2021.09.05 – Ma poi, con l’Indipendenza della Sardegna, di cosa vivremo?

Posted by Presidenza on 5 Settembre 2021
Posted in articoli 

Di cosa vivremo?

 

di Paolo Maleddu

Sono convinto che in ogni sardo ci sia un
potenziale indipendentista. Ciononostante, gli
indipendentisti dichiarati e consapevoli sono
ancora una esigua minoranza della popolazione.
C’è da chiedersi: come mai?
 
Io stesso sono arrivato con grande ritardo
all’Indipendentismo Sardo. 
Partecipai, invitato, come curioso spettatore ad un
primo incontro una decina di anni fa. L’incontro
si tenne ad Oristano con la partecipazione dei
principali leader dei vari movimenti
indipendentisti del momento. Il livello degli
argomenti trattati poteva non essere
particolarmente entusiasmante, ma rimasi
favorevolmente sorpreso dalla passione e
dall’amore per la Sardegna che si apprezzavano
negli interventi dei vari partecipanti.
Dopo quel primo incontro, iniziai a frequentare
più assiduamente l’indipendentismo, col
proposito di introdurre e far presente
l’importanza della  moneta come strumento di
libertà o, al contrario, di dominio sui popoli;
argomento che brillava per la sua assenza negli
sporadici incontri.
 
Ho frequentato per qualche anno il Movimentu
de Liberatzioni Natzionali Sardu di Sergio Pes,
per poi dover abbandonare l’ambiente
indipendentista per risolvere problemi di carattere
personale nel frattempo sopraggiunti. Ora che
sono libero da preoccupazioni ed impegni, ho
deciso di riprendere in mano il Progetto Nuraghes
di cui già mi occupavo in precedenza. Il progetto
ruota attorno a un sistema di misurazione del
valore che consente di offrire un lavoro dignitoso
e stabile alle migliaia di disoccupati sardi senza
utilizzare euro e senza entrare in contrasto con
leggi nazionali e trattati internazionali.
 
Sono diventato un indipendentista convinto
quando ho iniziato ad intravedere una risposta
accettabile alla domanda che, prima o poi, tutti i
dubbiosi sulla convenienza o meno di staccarsi
dallo Stato italiano si pongono. 
 
La domanda è: ma poi, con l’indipendenza, di
cosa vivremo?
 
L’intera popolazione mondiale ha sempre vissuto
e vive dei doni di Madre Natura. Anche noi Sardi
continueremo a vivere dignitosamente delle
risorse della nostra Terra, questa volta meglio
ripartite per non permettere che nessun nostro
conterraneo sia abbandonato a sé stesso nel
bisogno e nella sofferenza. 
 
L’uomo è da sempre vissuto dei doni che questo
Pianeta dell’Abbondanza ci offre dall’inizio dei
tempi in maniera continua e del tutto gratuita.
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere lo
troviamo nell’ambiente in cui siamo immersi e di
cui siamo parte. 
 
Qualcuno ha, in origine, risolto per noi ogni
problema.
 
Il primo fondamentale insegnamento da trarre da
questa verità è quindi il seguente: mai svendere
ad estranei la Terra che ci dà da vivere.
Proveniente dallo studio della moneta e degli
inganni che ne caratterizzano l’emissione, mi
sono reso conto che con un sistema tutto nostro di
misurazione del valore, in Sardegna potremmo
eliminare per sempre la disoccupazione e
raggiungere l’autosufficienza alimentare
abbastanza facilmente.
 
Un popolo autosufficiente nell’alimentarsi è un
popolo libero.
 
Perciò, la risposta alla domanda “Come
vivremo?” è: vivremo, come ogni altra
popolazione, dallo sfruttamento intelligente e
sostenibile delle risorse della nostra Terra
meravigliosa.
 
Sono perfettamente consapevole che in un mondo
globalizzato e materialista, straripante di finte
necessità indotte, l’autosufficienza alimentare
potrebbe non essere una motivazione sufficiente
per convertire all’Indipendentismo coloro che
danno l’alimentazione quotidiana per scontata.
Il progetto però si rivolge inizialmente a una
fascia piuttosto numerosa di persone
svantaggiate, più sensibili e più interessate a farsi
coinvolgere: gli oltre 140 mila disoccupati sardi. 
Inoltre, l’autosufficienza alimentare non
rappresenta il traguardo finale, ma piuttosto un
indispensabile punto di partenza verso traguardi
più ambiziosi.
 
La disponibilità di risorse naturali e della forza
lavoro necessaria a trasformare tali risorse in beni
materiali utili, non sono però sufficienti a far
decollare una normale economia di scambi di
merci e servizi. Manca ancora qualcosa: un
mezzo di scambio che permetta un fluido
avvicendarsi delle tre fasi di produzione,
distribuzione e consumo dei beni prodotti.
Dal momento che la cronica carenza di euro in
circolazione è di proposito programmata e
imposta dall’alto proprio per ostacolare e limitare
la prosperità economica delle popolazioni
mondiali, ci possiamo creare un sistema tutto
nostro di misurazione del valore. Infatti, in
presenza di risorse, persone desiderose di
lavorare e prodotti da acquistare, non c’è nessun
valido motivo per cui non si possa godere dei
benefici di una semplice economia di scambi in
ogni attiva comunità locale. 
Una buona disponibilità di risorse, unita ad una
corretta emissione monetaria a vantaggio della
popolazione per trasformare i progetti in opere,
rappresenta un mix esplosivo che si traduce in
una abbondante produzione di beni utili e in un
benessere diffuso per tutta la comunità umana.
I Grandi Usurai internazionali hanno sempre
temuto e cercato di impedire che nelle
popolazioni  maturasse la consapevolezza di
essere proprietarie delle risorse naturali e, di
conseguenza, tutte potenzialmente ricche in
questo Pianeta dell’Abbondanza. È il motivo per
il quale nessuno mai in tanti anni di scuola
dell’obbligo ci ha mai insegnato cosa sia la
moneta e quale la sua funzione. Questo è il
motivo per cui l’oligarchia di banchieri che
stanno al vertice della piramide di potere non
hanno esitato ad eliminare fisicamente capi di
Stato e altri personaggi che potevano mettere in
pericolo il sistema di emissione monetaria
consolidato sin dal 1694 con la fondazione della
Bank of England.
 
Prima di addentrarci nella conoscenza del
Progetto Nuraghes, credo che una escursione
sintetica e istruttiva su concetti quali ricchezza,
economia e moneta sia più che opportuna. Sono
concetti abbastanza semplici, ma resi
intenzionalmente sfuggenti e complicati da una
omertosa narrazione mainstream, resa
intenzionalmente complessa e infarcita di
vocaboli inglesi col proposito di confondere e
allontanare i curiosi. Noi invece, mossi da
interessi opposti, cercheremo di trattare la
materia monetaria con un linguaggio quanto più
chiaro e semplice possibile.
Anche perché è l’unico che conosciamo.

 

tratto da: (clicca qui)

Il FLNC sta emergendo dall’ombra, a tre mesi dall’ultima presunta comunicazione dei clandestini. Questa volta, un video e un testo di cinque pagine sono stati inviati ai nostri colleghi in Corse-Matin.

Individui incappucciati e armati che affermano di essere l’FLNC del 22 ottobre e l’FLNC “Unione dei combattenti” si filmano in un comunicato stampa nel settembre 2021

 

 

 

 

 

 

Come annunciato in un brevissimo comunicato di inizio giugno, il “fronte” riprende la parola. A firma della lettera, come nel giugno scorso, due slogan scritti in lingua corsa. Quello del FLNC “Union des Combattants” e l’altro del FLNC dice “Dal 22 ottobre”. Nel video possiamo vedere una trentina di sagome nere incappucciate e alcune armate.

Un’apparizione mediatica del movimento clandestino, senza pretese, annunciata anche dall’ultima comunicazione dei due FLNC nel giugno 2021, prima delle elezioni territoriali. 

Il testo analizza innanzitutto i risultati delle elezioni dell’assemblea corsa, nonché la situazione politica dell’isola e del movimento nazionalista. I clandestini denunciano soprattutto il modo in cui la maggioranza nazionalista ha ampliato il proprio campo politico. Ma brandiscono anche negli occhi dello Stato la minaccia di un ritorno agli attacchi e alle armi. 

L’intestazione di un comunicato stampa contrassegnato con “FLNC”

 

 

 

 

 

 

 

 

Il “credo” della maggioranza e il “postnazionalismo”

Se riconoscono il successo di Gilles Simeoni e della sua maggioranza, anche i clandestini li criticano: “Pensiamo di essere di fronte all’avvento di un nuovo clan” , afferma una voce truccata nel video, leggendo sobriamente il testo. Il presidente dell’Esecutivo e leader del Femu avrebbe, si legge nel testo, utilizzato “tutte le molle dei suoi predecessori” per allargare la presa. 

Ritenendo che “i fondamenti della lotta di liberazione nazionale siano gettati nel dimenticatoio” , i clandestini parlano dell’avvento di una “era di post-nazionalismo” .

“La Corsica farebbe dei corsi” sviluppa il testo, “e qualunque sia la linea politica, purché sia ​​rassicurante per gli abitanti della nostra isola e per lo stato francese. Questo è il nuovo credo della maggioranza in Francia. ‘Assemblea”. 

“Considerare la nostra discrezione come un segno di abbandono dei nostri valori ha fatto commettere allo Stato e ai funzionari neoeletti un grave errore politico”, si legge nel testo. Inoltre, vengono presi di mira gli speculatori, ma anche i mafiosi ei loro legami con “certi elementi del movimento nazionale” . Si brandiscono minacce di rappresaglia, se gli attivisti dovessero soffrire. Inoltre, e va notato, si sviluppa più avanti una sorta di appello agli anziani della lotta sotterranea e ai giovani che la rivendicano.

“Allo Stato francese diciamo chiaramente…”

Questo comunicato stampa è anche mutuato dalle minacce di un ritorno alle azioni violente. Le prime frasi, inoltre, sono citazioni di ministri. Il primo è di Marylise Lebranchu nel 2015, allora ministro del Decentramento. Si era rifiutata di fare “un gesto” dopo la deposizione delle armi, credendo che “per me è normale che non ci siano armi”. Il secondo è di Jacqueline Gourault, ministro dei Rapporti con gli enti locali lo scorso luglio, nel senso che lo Stato era “in dialogo da quattro anni”.

Il comunicato castiga lo Stato, “cieco e sordo”, anche se i voti dei nazionalisti alle elezioni sono sempre più alti e anche se le azioni violente sono cessate.

L’analisi suona come un riconoscimento del fallimento. “Lo Stato si frega le mani”, dicono i clandestini. Colpa anche della politica dell’assemblea corsa, secondo loro. Le visite successive dei ministri sono qualificate come “visite di cortesia coloniali non necessarie”, chiudi le virgolette. Se i due FLNC ricordano che la smilitarizzazione è stata decisa per consentire il progresso democratico, sembrano dirsi pronti oggi a riprendere le azioni armate. “[…] Nessuno degli obiettivi per i quali [il FLNC] è stato creato è stato raggiunto” si scrive inoltre, “se la politica dello Stato continua, concluso dall’autore (s).

 

Di Olivier Castel France Bleu RCFM France Bleu

 

tratto da: (clicca qui)