i mercanti stranieri erano ben disposti ad accettare questi “simboli” monetari in luogo delle monete d’oro; primo, perché evitavano di essere depredati; secondo, perché avevano, nel simbolo, il “massimo” affidamento, in quanto la “ricevuta” di pagamento emessa dal singolo ebreo era garantita solidalmente da tutto il popolo ebraico. La certezza dell’adempimento divenne tale che chi aveva in mano il “titolo di credito”, riteneva più comodo trattenerlo presso di sé che presentarlo piuttosto “all’incasso”. A questo punto, la natura “originaria” del “documento” veniva modificata poiché perdeva la funzione di “documento creditizio” per diventare quello di “valore convenzionale monetario”! Detto “valore convenzionale” gli veniva conferito dagli stessi operatori economici, come conseguenza della certezza di poterlo esigere alla scadenza; ed essi, quindi, si ritenevano soddisfatti semplicemente nel possederlo (detto documento), senza presentarlo all’incasso. Ecco perché nella pratica mercantile, il documento monetario, emesso da un semplice componente del popolo ebraico, acquistò un valore equivalente, se non superiore, a quello dell’oro.

La comunità ebraica poteva immettere sul mercato una quantità illimitata di mamrè che “acquistavano” un “valore reale”, ( riconosciutogli dai singoli operatori economici che li accettavano come mezzo di pagamento), ma in realtà di “costo nullo” (solo carta e inchiostro). I mamrè non provocavano l’accumulazione delle “passività” ( tra gli ebrei) perché ogni sette anni, secondo il Comandamento Mosaico, tutto il “debito” veniva annullato; però venivano ad appropriarsi di tutti i beni, oggetto di scambi, in quanto, come abbiamo visto, i mercanti lo preferivano all’oro stesso, per cui il mamrè continuava il suo cammino da confine a confine, essendo i possessori certi della solvibilità ed esigibilità . .

Con la “diaspora”, il popolo ebraico conquistò la “sovranità monetaria” presso tutti i popoli del mondo, mediante appunto il monopolio del conio dei simboli monetari di costo nullo, reso possibile dalla “esclusività” del “segreto monetario” instaurato tra le “colonie israelite” della Legge mosaica. La carta-moneta ebraica veniva in effetti a fare concorrenza alle attività di coloro che si servivano di moneta merce (= oro, argento, bronzo, bestiame, sale, ecc.). La potenzialità di scambio di coloro che usavano la moneta-merce, infatti, era vincolata dalla quantità di queste merci pregiate disponibili, mentre la carta moneta era inesauribile. La conseguenza di questo stato di cose fu che ovunque si inserì l’attività mercantile della “diaspora” ebraica, l’uso della moneta-creditizia (aggiungendosi alla moneta-aurea, argentea o bronzea) rendeva tutta la moneta più abbondante. Conseguentemente, l’oro, l’argento ed il bronzo avevano sempre meno valore là dove aumentava la circolazione di carta-moneta.

La “moneta cattiva” (di costo nullo) cacciava quindi la “moneta buona”. Il fatto si è verificato nei primi tre secoli dell’impero Romano. L’immensa potenza degli Ebrei, di cui parla Tacito, fu creditizia, economica, e la demonetizzazione di tutti i popoli del Mediterraneo provocò il crollo dell’Impero Romano. Circolazione ed indebitamento di Roma verso Israele fu come mettersi il “cappio alla gola”! Per tutto il “Medioevo”, ed ancora ai nostri giorni, nessuno dei glossatori Cristiani del Deuteronomio è riuscito a squarciare il velo di mistero in esso contenuto; nessuno è penetrato nel segreto che Dio ha affidato alla tradizione orale del popolo ebraico, segreto tenuto ben custodito dal momento che nessuno è mai riuscito a svelarlo! Nessuno si è reso conto che i popoli romani erano demonetizzati, non già perché subivano prestiti ed interessi esosi e strozzineschi, ma perché, in effetti, con i loro traffici veniva a stabilirsi sul mercato monetario una moneta che era una “tassa”! Per cui i popoli non venivano espropriati degli interessi, ma del valore relativo al capitale monetario creato dal nulla (mamrè) e dato loro in prestito!!!

 

Da quando esiste il mondo, da che esiste moneta, cioè dall’epoca (della seconda rivelazione) di Mosè, non si conoscono che due procedimenti per fare moneta:

 

  • Conferire questo ruolo ad una merce; che presenta una certezza perché ha valore (oro, argento, rame);
  • Conferire questo ruolo alla fiducia, cioè al credito: che presenta una certezza perché dà valore ad una concezione dello spirito (promessa di pagamento, individuale o bancaria o statale), raffrontandola con garanzie legali.

 

La strategia consiste nel far passare il mondo dalla moneta che < ha valore> alla moneta a cui si <dà valore>.

Fondare una moneta sulla fiducia e sul credito, porta a conferire fiducia all’autorità che gestisce questo credito. L’esperienza insegna che le banche nazionali, i governi nazionali, e i governi e le autorità internazionali, hanno sempre abusato del loro potere.

(…)

Nessuna strategia di dominazione è frutto di una improvvisazione: e la strategia monetaria, ha raggiunto il capolavoro della  “INVERSIONE CONTABILE”  grazie a una lunga pazienza. Dietro alle sue spalle c’è una azione che è appunto millenaria.

La “inversione contabile” si attua equivocando sul concetto di “pagamento”; cosa si intende per pagamento? Quindi di “mezzo o strumento” nella storia economica.

Il pagamento ha due aspetti : un aspetto REALE ed un aspetto FORMALE.

Il pagamento è reale se viene effettuato con un bene reale dotato di un proprio valore intrinseco: una merce.

Il pagamento è invece formale se viene effettuato per giro di scrittura, (o con carta-moneta). È formale, perché provoca solo un riconoscimento formale del debito. La cessione di un documento (carta-moneta) che non conferisce al creditore un bene reale! Ma solo un diritto a pretenderlo. Il pagamento formale provoca un cambiamento di debitore: il debito non si estingue, ma solo si trasferisce. In questo caso il pagamento si perfeziona ( e diventa reale ed effettivo) solo quando il NUOVO debitore, sostituisce il “pagherò” con una prestazione effettiva, cioè una merce.

È una concezione antica. Dice infatti Aristotele: “Il pagamento è perfetto e reale insieme, se viene fatto con moneta reale di materia pregiata; è formale solamente se per giro di scrittura, o con moneta di carta, perché allora si ha solo cambiamento del debitore, ed il pagamento non è perfetto fintanto che il nuovo debitore non ha dato la moneta pregiata, o lo Stato NON HA CAMBIATO IN MONETA BUONA QUELLA STRAORDINARIA”.

È chiaro che questi concetti sono stati dimenticati.

Il pubblico oggi non conosce che il pagamento effettuato con il biglietto. Per l’abitudine di usare la carta, la gente ha fatto della carta-moneta la sola moneta dei paesi civili. Il pubblico non richiede più la trasformazione di carta-moneta in oro. Non pensa che essa è un DEBITO DI BANCA.

Questi sono i fatti: sostituendo nelle abitudini l’uso del pagamento formale a quello del pagamento reale, si abbandona al Sistema bancario la Rendita Netta corrispondente alla moneta cartacea e creditizia che il Sistema crea senza suo costo e tutto il Reddito Monetario si trasferisce dalla colonna delle Attività del produttore, a quella delle Passività.

Questa surrogazione di una Moneta (prodotta attiva) con una Antimoneta (non prodotta, ma accettata per consuetudine e convenzione) senza valore intrinseco, rappresentativa di un debito, e quindi passiva, compie una Rivoluzione Sociale che trasferisce il Potere delle classi produttrici a quelle contabili.”

 

Un ringraziamento al professor Cianciarelli, non avrebbe potuto essere più chiaro nella sua esposizione del segreto del valore della cartamoneta.

Sono concetti fondamentali da leggere e rileggere per una comprensione profonda del valore monetario.

Infine, un brano tratto da “L’ordinamento internazionale del sistema monetario” del prof. Giacinto Auriti:

 

Non si può comprendere come sia stata possibile la realizzazione storica di questa strategia monetaria, se non si considera la fondamentale esperienza del popolo ebraico dopo la fuga dall’Egitto. Questo popolo si fermò e visse per quarant’anni nel deserto del Sinai, in un periodo storico in cui l’economia era prevalentemente agricola. Per sopravvivere non aveva altra alternativa che spendere il tesoro sottratto agli egiziani, consumando definitivamente la ricchezza acquistata, ovvero trovare un espediente per appropriarsi senza costo dei beni prodotti dagli altri popoli.

 

È storicamente provato che il popolo ebraico, invece di comprare merce mediante l’oro e l’argento, introdusse nel mercato come mezzi di pagamento, i titoli rappresentativi dell’oro e dell’argento, ed i mercanti stranieri erano ben disposti ad acquistare questi simboli (mamrè o memrà) in luogo delle monete metalliche, sia perché, usando i titoli rappresentativi evitavano il rischio di essere depredati dai predoni (che non avendo alcuna cultura scritturale non raffiguravano nei simboli documentali alcun valore monetario), sia perché avevano nel simbolo il massimo affidamento, in quanto questa cambiale emessa dal popolo israelita era garantita solidalmente da tutta la collettività ebraica.

 

Non ci si può spiegare infatti l’assoluta fiducia riconosciuta dal mercato al simbolo documentale, così come se fosse stato esso stesso d’oro, se non si considera il poderoso influsso che ebbero nel popolo ebraico alcuni fondamentali comandamenti mosaici. Mosè infatti comandò al suo popolo l’obbligo del prestito reciproco in caso di bisogno e la remissione dei debiti ogni sette anni, in ricorrenza del cosiddetto anno sabbatico (Deuteronomio, 15, 1-7).

Nel rispetto collettivo di questi precetti, per l’ebreo era indifferente prestare o non prestare denaro al proprio fratello, perché avendo prestato denaro, ognuno a sua volta era in condizioni di pretendere il prestito da un altro ebreo, ed era altresì indifferente che nell’anno sabbatico si avesse la remissione dei debiti perché – per quanto grande fosse stato l’ammontare dei debiti estinti – si era sempre nella condizione di poterli riaccendere all’inizio del nuovo settennio.

 

Da questi comandamenti mosaici derivò che, ogni qual volta la cambiale veniva presentata per l’incasso, veniva regolarmente pagata, perché il debitore insolvente poteva rivolgersi per un prestito ad un altro ebreo, e questi glielo concedeva per comandamento religioso, tanto più perché, se a sua volta avesse avuto necessità di denaro, poteva pretenderlo nei confronti di altro componente il popolo ebraico. Così avvenne che ogni titolo di credito emesso da un qualunque componente il popolo ebraico, era sorretto dalla responsabilità solidale di tutti gli ebrei.

 

La certezza dell’adempimento divenne tale che, chi aveva in mano il titolo di credito, riteneva più comodo tenerlo presso di sé, piuttosto che presentarlo all’incasso. Infatti, il valore originariamente previsto come conseguibile alla scadenza del credito, ovvero alla presentazione dell’incasso, diveniva un valore conseguito immediatamente, mediante il possesso del documento, per la certezza del diritto nata dalla fiducia e dalla esperienza mercantile. Era, infatti, la certezza del diritto a causare nell’animus del creditore portatore del titolo, l’anticipazione al momento attuale dei valori previsti come conseguibili al momento della scadenza ed a far si che il titolo di credito acquistasse immediatamente un valore nuovo, attuale ed autonomo. Così ci si spiega come il portatore si riteneva soddisfatto del credito rappresentato nel titolo, senza presentarlo all’incasso, per il solo fatto di avere in mano il documento.

 

Si modificava in tal modo la natura originaria del documento perché esso perdeva la natura creditizia per assumere quella di valore convenzionale monetario. Ecco perché nella pratica mercantile il documento monetario emesso dal componente il popolo ebraico acquistò un valore equivalente o addirittura maggiore di quello dell’oro.

 

La monetizzazione dei debiti come espediente per spacciare moneta di costo nullo è acutamente rilevata da Ezra Pound quando afferma : “La Banca d’Inghilterra fu basata sulla scoperta che, invece di prestare denaro, si sarebbero potute prestare le cambiali della Banca”. È evidente che, su queste basi, ha avuto origine una vera e propria strategia di dominazione in cui il sistema bancario riesce ad indebitare i mercati del valore monetario che crea dal nulla, e con tanta maggior efficacia, in quanto all’incorporazione del valore monetario nei simboli cartacei, corrisponde la contestuale demonetizzazione dell’oro, dell’argento ed in genere di tutte le merci tradizionali.

 

È ovvio infatti che, con la emissione e circolazione dell’oro carta, la gran parte del potere d’acquisto monetario veniva estratto dai simboli merce ed incorporato nei simboli di costo nullo. Questa alterazione dell’equilibrio monetario è stata una delle cause determinanti dei sistemi politici. Così, per esempio, non è senza significato la circostanza che la decadenza dell’Impero Romano si verifichi contestualmente alla tosatura delle monete, operata dagli imperatori per colmare i vuoti monetari causati nell’erario dalla demonetizzazione dell’oro. Sicchè si era costretti, per conservare una adeguata liquidità monetaria, a ridurre il peso delle monete o a fondere nel conio metalli nobili con metalli vili, come è provato dalla storia numismatica.

 

Il sistema bancario ha quindi compreso che, spostando la convenzione monetaria dal simbolo merce al simbolo di costo nullo, del quale peraltro controllava il monopolio dell’emissione per privilegio legislativamente riconosciuto, poteva conseguire il risultato di appropriarsi del valore monetario creato dal mercato. Su questo principio, per successivi graduali passaggi, il sistema bancario ha estratto dall’oro la gran parte, se non addirittura, in alcuni casi, la totalità del valore dell’oro.

 

La demonetizzazione dell’oro, conseguente a questa strategia di dominazione dei mercati, ha sottratto ai vertici economici e politici tradizionali il valore monetario di cui disponevano, cioè la loro stessa potenzialità economica, e con essa, la sovranità politica. Si è realizzata così una forma macroscopica ed occulta di lucro, in cui i forzieri pieni d’oro delle monarchie della vecchia Europa e di tutti i risparmiatori, che erano per tradizione assuefatti a fare affidamento su questo simbolo monetario, erano svuotati non del loro contenuto materiale, ma del contenuto immateriale: il valore.

 

Su questi presupposti la decadenza dei sistemi politici è regolarmente causata dall’esplosione dei debiti che, non a caso, nella storia ha sempre coinciso con la demonetizzazione dell’oro. Una volta estratto dall’oro il suo valore monetario, esso era acquistato dal sistema bancario, cioè dai produttori di simboli monetari di costo nullo, che diventavano i nuovi padroni del mondo.

 

La realizzazione di questo strumento è stato possibile mediante il dominio assoluto della forma (monopolio dell’emissione), oltre che dalla consapevolezza culturale che la incorporazione del valore convenzionale nel simbolo consente la possibilità di oggettivare il valore in un nuovo bene, manifestarlo, conservarlo ed attribuirne la proprietà al portatore del documento. Su questa premessa, poiché il primo portatore è l’emittente, la banca si attribuisce la proprietà del denaro che emette, tanto è vero che lo emette prestandolo e, come si sa, prestare denaro è una prerogativa esclusiva del proprietario. La famosa frase del Paterson: “Il banco trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla”, che appare spregiudicatamente sincera, in effetti nasconde la parte più importante della verità, perché non è vero che il banco si arricchisce solo dell’interesse, ma anche ed innanzi tutto della stessa moneta, il cui valore – come abbiamo visto – non è creato dalla banca, ma dalla collettività.”

Credo che con questi ultimi brani si faccia chiarezza completa sul segreto della creazione del valore monetario e della trasformazione del simbolo in un vero e proprio debito utilizzato per espropriare il ricevente dell’equivalente del valore scambiato.

Con il baratto e con la moneta merce lo scambio veniva concluso perché si trasferivano contestualmente dei beni reali.

Con la cartamoneta di costo nullo si scambia un bene reale con una scrittura contabile. La banconota è solo un diritto ad avere una merce, e lo scambio sarà concluso solo quando il portatore del biglietto lo cambierà con un bene reale. Ma la cambiale continuerà a circolare, il debito si è solo trasferito, rimane in attesa di individuare il successivo debitore.

Il gran beneficiato rimane il produttore di quel simbolo, colui che si impossessa di merce dando in cambio un biglietto di carta di costo nullo.

Continuando ad immettere nella società tali banconote, si impossessa  della ricchezza prodotta dalla comunità, grazie al rovesciamento contabile che ha trasformato il primo ricevente in debitore del valore monetario. Il primo ricevente dà una merce in cambio di un biglietto di carta, e per sua fortuna si rifarà nel momento in cui trasferirà quel debito ad un successivo portatore, facendosi consegnare un bene reale.

Così come i popoli antichi accettavano la cambiale firmata da un membro della comunità ebrea per la certezza di poterla riscuotere, così noi con la stessa sicurezza accettiamo oggi convenzionalmente un biglietto di carta come moneta, sapendo che altri ce la cambieranno con beni reali.

Agiamo così per consuetudine, senza capire cosa sia il denaro e chiederci da dove provenga il suo valore.

La certezza della riscossione, oggi garantita dalla legge che dichiara la banconota moneta legale dello stato a corso forzoso e senza riserva, permette l’anticipazione del valore, trasformando subito la carta in denaro.

La cambiale non è più tale e viene resa superflua l’attesa di una riscossione che non ci sarà.

Nel mondo ebraico, come abbiamo visto, il simbolo cartaceo del debito del singolo individuo aveva valore per la certezza della riscossione in quanto garantito in solido da un intero popolo. Questo principio è lo stesso che continua oggi a dare valore alla carta moneta. È il popolo nel suo insieme che garantisce, con il proprio lavoro e le proprietà, il valore della cartamoneta.

I banchieri disonesti, detentori da millenni del monopolio della cultura monetaria, alimentando la nostra ignoranza, continuano ad impossessarsi di tutto il valore monetario emesso, e con esso di tutta la ricchezza da noi prodotta, spacciandosi per proprietari della moneta.

Mentre al massimo potrebbero essere fabbricanti del simbolo, per nostra concessione.

Il popolo inconsapevole non percepisce l’inganno, e viene per di più tradito e venduto da una classe politica profumatamente pagata per difenderlo e rappresentarlo.

Il popolo viene trasformato, con l’inganno di una democrazia fittizia e di un inesistente stato di diritto, in un gregge indifeso al quale si sottrae tutto ciò che è possibile, compresa la vita stessa.

Il valore monetario appartiene al popolo a titolo originario in quanto sovrano.

La popolazione mondiale, non il banchiere, deve essere proprietaria del  valore monetario.

 

La moneta è uno straordinario strumento di ricchezza per tutta l’Umanità, non può esserlo solo per un esiguo numero di Usurai fanatici e criminali.

continua…….

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Paolo MALEDDU