In Gran Bretagna queste rivelazioni hanno scandalizzato l’opinione pubblica, in Italia nessuno ha riportato questa notizia perchè la nostra classe politica vuole tenere il popolo ignorante

 

Pubblicazione1

 

LONDRA – I parassiti dell’ Unione Europea sanno sempre come sprecare tutti i soldi che estorcono ai contribuenti e quindi non deve sorprendere che grosse somme di denaro vengano spese dalla UE per promuovere se stessa.
Pochi giorni fa il britannico Daily Telegragh ha rivelato che ogni anno l’Unione Europea spende 500 milioni di sterline (750milioni di euro) per promuovere se stessa e parte di questi soldi sono stati spesi per stampare centinaia di pubblicazioni, produrre migliaia di video nonchè cartoni animati da distribuire in tutte le scuole per insegnare ai bambini ad “amare la UE”.
Queste campagne di indottrinamento sono molto simili, anzi identiche, a quelle usate dal potere comunista in Unione Sovietica, e spiegano con chiarezza quanto sia antidemocratico, perverso e subdolo il potere delle caste occulte della Ue che arrivano malvagiamente a voler condizionare addirittura i bambini europei al fine di avere poi degli adulti schiavi e mansueti nei confronti della dittatura di Bruxelles.

Questi dati di spesa “d’indottrinamento” sono stati forniti dal Business for Britain, il gruppo di pressione che sta facendo una campagna per far uscire la Gran Bretagna dalla UE e ha usato queste cifre per convincere i cittadini britannici a votare no al referendum sull’Unione Europea.
La faccenda assurda però è che questa cifra potrebbe essere molto più alta visto che altri dipartimenti dell’Unione Europea spendono pure soldi per promuoverla, ma sono nascosti in altri capitoli di spesa.

Anni fa, qualcuno quantificò questa spesa in 3 miliardi di sterline, circa 3 miliardi e 600 milioni di euro, una cifra superiore all’intero bilancio pubblicitario della Coca Cola, e questo dovrebbe far andare gli italiani su tutte le furie visto che sono soldi che escono dalle loro tasche.
A tale proposito è interessante notare come esista un dipartimento apposito per promuovere la UE che impiega 1000 dipendenti strapagati e con benefici che i nostri lavoratori possono solo sognare.

Se in Gran Bretagna queste rivelazioni hanno scandalizzato l’opinione pubblica, in Italia nessuno ha riportato questa notizia perché la nostra classe politica vuole tenere il popolo ignorante. E i grandi mezzi di comunicazione sono asserviti alle oligarchie finanziarie di Bruxelles.

Noi ovviamente non ci stiamo e continueremo a riportare queste notizie nella speranza che tutti gli italiani decidano di scendere in piazza e dire basta.

GIUSEPPE DE SANTIS – Londra.

tratto da: (clicca qui)

2015.08.13 – La Grande Truffa – 2° parte

Posted by Presidenza on 13 Agosto 2015
Posted in articoli 

A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”

“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

 

La Grande Truffa – 1° parte

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

2° parte

 

 

 

Capitolo I

LIBERIAMO LA MENTE

 

Presupposto iniziale e indispensabile per poter captare la visione del mondo reale dietro la cortina fumogena di quello virtuale, è liberare la mente dai condizionamenti che la limitano.
Il nostro pensiero è fortemente condizionato dall’ambiente che ci circonda, dal tipo di educazione ricevuta, dal continuo bombardamento di immagini e notizie che si fissano nella nostra retina e nel nostro cervello.

Per quanto difficile sia ammetterlo, il pensiero non è libero di volare dove meglio creda, ma piuttosto chiuso dentro confini imposti dai nostri orizzonti mentali, la nostra cultura.
Pensiamo al cervello di un neonato come ad un computer appena assemblato. Come la potenzialità del computer dipenderà dal tipo di programma che si vorrà installare, così quella del cervello umano si svilupperà a seconda degli input che vi introdurremo.

La mente umana, inoltre, ha un limite fisico invalicabile rappresentato dai confini dell’universo.
È il nostro limite naturale. Non riusciamo a comprenderlo completamente, ne costituiamo una infinitesima parte, ci troviamo al suo interno.
Del gigantesco contenitore, vediamo solo le “pareti interne”. Non abbiamo una visione totale dell’insieme, possiamo solo elaborare teorie.
Per avere possibilità di comprendere, ci dovremmo trasferire all’esterno dell’universo e da lì contemplarlo.

I primi abitanti del pianeta erano incapaci di immaginare cosa ci fosse al di là degli orizzonti visivi, hanno tardato a capire che la terra fosse tonda.
Oggi una bella inquadratura del nostro pianeta dallo spazio rende superfluo l’uso delle parole.
L’immagine è chiarificatrice, ha un enorme impatto su di noi.
Ma può essere manipolata.

La Tv con le sue immagini è ormai la prima e più inaffidabile fonte di informazione per la popolazione mondiale.

La apparentemente superficiale cultura televisiva che ci trasmette, un misto di spot pubblicitari e propaganda elettorale e politica, è in verità una devastante mistificazione della storia umana passata e presente. Condiziona pesantemente lo stile di vita di noi adulti, ed ha effetti ancor più devastanti sulle giovani generazioni.
Dice Adrian Salbuchi, scrittore e commentatore politico argentino, che un suo professore era solito raccontare che Unione Sovietica comunista e Stati Uniti capitalisti facevano parte di un unico progetto teso a capire se per controllare le popolazioni fosse più conveniente mettere un poliziotto con un cane feroce ad ogni angolo di strada o un televisore in ogni casa.
Ha vinto il televisore.

Noi abitanti dei paesi “sviluppati” viviamo all’interno di un contenitore che è rappresentato dalla nostra cultura occidentale; il nostro pensiero “libero” è in verità intrappolato al suo interno. Questa cultura ci viene imposta dagli schermi televisivi in un rapporto autoritario (non ammette repliche) e unilaterale (solo da loro a noi), secondo i voleri dei manovratori.
La televisione è la telecamera che i padroni hanno messo in ciascuna delle nostre case. Non siamo noi che guardiamo lei, è lei che controlla noi.

Se l’annunciatore del telegiornale dice, mentre scorrono sullo schermo immagini di guerra, che un missile “intelligente” ha fatto saltare in aria a Gaza un’automobile con cinque “terroristi” palestinesi a bordo, noi facciamo nostra quella notizia così come ci viene data.
La assimiliamo passivamente come verità. Lo ha detto la televisione, c’è scritto sul giornale.
Magari c’erano a bordo un padre di famiglia con la moglie e tre bambini che andavano a cena dai nonni. È una zona in piena guerra, è difficile distinguere tra informazione e propaganda.
La versione dei media arabi naturalmente non arriva a noi occidentali.
Sicuramente erano palestinesi, visto che si trovano nella loro terra, simpatizzanti della loro causa, e per ragioni comprensibili magari odiano quegli israeliani che stanno distruggendo il loro paese e le loro vite.
Hanno tutte le caratteristiche per essere qualificati, badate bene, dai loro nemici, dei “terroristi”.

Lo sono veramente?

Si possono definire terroristi coloro che difendono la propria patria da una invasione?

Sono terroristi.

L’ha detto il TG uno.

C’è un solo paese al mondo accusato e condannato di terrorismo dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il 27 Giugno 1987, per il supporto dato a truppe irregolari nel tentativo di abbattere il governo del Nicaragua eletto dal popolo: gli Stati Uniti d’America.
Una condanna chiara, emessa dal tribunale internazionale delle Nazioni Unite.

Gli Stati Uniti, sono l’unico paese che non ha praticamente avuto periodi di pace da quando, nel Dicembre del 1941, si videro “costretti” a dichiarare guerra al Giappone per l’atteso attacco di Pearl Harbour, 70 anni orsono.
O forse da quando, con il pretesto dell’affondamento del “Lusitania”, riuscirono ad entrare nella Prima Guerra Mondiale.

Le sue guerre continue, Corea, Vietnam, Cambogia, Laos, Afghanistan e Iraq le più sanguinose, hanno provocato almeno sei milioni di morti (secondo le stime più recenti e benevole), ai quali sommare milioni di sfollati e terribili sofferenze nei paesi aggrediti.
Naturalmente tutte queste morti sono pressoché scomparse dalla storia ufficiale/virtuale di cinema, stampa e televisione.
Nessun giorno della memoria per loro.
Se ci fate caso, dopo il Vietnam morti e feriti, sia civili che militari, sono scomparsi dagli schermi televisivi.

Per eguagliare il budget militare degli Stati Uniti pare sia necessario sommare quelli di tutti gli altri paesi della terra. Il loro strapotere militare è devastante.
Hanno tra 800 e 900 basi militari sparse nel mondo. Sono la più potente macchina da guerra mai apparsa sul nostro pianeta, ed è questo il principale motivo per il quale nessun paese vuole entrare in contrasto con loro.

Obbligati per motivi economici ad essere sempre in guerra, dopo la scomparsa dei comunisti gli Stati Uniti d’America si devono letteralmente inventare i nemici da combattere.
Ricordate le dichiarazioni dei “neocon” secondo le quali con le invasioni di Afghanistan e Iraq si iniziava una guerra contro il “terrorismo” della quale non avremmo visto la fine nel corso delle nostre vite? Cercate e leggetevi in internet il “Pnac, project for a new american century”.

Nel 1983, la prima potenza militare del pianeta si vide in grande pericolo, minacciata dalla costruzione di un aeroporto turistico a Grenada, un’isola dei Caraibi di ben 344 km quadrati di estensione. Costretti a difendere la sicurezza nazionale di quasi 300 milioni di americani, gli Stati Uniti occuparono l’isola, protetta da un esercito che tra militari e poliziotti, non arrivava a 1500 uomini.
Ora è un paradiso fiscale con 118 banche per 99.000 abitanti circa.

Il terrorismo è il nemico ideale: essendo solamente un concetto mentale soggettivo e opinabile, vago e sfuggente, oggi, con l’aiuto di cinema, televisioni e giornali, si può impunemente affibbiare l’appellativo di stato “canaglia” o “terrorista” all’Afghanistan ed all’Iraq, all’Iran, alla Corea del Nord ed alla Libia. Domani potrebbe essere il turno della Somalia, del Sudan, del Venezuela e così via.

Il procedimento per “creare il nemico” con il sempre più decisivo apporto di stampa e tv è sempre lo stesso: demonizzazione dei personaggi nel mirino (talebani, Saddam Hussein, Chavez, Ahmadinejhad, Gheddafi) con appellativi come despota, dittatore, sanguinario, colpevole di narcotraffico, terrorismo e violazione dei diritti umani ai danni di minoranze oppresse e disperate che “chiedono” aiuti esterni. A questo punto “l’opinione pubblica” creata ad hoc dai media è pronta ad accettare il giusto intervento militare anglo-americano per ristabilire democrazia e “pax americana”.

Sentendosi minacciati, e grazie all’altro concetto fatto in casa di “guerra preventiva”, gli Stati Uniti si sono arrogati il diritto di attaccare chiunque in qualsiasi parte del pianeta, a proprio piacimento e secondo gli obiettivi da raggiungere, con i droni e le nuove “mini bombe nucleari”, ultimi gioielli prodotti dalla ricerca bellica.
Guerre stellari, insomma.
Hollywood!

Ciononostante, la versione politicamente corretta alla quale siamo stati educati e che media e politici di destra e di sinistra continuano a passarci è che gli Stati Uniti d’America sono la più grande democrazia mondiale, i paladini della libertà e della giustizia, i “buoni” che combattono senza sosta i “cattivi”.
L’immagine che il cinema di Hollywood ha cristallizzato nella nostra mente.
Il mondo virtuale che ha la meglio su quello reale.
Totale stravolgimento della rappresentazione dei fatti.
La rappresentazione al posto della realtà.
Così l’unico paese ufficialmente riconosciuto come terrorista, può continuare ad indicare arbitrariamente al mondo quali siano gli stati terroristi, attaccarli, sterminarne le popolazioni e raderli al suolo con l’aiuto degli altri paesi “civili”.
Chi potrebbe impedirglielo?

“La verità è che non esiste un esercito islamico o un gruppo terroristico chiamato Al Qaida. Qualsiasi agente dell’intelligence bene informato lo sa.
Ma c’è una campagna propagandistica che fa credere al pubblico che esista una entità ben identificata che rappresenta il ”male” solo per poter condurre colui che guarda la Tv ad accettare un comando internazionale per una guerra contro il terrorismo.
Il paese dietro questa propaganda sono gli Stati Uniti, e coloro che spingono per una guerra Usa contro il terrorismo lo fanno solo per fare denaro.”

Pierre-Henry Bunuel, ex funzionario dei servizi segreti militari francesi
Quante centinaia di volte abbiamo visto le immagini dei due aerei che si schiantano sulle torri gemelle di New York?
Usando sapientemente a proprio vantaggio l’onda emotiva provocata nella popolazione statunitense e mondiale, al presidente americano è bastato affiancare a quelle immagini la foto di Osama Bin Laden ed indicarlo come responsabile perché quella diventasse la verità ufficiale.

“L’autorità come verità, non la verità come autorità”, ha detto qualcuno.

Televisioni e giornali di tutto il mondo hanno riportato la notizia ed il nostro cervello, sotto shock, l’ha presa per buona.
Lo shock è qualcosa di terribile che accade in maniera tanto repentina che non dà alla mente la possibilità di elaborare una reazione razionale.
Agisce sulla emotività (più facilmente penetrabile), non sulla razionalità.
Al cervello non rimane altra scelta che subire l’evento senza avere il tempo di capirlo.

Certo, nessuna Tv ci ha poi mostrato la torre numero 7 che implode su se stessa alle cinque del pomeriggio in 6,5 secondi, abbattuta forse da una raffica di vento, con la CNN che dà la notizia del crollo con un’ora di anticipo.

Una giornalista della BBC in diretta mondiale annuncia che l’edificio è gia crollato mentre in verità continua bene in vista ad essere inquadrato alle sue spalle.
Crollerà venti minuti più tardi.

Dell’impatto del terzo aereo contro il Pentagono americano dovrebbero esistere decine di registrazioni filmate, essendo il luogo più vigilato al mondo.
Eppure non ci è stata mostrata nessuna immagine, per il semplice fatto che non può essere stato opera di un aereo di linea. Le immagini, con il loro impatto chiarificatore, sarebbero in questo caso controproducenti.

Per chi vuole approfondire e capire, in internet c’è una grande quantità di materiale a disposizione.

Per tutti coloro che preferiscono non sapere, le immagini dei due aerei che si abbattono sulle torri documentano con certezza che lo schianto c’è stato.
Non certo da chi sia stato organizzato.
Ma se uno non vuole mettere in moto il cervello, può bastare.

“Crediamo soltanto a ciò che vediamo. Perciò, da quando c’è la televisione crediamo a tutto”.
(Hildebrandt Dieter)

Ciò che voglio dire è che non è difficile ingannare la nostra mente.
I media hanno su di noi quasi illimitate potenzialità di condizionamento. Possono essere strumenti di grande libertà od oppressione, a seconda dell’uso che ne vogliono fare coloro che li controllano. Spostano senza grandi difficoltà a loro piacimento il nostro pensiero da una certa teoria ad una diametralmente opposta in poco tempo e senza che noi ne siamo consapevoli, grazie a sofisticati programmi di indottrinamento subliminali ben eseguiti dei quali esiste ampia letteratura.

Attraverso giornali e televisioni i depositari della “scienza” economica, da sempre hanno fatto credere al mondo che la mano invisibile del mercato avrebbe sistemato ogni cosa al suo interno. Qualsiasi intervento pubblico in economia era bollato come sacrilego, quasi si trattasse di leggi divine, mentre ora, con un dietro front clamoroso, i governi intervengono pesantemente con abbondanti iniezioni di denaro pubblico per salvare il salvabile. Ma si tratta di salvare le banche degli Usurai con il denaro del popolo, quindi anche il rigetto totale di ciò che era spacciato come dogma indiscusso, è ora consentito, pur di venire incontro agli interessi dei padroni.

E gli economisti che per decenni ci hanno venduto la sacralità del libero mercato?
Continuano a balbettare senza vergogna dagli schermi televisivi e dalle colonne dei giornali le loro nuove teorie, riviste ed adattate al nuovo pensiero ufficiale da vendere al popolo gregge.
Cosa penseranno di tutto ciò le popolazioni dei paesi sudamericani e africani, depredate ed impoverite da decenni di massicce dosi di liberismo sfrenato imposto dal “Fondo Monetario Internazionale” e dalla “Banca Mondiale”?

Privatizzazioni e globalizzazione (sinonimo virtuale del termine imperialismo che aveva ormai assunto una valenza negativa) continuano ad essere spacciate come l’unica via possibile per il raggiungimento del benessere universale, mentre ci stanno conducendo dalla parte opposta, verso una povertà diffusa.

Persino le sanguinose guerre di sterminio di popoli “nemici” (di chi?), combattute per gli interessi esclusivi dei grandi Usurai, ci vengono vendute dal cinema hollywoodiano come teatro di gesta nobili, onore e gloria. Con l’immancabile, odioso ed ipocrita corollario della cerimonia di consegna della bandiera americana alle vedove e madri di giovani combattenti, loro stessi prime vittime della grande menzogna planetaria, tutti naturalmente provenienti dal sempre più fornito serbatoio costituito dalla fascia più povera della società americana.

Questa scena, presente in migliaia di film americani, ci induce a pensare che servire e morire per la patria ha molto a che fare con l’onore.
Purtroppo funziona.

Cosa ci può essere di tanto onorevole nel massacro non di eserciti nemici, ma di popolazioni di civili indifesi, in paesi lontani e per chissà quali oscuri motivi?

“Beata la terra che non ha bisogno di eroi”, ha scritto Bertolt Brecht da qualche parte.

continua…

 

 

2015.08.10 – La Grande Truffa – 1° parte

Posted by Presidenza on 10 Agosto 2015
Posted in articoli 

A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo. Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate. Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi. Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”

“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

 

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

 

“ … l’attuale creazione di denaro operata ex nihilo dal sistema bancario, è identica alla creazione di moneta da parte dei falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto”.

Maurice Allais,
Premio Nobel per l’economia 1988

 

“C’è una sola cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo, ed è un idea il cui tempo sia giunto”
Victor Hugo

 

“Noi trasformeremo tutti i popoli del mondo da debitori in proprietari della moneta, per il solo fatto che questa idea è nata”
Giacinto Auriti

 

 

Introduzione

MARCO POLO: LA CARTAMONETA DEL GRAN KAN

 

Nel suo “Il milione”, Marco Polo ci racconta come al suo arrivo in Cina alla fine del tredicesimo secolo, al tempo dell’imperatore Kublai, il Gran Kan, circolasse una moneta di carta.
Dopo averci illustrato come venisse ricavata da un impasto con colla della pellicola che si trovava tra la corteccia ed il fusto dell’albero del gelso, ci spiega in che modo avvenisse la emissione del valore monetario per mezzo di foglietti di tale carta a Cambaluc, l’odierna Pechino, sede della zecca del Gran Kan:

“ Ogni foglietto porta il sigillo del Gran Signore. E questa moneta è fatta con tanta autorità e solennità come se fosse d’oro e d’argento . . . E se qualcuno osasse falsificarla sarebbe punito con la morte; e questi foglietti il Gran Kan li fa fabbricare in tale numero che potrebbe pagare con essi tutta la moneta del mondo.

Fabbricata così la moneta, il Signore fa fare con essa ogni pagamento e la fa spendere per tutte le province dove egli tiene signoria: e nessuno osa rifiutare per paura di perdere la vita. Ma è vero anche che tutte le genti e le razze di uomini, sudditi del Gran Kan, prendono volentieri queste carte in pagamento perché a loro volta le danno in pagamento per mercanzia, come perle, pietre preziose, oro e argento. Si può così comprare tutto ciò che si vuole e pagare con la moneta di carta . . .

Più volte all’anno arrivano a Cambaluc i mercanti: arrivano a gruppi e portano perle, gemme, oro, argento ed altre merci ricche come tessuti d’oro e di seta; offrono la mercanzia al Gran Signore ed egli fa chiamare dodici uomini esperti che hanno la direzione di queste cose e ordina loro di esaminare la merce e di pagare quello che ritengono giusto. I dodici esaminano con molta cura e stimano secondo coscienza, e subito fanno pagare gli acquisti con i foglietti che ho detto.

I mercanti li prendono molto volentieri perché se ne serviranno poi per altri acquisti all’interno delle terre del Gran Kan; se poi devono comprare in paesi dove non si accettano i foglietti, comprano altra merce e la scambiano.
. . .
Il Gran Signore paga sempre in foglietti. Si aggiunga che durante l’anno va per la città un bando che impone a tutti quelli che hanno oro e argento e pietre preziose e perle di portarle alla zecca. I sudditi obbediscono e ricevono pagamento in carta. Portano infiniti oggetti preziosi e anche questi sono pagati in carta. In questo modo il Signore possiede tutto l’oro, l’argento e le perle che si trovano sulle sue terre.
. . . se qualcuno vuole acquistare oro e argento per il suo vasellame, per le sue cinture o per altre cose, va alla zecca, porta con sé i foglietti e prende in cambio l’oro e l’argento che gli serve.
Adesso vi ho raccontato il modo usato dal Gran Signore per possedere il maggior tesoro che un uomo abbia mai posseduto; e certo tutti i principi del mondo riuniti insieme non raggiungono l’immensa ricchezza che il Gran Kan ha da solo.”

In queste poche righe Marco Polo ci spiega molto semplicemente il segreto dell’emissione di moneta legale a corso forzoso nell’impero del Gran Kan Kublai.

L’imperatore non faceva altro che esercitare il suo potere di “signoraggio” sulla emissione: con l’autorità conferitagli dal suo essere “signore” nei territori amministrati, dotava il suo popolo del mezzo di scambio necessario per agevolare il commercio all’interno della società.
Batteva una moneta, sottoforma di foglietti di carta di diverse dimensioni e valore garantiti dal proprio potere e dalla forza di un esercito sempre pronto ad intervenire, che dava in pagamento per lavori eseguiti o in cambio di mercanzie da acquistare, come abbiamo visto.
Producendo i foglietti di carta con il solo costo di fabbricazione e stampa, e dandoli in cambio di merci e lavoro altrui, il Gran Kan poteva impossessarsi praticamente a costo zero della ricchezza disponibile.
Dava carta in cambio di beni reali.
Aveva per sé un potere d’acquisto praticamente illimitato.

Teneva per sé tutto il valore dato dalla differenza tra il prezzo delle merci acquistate, ed i costi di produzione dei foglietti di carta.

A chi sottraeva il Gran Kan tutto questo valore?
Al popolo nel suo insieme, produttore di ogni bene materiale con il lavoro dei suoi artigiani, contadini, allevatori, pescatori, minatori e fornitori di materia prima da trasformare in merci.
Un onesto monarca potrebbe trattenere per sé una modesta percentuale di quel valore, un diritto di signoraggio sulla moneta come giusto compenso per il suo status di “signore” di quei territori ed autorità garante del mantenimento di ordine e giustizia all’interno della società, utilizzando però la gran parte della ricchezza prodotta a vantaggio di un miglioramento delle condizioni di vita del suo popolo.

Una sana organizzazione di un moderno stato democratico non dovrebbe scostarsi da tale condotta: utilizzare la ricchezza prodotta per il benessere ed il progresso sociale della comunità di cittadini, assicurando giustizia, istruzione, assistenza sanitaria, pace, sicurezza interna e protezione da nemici esterni.

Un popolo, costituitosi in uno Stato (l’insieme di una popolazione che vive in un determinato territorio e che si fa amministrare da un governo rappresentativo legittimamente eletto), esercitando quel diritto/dovere che gli deriva dalla propria condizione di essere signore e sovrano all’interno del territorio statale, ha la facoltà e la necessità di dotarsi di un sistema monetario che agevoli l’attuazione di un sano processo economico che distribuisca equamente all’interno della comunità la ricchezza disponibile.

La moneta nazionale è il mezzo distributivo per eccellenza, in quanto permette la giusta ricompensa del lavoro eseguito, ed il corrispondente, proporzionale accesso alla ricchezza prodotta dalla collettività con l’acquisizione dei beni necessari a condurre una esistenza dignitosa.

Proprio come faceva il Gran Kan in Cina nel 1300, un moderno stato democratico dovrebbe battere moneta e darla in pagamento per lavori eseguiti, pagare infrastrutture ed acquisire le risorse necessarie ad un continuo miglioramento dell’organizzazione sociale. A differenza del monarca cinese che si impossessava dispoticamente di tutta quella enorme ricchezza derivante dall’esercizio del “signoraggio”, una onesta classe politica che amministrasse saggiamente il patrimonio statale, dovrebbe spendere e ridistribuire tra tutti i cittadini la ricchezza da essi stessi prodotta.

Al momento attuale, all’inizio del terzo millennio dell’era moderna, grazie alla generosità della natura che ci fornisce gratuitamente tutte le risorse delle quali abbiamo bisogno, ad un formidabile sviluppo tecnologico ed alla possibilità di emettere il valore monetario a costo zero, l’intera società planetaria è potenzialmente ricchissima, ben più di quanto potesse esserlo il Gran Kan cinese nel 1300 del quale Marco Polo ci racconta incredulo.

Ma la situazione economica che stiamo attraversando, come tutti noi ben sappiamo, è molto differente. Ansia, sofferenza e disperazione diffusa per mancanza di denaro sembrano essere le note dominanti. Guerra, morte, fame, distruzione di interi paesi e sfruttamento di popolazioni sottomesse sono ancora all’ordine del giorno, invece di essere ricordi di un lontano passato.
Al giorno d’oggi non esiste più un Gran Kan che si impossessa del valore della moneta appena emessa a costo nullo, tenendolo per sé e sottraendolo ai sudditi.

Ma allora, dove va a finire l’enorme ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale?
Chi si impossessa del valore dell’emissione monetaria che, come abbiamo appena detto, appartiene al popolo in quanto sovrano?

È ciò che andremo a scoprire con la lettura del libro.

 

continua…..

Abraham Lincoln: “Il Governo non ha necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del Governo ed il potere d’acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del Governo, ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso. La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell’umanità. La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi”.

Queste parole furono pronunciate da Lincoln nel 1865.

Quello stesso anno fu assassinato.

 

 

Pubblicazione1

 

Questa moneta unica rappresenta una delle questioni di maggiore divisione nel Paese. Il motivo non è tanto la difficoltà dell’argomento, di per sé abbastanza semplice seppur policromatico, ma la persistente mala fede di certa politica (nostrana e sovranazionale) e di certi gruppi di potere che dominano il pianeta (quei gruppi oligarchici che decidono il destino di centinaia di milioni di persone senza alcuna legittimazione democratica).

 

 

di Giuseppe PALMA

Con questo mio articolo cercherò di rendere l’argomento “Euro” semplice e comprensibile a tutti, evitando – volutamente – eccessivi tecnicismi.
In soli 8 punti, e con un linguaggio molto semplice, cercherò di spiegare il perché questa moneta unica rappresenti un vile attentato al benessere diffuso dei popoli europei e all’essenza stessa della democrazia costituzionale, e lo farò come se dovessi spiegarlo a mia figlia di un anno e mezzo.

 
A) Uno Stato a moneta sovrana è il legittimo ed unico titolare della propria moneta, quindi crea e dispone liberamente della stessa sia per far fronte alle problematiche economico-sociali dei cittadini, sia per far fronte al debito pubblico, il quale non costituisce mai un problema in quanto è lo Stato che genera quella stessa moneta occorrente a “pagare” il debito, quindi non deve chiederla in prestito a nessuno: uno Stato a moneta sovrana crea moneta dal nulla! Ciò detto, la domanda nasce spontanea: come fa uno Stato a sovranità monetaria a creare moneta dal nulla? Semplice: pigiando il tasto di un computer del Ministero del Tesoro o della Banca Centrale;
B) In uno Stato a moneta sovrana, la Banca Centrale (o il Ministero del Tesoro) funge da prestatrice di ultima istanza. Cosa significa “prestatrice di ultima istanza”? Significa che quando lo Stato deve onorare il proprio debito pubblico (rappresentato dal capitale investito dai cittadini nei Titoli di Stato, più gli interessi), non va a chiedere i soldi alla collettività (lo potrebbe fare, anzi lo fa, ma si ferma quando comprende che le tasse sono troppo alte e i cittadini/imprese potrebbero risentirne), ma “stampa moneta” (cioè crea moneta dal nulla), quindi si rende fattivamente e concretamente garante di quel debito senza “massacrare” cittadini e imprese; in altre parole è lo Stato che “acquista” il proprio debito facendosi carico dello stesso. A tal proposito, tanto per essere chiari, il capitale relativo ai Titoli di Stato non viene mai realmente restituito dallo Stato all’investitore, e questo per due motivi molto semplici. Esempio: il cittadino X, nell’anno 0, acquista un Titolo di Stato a scadenza decennale di valore C, con un tasso di interesse allo T% (in pratica si tratta semplicemente di un pezzo di carta con su scritto “Titolo di Stato”) Bene. Trascorsi i dieci anni, X ha due possibilità: a) rinnovare il suo Titolo di Stato per altri dieci anni, quindi zero costi per lo Stato; b) decidere di richiedere allo Stato la restituzione del capitale investito dieci anni prima nel Titolo, più gli interessi maturati. In quest’ultimo caso, lo Stato cosa fa? Vende il Titolo di Stato di X ad un altro investitore, Y, e con il denaro con il quale Y paga quel Titolo (cioè investe i suoi soldi in quel Titolo), lo Stato restituisce il capitale all’investitore X. Costi per lo Stato? Zero! E gli interessi? Nessun problema: lo Stato a moneta sovrana li paga pigiando quello stesso tasto del computer che si trova al Ministero del Tesoro o alla Banca Centrale. In tal modo lo Stato crea, sì, debito, che però rappresenta ricchezza concreta per i cittadini e non costituisce alcun problema perché – e lo ribadisco – è lo Stato stesso che genera quella medesima moneta con la quale garantisce e “paga” quel debito (moneta alla quale lo Stato ha attribuito valore intrinseco, cioè ha imposto la tassazione in quella medesima valuta che esso stesso crea dal nulla e che accetta quale unica moneta per il pagamento delle tasse che ha imposto, quindi cittadini e imprese corrono per procurarsela);
C) Negli Stati a moneta sovrana le tasse NON servono a pagare gli ospedali, le scuole, gli stipendi dei dipendenti pubblici, le pensioni etc… negli Stati a moneta sovrana le tasse servono solo a non creare altro debito pubblico. Punto! Negli Stati che invece non godono di sovranità monetaria (i 19 Stati dell’Eurozona), le tasse servono (anche) per far fronte alla spesa pubblica, quindi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, gli ospedali, le scuole, le pensioni, i servizi pubblici essenziali etc… Dicendola con parole più semplici: gli Stati a moneta sovrana prima spendono e poi tassano, invece gli Stati privi di sovranità monetaria prima devono tassare (cioè procurarsi la moneta) e poi possono spendere (attenendosi e rispettando i limiti capestro fissati dai Trattati). Se non si comprendono questi concetti, non è possibile comprendere l’intera questione “Euro”;
D) Tutti gli Stati dell’Eurozona, quando devono pagare gli stipendi degli insegnanti, le pensioni, gli ospedali, i servizi pubblici, assumere nuovo personale etc (in pratica quando devono far fronte alla spesa pubblica), non disponendo di sovranità monetaria vanno a cercarsi la moneta. Come? In due modi: a) tassando i cittadini fino al loro collasso, quindi introducendo nuove imposte e tasse o aumentando quelle già esistenti, introducendo sistemi giacobini di accertamento fiscale e di lotta all’evasione, quindi limitando l’uso del denaro contante, spiando i conti correnti dei cittadini e le loro spesucole quotidiane, tagliando le voci di spesa pubblica più sensibili come sanità, istruzione, giustizia, pensioni; e così via… b) chiedendola in prestito ai mercati dei capitali privati (cioè ad esempio alle banche private), i quali, prima di prestarla allo Stato che ne fa richiesta, valutano con la lente di ingrandimento l’affidabilità finanziaria dello Stato stesso a poterla restituire (con gli interessi), quindi fissano i tassi di interesse mettendo gli Stati in competizione tra loro (e qui si collocano le famigerate valutazioni delle Agenzie di rating che fanno tremare i Governi). Bene, anzi male! Ciò fatto, una volta che lo Stato ha preso in prestito la moneta dalle banche private, dovrà successivamente a queste restituirla maggiorata dagli interessi. Ma se lo Stato non gode di sovranità monetaria, da dove la va a prendere la moneta per poterla restituire alle banche private? La risposta è semplice: dai cittadini, quindi attraverso gli strumenti e i meccanismi sopra già evidenziati;
E) In passato, durante i periodi di crisi, gli Stati a moneta sovrana potevano “aggiustare” il cambio tra la propria moneta e le monete degli altri Stati, cioè facevano leva sulla svalutazione monetaria. In questo modo, con una propria moneta svalutata, si verificava la conseguenza che i prezzi delle merci da esportare si abbassavano rispetto alle stesse merci prodotte all’estero, con il conseguente aumento delle esportazioni. Ciò detto, se le aziende esportavano più prodotti perché più competitivi rispetto ai prodotti esteri, necessitavano di maggiore forza lavoro (più personale), quindi maggiore occupazione = maggiore numero di cittadini che percepivano un reddito, quindi + consumi e + investimenti privati (vedesi Keynes). Oggi, con questa moneta unica, essendo stati fissati i tassi di cambio irrevocabili tra l’Euro e le monete nazionali dei Paesi aderenti (i c.d. cambi fissi), gli Stati dell’Eurozona – per essere competitivi – non possono più far leva sulla svalutazione della moneta. Ciò premesso, come fanno gli Stati della zona euro ad essere competitivi, non potendo far leva sulla svalutazione monetaria? La risposta è semplice: attraverso la svalutazione del lavoro, cioè tramite la riduzione dei salari e la contrazione delle tutele contrattuali (e di legge) a beneficio dell’abbassamento dei prezzi delle merci da esportare!
F) Se negli Stati a moneta sovrana la Banca Centrale funge da prestatrice di ultima istanza, negli Stati della zona euro la BCE non svolge questa funzione, lasciando che siano i cittadini a “vestire i panni” di prestatori di ultima istanza. Ciò detto, che ruolo ha la BCE? E’ semplice: funge unicamente da guardiana della stabilità dei prezzi! Mentre uno Stato a moneta sovrana (attraverso la Banca Centrale o il Tesoro) garantisce integralmente il proprio debito pubblico senza alcun problema di default (e non potrebbe essere altrimenti come si è già visto), la BCE non garantisce nulla, infatti ciascuno Stato dell’Eurozona deve esso stesso garantire il proprio debito pubblico, senza disporre di sovranità monetaria! Come fa uno Stato che non dispone di sovranità monetaria a garantire (e pagare) il proprio debito pubblico? Semplice: tassando i cittadini fino al loro collasso, inasprendo oltremisura gli strumenti di accertamento fiscale nei confronti delle imprese, degli artigiani, dei piccoli commercianti e dei giovani professionisti, innalzando l’età pensionabile e riducendo la spesa pensionistica, riducendo le assunzioni nel pubblico impiego, tagliando le voci di spesa pubblica più sensibili quali la sanità, la giustizia, la scuola e così via… Una vera e propria pazzia, ma è così! In pratica, negli Stati dell’Eurozona, la funzione di prestatrice di ultima istanza non è esercitata da una Banca Centrale bensì dai cittadini. La BCE, sia nella forma che nella sostanza, non è una vera e propria Banca Centrale: per espressa previsione del suo Statuto, infatti, la BCE non può finanziare i debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona. Appare evidente, quindi, che chi ha costruito l’intera struttura dell’Euro aveva ben in mente i gravissimi danni sociali, economici e finanziari cui conduceva questa moneta unica;
G) Con l’avvento dell’Euro la moneta è creata dalla BCE, anzi, più precisamente dalle Banche Centrali di ciascuno Stato d’accordo con la BCE. A chi è destinata questa moneta? A ciascuno Stato (Governo) dell’Eurozona? Assolutamente no! Gli Stati della zona euro sono costretti a chiederla in prestito ai mercati dei capitali privati (che stabiliscono i tassi di interesse a seconda dell’affidabilità finanziaria dello Stato richiedente, mettendolo in competizione con gli altri Stati) e a questi debbono successivamente restituirla con gli interessi (vedesi i meccanismi di cui sopra);
H) Che cos’è il QE (Quantitative Easing) che la BCE – quindi Mario Draghi – ha annunciato nel gennaio del 2015? Tradotto significa “alleggerimento quantitativo” del debito pubblico, cioè la BCE ha annunciato che provvederà ad “acquistare” (quindi a garantire) fette di debito pubblico di ciascuno Stato dell’Eurozona, liberandolo (solo in teoria) di fette dello stesso, quindi (sempre in teoria) ciascuno Stato avrà a disposizione maggiore liquidità per far fronte ai problemi socio-economici dei propri cittadini. Questo solo in teoria, infatti nella pratica le cose stanno diversamente: al fine di poter porre in essere la misura non convenzionale del QE, Draghi è dovuto scendere a compromessi accettando alcuni limiti imposti dalla Germania. In pratica, per dirla con parole semplici, di quelle fette di debito pubblico di cui ciascuno Stato sarà “alleggerito” grazie al QE, solo il 20% sarà garantito dalla BCE, mentre il restante 80% dovrà essere garantito dalle Banche Centrali (che Centrali non sono) di ciascuno Stato dell’Eurozona. A questo punto la domanda è d’obbligo: come farà ogni Banca Centrale di ciascuno Stato a garantire l’80% di quella fetta di debito pubblico (che come abbiamo visto è solo virtualmente alleggerita) se non dispone di sovranità monetaria? La risposta è talmente semplice che mi rifiuto di fornirla. Bisogna tuttavia ammettere che il QE, anche dopo essere stato semplicemente annunciato, ha iniziato a produrre l’effetto positivo di una svalutazione competitiva dell’Euro nei confronti del dollaro, ma è un effetto che non risolverà affatto i problemi degli Stati della zona euro, i quali, soffocati in ogni caso dai vincoli forcaioli e dai parametri capestro imposti dai Trattati dell’UE (vedesi ad esempio i Trattati di Maastricht e di Lisbona) e dal Fiscal Compact (che supererà illegittimamente sia Maastricht che Lisbona), oltre che da una moneta “straniera” che devono continuare a chiedere in prestito alle banche private e restituirla gravata dagli interessi, saranno destinati al default, oppure, nella migliore delle ipotesi, alla distruzione dello stato sociale, del benessere collettivo e – soprattutto – della democrazia costituzionale e del lavoro. Il QE ha avuto inizio a marzo e finora ha prodotto una svalutazione dell’euro sul dollaro di circa il 25%. Tuttavia, pur non essendovi stata alcuna invasione di cavallette (scenario che gli euristi prevedono invece in caso di un’uscita dell’Italia dall’Euro con una svalutazione della Nuova Lira nei confronti dell’€ pressappoco nella medesima percentuale della svalutazione €/$ causata dal QE), gli obiettivi sperati non sono stati ancora raggiunti!
Ciò detto, nonostante l’eccessiva semplicità con cui ho affrontato l’argomento, nutro il fondato timore che possa esserci qualcuno che faccia finta di non aver capito. A tal proposito, riporto qui di seguito il frammento di un discorso di centocinquanta anni fa dell’ex Presidente degli Stati Uniti d’America Abraham Lincoln: “Il Governo non ha necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del Governo ed il potere d’acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del Governo, ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso. La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell’umanità. La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi”. Queste parole furono pronunciate da Lincoln nel 1865. Quello stesso anno fu assassinato.

Tutto ciò premesso, voglio proprio vedere se c’è ancora qualcuno che mi scrive dicendomi che questo Euro è irreversibile! Sono altresì curioso di vedere se qualche ostinato difensore della moneta unica continua a dire che l’Euro è stata una conquista per l’Europa, per la democrazia e per il benessere dei popoli!

Chiedo scusa al lettore perché mi rendo conto – in merito all’argomento sinora trattato – sia di aver sensibilmente sacrificato gli aspetti tecnici sia di aver utilizzato un linguaggio molto semplice e diretto, ma quanto scritto fin qui è frutto delle mie ricerche e delle mie pubblicazioni degli ultimi due anni.

E’ dunque giunta l’ora che il popolo si svegli e comprenda, quantomeno in linea generale, ciò che questa Unione Europea ha volutamente creato a danno dei popoli, del lavoro e della democrazia costituzionale di ciascuno degli Stati membri .

L’Euro è una moneta perfettamente idonea alla tutela e al perseguimento degli scopi del capitale internazionale, quindi del tutto INCOMPATIBILE con la democrazia costituzionale e i “principi supremi” (tra cui il lavoro) sui quali trova fondamento la nostra Costituzione! Non esiste altra verità!

tratto da: (clicca qui)

Per chi lavora Equitalia in realtà? Chi c’è dietro a questo attuale livello di pressione fiscale?
Si tratta, è inutile girarci intorno, di un disegno criminoso. Con un fisco vampiro si punta alla distruzione della domanda interna ed alla recessione

Si scrive Equitalia ma si legge Goldman Sachs, Jp Morgan e così via. Equitalia oggi lavora per le banche d’affari internazionali.

 

Pubblicazione1

 

 

La commissione Finanze del Senato – approvando a maggioranza il parere in cui invita il Governo ad adottare misure per rimuovere ogni ostacolo all’esecuzione esattoriale – ha di fatto spianato la strada all’ingresso in banca, incondizionato e diretto, in favore di Equitalia. L’agenzia potrà infatti entrare, senza bisogno di autorizzazioni o di intermediari, nei dati patrimoniali e nelle informazioni finanziarie che riguardano i contribuenti come, per esempio, i conti bancari italiani e quelli all’estero, la compravendita di auto o di imbarcazioni, i conti titoli, ecc.

 

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Il pignoramento dell’unica casa – si legge nella relazione – preclusa ad Equitalia ma non alle banche, ha creato una disparità di trattamento privilegiando i creditori privati rispetto a quelli pubblici, il che ha comportato una contrazione del recupero dei crediti esattoriali. Con la conseguente contrazione del gettito per lo Stato. Non solo. La prospettata diminuzione dell’aggio, dall’attuale 8% al 6% (così come scritto nelle bozze di decreti attuativi della delega fiscale, appena approvati dal governo Renzi), procurerà un ulteriore calo delle entrate per l’Agente della riscossione. È quindi necessario correre ai ripari, almeno secondo i senatori.

In verità, la norma potrebbe avere un effetto non così innovativo. Difatti, già da oggi Equitalia ha libero accesso ai dati patrimoniali dei contribuenti grazie all’accesso all’anagrafe tributaria e a quella dei rapporti finanziari (conti correnti, ecc.): è vero, si tratta comunque di banche dati gestite da pubbliche amministrazioni e tale non è l’Agente per la riscossione, che resta pur sempre un soggetto a struttura privata e, come tale, necessita di iter differenti rispetto a un controllo immediato e diretto, come potrebbe essere quello sui conti bancari che, attualmente, l’Agenzia delle Entrate può effettuare. Insomma, i nuovi poteri consentirebbero a Equitalia una maggiore celerità e facilità di accesso ai dati dei contribuenti, evitando anche il rischio prescrizione e decadenza di numerose azioni esecutive.

Alla fine non sarà l’idea del database dei grandi debitori, suggerita a novembre scorso da Vincenzo Busa, presidente di Equitalia, ma qualcosa di molto simile. Busa aveva lanciato il progetto di un cervellone contenente gli estremi di tutti i “grandi debitori” per scoprire chi occulta i patrimoni.

Dall’altro lato, però, la Commissione nulla dice sulla nuova norma, appena approvata dal Governo, che ripristina l’anatocismo in favore di Equitalia: in questo caso il confronto tra banche e agente della riscossione è sbilanciato a favore di quest’ultimo. Solo infatti per gli istituti finanziari vale la nuova regola – che dal 2014 ha modificato il testo unico bancario – secondo cui gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che nelle successive operazioni di capitalizzazione; gli interessi sono quindi calcolati esclusivamente sulla sorte capitale. Equialita, invece, potrà far lievitare gli importi delle cartelle esattoriali calcolando gli interessi non solo sul capitale, ma anche sugli stessi interessi in precedenza maturati.

tratto da: (clicca qui)

Quanto a lungo ancora le maggiori compagnie dell’Europa occidentale consentiranno che i loro profitti siano danneggiati da un pugno di estremisti politici con una ossessione per eliminare Putin dal governo? E quanto a lungo ancora i governi europei accetteranno di sottoscrivere una politica di sanzioni palesemente contraria agli interessi nazionali? Non sta alla Russia cambiare atteggiamento, dal momento che non ha fatto niente di sbagliato o avventato, ma certamente a questi cosiddetti neoconservatori Occidentali….Ma quale parte della parola NYET! Non riescono a capire?

 

Pubblicazione1

 

di Neil Clark

Come gli eventi in Siria hanno dimostrato, la Russia e’ il mattone piu’pesante da spostare negli infiniti piani delle lobby volti al dominio mondiale; ecco perchè la rimozione di Putin ed il suo rimpiazzo con una marionetta che esegua a bacchetta ogni comando e volere dei neocons e’ l’obiettivo principe dell’intera politica attuale dei neocons suddetti.

Ad ogni modo, le loro possibilità di raggiungere questo loro ambizioso obiettivo sono parecchio scarne e le motivazioni costruite e pretestuose almeno quanto le fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam in Iraq. La nuova “guerra fredda” contro la Russia, di istigazione neoconservatrice, che avrebbe dovuto indebolire l’economia Russa, così portando a proteste anti-governative stile Maidan, ha in realtà fatto schizzare la popolarità del presidente Putin alle stelle, come evidenziano i sondaggi.

Le percentuali di apprezzamento per quest’uomo, per demonizzare il quale i neocons non hanno risparmiato nessuna energia, almeno negli ultimi 12 anni, sono a livelli di record assoluto, quasi il 90% dei Russi hanno una opinione positiva del loro presidente.
L’appoggio alle sue politiche estere è altrettanto solido, con un 70% che approva le scelte in materia di crisi Ucraina.

Il politico pacifista Britannico George Galloway ha twittato:
“La popolarità di Putin tocca livelli record sfiorando il 90% di gradimento delle sue capacità di gestire gli eventi da parte della popolazione. Un’altra storia di successo per la NATO!!”
Ma non è soltanto la popolarità di Putin a rappresentare un macigno che blocca i piani neoconservatori per il cambio di regime. La principale e più agguerrita opposizione a Putin ed al suo partito Russia Unita non è costituita da liberali pro-NATO e pro-Israele, bensi’ dal partito comunista Russo, che è il secondo maggior partito della Nazione,

Il leader comunista Gennady Zyuganov ha ottenuto il 17% dei consensi alla scorsa tornata elettorale (nel Dicembre 2011), e i comunisti nel loro complesso hanno ottenuto 92 seggi sui 450 seggi totali alla Duma.

I comunisti hanno fatto pressione su Putin nell’assumere un ruolo ancora più fermo e deciso contro coloro che essi considerano nemici della Russia. Nel Maggio 2013 presentarono una mozione per suggerire che la Russia convocasse il consiglio di sicurezza ONU in seguito a bombardamenti illegali Israeliani sulla Siria.

“La Siria non è nè la prima, nè certamente l’ultima tra le vittime dell’espansione globale degli Stati Uniti e dell’alleanza NATO. Gli eventi degli ultimi 20 anni mostrano che la Russia stessa si trova costantemente in bilico. Considerato questo, la protezione dei nostri confini passa anche dalle città Siriane, attualmente scena di duri e intensi combattimenti. La Russia non può permettersi di girarsi dall’altra parte mentre la sovversione violenta degli Americani e dei loro satelliti si scaglia contro i nostri alleati”. Così recitava la dichiarazione del comitato centrale del partito comunista.

I sovvertori di regime seriali dell’Occidente si trovano di fronte a una situazione in cui l’unica opposizione credibile esistente a un leader che vorrebbero vedere eliminato sarebbe ancora più decisa nel seguire politiche che gli risulterebbero ancora più complicate da digerire.
E allora che fanno? Con evidente disprezzo delle vedute del popolo Russo e totalmente ignorando il fatto che il partito comunista rappresenta il secondo partito nazionale, ci dipingono i cosiddetti “liberali”, che godono di livelli di supporto popolare del tutto esigui (attualmente intorno all’1%!) come l’ “opposizione democratica”!!!

La linea neoconservativa così recita: “in nome della democrazia i partiti più impopolari tra gli elettori dovrebbero governare la Russia”. Una interpretazione della parola democrazia che straccia 1984 di Orwell.

“Per quanto cambio di regime sia diventata una espressione sporca, la cosa migliore che potrebbe accadere alla Russia, ai suoi vicini, ed al mondo intero, sarebbe un cambiamento, dall’autoritarismo dal pugno duro firmato Vladimir Putin a una qualche forma di democrazia”, ha sostenuto Alexander Motyl su Newsweek in Gennaio, articolo che Newsweek riprese da una prima pubblicazione sul blog del Consiglio Atlantico…

Dunque, in altre parole, l’uomo con il gradimento record dovrebbe essere eliminato così che qualcuno molto meno popolare possa governare la Russia. Tutto, certo, come sempre nel nome di “diffondere la democrazia”!

In ogni caso, semmai non bastasse quanto è stato detto, i piani neoconservatori per la promozione della loro democrazia non democratica in Russia sono sbarrati da un ulteriore macigno, la legislazione Russa sugli agenti stranieri. La legge prevede che tutte le organizzazioni non governative che ricevono finanziamenti esteri e che svolgono attività politiche debbano registrarsi come “agenti esteri”. Inoltre, per i partiti politici Russi è vietato farsi sponsorizzare o svolgere qualsiasi tipo di affari, o forme di partnership con organizzazioni non governative distinte dallo status di “agente estero”.

Questo rende la possibilità di “rivoluzioni colorate” alimentate da finanziamenti esteri parecchio pià difficile a materializzarsi. E mi sembra scontato dirlo, ai neoconservatori qeusta legge non piace affatto:

“ La legge di Putin sugli “agenti esteri sta distruggendo alcune delle migliori organizzazioni civili in Russia “http://t.co/fyAeyqUSa2

— Anne Applebaum (@anneapplebaum) Febbraio 16, 2015

I piani neoconservatori per un cambio di regime in Russia cercano di fare leva sulla crisi Ucraina e sul conflitto Siriano. Possiamo ricondurli indietro fino al 2003 quando iniziò a essere chiaro che Putin non aveva intenzione di fare compromessi sugli interessi nazionali legittimi della Russia, a differenza del più malleabile Boris Yeltsin. Il primo presidente post’perestrojka infatti se ne stette a guardare con una bottiglia di wodka in mano (e bustarelle nelle tasche..) mentre fuori casa la NATO bombardava illegalmente la Jugoslavia e dentro casa oligarchi appoggiati dalle potenze militari Occidentali saccheggiavano la Russia, con l’impoverimento rapido e drastico di milioni di persone come risultato del processo.

Come ho sostenuto in un editoriale precedente, il punto di svolta furono le azioni decise contro gli oligarchi corrotti con fortissimi legami con l’occidente.
Ricostruire l’economia ed innalzare gli standard di vita dei normali cittadini Russi richiedeva necessariamente una azione forte contro determinati oligarchi, che avevano saccheggiato le loro vastissime fortune durante gli anni di Yeltsin. Tali oligarchi, come Boris Berezovsky o Michail Khodorkovsky godevano di sostenitori potentissimi in Occidente. Come ho esposto in un articolo per il New Statesman nel Novembre 2003, neoconservatori molto influenti in USA, collegati agli oligarchi Russi, coglierono l’occasione dell’arresto di Khodorkovsky per frode ed evasione fiscale per spingere verso un inasprimento delle politiche USA verso Mosca.

All’arresto seguirono domande neoconservatrici di sanzioni contro la Russia, richieste poi ripetute all’infinito durante gli anni successivi. Tale crociata anti-Putin si è poi gonfiata a dismisura, raggiungendo un ulteriore livello di gravità, a partire dalla temerarietà di Putin nell’intervenire a bloccare le macchinazioni per un “cambio di regime” in Siria.

Nel suo articolo “come la guerra alla Siria si perse per strada”, l’ex ufficiale CIA Ray McGovern riferisce di come si trovo nello stesso studio della CNN con i due ultrafalchi militaristi Paul Wolfowitz e Joe Lieberman, poco dopo che i piani USA del 2013 per bombardare la Siria furono abbandonati.

McGovern descrisse l’atmosfera come “da funerale”.
“Mi sentivo a una veglia funebre con gente sobriamente vestita, senza cravatte color pastello, che si commiserava per il recente decesso della tanto amata guerra”.
Non apppena dopo che Damasco riuscì così a risparmiarsi i bombardamenti aerei, una megaondata di attacchi anti-Russi inizio ad inondare i mass media dell’elite. Il neoconservatore della “sinistra” Britannica, che nel 2012 scrisse un articolo intitolato “la Russia stra prendendo i democratici europei per il culo”, si lamentò che Putin aveva fatto passare Obama per “un imbroglione al soldo dei conservatori”.

Pensieri simili a quelli di Michael Weiss, che, scrivendo per la ultra-neoconservatrice Henry Jackson society nel 2012 “rimproverò” l’amministrazione Obama per “inisistere ancora a ingraziarsi il Cremlino” dopo due veto consecutivi della Russia al tentativo di fare passare una risoluzione presso il consiglio di sicurezza ONU di “condanna del regime Assad”.

Allora l’Ucraina è stato il terreno dove i neocons hanno cercato vendetta per il blocco delle loro intenzioni bellicose in Siria. Come ho sostenuto in un altro precedente editoriale su RT: “Il cambio di regime a Kiev sotto sponsorizzazione USA, in presa in cui Victoria Nuland, del dipartimento di Stato, moglie del cofondatore del think’thank “progetto per il nuovo secolo Americano”, ha giocato un ruolo chiave, ha finalmente consentito ai falchi di mettere le grinfie su quello a cui da un decennio aspiravano: il sanzionamento della Russia. La politica del pugno duro contro la Russia per cui facevano pressione da un decennio è finalmente la linea ufficiale degli USA e dei maggiori stati Europei. La demonizzazione del presidente Putin in Occidente è ormai mainstream”.

I neocons contavano sulle sanzioni per scatenare proteste di massa conrto il governo Putin. Ma , come possiamo osservare dai sondaggi, è successo semmai il contrario e Putin è più popolare che mai. Fare i bulli contro la Russia non ha sortito altro effetto che rendere la popolazione Russa più determinata che mai a opporsi a quello che i falchi occidentali vorrebbero.
La domanda adesso è, che cosa faranno i neoconservatori a questo punto? Ci sono pressioni per sanzioni ancora pià aspre alla Russia, fino al punto di una esplusione dal sistema bancario SWIFT, un esempio:

@b_judah Bandire le banche Russe dal sistema SWIFT. Rispediamo la Russia al medioevo, lasciamoli a minacciare l’Occidente con arco e frecce!

— shay culligan (@shaymultimedia) March 24, 2015

In Febbario, un editoriale intitolato “Niente pià concessioni” sul Times, proprietà di Rupert Murdoch, il più estremo tra i quotidiani neoconservatori linea’dura Britannici, dichiara il suo supporto per “sanzioni più dure di quelle già in essere”. Nel frattempo Victoria Nuland ha avvertito pochi giorni fa che “il costo per la Russia salirà” se aumenta la violenza a Donetsk e Lugansk, anche se chiaramente la violenza su iniziativa di Kiev, o tra Kiev stessa e “il settore destro”, quella non conta.

In ogni caso il problema della Nuland e del London Times è che gli stati Europei invece sono al contrario ansiosi di alleggerire le sanzioni, siccome le loro già compromesse economie stanno soffrendo a causa delle controsanzioni del Cremlino.

Quanto a lungo ancora le maggiori compagnie dell’Europa occidentale consentiranno che i loro profitti siano danneggiati da un pugno di estremisti politici con una ossessione per eliminare Putin dal governo? E quanto a lungo ancora i governi europei accetteranno di sottoscrivere una politica di sanzioni palesemente contraria agli interessi nazionali?

C’è che sostiene che i neocons non si farebbero scrupoli a scatenare la guerra pur di averla vinta loro sulla questione.

“La pià risoluta spinta guerrafondaia nel 2015 arriva da neoconservatori e vari interventisti che vogliono uno scontro diretto anti-Putin e un cambio di regime in Russia ad ogni costo”, avvisa il commentatore paleoconservatore Americano Patrick J. Buchanan qualche mese fa.

Sicuramente durante i periodi di conflitto a fuoco più accesi in Ucraina è sembrato proprio che tutto quello che alcuni, in Occidente, desideravano fosse una escalation definitiva: “Bisogna fermare Putin, e a volte per fermare qualcuno armato di pistola occorre avere una pistola!” era il titolo di un articolo sulla linea guerrafondaia firmato Timothy Garton-Ash, articolo in cui incensava di lodi il guerrafondaio seriale Sen. USA John McCain, meritevole di aver operato decise pressioni sul Congresso per il passaggio dell’ “atto di sostegno alla libertà Ucraina”, che consistette in pratica nell’autorizzazione a rifornire il governo Ucraino di armamenti.

Vale la pena di notare, però, che hai conservatori piace attaccare i paesi deboli, non certo quelli forti. Iraq si è beccata l’operazione “Shock and awe” (“sciocca e sorprendi”) non perchè aveva armi di distruzioni di massa, ma casomai perchè non ne aveva! La Libia era vulnerabile perchè le sue difese erano deboli e Muhammar Ghedddafi aveva tempo prima decommissionato le sue armi ad alto impatto. Russia, tutt’al contrario ha un arsenale nucleare enorme, armi convenzionali allo stato dell’arte, e 771.000 soldati in servizio permanente attivo.

Un attacco diretto alla Russia su istigazione neocon è un evento improbabile, ma non possiamo sentirci di escluderlo al 100%, visto il cieco fanatismo del genere di gente di cui stiamo parlando. Lo scorso Dicembre, Robert Parry ha scritto proprio delle caratteristiche di patologia mentale del progetto di cambio regime forzato istigato dai neocon per fare cadere Vladimir Putin:

“Assistiamo ad un tipico processo passo dopo passo verso un sovvertimento di regime per mano neocon, in quanto il demonio straniero bersagliatocontinua a rifiutarsi di compiere i ragionevoli passi indietro dettati da Washington e quindi va affrontato, non importa il livello di escalation necessario, nel modo più severo possibile a forzare il demone a farsi da parte, possibilmente facendo soffrire il suo popolo finchè queste sofferenze non aprano gli spazi per il cambio di regime desiderato”

Perry ha messo in guardia che addirittura il futuro del pianeta era a rischio, se questi “sforzi occidentali” per il cambio di regime in Russia fossero proseguiti ad oltranza.
L’anziano giornalista pluripremiato John Pilger ha ammonito di un “nuovo Olocausto” se non si riuscirà a fermare il fanatisco dei guerrafondai seriali. “Quando l’uomo a Mosca era Boris Yeltsin, uno che mentre si ubriacava regalava pezzi della sua nazione agli Occidentali, tutto andava benissimo. Poi è arrivato Vladimir Putin a ristabilire la Russia come Nazione sovrana, e questo è il suo crimine”.

Pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato uno scritto dell’ex ministro degli esteri nel governo Yeltsin, Andrei Kozyrev, intitolato “cambio di regime in vista in Russia”, dove ha sostenuto che tale cambio di regime fosse “inevitabile, probabilmente imminente”. Ma sondaggi che mostrano un apprezzamento del leader al 90% non credo proprio che consentano di prendere questa visione per realistica.

Nonostante tutti gli sforzi titanici ed ossessivi, forzare un cambio di regime a Mosca è una questione troppo grossa per essere alla portata persino dei neocons. I Russi sicuramente possono desiderare tutto meno che essere rispediti al 1990 e ovviamente non accetterebbero mai un pupazzo verificato e certificato dai neocon come presidente. Inoltre la Russia è preparata tecnicamente e psicologicamente a difendere se stessa semmai l’incubo della guerra dovesse per forza materializzarsi. E se avete qualche dubbio al riguardo, andate a rivedere i filmati della parata per il giorno della vittoria nella grande guerra patriottica.

Infine, come possiamo mettere termine a questa “nuova guerra fredda? Non sta alla Russia cambiare atteggiamento, dal momento che non ha fatto niente di sbagliato o avventato, ma certamente a questi cosiddetti neoconservatori Occidentali….Ma quale parte della parola NYET! Non riescono a capire?

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