2015.10.09 – POSSIBILE ANCHE L’IMPOSSIBILE

Posted by Presidenza on 9 Ottobre 2015
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TESTATA  PRESIDENZA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Casteddu, 09 de Ladamini 2015

 

POSSIBILE ANCHE L’IMPOSSIBILE

 

L’indipendenza della Sardegna è possibile, l’indipendenza della Sardegna è impossibile…… tutti i santi giorni sento queste frasi e mi chiedo il perché di queste affermazioni; mi chiedo soprattutto perché tante persone credono che l’indipendenza della Sardegna sia impossibile.

Chiaramente alla base penso ci sia l’inquadramento culturale e mediatico tipico, quello che ogni Stato colonialista impone alle popolazioni conquistate, ma non credo che basti; oggi la scienza ci ha messo a disposizione i mezzi per poterci informare al di là di quello che ci raccontano la scuola e la televisione.

Perché nonostante siamo perfettamente consapevoli di essere un popolo vessato, umiliato, che tutti i giorni subisce veri e propri atti di guerra da parte dello Stato colonizzatore continuiamo a restare inermi, non ci ribelliamo uniti per raggiungere l’indipendenza ?

Eppure siamo a conoscenza del fatto che da indipendenti avremmo la possibilità di vivere una vita dignitosa e florida; la nostra terra è ricca, la nostra gente intelligente e capace, potremmo dare un’impostazione sociale e giuridica che permetterebbe alle persone di vivere serenamente…

La sconsolante risposta che mi sono dato è la seguente:
sono convinto che la stragrande maggioranza dei sardi siano fondamentalmente favorevoli all’indipendenza ma non si fidano.

Da decenni vedono mancanza di unità nelle forze indipendentiste tradizionali, quelle che agiscono nell’ambito delle istituzioni straniere italiane; sentono, dai partiti indipendentisti, solo chiacchiere che però non vengono confermate dai fatti

Quindi attualmente, e giustamente, vedrebbero l’indipendenza come una scommessa troppo rischiosa, come un salto nel vuoto.

Oggi è nata un’altra formazione, Podimus, che si è posta l’obiettivo di fungere da catalizzatore, di cercare di unire tutte le forze indipendentiste in un unico blocco che rappresenti i sardi alle elezioni straniere italiane. E’ un gruppo composto da persone serie, persone capaci e motivate, persone che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare in quando sono stato loro ospite a “sa Die de Podimus”, l’incontro pubblico che ha segnato ufficialmente la loro nascita.

Per quanto il sottoscritto, in qualità di Presidente del MLNS, non creda che si possa rendere possibile l’indipendenza seguendo un percorso nell’ ambito politico elettorale dello Stato straniero che ci opprime non posso far altro che augurarmi che riescano nel loro intento e che finalmente si possa instaurare un clima di collaborazione e di sostentamento reciproco, il fatto che anche MLNS, che segue il binario del percorso giuridico internazionale, possa contare sulla collaborazione, reciproca,dell’altro binario composto dalle forze indipendentiste che Podimus riuscirà ad unire.

Tutti insieme riusciremo a creare un disegno futuro credibile che permetterà ai sostenitori della “indipendenza impossibile” di ricredersi ed avere fiducia sul fatto che la libertà non sarà un salto nel vuoto ma un passo organizzato con coscienza, previsto, ben studiato e programmato.
MLNS ha già da qualche anno pianificato un’ Ordinamento Giuridico Provvisorio ed ha una visione abbastanza chiara di come dovrebbe essere la futura Repubblica de Sardìnnia.

Attualmente gli scettici vedono la Repubblica de Sardìnnia come un sogno impossibile mentre noi di MLNS la vediamo come una realtà possibile da raggiungere.

LA DIFFERENZA TRA VINCENTI E PERDENTI STA, MOLTO SPESSO, NEL FATTO CHE I VINCENTI CONSIDERINO POSSIBILE ANCHE L’IMPOSSIBILE !

Sergio Pes (Presidente MLNS e GSP)

2015.10.09 – POSSIBILE ANCHE L’IMPOSSIBILE

2015.10.07 – La Grande Truffa – 12° parte

Posted by Presidenza on 7 Ottobre 2015
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A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

 

 

 

 

 

 

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

La Grande Truffa – dalla 1° alla 10°parte                           La Grande Truffa – 11°parte

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

12° parte

 

……………….

Capitolo VI

 

BREVE STORIA DELLA MONETA DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI

 

L’origine della moneta si perde nella notte dei tempi.

Secondo Francesco Cianciarelli, docente di Storia della Moneta al Corso di Perfezionamento post Lauream dell’Università di Teramo, nel suo “Le origini storiche della Moneta”, la prima forma di cartamoneta, chiamata mamrè o memrà, circolava tra il popolo ebraico già all’epoca dell’esodo dall’Egitto.

Era in pratica il riconoscimento scritto emesso dal debitore per un prestito ricevuto.

Riportiamo le parole del professore:
“Questa moneta era formata “dalle ricevute di credito” che rilasciavano i debitori; esse circolavano senza bisogno di “girata”, ed erano chiamate mamrè; l’antenato della nostra cartamoneta.”

Sin da quando le prime comunità di uomini hanno iniziato a sentire la necessità di scambiarsi beni e quasi sino ai giorni nostri, il baratto è stato il mezzo di scambio più comune e immediato.
La moneta è nata quando l’aumento costante degli scambi commerciali ne rese sempre più evidenti i limiti. Il baratto in tutti i casi, in periodi e luoghi diversi a seconda del differente livello di organizzazione sociale di questa o quella comunità, è rimasto per tanti secoli, e sino all’età moderna, il mezzo di scambio prevalente anche dopo l’introduzione della moneta.

La moneta-merce, quantunque ancora un baratto, rappresenta un primo passo verso la realizzazione di un autentico mezzo di scambio.

Una quantità e varietà di merci differenti hanno svolto in principio la funzione di moneta-merce.
Capi di bestiame, la pecus latina, da cui pecunia, il sale (salario), gli arachidi, il cotone, i datteri, le pelli di animali, il riso, il tabacco, il tè pressato in pani, per nominarne solo alcune.
In Inghilterra per oltre seicento anni è stato usato come denaro, assieme a baratto e moneta, un bastone di legno, il tally stick. Ha svolto la sua funzione in modo egregio, tanto che permise l’acquisto di una parte consistente di azioni del capitale iniziale della Banca d’Inghilterra nel 1694.

La banca che ha legalizzato la più grande truffa di tutti i tempi fondata grazie anche ad un bastone di legno, a conferma di quanto l’essenza del valore del denaro sia sfuggente, spesso paradossale.

Le merci che di volta in volta si dimostravano più adatte venivano adoperate come mezzo di scambio.

Tra tutti i materiali, alcuni metalli riunivano quelle qualità di non deperibilità, omogeneità, durata e resistenza all’uso, frazionabilità ed alto valore concentrato in poco peso, necessarie per un mezzo di scambio affidabile.

Tra i metalli, l’oro si impose come moneta per eccellenza.
Da sempre nell’immaginario collettivo l’oro è simbolo di ricchezza.

Nel lungo cammino che ha avuto origine in Mesopotamia, con il popolo dei Sumeri, attraverso le varie civiltà egizio-babilonesi, greca e romana, sino agli orafi medioevali per giungere ai giorni nostri, l’oro è stato l’autentico protagonista, nel bene e nel male.
In principio venne usato, assieme all’argento, al rame e meno frequentemente anche al bronzo, come unità di conto per la valutazione delle merci.

Gli antichi sacerdoti-scribi, autentici contabili del tempio, luogo dove si ammassavano i raccolti e dove avvenivano gli scambi commerciali, valutavano queste merci in quantità corrispondenti di oro ed argento. I metalli però restavano all’interno del tempio, non circolavano tra la popolazione.

Erano solo una unità di conto utilizzata dai sacerdoti per tenere la contabilità del regno.
Le prime monete della nostra civiltà sviluppatasi attorno alle coste del Mediterraneo, pare siano state coniate in Lidia, Asia Minore, l’attuale Turchia, tra il VII e VI secolo avanti Cristo.
Già tre secoli prima comunque i cinesi, dall’altra parte del pianeta, avevano iniziato a produrre con il metodo della fusione delle monete metalliche di varie forme.

Con il conio, che dalla Lidia si è lentamente diffuso alle civiltà vicine, il denaro assumeva sempre più diffusamente quel ruolo di mezzo di scambio e contenitore di valore.
Bisogna tener presente che la circolazione di monete d’oro e d’argento, anche a causa della scarsa disponibilità di metalli preziosi, è sempre stata per lo più limitata alle classi agiate delle società più progredite.

Solo in tempi recenti la presenza del denaro nella vita quotidiana ha assunto la rilevanza attuale.

Le monete, nei secoli che ci hanno preceduto, erano veramente roba da ricchi.
L’economia delle famiglie popolari si è sempre basata sull’autoconsumo.
Ogni famiglia si adoperava per cercare di produrre in casa il necessario per vivere: ortaggi, frutta, farine, galline per carne ed uova, conigli, latte.
Usanza che si è tramandata sino ai giorni nostri, ed alla quale, chissà, potremmo e dovremo tornare.

Ciò che non si riusciva a produrre, si poteva barattare, rendendo praticamente superfluo il possesso di denaro per la sopravvivenza vera e propria.

È in epoca medioevale che si sono avuti dei cambiamenti determinanti con la manipolazione dell’oro da parte degli orafi.

Questi artigiani, per il quotidiano contatto con argento e metallo giallo sul banco di lavoro e la necessità di avere una cassaforte per metterli al sicuro, si tramutarono lentamente da custodi in banchieri.

Nelle loro casseforti trovava sicuro rifugio sempre più oro che le famiglie abbienti non si fidavano a tenere in casa.
L’orafo faceva pagare un modesto compenso per la custodia, e rilasciava delle “fedi di deposito” sulle quali venivano annotate le quantità del metallo prezioso di volta in volta depositate.

“Tale ricevuta – documento incensurabile sul quale si edificherà la più grande truffa dei secoli passati e che verranno, non era in realtà, che una promessa di pagamento, firmata dal proprietario di una cassaforte”.
Joacquìn Bochaca, “La finanza e il potere”

Le ricevute o note del banco, da cui banconote, iniziarono ad essere accettate nelle compravendite in sostituzione dell’oro, perché più comode da trasportare e meno soggette ad essere rubate in quanto rappresentavano un valore depositato, ma non erano “il valore”.
Notando che i possessori sempre più frequentemente preferivano tenere le ricevute piuttosto che riconvertirle in monete d’oro, gli orefici affinarono l’ingegno e la tecnica di emissione.

Dal momento che solo una persona su dieci si presentava occasionalmente a ritirare l’oro depositato, in teoria si sarebbero potute prestare note del banco per un valore corrispondente sino a dieci volte il metallo custodito senza correre grandi rischi. Iniziarono pertanto ad emettere un numero sempre maggiore di ricevute di deposito rispetto all’oro custodito, cedendole in prestito e caricandoci sopra un interesse.

Fermiamoci un attimo a riflettere.

I custodi dell’oro si stanno trasformando in falsari. Emettono valore monetario senza copertura, facendo solo credere che in cassaforte ci sia una quantità equivalente di metallo giallo. Creano denaro dal nulla.

Questo denaro non proveniente da un lavoro o un bene, non è certo il “certificato di un lavoro svolto” di Ezra Pound o il “titolo di richiesta per ottenere beni e servizi” di Gertrude Coogan a cambio di un qualcosa di già dato alla società : è una “richiesta” fasulla, creata solo con carta e penna.

Viene prestato ad interesse e ha il potere di comprare merci, proprio come il denaro vero.
L’orafo, mettendo in circolazione questa falsa ricevuta, sottrae alla società potere d’acquisto senza aver dato niente in cambio.

Ha in mano una falsa richiesta di merci, la usa per sottrarre beni agli altri membri della società.
Ruba.

Le note del banco si trasformarono pian piano da “fedi di deposito” attestanti una proprietà personale depositata e facilmente identificabile, ad un titolo più anonimo che era solamente una ricevuta al portatore convertibile in oro. Una promessa, un titolo di credito.

“Alcuni ingegnosi orafi concepirono l’idea (che fece epoca) di rilasciare note non solo a chi depositava i metalli (oro e argento), ma anche a coloro che le richiedevano in prestito, e così fondarono il moderno sistema bancario.”
Hartley Withers, “The meaning of money”

La spersonalizzazione delle ricevute faceva sì che si perdesse da parte dei portatori la percezione della quantità di moneta circolante; una cosa è che mi passino in mano troppe ricevute con il mio nome sopra, altra che siano ricevute non identificabili, rappresentative di depositi anonimi dei quali ignoro la consistenza.

È un cambio di enorme importanza.
Un passo decisivo verso il perfezionamento della grande truffa.

È paragonabile a ciò che succede con le attuali banconote in euro. Sono anonime.
Da dove vengono? A chi appartengono? Chi le ha emesse? In che quantità? Come entrano in circolazione?

Tutte domande semplici e legittime alle quali però non sappiamo rispondere, grazie al silenzio assoluto imposto sulla materia monetaria; o peggio ancora, alle mezze informazioni frammiste a menzogne e indicazioni tendenti unicamente ad ingannarci per costruire la nostra ignoranza.

Noi accettiamo e diamo denaro per consuetudine, senza porci domande, abbiamo sempre visto fare così. Non ci viene neanche in mente di mettere in discussione il sistema.
Una situazione ideale per chi trama al riparo dai nostri sguardi indiscreti.
Subiamo passivamente ogni decisione che viene dalle cosiddette istituzioni.
Sempre più lontane dal popolo.

Le decisioni in materia monetaria da dove arrivano?

Quali sono le “autorità monetarie” citate da televisioni e giornali?
Vocaboli astratti, virtuali.

Che cosa è e cosa significa “Basilea due”?

Quanti di noi conoscono l’esistenza della “Banca dei Regolamenti Internazionali”?

Gli orefici iniziarono a lucrare un interesse sul prestito di un valore che non possedevano essendo l’oro a copertura solo un decimo del prestato.

Qualora soltanto due o tre persone su dieci si fossero presentate contemporaneamente alla riscossione, l’orafo si sarebbe trovato nell’impossibilità di far fronte ai propri impegni. Una situazione che ogni tanto si verificava. Era la cosiddetta “bancarotta”, che veniva a volte resa platealmente pubblica con la rottura fisica del banco di lavoro dell’orafo disonesto da parte dell’autorità.

Non era che un piccolo incidente di percorso, che diede origine ad un accordo di collaborazione solidale tra orafi.

Per evitare il ripetersi di situazioni simili con grave danno per la reputazione di tutti, gli orafi-banchieri si impegnavano ad aiutarsi mutuamente, garantendo ciascuno con la propria riserva la copertura delle ricevute emesse in eccesso in eventuali casi di improvviso aumento di richieste di conversione. All’insaputa della clientela, accorrevano con il proprio oro in soccorso del collega in difficoltà per tranquillizzare eventuali richiedenti sospettosi, dando rassicurante mostra di solidità del “banco”.

Era l’idea iniziale dalla quale avrebbero in seguito preso forma la banca centrale e la riserva frazionaria, “miracolo” quotidiano che oggi permette alle banche, con l’approvazione della legge, la creazione dal nulla di denaro cosiddetto scritturale.
La legalizzazione della truffa.

Forti di un accordo di solidarietà che li faceva sentire ancora più sicuri, gli orafi presero ad offrire un piccolo interesse a chi avesse depositato oro ed argento nelle loro casseforti, piuttosto che chiedere un compenso.

La lucrosa attività di creatori di denaro dal nulla fece in poco tempo degli orafi-banchieri una casta estremamente ricca e potente.
Guadagnavano grandi somme con promesse di pagamento emesse su denaro inesistente, e quel dieci per cento depositato non era neanche loro!

Con un deposito di 100 monete d’oro remunerato con un 2% di interesse annuo al cliente che lo lasciava in custodia, si poteva prestare l’equivalente in note del banco di 900 monete, che ad un interesse diciamo del 10% producevano altre 90 monete.

Detraendo le due monete di interesse dovute al depositante, si poteva ricavare un profitto di 88 monete da un deposito di 100 monete appartenenti ad un cliente!

Se un investimento di 2 da un profitto di 88, rappresenta il 4.400% in percentuale!
In questi tempi che uno 0,5% di interesse sui depositi è la normalità, la percentuale del profitto sale a un incredibile 19.600% !

Il confronto con i pochi punti percentuali realizzabili oggi con una qualsiasi attività commerciale, diciamo un 10% quando sempre più raramente si chiude in attivo, da una idea di che cosa sia l’attività bancaria.

Inoltre, il miglioramento dei meccanismi dei prestiti bancari e la ricchezza patrimoniale raggiunta con gli ingenti guadagni permettevano agli orafi-banchieri di proiettare sulla clientela una immagine di professionalità, competenza, solidità finanziaria e fiducia.

Tutti requisiti fondamentali per l’attività bancaria.

Questa grande fiducia acquisita, incrementava la circolazione delle ricevute: dal momento che c’era la sicurezza di poterle convertire in monete d’oro in qualsiasi momento, nessuno lo faceva più.

La ricevuta, emessa sotto forma di cambiale con valore creditizio, in quanto rappresentativa della riserva aurea, non era altro che una promessa di pagamento.
Non rientrando in “banca” per essere riconvertita, si trasformava in promessa perenne.

Quella funzione di mezzo di scambio assunta in sostituzione dell’oro, da temporanea diventava definitiva.
In conseguenza della ormai superflua riconversione in oro, la ricevuta veniva accettata come moneta.

La ricevuta aveva acquisito lo status di denaro, era denaro.

I banchieri non lucravano più solo gli interessi, ma anche l’intero capitale .

Prestavano promesse di pagamento, che non tornando più indietro, si trasformavano in denaro vero.

Si erano impossessati del segreto della creazione del valore del denaro basato sulla fiducia.

“Fiat money”. La riserva aurea non è più necessaria.
Perchè a nessuno di noi viene mai in mente di andare in banca e cambiare in oro una banconota da 500 euro?

Perché, indipendentemente dal fatto che non si può fare da quasi un secolo e che non c’è nessun oro a garanzia del valore della nostra cartamoneta, noi da quando siamo nati abbiamo sempre visto circolare le banconote.

Per noi quei biglietti non sono la rappresentazione di una riserva aurea, sono semplicemente denaro.
Sin dalle origini nei banchi degli orafi, difficilmente le banconote sono mai state completamente coperte da oro depositato.

Da sempre, il trucco di fondere monete già in circolazione e coniarle nuovamente con lo stesso valore nominale ma con meno metallo, era prassi ricorrente. Era una vera e propria svalutazione, necessaria in momenti di scarsità del metallo per aumentare i mezzi di scambio in circolazione in termini di numero e valore complessivo.

Utilizzando la medesima quantità di oro od argento si moltiplicavano i mezzi di scambio ed il potere d’acquisto senza creare contemporaneamente una maggior offerta di beni da scambiare.
Una inflazione di moneta, la svalutazione del denaro esistente.

Durante tutto il XX secolo la copertura in oro delle banconote è sempre stata solo un’illusione da vendere al popolo.

Negli anni successivi alla grande depressione del 1929, il popolo americano fu costretto a consegnare anelli, orecchini ed oggetti in oro posseduti, per essere fusi in lingotti come misura estrema per tentare di costituire una base aurea che permettesse la stampa di nuova cartamoneta.

Chi venisse trovato illegalmente in possesso di oggetti fatti di prezioso metallo giallo, oltre ad essere marchiato dell’accusa infamante di “traditore della patria”, correva il rischio di essere condannato a 10 anni di carcere.

Nel 1933 le monete d’oro scomparvero dalla circolazione.

Con gli accordi di Bretton Woods, cittadina americana del New Hampshire dove nel luglio del 1944, tra gli alleati che si accingevano ad uscire vittoriosi dalla seconda guerra mondiale, si tennero ripetuti incontri nel corso dei quali si gettarono le basi per una riorganizzazione del sistema economico e geopolitico mondiale, fu stabilito che tra tutte le monete internazionali, solo il dollaro avrebbe continuato ad essere convertibile in oro.

Come sempre succede in occasione di grandi vertici internazionali durante i quali si prendono decisioni che riguardano la vita di tutti noi, al popolo non è permesso capire motivazioni e conseguenze dei provvedimenti adottati.

A Bretton Woods la finanza anglo-americana si è dotata degli strumenti necessari ad esercitare quel dominio e controllo militare, politico e finanziario che vengono perfezionati nei giorni nostri.

La Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e la devastante Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto, World trade organisation) per il controllo economico/finanziario planetario, le Nazioni Unite per il controllo politico di tutti gli stati membri, la Nato per il dominio militare.

Sotto la guida dei centri di potere già esistenti, Wall Street e la City di Londra per la finanza, Washington per la politica e gli eserciti inglese e americano per l’egemonia militare, la distruzione delle economie nazionali e la creazione di un unico grande mercato globale offerto al saccheggio assassino di insaziabili multinazionali poteva avere inizio.
A Bretton Woods si è anche parlato per la prima volta di una moneta mondiale, ma i tempi non erano ancora maturi, fortunatamente.

Decidendo che rimanesse l’unica valuta convertibile in oro, si era di fatto trasformato il dollaro, strumento del nascente imperialismo americano, nella moneta degli scambi internazionali.

Gli Usa tenevano in cassaforte una riserva aurea a garanzia della cartamoneta emessa, mentre le banche centrali degli altri paesi, dal momento che era convertibile in oro, usavano il dollaro come riserva per le proprie valute.

Gli americani iniziarono da subito a stampare dollari in quantità ben superiore alla riserva aurea di Fort Knox, in Arkansas.

Denaro “falso”, non proveniente da un lavoro o un servizio, creato dal nulla.

Con la cartamoneta a costo zero compravano in giro per il mondo le migliori aziende, le materie prime e tutte le risorse necessarie all’espansione della loro potenza economica.

Si impossessavano della ricchezza del pianeta dando in cambio carta straccia. Esattamente ciò che fanno le banche con la popolazione mondiale: si impossessano della ricchezza prodotta dando in cambio impulsi elettronici del computer.

Gli Stati Uniti inflazionavano il mondo di dollari, rubavano potere d’acquisto agli altri paesi, sottraevano loro grandi fette di ricchezza.

Gli Stati Uniti fecero pagare i costi della loro crescita a tutta la popolazione mondiale.

Il 15 Agosto 1971, Richard Nixon, presidente americano in carica, annuncia in diretta televisiva ai suoi connazionali ed al mondo intero la fine della convertibilità del dollaro in oro.
Nuovamente, popolazioni mondiali a digiuno dei principi più elementari di economia non vengono messe in condizioni di capire ciò che succede.

Il presidente americano praticamente dichiarava la bancarotta del suo paese.

Gli Stati Uniti non avrebbero più potuto mantenere l’impegno preso a Bretton Woods di cambiare i dollari con l’ammontare corrispondente di oro ai paesi che ne avessero fatto richiesta.

Con quell’annuncio di Nixon, il denaro riprendeva la sua condizione ideale di valore monetario puramente convenzionale.

Fiat money, moneta senza nessuna riserva aurea.
La pietra filosofale, dispensatrice di ricchezza, potere ed immortalità.

I dollari in circolazione nel pianeta pare fossero otto volte il valore della riserva aurea.
Qualche autore riporta addirittura che nei primi anni settanta ci fossero in riserva negli Stati Uniti solo duecentomila tonnellate di oro a copertura di un equivalente in dollari circolanti sul pianeta di ben 75 milioni di tonnellate.

Il reale valore della banconota da un dollaro equivaleva praticamente a 3 centesimi.
Gli americani si impossessavano delle risorse del pianeta dando in cambio carta straccia.
Lo strapotere militare dell’esercito americano scoraggiava ogni protesta.
Proprio come il Gran Kan nell’impero cinese del 1300.

Si trovò subito un rimedio che impedisse il crollo della moneta statunitense conseguente alla perdita di credibilità.

Arabia Saudita e Stati Uniti conclusero un accordo secondo il quale il petrolio saudita sarebbe stato venduto solo in dollari, costringendo così tutti i più importanti paesi occidentali che volessero comprare l’oro nero, ad acquistare prima la moneta americana per avere poi accesso al petrolio.

La rinnovata richiesta mondiale, per la legge economica della domanda e dell’offerta, mantenne alto il valore del dollaro. Le banconote americane garantite dal petrolio divennero petrodollari.

Fu sufficiente agganciare il dollaro ad una merce molto utile, della quale tutti avevano bisogno, per rivalutarlo.

Ulteriore dimostrazione che la ricchezza materiale sta nelle merci, non nel mezzo di scambio.

Quale è l’aspetto che più ci interessa riguardo alla fine della convertibilità in oro della moneta?

La chiara dimostrazione che la moneta non ha nessuna necessità di avere una riserva d’oro a garanzia del proprio valore.
Il valore è un concetto della nostra mente. Noi diamo valore ad un bene a seconda dell’utilità che può avere per noi.

Ma allora, su cosa si regge la moneta?

Sulla fiducia che noi riponiamo in essa.

La nostra accettazione in cambio di merci, in previsione che altri la accetteranno da noi.

La moneta ha un valore convenzionale, fiduciario, dato dalla consuetudine, dalla nostra accettazione. Valore confermato e rafforzato dall’essere dichiarata valuta ufficiale di un paese e dal corso forzoso imposto, che induce in essa il valore e la immette in circolazione.

Ma teniamo sempre a mente che la ricchezza vera risiede nei beni, materiali e non; la moneta è solo il mezzo di scambio per poterli raggiungere.
La fiducia nella moneta trova origine nella consapevolezza di poterla convertire, in qualsiasi momento, in beni materiali esistenti.

In presenza di una inflazione galoppante, nonostante sia la valuta legale ed abbia corso forzoso, è sempre la mente umana che decide se sia più conveniente avere denaro o beni materiali.

La reazione popolare è di tenersi beni reali e liberarsi della moneta svalutata. La casa vista come rifugio sicuro riacquista valore.

Pure l’oro sale di prezzo grazie agli “spot” televisivi che lo indicano come bene rifugio.

Mantenendo viva nell’immaginario collettivo quella plurimillenaria identificazione con la ricchezza, la “pubblicità” dei media contribuisce in modo determinante ad aumentarne richiesta e valore.

Ma è anch’esso un inganno.
Sull’isola deserta sono il cibo e un rifugio sicuro i beni indispensabili.

Tra un carico di cibo e acqua fresca o un camion di lingotti d’oro, voi cosa scegliereste?

L’oro ha valore perché, come qualsiasi altro simbolo monetario, noi abbiamo deciso di darglielo. Come per un quadro d’autore, il suo prezzo è ciò che qualcuno è disposto a dare in cambio.
Come metallo, il suo valore intrinseco non è altissimo.

continua….

 

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Paolo MALEDDU

 

Irene Piccolo, esperta di diritto internazionale, non cela la sua perplessità nei confronti del corso politico Russo e Siriano, e tuttavia, dopo una scrupolosa rassegna delle norme internazionali, giunge ad una conclusione senza appello: L’intervento russo in Siria è legittimo. Al contrario i paesi occidentali e la Turchia non solo non hanno ottenuto alcuna licenza che possa legittimare il loro uso della forza, ma nemmeno ci hanno provato: ennesima conferma di un sentimento di eccezionalità che ormai si è trasformato in vero e proprio abito mentale per le classi dirigenti dei paesi NATO.

 

 

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di Irene Piccolo

 

Putin e Obama, avventura in Siria: tra i due litiganti… il diritto gode solo a metà

Abbiamo iniziato la settimana con i raid francesi in Siria, la stiamo chiudendo con quelli russi. Senza andare troppo per il sottile: chi lo sta facendo legittimamente (dal punto di vista giuridico) e chi no?

In questa situazione entrano in gioco alcuni dei principi basilari del diritto internazionale, ma principi semplicissimi, che in confronto le tabelline che impariamo alle scuole elementari potrebbero sembrare questioni astrofisiche:

1. Il divieto di uso della forza;

2. Il divieto di ingerenza negli affari interni di un altro Stato.

La battaglia di Solferino del 1859 aveva portato alla creazione della Croce Rossa Internazionale e aveva indotto gli Stati a ripensare le metodologie della guerra, di modo che nei conflitti a venire si rispettasse in un certo qual modo la dignità umana, evitando di infliggere sofferenze inutili ai combattenti. Così piano piano si arrivò alle normative, tuttora in vigore, sul diritto di guerra (Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907) e su come si conducono le ostilità.Tuttavia gli eventi della I guerra mondiale dimostrarono che esse non erano sufficienti e, con la nascita della Società delle Nazioni, si istituì un primo divieto di ricorso alla forza armata. Esso, ovviamente, non era un divieto assoluto, ma prevedeva che – nel momento in cui uno “sgarbo” tra Stati rischiava di portare al conflitto – questi non ricorressero subito all’ arme ma cercassero una soluzione alternativa per almeno tre mesi (si parlava di procedura di cooling off, cioè “raffreddamento” delle tensioni). Il passo successivo fu fatto nel 1928, con un patto bilaterale tra Francia e USA, il Patto Briand – Kellogg, in cui il divieto divenne un po’ più forte. Ciò tuttavia non impedì la guerra italiana in Etiopia o l’invasione giapponese della Manciuria, né tantomeno lo scoppio della II guerra mondiale.

Arriviamo così al primo vero divieto assoluto (o quasi) a livello globale dell’uso della forza (intesa solo come forza armata): l’art. 2 paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite(1945), secondo cui “I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’ uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”.

224 ottobre 1945: 49 paesi firmano la Carta delle Nazioni Unite che regolamenta e limita l’uso della forza nelle relazioni internazionali

Unica eccezione (per questo motivo ho detto “quasi assoluto”) – N.B. unica eccezione al di fuori delle azioni portate avanti sotto l’egida del Consiglio di Sicurezza ai sensi del Capitolo VII della Carta, di cui vi parlerò più giù – è la legittima difesa prevista all’art. 51 della stessa Carta, il quale recita:

“Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.

Ne consegue che in tutti i casi in cui si faccia ricorso all’ uso della forza armata, e non ci siano questioni di legittima difesa, siamo in presenza di un illecito internazionale.

Ora, così come nel diritto penale interno, anche nel diritto internazionale sono previste le c.d. cause di giustificazione: vale a dire quelle condizioni in presenza delle quali anche se viene commesso un illecito, viene tuttavia esclusa la responsabilità dell’autore di quell’ illecito. Per l’esattezza, abbiamo sei cause che escludono la commissione di un illecito internazionale tra Stati:

1. Consenso dello Stato leso, che si basa sul detto latino volenti non fit iniuria (non c’è danno nei confronti di chi vuole/accetta la commissione di quello specifico atto). Purché il consenso:
• sia validamente prestato (no pressione politica, militare, economica, corruzione, ecc.);
• sia chiaramente accertato (cioè, non è che io immagino che Assad ha detto che le forze russe possono intervenire. No, Assad deve in qualche modo farcelo sapere… un’intervista, una dichiarazione, un atto scritto, quel che gli pare);
• sia prestato dall’organo competente per quello Stato ad impegnarsi internazionalmente (chi più di Assad che è il Presidente?!);
• deve essere prestato prima che il fatto sia commesso, e non a fatto compiuto, stile condono.
Inoltre, ci sono altri due requisiti:
• se il consenso ha dei limiti, la responsabilità dello stato che compie l’illecito viene meno solo entro quei limiti. Non appena li supera, c’è illecito. Faccio l’esempio concreto: se Assad dice a Putin “manda le forze russe a bombardare solo la provincia dell’Anbar”, per i bombardamenti russi all’ interno di tale provincia la Russia è liberata da qualunque responsabilità. Se, per esempio, finisce nel Kurdistan.. beh, allora lì si starebbe violando il divieto di uso della forza armata.
• L’illecito non può riguardare uno Stato terzo: io Siria non posso chiedere a te Russia di andare a bombardare l’Iraq. E se tu Russia lo fai, stai commettendo un illecito.

2. Legittima difesa: di cui vi ho parlato su, e che sostanzialmente si concretizza nell’ utilizzo della forza per respingere un attacco armato;

3. Contromisure: sono come la legittima difesa, ma si riferiscono ad illeciti diversi dall’ attacco armato (ad esempio, tu Stato X violi una disposizione di un accordo commerciale che hai fatto con me, allora io faccio altrettanto con te finché non ritorni sui tuoi passi. Secondo il principio inadimplenti non est adimplendum: non ho l’obbligo di adempiere [ai miei obblighi] nei confronti di chi non li adempie a sua volta);

4. Forza maggiore: verificarsi di una forza irresistibile o di un evento imprevisto, al di fuori del controllo dello Stato, che rende materialmente impossibile nelle circostanze del caso adempiere all’obbligo giuridico.
Es. un’alluvione fortissima e imprevedibile colpisce una fabbrica di composti chimici, al confine con un altro Stato, il che causa sversamenti nocivi sul terreno di quest’altro Stato. Ora, lo Stato sul cui suolo si trova la fabbrica non sarebbe responsabile per violazione di obblighi ambientali previsti dalle normative internazionali, a meno che non fosse provata una sua responsabilità (ad es. politiche nazionali di sicurezza degli impianti non adeguate, o inesistenti). Ho preso un esempio un po’ complicato, perché poi per la normativa ambientale ci sono diversi livelli di responsabilità e regole più stringenti. Ma era solo per farvi capire il concetto.
In pratica, la causa di giustificazione vale solo se la situazione di forza maggiore non è stata causata dallo Stato o lo Stato non si è preso il rischio che si verificasse.

5. Estremo pericolo: quando l’autore dell’illecito non ha altro modo ragionevole, in una situazione di estremo pericolo, di salvare la propria vita o quella delle persone affidate alle sue cure. Vale solo a difesa della vita, non anche della sola integrità fisica!
Ovviamente in questo caso ad agire è per forza un individuo e non uno Stato, inteso come apparato, ma è comunque un individuo che agisce per conto dello Stato (ad esempio un soldato). Anche qui non si deve aver causato in qualche modo tale pericolo e, allo stesso tempo, la violazione che si compie non deve causare un danno superiore a quello che si cerca di evitare (es. per salvare la vita di una persona ne ammazzo cinquanta)

6. Stato di necessità: la necessità induce lo Stato a commettere un atto teoricamente illecito perché è il solo mezzo per proteggere l’interesse nazionale contro un pericolo grave ed imminente e purché tale atto non leda a sua volta un interesse essenziale dello Stato nei cui confronti si aveva l’obbligo o nei confronti della comunità internazionale tutta. Tuttavia, anche qui, se lo Stato ha contribuito al realizzarsi della situazione di necessità, non c’è giustificazione.

3Dicembre 1941: truppe giapponesi in Thailandia. Il Giappone sostenne di avere legittimamente occupato il paese essendo stati i nipponici invitati dal Presidente Phibun (in realtà l’invito giunse alcune ore dopo l’attacco giapponese)

In più, ci sono degli obblighi che non possono essere violati neppure in caso di stato di necessità (ad es. quelli di diritto internazionale umanitario, vale a dire quelle norme che proteggono combattenti e non combattenti, ovviamente con modalità diverse, nel corso di conflitti armati).

Esempio pratico: lo stato di necessità fu invocato da Israele per la costruzione del muro nei Territori palestinesi, dal momento che affermavano che la costruzione era motivata dal continuo attacco, attraverso lancio di granate e altro, da parte dei palestinesi. La Corte Internazionale di Giustizia, in un parere, disse che in quel caso non si poteva invocare lo stato di necessità perché il muro avrebbe impedito l’applicazione del diritto internazionale umanitario.

Queste che vi ho elencato sono le uniche e sole cause di giustificazione esistenti nel diritto internazionale generale.

Torniamo ora alla Siria.
Nel settembre 2014 sono iniziati i bombardamenti in Siria da parte degli Occidentali (nel tempo si sono succeduti e alternati raid americani, australiani, britannici e – più di recente – quelli francesi). Una delle motivazioni che sembra aver mosso gli occidentali, oltre ovviamente alla lotta allo Stato islamico, è la preoccupazione che i foreign fighters (combattenti stranieri) provenienti dai loro territori e andati a combattere in Iraq e Siria potessero rientrare sui rispettivi territori nazionali e compiere attentati (motivazione particolarmente valida per l’Australia, da cui non partono solo i combattenti ma anche moltissime donne che decidono di andare a sposare i combattenti, conosciuti attraverso i social network. In particolare attraverso un’applicazione telefonica per incontri che si chiama “Jihad Matchmaker”).

Questi raid hanno avuto luogo un mese dopo l’adozione, il 15 agosto 2014, all’unanimità, da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, di una risoluzione in cui si classificavano ISIS, Al-Nusra e tutti gli altri individui collegati ad Al-Qaeda come gruppi terroristici: la risoluzione 2170. A questo link trovate sia il testo della risoluzione (in basso), sia le dichiarazioni dei cinque “Grandi” (USA, Francia, Regno Unito, Cina, Russia) sul perché del loro voto favorevole al testo. Quindi se le dichiarazioni di Putin fossero state “bombarderemo i terroristi”, nel caso in cui colpissero anche Al-Nusra, nessuno gli potrebbe dire alcunché.

4Un AV 8B Harrier Australiano – L’aviazione australiana compie missioni su obiettivi del Califfato in Siria dal Settembre 2015

Volutamente tralascio qui la trattazione, e il probabile dibattito che ne seguirebbe, sia delle vere motivazioni americane sia di quelle russe ad andare in Siria (se vorrete, ne parleremo in un futuro post. Fatemi sapere se può interessarvi). Qui voglio parlare solo e unicamente di ragioni giuridiche.

La situazione che ora ci ritroviamo di fronte è questa:

1) Raid occidentali su Siria e Iraq (l’ISIS occupa parti di territorio di entrambi gli Stati; infatti, nato in Iraq, si è poi allargato in Siria), fuori dal mandato ONU:
– il governo centrale iracheno ha dato il consenso a intervenire sul suo territorio (vedi causa di giustificazione n.1);
– il governo centrale siriano no. In realtà, per quel che ne so, tale consenso non gli è proprio stato chiesto, dal momento che uno dei punti saldi della posizione occidentale era (in questi giorni qualcuno la sta rivedendo) che Assad non era più da considerarsi rappresentante legittimo dello stato siriano.

2) Raid russi sulla Siria, anch’essi fuori dal mandato ONU. C’è il consenso di Assad (e oltre a questo, vi è un Trattato di cooperazione e amicizia, tra Siria e Russia, del 1980 [ndr. Sì, allora era Unione Sovietica, ma l’ONU ha pacificamente accettato e riconosciuto che la Russia succedesse all’URSS in tutti i trattati da questa precedentemente siglati, quindi il problema non si pone], in cui si prevede anche la cooperazione militare tra i due Stati. E qualora la Siria dovesse chiedere l’aiuto russo, quest’ultimo non potrebbe essere negato). Ancora non mi sembra che la Russia sia intervenuta anche sulla parte irachena del Califfato ISIS ma, qualora ciò avvenisse, l’Iraq ha già fatto sapere che darebbe il proprio consenso.

Quindi, il punteggio quanto alla legalità, in questo momento è: Russia 2 – Occidente 1.

5L’incontro Putin Obama a New York, a latere dell’Assemblea ONU. Anche se Obama ha criticato l’intervento russo in Siria sono le sue truppe, non quelle russe, a violare il diritto internazionale bombardando il territorio siriano.

Mi si potrebbe obiettare che la Russia vince facile visto che Assad è amico suo. All’apparenza è così. Ma permettetemi di raccontarvi quest’altra cosa.

Dunque, l’ONU può autorizzare, tramite votazione del Consiglio di Sicurezza, un intervento armato ai sensi del Capitolo VII della Carta dell’ONU (intitolato “Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione”), composto dagli articoli che vanno dal 39 al 51 (quello che vi ho citato prima sulla legittima difesa).

L’articolo 39 è fondamentale perché prevede che

“il Consiglio di Sicurezza accerta l’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazioni o decide quali misure debbano essere prese in conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.”

Questo significa che per poter procedere, prima devono essere d’accordo sul fatto che la situazione sotto esame sia una minaccia alla pace O una violazione della pace O un atto di aggressione. Solo dopo si può passare ad adottare le misure previste all’art. 41 (non implicanti l’uso della forza armata. Es. sanzioni economiche) o quelle dell’art.42, il quale recita

“Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell’ articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite”.

Ovviamente per fare ciò non ci deve essere il veto di nessuno dei cinque Grandi di cui sopra.

Si dirà: Putin è amico di Assad e ha votato contro. Non c’è niente da fare.

Domanda: durante la guerra fredda USA e URSS andavano sempre d’accordo? Non vi sono stati interventi armati di sorta da parte dell’ONU? di quelli pienamente legittimi s’intende…
Dunque, nel 1950, quindi in piena guerra fredda, scoppia la c.d. Guerra di Corea. Corea del Nord appoggiata dall’URSS, Corea del Sud dagli Stati Uniti. Il Consiglio di Sicurezza era quindi in pieno stallo, non si procedeva.

Allora si trovò una soluzione (perché quando si vuole le soluzioni si trovano). L’Assemblea Generale (dove sono rappresentati tutti gli Stati membri dell’ONU) votò una risoluzione, chiamata Uniting for Peace (Uniti per la pace), la numero 377 del 1950. In essa si stabiliva che (Capo A)

“se il Consiglio di sicurezza, in mancanza di unanimità dei membri permanenti, non dovesse adempiere al suo compito primario di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, qualora si profilasse una qualsiasi minaccia per la pace, violazione della pace o atto di aggressione, l’Assemblea generale dovrà occuparsi immediatamente della questione e indirizzare le opportune raccomandazioni ai Membri per deliberare misure collettive da adottare, incluso, se necessario, nel caso di una violazione della pace o di atti di aggressione, l’uso di forze armate, per mantenere o ripristinare la pace e la sicurezza internazionali”.

Ora, questa risoluzione non è “scaduta” né è stata tantomeno sostituita da atti successivi. Se l’Occidente avesse voluto intervenire in Siria rispettando il diritto internazionale, avrebbe semplicemente dovuto convocare gli Stati membri dell’ONU (con il Sud Sudan siamo arrivati a 193) e convincerli della bontà dell’intervento militare in Siria. Non posso metterci la mano sul fuoco, ma ad occhio e croce non credo che tutti i Paesi dell’Assemblea Generale siano amici di Putin o di Assad. O comunque sarebbe stato bello vedere che USA & Co. almeno avessero provato ad ottenere l’adozione di questa risoluzione, anziché limitarsi a dire “la Russia blocca i lavori”. Per quel che ne so, nessun tentativo è stato fatto in tal senso.

6Truppe USA in Corea. Lo stallo creatosi nel consiglio di sicurezza dell’ONU sollecitò una deliberazione legittimante dell’Assemblea. Nessun passo per ottenere una simile autorizzazione è stato compiuto dagli occidentali in Siria

Così facendo, non solo USA, Regno Unito, Francia e chi con loro è intervenuto in Siria, hanno violato il divieto di uso della forza armata, ma anche violato un altro dei sei principi fondamentali del diritto internazionale (elencati nella risoluzione 2625 del 1970, adottata dall’Assemblea Generale, sulle Relazioni amichevoli tra gli Stati): il divieto di ingerenza negli affari interni di un altro Stato.

In questo principio rientra il divieto agli Stati di:

• stabilire quale organo di uno Stato straniero è competente a compiere specifiche attività o di costringere uno Stato straniero a tenere un determinato comportamento;

• intromettersi nelle questioni interne di altri Stati;

• aiutare i ribelli, quando in uno Stato scoppia un’insurrezione. Unica eccezione si ha quando i ribelli siano classificabili come movimento di liberazione nazionale, cioè stiano esercitando il diritto di autodeterminazione dei popoli. Ma qui apriremmo una parentesi infinita, che invece rinvio a future trattazioni. E in ogni caso, a mio modo di vedere, qui non ci ritroviamo davanti a un caso di autodeterminazione dei popoli [ndr. unico caso esaminabile in tal senso sarebbe quello dei curdi, ma si tratterebbe di una rivendicazione non solo nei confronti della Siria, ma anche della Turchia e dell’Iran, se andate sull’atlante a vedere qual è la regione del Kurdistan.

Davvero, usciremmo fuori dal seminato. Lo faremo in un altro articolo]

Il punto è che Assad può piacere o non piacere; a me non piace, per esempio.

Ma, se lo si vuole rispettare, il diritto internazionale è più elastico di quello che sembra. Le occasioni te le dà per “metterti in regola”.

Putin, che in patria non si fa problemi a dettare la propria linea anche quando ciò implica per esempio limitazione o soppressione della libertà di espressione del pensiero, è riuscito a essere inattaccabile dal punto di vista del diritto internazionale nella questione siriana. Com’è possibile che l’Occidente – che è il principale redattore delle norme di diritto internazionale (che è per sua natura un diritto occidentale) – non sia riuscito a conformarvisi?

Il diritto internazionale ha una “debolezza”: quello di essere fatto dagli Stati. Ma allo stesso tempo ha una forza: gli Stati si vincolano ad esso. Ed una volta che una norma si è formata, e gli Stati si sono vincolati, non basta una disapplicazione (quindi un comportamento difforme degli Stati che invocano altre priorità o interessi) perché il diritto venga meno.

Una volta che il diritto è formato, è formato. E a cambiarlo ci vuole molto tempo.

Quindi, ovvio, per via della Realpolitik, che ogni Stato tenterà di piegarlo al proprio interesse; ma il diritto non si piega. La sua non conoscenza, tuttavia, da parte dell’opinione pubblica, consente agli Stati di distorcerlo e di farne un uso e consumo discutibile.

tratto da: (clicca qui)

 

2015.10.04 – La rivoluzione globale di Putin

Posted by Presidenza on 4 Ottobre 2015
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Kiev ha ammesso di aver compiuto dei crimini di guerra, nel Donbass. Nel corso di una sola giornata i media ucraini hanno pubblicato vari articoli su quest’argomento, dall’ammissione che Oles Buzina [giornalista e scrittore ucraino] era stato ucciso da un commando di ‘forze speciali’ del Ministero degli Interni, al riconoscimento dei crimini commessi dai ‘battaglioni territoriali’.
Tutto questo, ovviamente, non sarebbe successo senza un preciso ordine dall’Ambasciata Americana.

 

Pubblicazione1

 

DI ORIENTAL REVIEW

 

Contrariamente alle aspettative dei tanti esperti che prevedevano una ‘seconda Monaco’ [29-30 Settembre 1938] da parte di Putin, il Presidente russo non ha fatto grandi proclami nel suo discorso all’’Assemblea Generale delle Nazioni Unite’ che si è tenuta a New York [26-30 Settembre 2015]. E’ stato molto più mite di quanto si potesse immaginare.

Molto emotivo, al confronto, il discorso di Obama, pieno di apodittiche e stridenti pretese. Il Presidente degli Stati Uniti è sembrato un po’ triste e, occasionalmente, anche un po’ comico. C’é stato un passaggio, ad esempio, in cui ha chiesto la cacciata di Assad ma poi, meno di un giorno dopo, ha fatto marcia indietro cambiando la posizione degli Stati Uniti …

Dopo i rispettivi discorsi Putin e Obama si son seduti per una conversazione durata quasi due ore, dopo la quale il Presidente degli Stati Uniti non ce l’ha fatta a ‘riprendersi’ in modo sufficiente per alzarsi e parlare con i giornalisti. Il Presidente russo ha tenuto da solo la successiva conferenza stampa.

Cos’è che abbiamo imparato in questi ultimi giorni di Settembre che, secondo molti osservatori, hanno sepolto l’idea di un mondo unipolare?

Gli Stati Uniti, innanzitutto, hanno profondamente cambiato il loro atteggiamento verso il regime di Poroshenko in Ucraina. Hanno messo insieme un ‘gruppo di politici di riserva’ e revocato il ‘via libera’ all’azione militare. Il Primo Ministro in carica, Arsenij Yatsenyuk, sarà probabilmente sostituito da Sergey Lyovochkin, già Primo Ministro dell’ex Presidente Yanukovich e membro dell’‘Opposition Block’ [Partito che raggruppa le forze politiche che a suo tempo si sono opposte agli eventi di ‘Euromaidan’].

Considerando la pacificazione di Kiev e delle regioni del sud-est (conformemente alle condizioni poste dal Cremlino) ed inoltre il ritiro degli Stati Uniti dall’Ucraina (con il ritorno di questo paese nel cono d’ombra dell’agenda mondiale), la scommessa degli Stati Uniti sull’‘Opposition Block’ ha perfettamente senso.

Lo stesso 30 Settembre, a Minsk, Aleksandr Zakharchenko e Leonid Kuchma hanno confermato che le armi di calibro superiore a 100 mm sarebbero state arretrate di 15 km rispetto alla linea del fronte, in pratica la fine delle ostilità. Nei precedenti sette mesi non era stato possibile raggiungere alcun accordo su questo punto.

Allo stesso tempo Kiev ha ammesso di aver compiuto dei crimini di guerra, nel Donbass. Nel corso di una sola giornata i media ucraini hanno pubblicato vari articoli su quest’argomento, dall’ammissione che Oles Buzina [giornalista e scrittore ucraino] era stato ucciso da un commando di ‘forze speciali’ del Ministero degli Interni, al riconoscimento dei crimini commessi dai ‘battaglioni territoriali’.

Tutto questo, ovviamente, non sarebbe successo senza un preciso ordine dall’Ambasciata Americana. Si devono poi aggiungere le dimissioni di Evelyn Farkas, l’alto funzionario del Pentagono che supervisiona le vicende militari fra Russia e Ucraina. La Sig.ra Farkas tiene quella posizione da cinque anni e lascerà ufficialmente l’incarico a fine Ottobre.

Da notare che aveva sempre insistito per l’attuazione di misure di ritorsione contro la Russia, conseguentemente alla sua politica in Ucraina, facilitando al contempo la concessione di aiuti finanziari a Kiev.

Tutto questo è avvenuto a meno di un giorno dal discorso di Vladimir Putin e dal suo incontro con Barack Obama. Questo significa, palesemente, che tutti gli eventi descritti sono il risultato di un accordo. Quelli che stiamo vedendo sono solo i primi frutti, ce ne saranno altri in futuro.

Ma la tendenza è fin d’ora piuttosto chiara: gli Stati Uniti hanno riconosciuto la legittimità delle richieste russe, ovvero che l’Ucraina è nella sfera d’interesse della Russia.

In secondo luogo, la situazione ‘in’ e ‘attorno’ alla Siria è cambiata radicalmente nel corso di una sola giornata. Gli Stati Uniti non insistono più sulle dimissioni di Assad. Non si oppongono più al coinvolgimento militare dei russi nelle operazioni contro l’ISIS e, anzi, sono pronti ad avviare dei negoziati [con la Russia] per formare un ‘fronte unito’ contro i terroristi.

Dopo che Assad ha chiesto assistenza militare a Mosca – e dopo che il ‘Consiglio della Federazione’ [russa] ha approvato l’uso delle ‘forze aeree’ contro i terroristi in Siria – gli aerei russi hanno lanciato dei pesanti attacchi contro le roccaforti dell’ISIS.

Quello che sarebbe stato finanche impensabile la mattina del 28 Settembre è diventato realtà un giorno e mezzo dopo, a prova del drammatico cambiamento del quadro geopolitico globale.

La rivista ‘Time’ proprio il giorno prima aveva scritto: “Se Putin ottenesse il consenso di Obama per portare avanti la sua proposta avrebbe ottenuto uno dei più grandi trionfi diplomatici dei suoi 15 anni di potere”.

Questo significa che la vittoria della Russia è ora ufficiale. Ma resta una domanda: la vittoria su chi?

Quello che intendo dire e che, anzi, voglio sottolineare, è che non si tratta di una vittoria su Obama – come molti ‘esperti’ stanno semplicisticamente cercando di presentarla – ma su un potente ‘gruppo sovranazionale’ che utilizza gli Stati Uniti come un ariete per precipitare il mondo in un nuovo Medioevo.

La reazione di questo ‘gruppo sovranazionale’ contro l’accordo tra Putin e Obama è seguita con notevole rapidità. Di punto in bianco Hillary Clinton si è lanciata in una violenta filippica contro Obama. Ma non per gli accordi con la Russia sulla Siria e l’Ucraina, come ci si sarebbe potuto aspettare, ma per una questione puramente interna: l’ObamaCare [la riforma obamiana del ‘sistema sanitario statunitense’].

Lasciando da parte, per il momento, il contenuto del suo discorso, già largamente citato [dai media], cerchiamo di rispondere alla domanda principale: perché Putin lo ha indirizzato a tutta la ‘comunità internazionale’? Non poteva semplicemente pubblicare un articolo su uno qualsiasi degli organi di stampa internazionali?

La risposta è molto semplice: per lo stesso motivo per cui ha aiutato uno stormo di giovani ‘gru siberiane’ ad arrivare nel punto esatto in cui dovevano recarsi [http://en.kremlin.ru/events/president/news/16391]. Il contenuto del suo discorso a New York, rivolto ai leaders e ai ‘decisori’ occidentali, è largamente in secondo piano rispetto alla sua componente psicologica. Il tempo ce ne rivelerà il significato.

Ma, guardando a come si è evoluto il quadro globale tra il 29 e il 30 Settembre, dobbiamo prendere atto che le dichiarazioni di Putin sono decisamente andate a segno. Egli è stato molto più che ascoltato.

Sono stati immediatamente raggiunti degli accordi specifici sui primi passi da muovere per uscire dal pantano in cui le élites mondialiste, agendo dietro le quinte, hanno portato il mondo.

tratto da: (clicca qui)

2015.10.01 – La Grande Truffa –11° parte

Posted by Presidenza on 1 Ottobre 2015
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index

 

 

A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

 

 

 

 

 

 

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

La Grande Truffa – dalla 1° alla 10° parte

 

 

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

11° parte

 

 

…………..

Sarà il giusto compenso per il lavoro svolto a favore del popolo italiano?

L’osmosi tra mondo politico e bancario non è un fenomeno prettamente italiano, ma presente in maniera ancor più accentuata negli Stati Uniti e nel resto del mondo.
Questa ormai plurisecolare complicità permette che oggi i banchieri dettino le regole dell’organizzazione sociale a politici ai quali non rimane altro che eseguire.

Tenete bene a mente le disposizioni emanate dalla “Banca dei Regolamenti Internazionali”, conosciute come Basilea uno e Basilea due, ed a noi imposte in maniera assolutamente dittatoriale, senza alcun margine di trattativa, dalle banche nelle quali abbiamo il conto corrente: veri e propri soprusi emanati in virtù di governi nazionali vuotati di ogni potere che non vogliono e non possono difenderci, e banchieri in pieno comando in Europa.

I politici hanno ceduto il privilegio appartenente al popolo sovrano dell’emissione monetaria al sistema bancario.

Ogniqualvolta ha bisogno di soldi lo stato deve chiederli in prestito ai grandi capitali privati.

Secondo voi, tra colui che è costretto come un qualsiasi nullatenente a chiedere umilmente e colui che possiede ed ha la possibilità di prestare denaro ad interesse, chi ha più potere?

La grande Usura internazionale si sta impossessando di tutta la ricchezza prodotta dal popolo, tanto nel nostro paese come nel resto del pianeta.
A voi decidere per chi questa nutrita schiera di banchieri-politici pagati da entrambi, popolo e banche, stia lavorando: per noi o per il sistema bancario?

Cosa dà la banca centrale in cambio delle cambiali firmate da noi?
Nella migliore delle ipotesi, biglietti di “carta colorata” e stampata chiamati banconote, oppure un impulso elettronico del computer di costo nullo.
Una semplice scrittura contabile, un accredito sul conto corrente dello stato.
La banca centrale, mentre si impossessa gratuitamente dei Bot, ci presta ad interesse il nostro denaro.

Come paghiamo noi alla scadenza le cambiali firmate?
Con un odioso prelievo fiscale.

Come paghiamo il prelievo fiscale?
Con i frutti del nostro lavoro, se siamo abbastanza fortunati da produrne, in caso contrario con le proprietà immobiliari che ci verranno sequestrate.

Le tasse non dovevano servire a pagare i servizi elargiti dallo stato?

Questo è ciò che ci viene raccontato, la versione “ufficiale”, virtuale.
In verità la tassazione serve soprattutto a ritirare denaro dalla circolazione per impedirci di vivere tranquilli, per garantire il pagamento delle obbligazioni di stato ed i costi della politica:

l’acquisto cioè del consenso popolare per il mantenimento del potere politico.
Dal momento che le imposte non sono più sufficienti a coprire tutti questi costi e risulta difficile aumentare ulteriormente una imposizione fiscale già insopportabile, si stanno eliminando i servizi per i cittadini.
I famosi “tagli alla spesa pubblica” non sono altro che l’eliminazione dei servizi per poter dedicare sempre più soldi al pagamento del debito pubblico ed alla riconferma del consenso popolare.

Con i nostri soldi sono state costruite tutte le infrastrutture necessarie a rimettere in moto il paese dopo la seconda guerra mondiale. Strade, porti, aeroporti, le ferrovie dello stato, acquedotti e fognature, scuole pubbliche e ospedali. Sono state acquistate, salvate e sostenute grandi aziende di energia elettrica, telefonia, industrie alimentari, manifatturiere, metallurgiche, automobilistiche, cantieri navali e così via.

Dopo aver messo i soldi per costruire le strade, dovremmo esserne i padroni, non vi pare?

Perchè allora continuiamo a pagare per lasciare l’auto ferma sulla nostra proprietà (il parcheggio), per averla lasciata troppo a lungo (la multa), per avere il permesso di far entrare l’auto nel garage (il passo carrabile), o solamente per attraversare le autostrade ?

Per non parlare del bollo di circolazione, della tangente del 21% di Iva sull’auto, della revisione periodica, del 70/80% di tasse sui carburanti, dell’assicurazione obbligatoria, dei salvataggi dell’industria automobilistica coi soldi di tutti noi, e probabilmente dimentico qualcosa.

Con i nostri soldi è stata messa in piedi e chissà quante volte salvata l’Alitalia, “la compagnia di bandiera”. Noi continuiamo a pagare l’acquisto dei nuovi aerei, gli stipendi dei dipendenti, il carburante, i costi di gestione, le divise “firmate”: dovremmo volare gratuitamente.

I biglietti sono sempre stati invece carissimi (noi sardi né sappiamo qualcosa), spendiamo la metà rivolgendoci a compagnie private low cost per le quali non abbiamo dovuto sborsare una lira, almeno apparentemente.

Lo stesso discorso vale per i traghetti di stato, la televisione pubblica, l’acqua che scende gratis dal cielo e che arriva nelle nostre case e nei campi da irrigare grazie ad acquedotti e dighe costruite con i nostri soldi.

Ciò che succede con la casa di abitazione, alla quale tutti dovrebbero avere diritto, è semplicemente scandaloso: costruita nonostante spropositati ed ingiustificabili costi burocratici e materiali, non sarà mai completamente nostra, pagheremo qualche imposta per tutta la vita. Ed anche oltre.
La “nostra” casa continuerà a pagare anche quando non ci saremo più, dal momento che le tasse sulla proprietà gravano sull’immobile in maniera perenne.
Inoltre sarà sempre a rischio sequestro.

È matematico che a molti di noi venga pignorata la casa o qualche altra proprietà immobiliare, dal momento che risulta impossibile, come vedremo in seguito, che il popolo italiano nel suo insieme possa, in questo sistema monetario basato sul debito inestinguibile a causa dell’interesse, restituire il denaro avuto in prestito dal sistema bancario.

Possiamo dire di essere proprietari della nostra casa, o stiamo piuttosto pagando un affitto eterno, illegittimo, che va ben oltre la durata temporale delle nostre vite?
Neanche la Costituzione Italiana, che con l’articolo 42 riconosce e garantisce la proprietà privata, riesce a contrastare la forza del denaro dell’Usura internazionale.
Il diritto ad un rifugio sicuro, ad un piccolo spazio privato, preso di mira per seminare insicurezza nel futuro.

Per accelerare sequestri e pignoramenti ora è stata potenziata una società pubblico/privata già oggetto di accese contestazioni per comportamenti vessatori nei confronti dei contribuenti.
Naturalmente, come sempre nel nostro mondo virtuale, è stato scelto un nome ingannevole, Equitalia, per un più rapido ed “equo” pignoramento delle vostre proprietà.

Paghiamo tutto due o tre volte perché il denaro viene dirottato a nostra insaputa verso banche e capitale privato, nel vano tentativo di compiere qualcosa di irrealizzabile: restituire ai grandi Usurai i soldi che i nostri governanti non hanno voluto stampare a costo nullo per noi, preferendo indebitarci per sempre.

Il popolo non capisce e la rivoluzione non arriva: le parole di Henry Ford, pronunciate un centinaio di anni fa, appaiono più che mai attuali, ma rimangono solo un ammonimento.

La quasi totalità di queste infrastrutture costruite nel dopoguerra è stata poi “privatizzata”, a partire dagli anni ‘90.
Le attività redditizie sono state praticamente regalate a prezzi stracciati agli amici ed alle multinazionali indicate dalla Goldman Sachs, banca d’affari con enorme influenza e potere, consulente dei vari governi italiani in materia di dismissioni in questi ultimi ventanni.

Le attività oberate di debiti, non redditizie, sono rimaste allo Stato ed i costi “socializzati”: paghiamo noi, come sempre.
I servizi rimasti verranno presto ceduti a privati.

Segnatevi questa sigla: Gats. Sarà presto fonte di grandi disagi per noi tutti. È una sigla inglese che si può tradurre in italiano come “ accordi generali per il commercio dei servizi”.
Significa che gli stati potranno e dovranno cedere alle multinazionali servizi tanto essenziali come la sanità, la pubblica istruzione, la telefonia, l’acqua.

Vuol dire niente più tariffe agevolate per farmaci e visite mediche, scuola pubblica e assistenza agli anziani: pagheremo tutto a dei privati ai prezzi da loro imposti.
È la fine dello stato sociale.
Di gratuito rimarrà solo l’aria che respiriamo.

Anche l’acqua che sgorga gratis dalle fonti è diventata proprietà privata di poche multinazionali mondiali che se ne stanno accaparrando il monopolio per rivendercela a prezzi convenienti: per loro, naturalmente.

Le privatizzazioni sono state presentate come un affare per tutti noi: ci saremmo liberati di costi inutili, avremmo incassato grandi cifre da impiegare naturalmente per il bene comune, i prezzi dei servizi sarebbero scesi grazie al nuovo regime di concorrenza tra privati nel libero mercato.
Altro che monopolio pubblico!

C’è abbastanza materiale per scrivere interi capitoli, il disgusto è troppo grande.

Digitate Romano Prodi e Mario Draghi, accoppiandoli a “Britannia” e Goldman Sachs su google; oppure Amato, D’Alema e privatizzazioni: scoprirete una storia vergognosa e i danni procurati alla nostra economia da una intera classe politica ignobile.

Aggiungo solo che anche Romano Prodi è stato sul libro paga della Goldman Sachs come consulente, magari lo sarà ancora. Con il suo momentaneo declino, Gianni Letta, il cervello di Berlusconi, è entrato nel libro paga come consulente: per la Goldman Sachs che siano di sinistra o di destra poco importa.

L’unico servizio statale veramente insopprimibile è la spesa per mantenere tutti i corpi militarizzati: esercito, forestale, carabinieri e polizia, strumenti indispensabili per poter imporre con la forza il rispetto di molte leggi ingiuste e vessatorie, e per proteggere i potenti dalle sempre più possibili esplosioni incontrollate di ira da parte della popolazione.

Costretti a pagare i nostri carcerieri.

Non vedete ciò che succede ogni volta che i potenti della terra si riuniscono per dare un altro giro di vite alle nostre libertà? Vengono mobilitate aviazione, marina, esercito e polizia. Grandissime misure di protezione contro il “terrorismo internazionale”, dicono loro.
Menzogne.

Ciò che sta invece succedendo è che fasce sempre più ampie di popolazione, specialmente i giovani, riescono ad intravedere la verità dell’inganno globale attraverso la cortina fumogena virtuale e non sono disposte a sopportare oltre.
Nessun pericolo per i potenti, naturalmente, protetti da un enorme dispiegamento di forze, guerre stellari cinematografiche pagate dai contribuenti.

La battaglia è tra popolani: contestatori da una parte e difensori dell’ordine pubblico dall’altra.
Entrambi gli schieramenti costituiti da figli del popolo, resi con l’inganno nemici sul campo di battaglia, ma uniti dal comune destino di vittime del sistema.
I due lati contendenti sono poi infiltrati da sabotatori con l’obiettivo di confondere, e le manifestazioni degenerano, giustificando così la presenza di tale dispiegamento di forze.
Tornando all’emissione del denaro, la cambiale individuale è garantita dal mio lavoro e dalle mie proprietà; la cambiale collettiva, le obbligazioni di stato, sono garantite ugualmente dal mio lavoro e dalle mie proprietà, questa volta sommate a quelle di tutti gli altri membri della società.
I soldi della mia cambiale individuale potrò spenderli come vorrò, sicuramente a beneficio mio e dei miei cari, quelli della collettività verranno spesi dal governo.

A nostro beneficio?

Ancora molti dubbi in proposito.

Ognuno di voi potrebbe scrivere un libro in materia.
La ripartizione del reddito nazionale, è di questo che si tratta, è stata decisa già da tempo.
La fetta più consistente è appannaggio del sistema bancario e del grande capitale.
La popolazione produce tutta la ricchezza del paese con il proprio lavoro.
I banchieri producono dei biglietti di carta a costo zero.
I politici prelevano la ricchezza del popolo attraverso mille imposizioni e la consegnano alla grande Usura in cambio dei biglietti di carta.

La moneta è la linfa vitale dell’economia, così come il sangue lo è per il corpo umano.
Noi siamo nella situazione di un paziente al quale sia stato prelevato molto sangue, e per riaverlo sia costretto a pagarlo a caro prezzo, nonostante gli appartenga. In più, chi glielo ha prelevato, decide arbitrariamente di rivenderglielo in piccole dosi. O di bloccare completamente l’erogazione. La carenza di liquido vitale provoca scompensi sempre più gravi che mettono in pericolo la vita stessa del paziente.

Vorreste continuare a vivere così?
Non avete che da lasciare che banchieri e politici continuino a gestire a loro piacimento la moneta, il sangue che ci fa vivere.

In conclusione parliamo un po’ di calcio, per evadere.
È il trucco usato dagli usurai per anestetizzarci, l’intrattenimento televisivo per rinchiuderci nel mondo virtuale, il “panem et circenses” dei romani.

Ma noi usiamo il calcio per far ragionare, non narcotizzare, il nostro cervello.

Milan – Juve

Domenica c’è Milan – Juventus a San Siro. Forza Juve!

Giocando in casa, tutto il lavoro di preparazione della partita è sulle spalle del Milan. I dirigenti del club contrattano imprese di pulizia per tirare a lucido lo stadio, chiamano i giardinieri per curare il tappeto erboso, fanno controllare i riflettori, prendono accordi con giornali e televisioni per pubblicizzare l’incontro, pagano profumatamente calciatori e allenatori. Come nella società degli uomini, c’è tanto lavoro da svolgere e una moltitudine di persone coinvolte.

Le squadre di calcio sono un microcosmo, il lavoro è ripartito tra tutti per il raggiungimento del bene sociale: l’incasso della partita, il reddito da distribuire.

Un dirigente va a ritirare gli 80 mila biglietti d’ingresso fatti stampare dalla Tipografia Centrale. Con sua grande sorpresa, invece delle poche migliaia di euro che si aspettava di dover pagare per il semplice lavoro di stampa dei biglietti, il tipografo chiede l’intero valore nominale impresso su di essi: 100 euro per ogni biglietto di tribuna centrale coperta, 60 euro per quelli di tribuna laterale, 20 euro per le curve.

Al dirigente viene da sorridere.
La Tipografia Centrale vorrebbe impossessarsi di tutto l’incasso solo per aver stampato i mezzi di scambio che lo rappresentano.
Il Milan fa tutto il lavoro per produrre un reddito, il tipografo vorrebbe sottrarglielo.

Secondo voi, a chi dovrebbe andare l’incasso?
La risposta è scontata, pare ridicolo anche porsi la domanda.

Un onesto dirigente del Milan, nonostante l’offerta del tipografo di una generosa fetta della torta da spartire, non si presta a partecipare ad una truffa tanto ignobile.

Ebbene, ciò che in questa metafora appare tanto assurdo è ancor più grave nella vita reale.
Noi, il popolo, facciamo tutto il lavoro fisico. Dovremmo dividerci l’incasso, ma i nostri dirigenti/rappresentanti politici acquistano i biglietti al valore nominale, consegnando quindi alla Banca d’Italia tutto l’incasso, il frutto del nostro lavoro.

La popolazione fa tutto il lavoro, le banche prendono l’incasso.

Il popolo semina, i banchieri raccolgono i frutti.
Tutta la ricchezza prodotta finisce nelle mani della grande Usura.

I politici consegnano ai banchieri, con le obbligazioni di stato garantite dal prelievo fiscale, il reddito nazionale da noi prodotto, in cambio di banconote costate il valore della stampa.

La Banca Centrale, per nostra sfortuna, a differenza della Tipografia Centrale, non si è ancora imbattuta in dirigenti onesti.

Il dirigente del Milan ha una soluzione facile facile: si rivolge ad un’altra tipografia. A noi ciò non è permesso, perché in ciascun paese c’è una sola Banca Centrale, con il monopolio dell’emissione monetaria.

Noi siamo costretti a comprare quei biglietti al valore nominale impresso su di loro, gravati perdipiù di un interesse assassino.

Il dirigente che acquista quei biglietti al valore nominale mette il Milan in grande difficoltà: dopo aver pagato operai e calciatori, i soldi rimasti non sono sufficienti per saldare il debito con la Tipografia Centrale.

Che fare?

Il Milan è costretto a spiegare ai propri dipendenti che deve riprendersi gran parte dello stipendio appena consegnato, per poter tutti assieme contribuire a saldare il debito con il tipografo.

Ai lavoratori rimangono giusto i soldi per pagare l’affitto, la luce, il gas, l’acqua, il ritiro rifiuti, la rata dell’auto, il bollo, l’assicurazione, la benzina per andare al lavoro, il canone Rai, i vestiti e il pane.

Ed il tipografo?

Se riesce a corrompere i dirigenti di tutte le squadre facendoli partecipare alla spartizione del bottino, si arrichisce a dismisura partita dopo partita. Solamente stampando biglietti di carta, si impossessa degli incassi di tutte le partite.
Sottrae alle squadre di tutto il mondo la ricchezza prodotta con il loro lavoro.

Il governo, invece di far stampare gratuitamente i biglietti dal ministero del Tesoro, preferisce prenderli in prestito ad interesse dal banchiere e lasciare noi nei guai: con il nostro lavoro dovremo cercare di mantenerci in vita e ripagare, con un abnorme prelievo fiscale, il debito contratto con la Banca Centrale.
Impossibile.

Più avanti capiremo che il debito gravato da interesse è di per sé inestinguibile.

All’interno dell’attuale sistema monetario è matematicamente impossibile che nel mondo tutti riusciamo a sopravvivere, e che si possa estinguere il debito con la Banca Centrale.

Per quale motivo continuiamo a lavorare se l’incasso è già stato scippato nello scambio tra governo e Grande Usura?

Non ne siamo consapevoli, la truffa si compie davanti ai nostri occhi, ma noi non la “vediamo”.

Per chi stiamo dunque lavorando?

Per i grandi Usurai internazionali.

Chi sono?

continua…..

 

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Paolo MALEDDU

2015.09.30 – Putin dirige l’orchestra, l’Occidente, diviso, balbetta

Posted by Presidenza on 30 Settembre 2015
Posted in articoli 

1

 

di Giulietto Chiesa

 

Alla testa dell’Impero c’è un’anatra zoppa che non può decidere e, dunque, deve mentire. La cosa più probabile sarà dunque qualche colpo di coda drammatico. O in Ucraina, o nel deserto tra Damasco e Baghdad, oppure a Berlino o Parigi.

 

Il confronto è impietoso. Barack Obama, il capo della potenza suprema del pianeta, si è presentato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite senza una proposta. Vladimir Putin, nel suo primo e unico discorso all’Onu nella sua qualità di Presidente della Russia, è apparso — anche a molti commentatori occidentali — come colui che sta guidando l’orchestra.

Ma non è di una gara oratoria che si tratta. Purtroppo la retorica del discorso del Presidente americano nasconde una pervicacia pericolosa. Insistere sulla tesi che la Russia ha aggredito l’Ucraina lo si può fare impunemente dalla tribuna dell’ONU, dove non c’è contraddittorio e dove la platea è piena di maggiordomi dell’Impero, ma non può funzionare nel colloqui a quattr’occhi.

Del resto Putin aveva preparato il suo discorso lanciando la proposta di una alleanza internazionale contro il terrorismo, “come fu quella contro Hitler”. Obama non ha risposto. O ha parlato d’altro, inondando la platea e i media mondiali con un’esaltazione della democrazia e dei successi dell’America, senza nemmeno rendersi conto che, alla luce dei disastro della politica americana e occidentale in Siria, appare come minimo offensivo nei confronti degli altri cinque o sei miliardi di individui che popolano il pianeta.

2

 

Obama: USA pronti all’uso unilaterale della forza per difendere sé stessi e gli alleati

 

 

 

 

 

Ma ciò che, più di ogni altra considerazione, stupisce e colpisce, è stato il rifiuto di prendere atto dei mutamenti che sono già in corso e che proprio l’iniziativa e le proposte di Putin hanno messo in moto. La presenza militare (aerea e di armamenti, anche se non di truppe combattenti sul campo, “almeno per il momento”) ha cambiato completamente la fisionomia del campo di battaglia. La sostanziale no-fly zone autocreata dalle forze turche, Israeliane, Nato, è stata cancellata dalla decisione di Putin. Il premier Netanyhau, che ha i riflessi pronti, l’ha capito subito, ed è volato a Mosca per informare che i suoi aerei non hanno intenzione di scontrarsi con quelli russi (ammettendo così, platealmente, che Israele è impegnata direttamente nella guerra contro Assad).

Il Presidente francese Hollande — che fino a ieri non aveva mosso un dito contro Daesh — ha ordinato i primi bombardamenti. E starà attento a non sbagliare bersagli, colpendo più o meno distrattamente le posizioni siriane. Ha fatto sapere che Bashar non potrà essere parte della soluzione, per compiacere Washington. O forse perché non vuole subire rappresaglie come quella che Angela Merkel sta malamente ingoiando con la sua Volkswagen azzoppata. Ma è chiaro che non vuole perdere il contatto con Angela Merkel.

3

 

 

Iran, no a bombardamenti in Siria

 

 

 

 

 

Hubert Vedrine, il candidato a sostituire Laurent Fabius al Quai D’orsay, ha già anticipato la sua opinione: “Non avremmo mai dovuto scartare la Russia”. Cameron dovrà rivedere anche lui, come la Turchia, i piani di volo dei suoi cacciabombardieri che, fino all’altro ieri, bombardavano le truppe di Assad e lanciavano armi e munizioni a Daesh. Per non parlare della Germania, il cui ministro degli esteri Steinmayer — che certo non parla a nome proprio — ha elogiato la mossa di Putin verso la Siria, riconoscendo alla Russia il merito di rischiare la vita dei suoi uomini per difendere anche l’Europa, e dicendo esplicitamente che è l’ora di finirla con le sanzioni contro la Russia.

 

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Vladimir Putin e Barack Obama brindano alla colazione ufficiale organizzata da Ban Ki-moon

Ora, di fronte a questi sommovimenti europei, Barack Obama ha preferito fare orecchio da mercante. Non se n’è accorto? Pensarlo sarebbe fare offesa a lui e all’America. Il problema è che gli Stati Uniti non possono accettare la logica, per quanto ferrea, di Vladimir Putin. Se lo facessero dovrebbero cambiare strategia: tanto in Siria quanto in Ucraina. In Ucraina dovrebbero accettare la logica dell’accordo di Minsk (che Germania e Francia hanno ormai scelto, mettendo un freno alle isterie polacche e baltiche).

Ma questo comporta frenare la marcia della Nato verso Kiev e la museruola ai nazisti ucraini. Cose entrambe indigeste per Washington. Per quanto concerne la Siria, è evidente che Daesh, senza l’appoggio strategico dell’Occidente e senza i soldi dell’Arabia Saudita, non potrebbe reggere a lungo. Russia, Iran, Hezbollah — ai quali ora si aggiunge il governo a maggioranza sciita di Baghdad — possono chiudere la partita, bloccare l’avanzata dei mercenari e ristabilire il controllo del governo siriano, e di quello iracheno, su gran parte dei propri territori. E questo sviluppo della situazione sarebbe catastrofico, tanto per Tel Aviv quanto per Washington e Riyad.

Ecco la spiegazione del mutismo di Obama: alla testa dell’Impero c’è un’anatra zoppa che non può decidere e, dunque, deve mentire. Questo dato non incoraggia nessun ottimismo. La cosa più probabile sarà dunque qualche colpo di coda drammatico. O in Ucraina, o nel deserto tra Damasco e Baghdad, oppure a Berlino o Parigi. La palla è ora nel campo occidentale.

tratto da: (clicca qui)