2017.09.29 – Cosa farà la polizia catalana al referendum?

Posted by Presidenza on 29 Settembre 2017
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Potrebbe seguire gli ordini della procura di Madrid e impedire il voto, oppure le indicazioni del governo della Catalogna e chiudere un occhio

Mossos d'Esquadra regional police officers patrol during a rally to commemorate those killed in the recent attacks in Barcelona, in Cambrils, Spain, Friday, Aug. 25, 2017. The Islamic State group has claimed responsibility for the attacks on Aug. 17-18 in Barcelona and Cambrils that left 15 dead and more than 120 injured. Eight suspects are dead and four more under investigation, two of them in jail. (AP Photo/Manu Fernandez)

Un agente dei Mossos d’Esquadra a Cambrils, in Catalogna, Spagna (AP Photo/Manu Fernandez)

 

Una delle cose meno chiare e allo stesso tempo più discusse del referendum sull’indipendenza della Catalogna è il comportamento che avranno i Mossos d’Esquadra, la polizia regionale catalana, il giorno del voto, cioè domenica 1 ottobre. È una questione importante, da cui probabilmente dipenderà l’esito di buona parte delle operazioni di voto: i Mossos potrebbero decidere di eseguire alla lettera gli ordini della procura di Madrid, chiudendo i seggi e impedendo alle persone di votare; oppure potrebbero seguire le indicazioni del governo catalano, che chiede loro di garantire lo svolgimento del referendum nella maniera più regolare possibile. Finora non si è capito cosa farà la polizia catalana, anche se qualcosa tra le molte dichiarazioni contraddittorie di questi ultimi giorni si può provare a ricostruire.

Chi sono i Mossos d’Esquadra e a chi rispondono 
Come ha scritto il Wall Street Journal, «la tensione tra le autorità nazionali e i Mossos è un microcosmo del duro e secolare scontro tra Madrid e la Catalogna, che negli ultimi mesi si è trasformato nella peggior crisi politica in Spagna da decenni». I Mossos furono infatti creati nel Diciottesimo secolo dall’amministrazione borbonica e nel corso del Novecento furono eliminati e poi reintrodotti dalla dittatura militare spagnola. Oggi sono uno dei quattro corpi autonomi di polizia in Spagna – anche se per funzioni e grandezza sono paragonabili solo alla polizia dei Paesi Baschi – e hanno grandi poteri, alcuni dei quali condivisi con la Polizia nazionale. Oggi in Catalogna ci sono circa 14 mila agenti dei Mossos, che fanno a capo al ministro degli Interni catalano, Joaquim Forn. Il capo dei Mossos si chiama Josep Trapero ed è diventato noto in tutto il mondo per le conferenze stampa tenute dopo gli attentati a Barcellona e Cambrils, alla fine di agosto: Trapero viene considerato molto vicino ai leader indipendentisti catalani.

Il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, e il capo dei Mossos d'Esquadra, Josep Trapero, a Barcellona l'11 settembre 2017 (PAU BARRENA/AFP/Getty Images)

Il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, e il capo dei Mossos d’Esquadra, Josep Trapero, a Barcellona l’11 settembre 2017 

Ufficialmente i Mossos hanno detto che seguiranno gli ordini che arrivano dalla procura di Madrid, come sono obbligati a fare per legge: nonostante rispondano al ministero degli Interni catalano, infatti, non si possono considerare completamente indipendenti dal governo centrale. Ed è qui che cominciano i problemi.

Seguire Madrid o Barcellona?
Qualche giorno fa il procuratore incaricato di impedire il referendum – considerato illegale non solo dal governo di Madrid, ma anche dal Tribunale costituzionale spagnolo – ha nominato un colonnello della Guardia civile come coordinatore delle operazioni di polizia in Catalogna prima, durante e dopo il referendum, Diego Pérez de los Cobos. In pratica ha obbligato i Mossos ad agire per ordine di un membro delle forze di sicurezza che dipendono direttamente dal governo centrale spagnolo, senza mediazioni da parte del governo catalano.

Joaquim Forn, ministro degli Interni della Catalogna, ha reagito con parole molto dure, dicendo che i Mossos «non rinunceranno mai a esercitare le loro funzioni». Il capo dei Mossos, Trapero, ha diffuso un comunicato ai suoi agenti dicendo che avrebbe eseguito gli ordini della procura di Madrid, ma ha aggiunto di non condividere che parte delle sue attività fosse ordinata e controllata «da un organo dipendente dal ministero degli Interni» spagnolo. Mercoledì il suo superiore, Pere Soler, ha aggiunto confusione alla confusione, dicendo che l’obiettivo principale delle forze di polizia, i Mossos, la Guardia civile e la Polizia nazionale, «è garantire i diritti delle persone, non impedire il loro esercizio»: una formula usata spesso per sostenere il diritto dei catalani ad andare a votare al referendum.

Il capo dei Mossos d'Esquadra, Josep Trapero, e il ministro degli Interni catalano, Joaquim Forn, durante una conferenza stampa tenuta dopo gli attentati in Catalogna, il 31 agosto 2017 (LLUIS GENE/AFP/Getty Images)

Il capo dei Mossos d’Esquadra, Josep Trapero, e il ministro degli Interni catalano, Joaquim Forn, durante una conferenza stampa tenuta dopo gli attentati in Catalogna, il 31 agosto 2017

Sempre mercoledì i Mossos hanno pubblicato dei tweet piuttosto ambigui, nei quali si diceva che gli agenti seguiranno le istruzioni del procuratore secondo i principi di «opportunità, proporzionalità e congruenza». Alcuni Mossos, ha scritto il Wall Street Journal, hanno interpretato questi tweet come segno della possibilità di «guardare dall’altra parte» durante il referendum, cioè non fermare le persone ai seggi come invece chiesto da Madrid.

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Confusione e divisioni nei Mossos

Anche all’interno dei Mossos non sembra esserci accordo su cosa fare durante il referendum. Qualche giorno fa, per esempio, il Confidencial aveva parlato di una lettera che stava circolando tra i Mossos e che era stata scritta da una frangia piuttosto radicale a favore dell’indipendenza, che chiamava “traditori” gli agenti non catalani che accettavano di seguire gli ordini della procura di Madrid. Diversi agenti si stanno chiedendo a quale potere esecutivo debbano rispondere, se al governo spagnolo o a quello catalano. Un esempio di questa ambiguità è la posizione dei Mossos per l’Indipendenza, un’organizzazione che include diverse centinaia di agenti e che è legata all’Assemblea Nazionale Catalana (ANC), gruppo che ha appoggiato il referendum. Albert Donaire, coordinatore dell’organizzazione, ha detto: «Se mi dovessero forzare a rimuovere le urne, non riuscirei a farlo. Non puoi mettere un bavaglio alle persone e costringerle a non votare».

Al di là delle divisioni interne, alcuni sindacati di polizia si sono lamentati del comportamento dei politici spagnoli e catalani, che hanno messo i loro agenti in una posizione molto difficile. Benet Salellas, deputato della Candidatura d’Unitat Popular nel Parlamento catalano (CUP, un partito di sinistra indipendentista), ha detto per esempio: «Devono disobbedire. Mettersi dalla parte della gente. In questo paese [riferendosi alla Catalogna, ndr] l’80 per cento della popolazione ha detto che vuole un referendum, che vuole votare». La disobbedienza è però considerata un reato. David Miguel, portavoce del sindacato delle Polizie della Catalogna, ha detto a BBC Mundoche le conseguenze di non eseguire un ordine preciso della procura potrebbero essere “molto gravi”, tra cui la sospensione dall’incarico e una denuncia.

Non si può dire con certezza cosa succederà domenica ai seggi, o nei giorni successivi, così come non si sa ancora quale sarà l’atteggiamento dei Mossos d’Esquadra, o se i suoi agenti si scontreranno in qualche maniera con quelli della Guardia civile o della Polizia nazionale. Il governo spagnolo sembra comunque avere solo una possibilità per portare i Mossos sotto il pieno controllo del governo di Madrid: applicando l’articolo 155 della Costituzione, che sospenderebbe l’autonomia all’intera Catalogna.

tratto da: (clicca qui)

2017.09.10 – I BRICS colpiscono di nuovo

Posted by Presidenza on 10 Settembre 2017
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Una delle piattaforme chiave da cui partirà una operazione geopolitica e geoeconomica concertata comincerà dalla nuova e imminente unione doganale dei BRICS.

 

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La  dichiarazione di Xiamen, rilasciata a tutto campo dal vertice annuale dei BRICS appena conclusosi, mostra che Brasile, Russia, India, Cina e  Sudafrica,  benché debbano fare i conti con sfide politiche interne, stanno comunque rafforzando il loro gioco di gruppo: è in arrivo un grande momento.

E non saranno intimiditi e nemmeno fuorviati da quell’ordine unipolare che si sta sgretolando.

A Xiamen si è ben compreso che i  BRICS  sono tutti impegnati per “riequilibrare gli squilibri di sviluppo tra Nord e Sud”, così il Presidente cinese Xi Jinping  ha messo enfasi  sulla necessità di un ordine internazionale più giusto, facendo eco alle parole del Presidente Putin per un “mondo multipolare e giusto “ e “contro il protezionismo e le nuove barriere al commercio mondiale “.

Xi,  ospite in una Xiamen, dove era stato sindaco, travalicando il suo ruolo istituzionale, ha ribadito  “noi cinque paesi [dovremmo] giocare un ruolo più attivo nella governance globale”.

Una delle piattaforme chiave da cui partirà una operazione geopolitica e geoeconomica concertata comincerà dalla nuova e imminente unione doganale dei BRICS. Si tratta di una unione che metterà in relazione tra di loro, imprenditoria, commercio e finanza.  E questo aprirà  la strada non solo a nuovi investimenti e a nuovi affari, ma anche ad un ruolo più marcato per i fondi di sviluppo e per la New Development Bank  (NDB)  dei BRICS, che stimoleranno la partecipazione a tanti “dialoghi sud-sud”, come quelli proposti a Xiamen con Messico, Egitto, Thailandia, Guinea e Tajikistan.

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La forza della Russia, nonostante le sanzioni, dà veramente fastidio agli USA – Russian Deputy FM

I dialoghi, che inevitabilmente si evolveranno in affari e investimenti, sono al centro del  ‘BRICS Plus’, un  concetto globale, proposto lo scorso marzo dal Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, per promuovere l’espansione delle partnership e della cooperazione Sud-Sud.

Ciò significherà, in un prossimo futuro, una interpolazione ancora più complessa tra BRICS Plus e le New Silk Roads, che già convergono come la Belt and Road Initiative (BRI), la Eurasia Economic Union (EAEU) e la  Shanghai Cooperation Organization (SCO).

Tutti questi vettori  politico-economici stanno avanzando in sincronia. La SCO può focalizzarsi essenzialmente sul security, per contrastare il jihadismo o addirittura per risolvere controversie di confine, ma anche per sviluppare il fronte della cooperazione economica. India e  Pakistan sono entrati nella SCO questo anno. Iran, Afghanistan e Turchia sono paesi osservatori e presto ne diverranno membri a pieno titolo. L’Egitto e la Siria del dopoguerra vogliono entrare. La portata geopolitica della SCO sta rapidamente arrivando a livello pan-eurasiatico.

E tutto questo si riflette, per esempio, nella dichiarazione di Xiamen, che propone una pace e un processo di riconciliazione nazionale “guidata dagli afghani e in mano agli afghani”, incluso il “format delle consultazioni con Mosca”  e il “processo “Istanbul-Cuore dell’Asia”.

Ciò significa, in sostanza, che i BRICS non appoggeranno una richiesta di aumento delle truppe del Pentagono, ma un processo di pace afghano del tutto-asiatico (e non occidentale), messo in atto dalla SCO, di cui l’Afghanistan è osservatore e futuro membro a pieno diritto.

E questo percorso mostra ancora una volta graficamente come il nucleo dei BRICS è, e continuerà , ad essere quello che io chiamo RC: la partnership strategica Russia-Cina.

Triple Win!

E’ stata la RC, non per caso, che ha suggerito l’unica soluzione possibile per la situazione della penisola coreana, cioè un “double freezing”, presentata dai Ministeri degli Esteri russo e cinese all’inizio di luglio. Pyongyang deve cessare tutti i lanci di missili e le prove nucleari, mentre Washington-Seoul devono cessare  le loro mostruose esercitazioni militari.

Inutile dire che la “guerra dei partiti” a Washington, così come i generali di Trump, hanno messo il veto all’idea.

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Ma proprio così come i BRICS si sono pronunciati a Xiamen, tutto è cominciato al Eastern Economic Forum di Vladivostok e, ancora una volta, tutto ha fatto perno sull’ economia, concentrandosi su Russia, Cina, Giappone, Vietnam e, in modo cruciale, su entrambe le Coree.

C’entra sempre la RC, per i negoziati di pace, con la sua capacità diplomatica con Pyongyang e con Seoul durante il  forum internazionale.   La RC – con la Russia in prima linea – ha risolto la tragedia siriana, ma ha anche un piano di azione sia per l’Afghanistan che per la Corea del Nord, gli unipolari invece hanno solo sanzioni e bombe.

Io ho accennato da qualche altra parte certi aspetti dei BRICS,  come la tragedia politico-economica interna del Brasile di oggi, così come l’ India e il Giappone che spingono per bloccare le convergenze dei BRICS / BRI / SCO per mezzo  di un Asia-Africa Growth Corridor (AAGC)..

Ma la santa tra i santi – e non mi stancherò mai di ripeterlo – è quella che io chiamo la Triple Win- la triade del futuro: petrolio-yuan-oro. Questo è uno dei primi risultati della strategia che i BRICS hanno discusso,  a porte chiuse, al loro meglio nel decennio precedente  – quando Lula era ancora Presidente del Brasile: come bypassare il dollaro USA.

Il Presidente Putin ha parlato di  “un eccesso di predominio da parte di un numero limitato di valute di riserva” – tradotto: la  unipolarità del dollaro USA. Pechino ora  sta entrando  nel gioco con un contratto-futures per il petrolio greggio quotato in yuan e convertibile in oro sia negli scambi a Shanghai che a Hong Kong.

Questo potrebbe anche diventare il funerale per le demenziali sanzioni USA. È un imperativo categorico per l’integrazione dell’ Eurasia poter by-passare qualsiasi manifestazione di questa malattia, negoziando l’energia in yuan o nella valuta locale del paese contrattante.

In parallelo con qualcosa che la RC, con la Banca Centrale di Russia e la Banca Popolare Cinese, hanno sviluppato in questi anni -swaps rublo-yuan – che  si estenderanno ad altri membri di BRICS / BRI / SCO. Il concetto di poter negoziare nella propria valuta raggiungerà, naturalmente,  anche tutti gli aspiranti membri del “BRICS Plus”.

L’ultima dottrina-Brzezinski,  quella  della “Grande Scacchiera”– che ha impedito, in tutti i modi, l’emergere di un concorrente allo stesso livello, già da tempo, è stata dichiarata morta. Quello che vediamo invece è  che stanno emergendo, non un solo concorrente con pari dignità, ma una intera alleanza  di concorrenti alla pari (RC) e  con una valenza geo-economica che abbraccia il Sud nella sua Globalità

Basta e avanza, per qualsiasi cervello unipolare, per scegliere il nucleare.

tratto da: (clicca qui)

 

Tra giovedì e venerdì è arrivata l’approvazione a maggioranza assoluta della legge di “rottura”

 

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Ieri la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato illegale il referendum ma nella notte il Parlamento regionale ha comunque approvato la legge di secessione: entrerà in vigore in caso di vittoria del sì

 

Barcellona non si ferma e rilancia la sua sfida a Madrid in quella che tutti considerano la crisi istituzionale più grave dalla morte del dittatore Francisco Franco nel 1975. 
Il parlamento catalano ha approvato nella notte la legge per il distacco dalla Spagna, che entrerà in vigore se il «sì» vincerà al referendum di autodeterminazione indetto per il 1° ottobre. Una consultazione dichiarata «illegale» da Madrid. 

Lo stop dei giudici

Proprio ieri la Corte costituzionale spagnola, su richiesta del governo centrale, aveva sospeso con un provvedimento d’urgenza il decreto di convocazione per il 1° ottobre del referendum sulla secessione, decretoapprovato mercoledì dalla Generalitat . La Consulta iberica aveva anche intimato ai 947 sindaci catalani che dovranno fornire i seggi di non partecipare in alcun modo all’organizzazione della consultazione, considerata illegale. 
Come chiesto dal governo spagnolo, la consulta ha avvertito personalmente il presidente e i ministri catalani, la presidenza del parlamento di Barcellona, diversi alti funzionari e i 947 sindaci dei comuni della Catalogna – che dovranno fornire i seggi – di non partecipare alla organizzazione del referendum, pena sanzioni penali.
Il procuratore generale dello Stato José Manuel Maza ha già annunciato di aver denunciato Puigdemont, i ministri catalani e la presidenza del «Parlament» per disobbedienza, abuso di potere e malversazione di danaro pubblico. Rischiano il carcere. 

Perquisizioni e sequestri

La macchina dello Stato è stata mobilitata da un Rajoy furioso e determinato (il referendum «non si farà, farò il necessario, senza rinunciare a nulla, per impedirlo», ha promesso. Il referendum era già stato dichiarato fuorilegge da precedenti sentenze della consulta. La costituzione del 1979 dichiara indivisibile il territorio dello Stato spagnolo. Il procuratore Maza ha detto anche di aver ordinato alla polizia di indagare su ogni azione «volta alla tenuta del referendum illegale». Sono iniziate perquisizioni in tipografie sospettate di produrre materiale per il voto.
La Guardia Civil spagnola ha rafforzato la propria presenza in Catalogna e la notte scorsa è stato annullato il trasferimento di 200 agenti in altre regioni. Uno dei primi obiettivi della polizia spagnola sarà cercare di trovare e sequestrare le 6mila urne che Puigdemont ha detto di avere già. 

Barcellona non si piega

Ma la pressione sempre più forte di Madrid e i moniti di Rajoy – «fermatevi prima del precipizio!» – non frenano il governo catalano. Puigdemont e il vice-president Oriol Junqueras hanno confermato che andranno avanti, pronti a uscire dalla legalità spagnola in nome della «legittimità catalana». Così nella notte tra giovedì e venerdì è arrivata l’approvazione a maggioranza assoluta della legge di «rottura. Al voto del parlamento catalano non hanno partecipato gli unionisti della minoranza, usciti dall’aula. La legge sulla Transitorietà giuridica e la fondazione della repubblica è considerata la base giuridica nella transizione verso un futuro stato indipendente catalano. 
Il braccio di ferro tra Barcellona e la capitale continua.

tratto da: (clicca qui)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2017.09.05 – Corea: situazione grave, ma non seria (e ci guadagna Kim)

Posted by Presidenza on 5 Settembre 2017
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Trump appare sempre più come il leader imbelle di una nazione superpotente che non riesce a far tacere il monellaccio fastidioso…

 

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Kim Jong-un

 

 

Decisamente, Kim Jong-Un non scherza. Quelle che fino a qualche mese fa sembravano delle semplici sbruffonate da bar, si stanno rivelando minacce reali e concrete. Prima Kim Jong-Un ha dimostrato di possedere razzi in grado di raggiungere gli Stati Uniti, e poi (ieri) ha fatto vedere al mondo di possedere testate all’idrogeno, che possono essere trasportate da quei razzi. Da oggi quindi, teoricamente, Kim Jong-Un potrebbe lanciare sugli Stati Uniti una o più bombe decine di volte più potenti e devastanti di quella che colpì Nagasaki nel 1945. E gli Stati Uniti hanno già ammesso che il loro sistema di difesa ha soltanto un 60% di probabilità di intercettare ed abbattere un tale missile lanciato dalla Corea del Nord. A sua volta, Donald Trump aveva fatto la voce grossa, qualche mese fa, quando diceva che qualunque atto ostile contro gli Stati Uniti sarebbe stato seguito da un “fuoco e furia mai visto fino ad oggi” contro la Corea del Nord. Ma Kim Jong-Un ha serenamente ignorato queste minacce, e anzi sembrava quasi divertirsi ogni volta che alzava la posta.

Ovviamente, Kim Jong-Un sa benissimo che gli Stati Uniti non colpiranno mai per primi la Corea del Nord. Anche gli Stati Uniti dovrebbero sapere che lo stesso Kim Jong-Un non sarebbe mai così folle da colpire per primo la nazione americana.

Quindi, teoricamente, si potrebbe andare avanti ad abbaiare all’infinito, senza che nessuno dei due cani faccia mai veramente il gesto di mordere l’altro. Ecco perché viene da dire che la situazione in Corea oggi è “grave ma non è seria”: perché in realtà siamo di fronte ad una minaccia atomica concreta ed imminente, che però nessuno dei due contendenti ha realmente intenzione di mettere in atto. Due cani che abbaiano, come dicevamo, ma solo dopo essersi assicurati di essere legato ciascuno con fermezza alla propria catena. A questo punto però ci si domanda una cosa: a chi conviene tutto questo abbaiare nella notte?

Sicuramente non a Trump, il quale appare sempre più come il leader imbelle di una nazione superpotente che non riesce a far tacere il monellaccio fastidioso. Mentre sicuramente conviene a Kim Jong-Un, il quale vede crescere ogni giorno la propria credibilità agli occhi del mondo, e alla fine della fiera sarà certamente riuscito a far riconoscere alla Corea del Nord lo status di “nazione atomica”. Insomma, un piccolo Stato di qualche milione di abitanti si sta prendendo gioco della più potente nazione del mondo, approfittando anche della palese incapacità del suo presidente di gestire la situazione di crisi. Sarà forse per questo che la Cina, zitta zitta, se la ride sotto i baffi, e non fa assolutamente nulla per fermare il piccolo dittatore coreano?

 

Analisi interessante….

 

C’è una sola cosa che mi sento di dirvi senza timore di smentita: anche dopo la peggior notte di bisboccia, il mattino dopo ho sempre fornito versioni dell’accaduto più lineari e credibili di quelle degli inquirenti spagnoli. Sempre. Magari sbiascicando ma mai inondando di cazzate il mio interlocutore come il fiume in piena di non-sense che arriva a getto continuo dalla Catalogna. Riassumo, per quanto sia riuscito a capirci qualcosa, per sommi capi. Attorno alle 5 del pomeriggio di ieri, un furgone entra nella rambla all’altezza di Plaza de Catalunya e falcia 13 persone, lasciandone ferite sul selciato oltre un centinaio. Schiantatosi contro un chiosco, dal van esce una persona con una camicia bianca a righe azzurre, qualcuno dice che stia ridendo e si dilegua. Prima certezza. chi guidava il furgoncino della strage, l’esecutore materiale, è sparito. In compenso, fioccano i comprimari come in un film di Woody Allen: prima è un solo complice, con il quale il guidatore fuggitivo si sarebbe asserragliato in un ristorante turco con alcuni ostaggi, pare il personale. Balla. Poi, gli attentatori diventano quattro: uno in fuga, due arrestati e un morto. Poi, altro colpo di scena: nella migliore tradizione, dentro il furgone viene trovato un passaporto, spagnolo ma con identità araba: si tratterebbe di un cittadino di origine maghrebina ma residente a Marsiglia. Et voilà, compare all’orizzonte la pista del radicalismo francese.

 

 

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Mauro Bottarelli

 

Il titolare della carta, però, vistosi tirato in ballo, va dalla polizia a dire che non c’entra un cazzo e che gli hanno rubato i documenti, poi utilizzati per noleggiare il van della strage. Sarebbe stato il fratello. Nel frattempo, a Barcellona è cacciaall’uomo. Anzi, agli uomini. Anzi, no, perché alle 20 la polizia autorizza tutti a uscire dai luoghi pubblici in cui avevano trovato rifugio durante l’emergenza, la rambla parzialmente riapre. E l’autista? E il presunto complice del ristorante? Sa il cazzo, spariti. Comincia la danza macabra della contabilità di morti e feriti, cominciano le dichiarazioni ufficiali di solidarietà dal mondo intero, si spegne la Torre Eiffel. Insomma, la solita menata. Si va a dormire con il computo fermo a 13 morti e oltre 100 feriti, 15 dei quali gravi. Ma, colpo di scena, attorno all’una di notte scatta una seconda parte del presunto piano terroristico, questa volta a un centinaio di chilometri da Barcellona, a Cambrils, di fatto la Pinarella di Cervia di Tarragona: chi non va a immolarsi lì per trovare gloria eterna, santo cielo! I morti sarebbero 5, tutti terroristi che avrebbero cercato di emulare il commando di Barcellona, facendo però solo 7 feriti, tre dei quali pare poliziotti.

Tre sono anche le versioni che danno altrettanti quotidiani spagnoli dell’accaduto: due terroristi sarebbero stati ammazzati in uno scontro a fuoco e tre all’interno del van; tutti e cinque uccisi all’interno del van; quattro morti, di cui due per ferite di armi da taglio e uno in fuga. Anche qui, chiarezza assoluta. In compenso la notte folle di Cambrils ha un elemento in comune: i cinque terroristi avrebbero tutti indossato cinture da kamikaze. Finte, ovviamente. Ora, capite da soli che mancano solo un trapezista uzbeko e un odontotecnico macedone e il quadro di questa caccia all’uomo pare completo. C’è tutto: il furgone-killer, l’autista in fuga, il passaporto, lo scambio di persona, il secondo commando e i kamikaze annientati. Roman Polanski pagherebbe oro per l’esclusiva. Ovviamente, l’Isis ha rivendicato l’atto come opera di suoi soldati. Lo ha fatto un po’ alla cazzo, però, tipo conferenza stampa per l’addio al calcio di Antonio Cassano: prima sì, poi no, poi la versione ufficiale. Ormai anche  “Site” di Rita Katz fatica a credere alle cazzate che spara e tende a scordarsi le rivendicazioni, salvo metterci pezze ben peggiori del buco. Insomma, abbiamo un clamoroso caso di violazione di una zona interdetta da parte di un furgone killer e poi una serie di eventi che definire quantomeno poco chiari è dir poco.

epa06148659 Mossos d'Esquadra Police officers attend injured people after a van crashed into pedestrians in Las Ramblas, downtown Barcelona, Spain, 17 August 2017. According to initial reports a van crashed into a crowd in Barcelona's famous Placa Catalunya square at Las Ramblas area injuring several. Local media report the van driver ran away, metro and train stations were closed. The number of people injured and the reasons behind the incident are not yet known. Official sources have not confirmed that the incident is a terrorist attack.  EPA/David Armengou FACE PIXELATED BY SOURCE DUE TO LOCAL LAW

epa06148659 Mossos d’Esquadra Police officers attend injured people after a van crashed into pedestrians in Las Ramblas, downtown Barcelona, Spain, 17 August 2017. According to initial reports a van crashed into a crowd in Barcelona’s famous Placa Catalunya square at Las Ramblas area injuring several. Local media report the van driver ran away, metro and train stations were closed. The number of people injured and the reasons behind the incident are not yet known. Official sources have not confirmed that the incident is a terrorist attack. EPA/David Armengou FACE PIXELATED BY SOURCE DUE TO LOCAL LAW

 

 

 

 

Panico sulla Rambla

 

 

 

Ci sono i morti e i feriti, per carità: lungi da me mettere in campo tesi tipo quelle dei figuranti pagati o dei manichini con il succo di pomodoro addosso. Resta il fatto che lasciar fare a un mezzo squinternato – come al solito, noto alla polizia – equivale a non aver fatto il proprio dovere: non credo minimamente al fatto che la polizia catalana sia precipitata in un vortice di errori e incapacità tali. A meno che, stante l’approssimarsi del referendum sull’indipendenza da Madrid e il rischio di nuove elezioni anticipate, qualcuno non si sia divertito a far fare loro una bella figura di merda in mondovisione, dimostrando inconsciamente come sia necessario stare uniti per vincere la minaccia terroristica. La quale era pressoché sparita, dopo un paio di colpi di coda tutti da ridere in Francia (tipo l’attentatore in retromarcia che arriva indisturbato davanti alla sede dell’antiterrorismo), salvo ora ritornare in grande stile. Ah, dimenticavo: uno dei fermati/latitanti – visto che non si capisce un cazzo, inserisco entrambe i ruoli – sarebbe di Melilla, una delle due enclave spagnole in Marocco sotto assedio dalla nuova tratta dei migranti, la quale dopo mesi e mesi di fedeltà al Mediterraneo, ha stranamente deciso di cambiare rotta nelle ultime due settimane, scegliendo la penisola iberica come meta dei viaggi di fine stagione.

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Nel caso a Ceuta e Melilla, nelle prossime settimane, servisse usare il pugno duro – magari anche con scafisti e Ong – chi potrebbe dire nulla, a fronte di un sospettato e 13 morti sul marciapiedi? E poi, culmine dei culmini, ecco che due mesi fa la Cia avrebbe avvisato le autorità catalane proprio del forte rischio di un attentato sulle Ramblas durante l’estate. E i catalani? Niente, duri come il muro: e adesso si piangono vittime e inseguono fantasmi in camicia bianca a righe azzurre. Incredibilmente, l’avviso della Cia è stata la seconda notizia giunta ieri da Barcellona, dopo quella del camion sulla folla: che tempismo, trattandosi di materiale d’intelligence, non vi pare? D’altronde, ultimamente con il tempismo e i servizi gli americani ci vanno forte, basti vedere il caso Regeni, riesploso dalla sera alla mattina nella noia sudaticcia di Ferragosto. Ma attenzione, perché come ci mostra un video tratto dalla diretta, della “Cnn” di ieri pomeriggio spesso anche le cose raffazzonate, possono risultare utili: soprattutto quando una delle principali tv del mondo scende così in basso da mettere in relazione diretta quanto accaduto a Charlottesville e sta grigliando il presidente Usa fra le critiche con l’attacco a Barcellona, dicendo che i perpetratori di quest’ultimo avrebbero forse preso esempio dai suprematisti in azione in Virginia.

Insomma, in prime time, l’americano medio, il quale non sa nemmeno dove stia Barcellona, viene indottrinato sul rischio che quanto sta accadendo in America attorno ai monumenti confederati possa addirittura ispirare gli atti di terrore dell’Isis. E tranquilli, nessuno – di fronte a quei corpi sul marciapiedi – si chiederà come mai, di colpo, i miliziani dello Stato islamico abbiano deciso di venir meno a una delle loro regole numero uno, ovvero applicare il martirio a ogni loro azione. A Barcellona, nessuno era intenzionato a morire. Anche perché, al netto delle chiacchiere dei presunti “esperti anti-terrorismo” che parlano di un reticolo di contatti e cellule ben radicate nel territorio, a Barcellona sono morti solo civili: l’autista è in fuga e gli altri presunti membri del commando non si sa bene quale fine abbiano fatto. Né, se esistano. I cinque di Cambrils, poi, se è andata come dicono, più che terroristi erano partecipanti a un addio al celibato con sorpresa, finito male. Occorreva dare un po’ di adrenalina da paura all’Europa, adagiatasi troppo sulla sua ritrovata serenità post-elezioni francesi? Serve aprire un fronte spagnolo del timore radicalista e dei foreign fighters?

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Feriti a Barcellona

 

 

Bisogna minare alla radice il referendum sull’indipendenza di Barcellona da Madrid? Bisogna tenere vivo lo spaventa-folle chiamato Isis in Europa, dopo le débacle sul campo in Siria e Iraq? O magari fiaccare lo spirito che in febbraio ha portato in piazza, proprio a Barcellona, 200mila persone per dire sì all’arrivo di migranti, in nome dell’accoglienza e della solidarietà? E non perché i migranti non siano un problema, anzi ma perché occorre creare nell’opinione pubblica un clima particolare proprio in certe roccaforti dell’immaginario collettivo liberale, quale Barcellona è. Chissà, può essere tutto e può essere nulla. Ma quando si parla senza il minimo dubbio di reticolati di contatti e commando jihadisti sul territorio a fronte di un autista-killer sparito nel nulla, il dubbio che quelle lacrime e quei volti straziati dalla paura siano strumentali a qualcosa, sorge davvero spontaneo. E si staglia nitido. Come un documento nella cabina di un van. Perché ricordatevi che la paura deve essere il vostro unico Dio.

di Mauro Bottarelli

tratto da: (clicca qui)

 

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Una speculazione finanziaria miliardaria sui vaccini? Un lettore mi ha reso nota l’esistenza di  “Vaccine Bonds”, obbligazioni sui vaccini, che  servono a raccogliere fondi per vaccinare i bambini del Terzo Mondo. Un investimento che “ha già salvato milioni di vite umane”,  secondo i siti ufficiali.  Una operazione altamente umanitaria, commovente – se non fosse che, nei prospetti per gli acquirenti di tali obbligazioni, si dice che  essi hanno dato “rendimenti estremamente buoni” (extremely good returns), o  “un ritorno significativo  sull’investimento”.  La filantropia umanitaria estrae un lucro  finanziario ragguardevole dai vaccini: e da dove? Non sono sicuro di aver capito bene e  tutto; il che non deve stupire, conoscendo l’inventiva geniale dell’alta finanza.  I vaccine bonds hanno avuto un precursore un paio d’anni fa, nei Death Bonds, letteralmente “obbligazioni della morte”.

Cavar soldi dai malati terminali

Le  obbligazioni della morte sono l’evoluzione  di una lucrosa speculazione  sui malati terminali di AIDS negli anni ’80. Questi pazienti ed altri malati terminali avevano bisogno di denaro contante per pagarsi  le costose cure; quindi vendevano le loro polizze sulla vita (di cui del resto non potevano più pagare i ratei) a  compratori interessati all’affare:  questi versavano ai moribondi  denaro fresco e  subentravano nell’assicurazione come beneficiari,  continuando pure a pagare i  ratei dei premi; alla morte del venditore, costoro riscotevano  il capitale in toto,  100 per cento, mentre al malato avevano anticipato tra il 20 e il 40.

In seguito, sono stati sfruttati gli anziani oltre i 65,  ridotti in miseria dalle pensioni  insufficienti, e che hanno bisogno di denaro; se costoro hanno un’assicurazione sulla vita, il broker la compra  dando al pensionato una frazione del capitale che incasserebbe,     pochi maledetti e subito, diventa il beneficiario e, alla morte del pensionato, riscuote il capitale intero.  Poi questi contratti sono stati “messi insieme” a centinaia, in modo da formare  “obbligazioni della morte”, titoli che i  fondi d’investimento comprano  volentieri..

L’affinità delle obbligazioni della Morte con i Vaccine Bonds sta nel fatto che anche con questi ultimi  la finanza speculativa “anticipa”  somme  di denaro comunque dovute. Solo  che in questo caso l’assicurato è  un ente  globale pubblico-privato che si chiama Global Alliance for Vaccines and Immunization (d’ora in poi GAVI) che s’è dato la missione di vaccinare tutti i bambini poveri del Terzo Mondo, fra i paesi più poveri.

Secondo la sua stessa descrizione, “La  GAVI Alliance è una sorta di  sensale [middleman]  fra i donatori (Gates Foundation, Stati Uniti eccetera),  le case  farmaceutiche (GSK [la Glaxo] Merck, Pfizer eccetera) e governi (Afghanistan, Eritrea, Haiti eccetera):  essa tratta per conto dei paesi  l’acquisto di vaccini al prezzo basso e donazioni.  Il denaro dato dai donatori consente al GAVI di assistere i paesi poveri nell’acquisto di vaccini”.

Bill Gates  è il massimo promotore e donatore di questa così caritatevole impresa; a cui han dato la loro laica benedizione la Banca Mondiale, l’Unicef,  l’Organizzazione Mondiale della Sanità, insomma gli enti globalisti più  famosi per la loro bontà.

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il GAVI Alliance (e quanto) per vaccinare.

 

 

Soprattutto,   diversi paesi del primo mondo  –  oltre gli Usa,  Francia, Italia, Norvegia, Sudafrica, Spagna, Olanda,  Svezia e Regno Unito  (a cui si sono aggiunti adesso Sud Africa e Australia) – si sono impegnati a contribuire, in modo vincolante,  alla bella impresa, versando  i loro doni   in milioni di dollari per 20 anni e più, un tot all’anno.  Con questi milioni la GAVI compra i vaccini a 72 paesi più poveri del mondo (smette di aiutare quelli il cui Pil pro  capite supera i 1550 $), e   vaccina  al ritmo di mezzo miliardo  di bambini a volta. Con gran vantaggio delle Case fabbricanti, ovviamente, che trovano qui un mercato enorme per i loro prodotti.

Ma cosa c’entrano i Vaccine Bonds, direte voi? Il GAVI Alliance è ben finanziato dai paesi del Primo Mondo e dalla Fondazione Gates (che ha versato 1,3 miliardi di dollari); che bisogno ha di emettere titoli, ossia di chiedere prestiti?La spiegazione ufficiale è che  GAVI ha  bisogno di trasformare in denaro liquido “subito” le donazioni “di domani”,  quindi di farsi “anticipare”  le cifre  dai cosiddetti  mercati, naturalmente compensando i suddetti mercati  con  un grasso interesse  per la loro anticipazione   – comunque garantita dai pagamenti regolari  che gli Stati ricchi si  sono impegnati a versare, obbligatoriamente, per almeno 20 anni.

Ma non è che GAVI vada a Wall Street a chiedere soldi su pegno  personalmente. No. Il Regno Unito ha creato per questo una apposita finanziaria, che si chiama International Finance Facility for Immunisation (IFFIm).  Diretto da un grand commis di varie istituzioni globale di nome René Karsenti (è “francese”, diciamo) lo IFFIm emette titoli sui più fantastici mercati finanziari globali.

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René Karsenti, presiede anche l’Associazione Internazionale dei Mercati di Capitali (ICMA), organo che rappresenta 430 istituzioni finanziarie operative sui mercati monetari globali. E’ stato direttore generale alla BEI, Banca Europea , uomo di Attali alla Banca Europea Ricostruzione e Sviluppo (BERD), uomo della Banca Mondiale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per esempio nel 2008 ha offerto Vaccine Bonds denominati in Rand Sudafricani alla borsa di Tokio, rivolti ai piccoli  risparmiatori: sborsando ciascuno l’equivalente di 1270 $,  tali  piccoli risparmiatori –  golosi di valute  come il RAND,  che rendono alti tassi –  ne hanno dato all’IFFIm 223 milioni.

https://www.ft.com/content/230908e6-f903-11dc-bcf3-000077b07658

Precedentemente, alla City di  Londra,  Karsenti era riuscito a raccogliere quasi un miliardo, offrendo tagli da mille sterline. A quale interesse per gli investitori?  “un ritorno fisso del 16,2%”

Un interesse usurario, a cui mi  rifiuto di credere – o meglio, mi rifiuterei, se non lo dicessero gli stessi documenti dell’IFFIm e delle agenzie che fanno il rating di questi bonds, ovviamente garantendoli sicurissimi. Fra questi  Standard and Poor’s Ratings (S&P), il cui capintesta, in una riunione del  20013, notava che   verso l’IFFIm “solo Zimbabwe, Sudan e Somalia sono in prolungato  arretrato sui  pagamenti,    sottolineando che questo è un numero insolitamente basso fra i paesi riceventi”: rallegrandosi ovviamente  – perché magari potessero  le banche dell’Occidente (ed altri usurai)   vantare che, dei crediti  che hanno concesso, solo 3 su 72 sono andati a male.  Magari potesse Montepaschi vantare un simile tasso di insolvenze sui  prestiti!

I paesi poveri pagano per i vaccini  che noi diamo gratis?

Un momento però; lasciando la gioia agli usurai e l’esultanza ai finanzieri, noi ci domandiamo: cosa stanno  pagando i 72 paesi, ciascuno con un Pil pro-capite sotto i 1550 dollari annui? perché devono  ripagare qualcosa, se i governo occidentali – fra cui il nostro – hanno fatto e stanno facendo donazioni al GAVI Alliance?

Sono donazioni, dunque a fondo perduto, per definizione.

Invece GAVI, attraverso la sua finanziaria mondiale IFFIm, non solo si fa anticipare (inutilmente?) cifre enormi su tali donazioni, pagando enormi interessi; ma a quanto pare fa pagare ai paesi di cui vaccina i bambini, il costo dei vaccini e delle vaccinazioni?  O fa pagare loro il “solido ritorno sull’investimento” dei Vaccine Bonds?

Non lo stiamo affermando, badate; lo stiamo solo domandando, perché la nostra  mente si perde fra le sottigliezze e le ingegnosità della finanza creativa.

Non sarà che questa filantropica impresa di vaccinazione  mondiale sia l’ennesima spoliazione della finanza speculativa globale ai danni dei poveri, facendoli pagare   per i vaccini che abbiamo già pagato noi contribuenti europei? E per vaccini  sperimentali che le Case provano in corpore vili, e anche con gran lucro? Perché certamente tutto ciò si traduce in un colossale e sicurissimo  mercato per le farmaceutiche globali.

Quanto grande? La International Finance Facility for Immunisation (IFFIm), che emette i vaccine bonds per bontà, è sostanzialmente un fondo che gestisce, o che ha  raccolto ed  anticipato,  5,5 miliardi di dollari.

GAVI, leggiamo nei suoi prospetti, “fornisce vaccini contro difterite, tetano, pertosse combinati con l’emofilo dell’influenza tipo B e dell’epatite B, il cosiddetto “pentavalente” (cinque antigeni in una sola somministrazione ) e anche vaccini contro morbillo, febbre gialla, pneumococchi (polmonite e meningite)  , rotavirus (diarrea)”.  I due ultimi,  ”nuovi” ossia sperimentali, hanno già “salvato milioni di vite” e fornito un solido ritorno sugli investimenti agli investitori.  Naturalmente chiedere quanti infanti del Terzo Mondo ha ammazzato il pentavalente coi suoi effetti collaterali, è vietato : dalla ministra Lorenzin e dai media: è manifestazione dello spirito anti-scientifico, di  questo nuovo oscurantismo  che va insieme col populismo e con la sfiducia verso questo governo che nessuno ha eletto.

E’contro questa sfiducia, sicuramente, se il rimpianto presidente Obama, pochi giorni prima di lasciare la carica, il 4 novembre 2016, ha emanato  “l’ordine esecutivo”  per “Far avanzare l’agenda di Sicurezza globale della Salute  e avere un Mondo sicuro dalle minacce di malattie  infettive”.

Advancing the Global Health Security Agenda to Achieve a World Safe and Secure from Infectious Disease Threats

https://obamawhitehouse.archives.gov/the-press-office/2016/11/04/executive-order-advancing-global-health-security-agenda-achieve-world

Quella grandiosa “agenda” di cui Obama stesso, ricevendo alla Casa Bianca la nostra Lorenzin accompagnata come sempre dal’uomo-Glaxo, ha investito “L’Italia come capofila delle strategie vaccinali a livello mondiale per i  prossimi 5  anni”.

Adesso infatti, dopo   che l’esperimento della vaccinazione  dodecavalente assistita dalla psico-polizia e  dalla forza pubblica, nonché  dall’espulsione dalle scuole dei non vaccinati  e da multe  rovinose per i genitori resistenti  ha avuto tanto successo in Italia, lo comincia ad applicare Macro. Si noti: durante la campagna elettorale, mai Macron ha accennato minimamente  alla vaccinazione multipla; però è stata la prima decisione che il suo primo ministro ha perso appena insediato: 11 vaccini obbligatori.  Sulla collusione del governo dell’uomo Rotschild con  la farmaceutica Sanofi, si stanno moltiplicando prove0 consistenti.

Vedremo se i francesi si faranno vaccinare passivamente come noi. Intanto, la Corte Europea  ha riconosciuto che  il vaccino contro l’epatite B  può provocare  la sclerose a placche: un  lievissimo effetto collaterali, che non deve impedire la lotta del Potere contro i genitori oscurantisti che si oppongono al  progresso scientifico e alla scienza della diplomata Lorenzin.

Troppi banchieri e  miliardari si occupano del nostro bene, ecco  il problema.

Maurizio Blondet

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