A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali
Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”
La Grande Truffa – 1° parte
L’emissione monetaria
LA GRANDE TRUFFA
Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale
2° parte
Capitolo I
LIBERIAMO LA MENTE
Presupposto iniziale e indispensabile per poter captare la visione del mondo reale dietro la cortina fumogena di quello virtuale, è liberare la mente dai condizionamenti che la limitano.
Il nostro pensiero è fortemente condizionato dall’ambiente che ci circonda, dal tipo di educazione ricevuta, dal continuo bombardamento di immagini e notizie che si fissano nella nostra retina e nel nostro cervello.
Per quanto difficile sia ammetterlo, il pensiero non è libero di volare dove meglio creda, ma piuttosto chiuso dentro confini imposti dai nostri orizzonti mentali, la nostra cultura.
Pensiamo al cervello di un neonato come ad un computer appena assemblato. Come la potenzialità del computer dipenderà dal tipo di programma che si vorrà installare, così quella del cervello umano si svilupperà a seconda degli input che vi introdurremo.
La mente umana, inoltre, ha un limite fisico invalicabile rappresentato dai confini dell’universo.
È il nostro limite naturale. Non riusciamo a comprenderlo completamente, ne costituiamo una infinitesima parte, ci troviamo al suo interno.
Del gigantesco contenitore, vediamo solo le “pareti interne”. Non abbiamo una visione totale dell’insieme, possiamo solo elaborare teorie.
Per avere possibilità di comprendere, ci dovremmo trasferire all’esterno dell’universo e da lì contemplarlo.
I primi abitanti del pianeta erano incapaci di immaginare cosa ci fosse al di là degli orizzonti visivi, hanno tardato a capire che la terra fosse tonda.
Oggi una bella inquadratura del nostro pianeta dallo spazio rende superfluo l’uso delle parole.
L’immagine è chiarificatrice, ha un enorme impatto su di noi.
Ma può essere manipolata.
La Tv con le sue immagini è ormai la prima e più inaffidabile fonte di informazione per la popolazione mondiale.
La apparentemente superficiale cultura televisiva che ci trasmette, un misto di spot pubblicitari e propaganda elettorale e politica, è in verità una devastante mistificazione della storia umana passata e presente. Condiziona pesantemente lo stile di vita di noi adulti, ed ha effetti ancor più devastanti sulle giovani generazioni.
Dice Adrian Salbuchi, scrittore e commentatore politico argentino, che un suo professore era solito raccontare che Unione Sovietica comunista e Stati Uniti capitalisti facevano parte di un unico progetto teso a capire se per controllare le popolazioni fosse più conveniente mettere un poliziotto con un cane feroce ad ogni angolo di strada o un televisore in ogni casa.
Ha vinto il televisore.
Noi abitanti dei paesi “sviluppati” viviamo all’interno di un contenitore che è rappresentato dalla nostra cultura occidentale; il nostro pensiero “libero” è in verità intrappolato al suo interno. Questa cultura ci viene imposta dagli schermi televisivi in un rapporto autoritario (non ammette repliche) e unilaterale (solo da loro a noi), secondo i voleri dei manovratori.
La televisione è la telecamera che i padroni hanno messo in ciascuna delle nostre case. Non siamo noi che guardiamo lei, è lei che controlla noi.
Se l’annunciatore del telegiornale dice, mentre scorrono sullo schermo immagini di guerra, che un missile “intelligente” ha fatto saltare in aria a Gaza un’automobile con cinque “terroristi” palestinesi a bordo, noi facciamo nostra quella notizia così come ci viene data.
La assimiliamo passivamente come verità. Lo ha detto la televisione, c’è scritto sul giornale.
Magari c’erano a bordo un padre di famiglia con la moglie e tre bambini che andavano a cena dai nonni. È una zona in piena guerra, è difficile distinguere tra informazione e propaganda.
La versione dei media arabi naturalmente non arriva a noi occidentali.
Sicuramente erano palestinesi, visto che si trovano nella loro terra, simpatizzanti della loro causa, e per ragioni comprensibili magari odiano quegli israeliani che stanno distruggendo il loro paese e le loro vite.
Hanno tutte le caratteristiche per essere qualificati, badate bene, dai loro nemici, dei “terroristi”.
Lo sono veramente?
Si possono definire terroristi coloro che difendono la propria patria da una invasione?
Sono terroristi.
L’ha detto il TG uno.
C’è un solo paese al mondo accusato e condannato di terrorismo dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il 27 Giugno 1987, per il supporto dato a truppe irregolari nel tentativo di abbattere il governo del Nicaragua eletto dal popolo: gli Stati Uniti d’America.
Una condanna chiara, emessa dal tribunale internazionale delle Nazioni Unite.
Gli Stati Uniti, sono l’unico paese che non ha praticamente avuto periodi di pace da quando, nel Dicembre del 1941, si videro “costretti” a dichiarare guerra al Giappone per l’atteso attacco di Pearl Harbour, 70 anni orsono.
O forse da quando, con il pretesto dell’affondamento del “Lusitania”, riuscirono ad entrare nella Prima Guerra Mondiale.
Le sue guerre continue, Corea, Vietnam, Cambogia, Laos, Afghanistan e Iraq le più sanguinose, hanno provocato almeno sei milioni di morti (secondo le stime più recenti e benevole), ai quali sommare milioni di sfollati e terribili sofferenze nei paesi aggrediti.
Naturalmente tutte queste morti sono pressoché scomparse dalla storia ufficiale/virtuale di cinema, stampa e televisione.
Nessun giorno della memoria per loro.
Se ci fate caso, dopo il Vietnam morti e feriti, sia civili che militari, sono scomparsi dagli schermi televisivi.
Per eguagliare il budget militare degli Stati Uniti pare sia necessario sommare quelli di tutti gli altri paesi della terra. Il loro strapotere militare è devastante.
Hanno tra 800 e 900 basi militari sparse nel mondo. Sono la più potente macchina da guerra mai apparsa sul nostro pianeta, ed è questo il principale motivo per il quale nessun paese vuole entrare in contrasto con loro.
Obbligati per motivi economici ad essere sempre in guerra, dopo la scomparsa dei comunisti gli Stati Uniti d’America si devono letteralmente inventare i nemici da combattere.
Ricordate le dichiarazioni dei “neocon” secondo le quali con le invasioni di Afghanistan e Iraq si iniziava una guerra contro il “terrorismo” della quale non avremmo visto la fine nel corso delle nostre vite? Cercate e leggetevi in internet il “Pnac, project for a new american century”.
Nel 1983, la prima potenza militare del pianeta si vide in grande pericolo, minacciata dalla costruzione di un aeroporto turistico a Grenada, un’isola dei Caraibi di ben 344 km quadrati di estensione. Costretti a difendere la sicurezza nazionale di quasi 300 milioni di americani, gli Stati Uniti occuparono l’isola, protetta da un esercito che tra militari e poliziotti, non arrivava a 1500 uomini.
Ora è un paradiso fiscale con 118 banche per 99.000 abitanti circa.
Il terrorismo è il nemico ideale: essendo solamente un concetto mentale soggettivo e opinabile, vago e sfuggente, oggi, con l’aiuto di cinema, televisioni e giornali, si può impunemente affibbiare l’appellativo di stato “canaglia” o “terrorista” all’Afghanistan ed all’Iraq, all’Iran, alla Corea del Nord ed alla Libia. Domani potrebbe essere il turno della Somalia, del Sudan, del Venezuela e così via.
Il procedimento per “creare il nemico” con il sempre più decisivo apporto di stampa e tv è sempre lo stesso: demonizzazione dei personaggi nel mirino (talebani, Saddam Hussein, Chavez, Ahmadinejhad, Gheddafi) con appellativi come despota, dittatore, sanguinario, colpevole di narcotraffico, terrorismo e violazione dei diritti umani ai danni di minoranze oppresse e disperate che “chiedono” aiuti esterni. A questo punto “l’opinione pubblica” creata ad hoc dai media è pronta ad accettare il giusto intervento militare anglo-americano per ristabilire democrazia e “pax americana”.
Sentendosi minacciati, e grazie all’altro concetto fatto in casa di “guerra preventiva”, gli Stati Uniti si sono arrogati il diritto di attaccare chiunque in qualsiasi parte del pianeta, a proprio piacimento e secondo gli obiettivi da raggiungere, con i droni e le nuove “mini bombe nucleari”, ultimi gioielli prodotti dalla ricerca bellica.
Guerre stellari, insomma.
Hollywood!
Ciononostante, la versione politicamente corretta alla quale siamo stati educati e che media e politici di destra e di sinistra continuano a passarci è che gli Stati Uniti d’America sono la più grande democrazia mondiale, i paladini della libertà e della giustizia, i “buoni” che combattono senza sosta i “cattivi”.
L’immagine che il cinema di Hollywood ha cristallizzato nella nostra mente.
Il mondo virtuale che ha la meglio su quello reale.
Totale stravolgimento della rappresentazione dei fatti.
La rappresentazione al posto della realtà.
Così l’unico paese ufficialmente riconosciuto come terrorista, può continuare ad indicare arbitrariamente al mondo quali siano gli stati terroristi, attaccarli, sterminarne le popolazioni e raderli al suolo con l’aiuto degli altri paesi “civili”.
Chi potrebbe impedirglielo?
“La verità è che non esiste un esercito islamico o un gruppo terroristico chiamato Al Qaida. Qualsiasi agente dell’intelligence bene informato lo sa.
Ma c’è una campagna propagandistica che fa credere al pubblico che esista una entità ben identificata che rappresenta il ”male” solo per poter condurre colui che guarda la Tv ad accettare un comando internazionale per una guerra contro il terrorismo.
Il paese dietro questa propaganda sono gli Stati Uniti, e coloro che spingono per una guerra Usa contro il terrorismo lo fanno solo per fare denaro.”
Pierre-Henry Bunuel, ex funzionario dei servizi segreti militari francesi
Quante centinaia di volte abbiamo visto le immagini dei due aerei che si schiantano sulle torri gemelle di New York?
Usando sapientemente a proprio vantaggio l’onda emotiva provocata nella popolazione statunitense e mondiale, al presidente americano è bastato affiancare a quelle immagini la foto di Osama Bin Laden ed indicarlo come responsabile perché quella diventasse la verità ufficiale.
“L’autorità come verità, non la verità come autorità”, ha detto qualcuno.
Televisioni e giornali di tutto il mondo hanno riportato la notizia ed il nostro cervello, sotto shock, l’ha presa per buona.
Lo shock è qualcosa di terribile che accade in maniera tanto repentina che non dà alla mente la possibilità di elaborare una reazione razionale.
Agisce sulla emotività (più facilmente penetrabile), non sulla razionalità.
Al cervello non rimane altra scelta che subire l’evento senza avere il tempo di capirlo.
Certo, nessuna Tv ci ha poi mostrato la torre numero 7 che implode su se stessa alle cinque del pomeriggio in 6,5 secondi, abbattuta forse da una raffica di vento, con la CNN che dà la notizia del crollo con un’ora di anticipo.
Una giornalista della BBC in diretta mondiale annuncia che l’edificio è gia crollato mentre in verità continua bene in vista ad essere inquadrato alle sue spalle.
Crollerà venti minuti più tardi.
Dell’impatto del terzo aereo contro il Pentagono americano dovrebbero esistere decine di registrazioni filmate, essendo il luogo più vigilato al mondo.
Eppure non ci è stata mostrata nessuna immagine, per il semplice fatto che non può essere stato opera di un aereo di linea. Le immagini, con il loro impatto chiarificatore, sarebbero in questo caso controproducenti.
Per chi vuole approfondire e capire, in internet c’è una grande quantità di materiale a disposizione.
Per tutti coloro che preferiscono non sapere, le immagini dei due aerei che si abbattono sulle torri documentano con certezza che lo schianto c’è stato.
Non certo da chi sia stato organizzato.
Ma se uno non vuole mettere in moto il cervello, può bastare.
“Crediamo soltanto a ciò che vediamo. Perciò, da quando c’è la televisione crediamo a tutto”.
(Hildebrandt Dieter)
Ciò che voglio dire è che non è difficile ingannare la nostra mente.
I media hanno su di noi quasi illimitate potenzialità di condizionamento. Possono essere strumenti di grande libertà od oppressione, a seconda dell’uso che ne vogliono fare coloro che li controllano. Spostano senza grandi difficoltà a loro piacimento il nostro pensiero da una certa teoria ad una diametralmente opposta in poco tempo e senza che noi ne siamo consapevoli, grazie a sofisticati programmi di indottrinamento subliminali ben eseguiti dei quali esiste ampia letteratura.
Attraverso giornali e televisioni i depositari della “scienza” economica, da sempre hanno fatto credere al mondo che la mano invisibile del mercato avrebbe sistemato ogni cosa al suo interno. Qualsiasi intervento pubblico in economia era bollato come sacrilego, quasi si trattasse di leggi divine, mentre ora, con un dietro front clamoroso, i governi intervengono pesantemente con abbondanti iniezioni di denaro pubblico per salvare il salvabile. Ma si tratta di salvare le banche degli Usurai con il denaro del popolo, quindi anche il rigetto totale di ciò che era spacciato come dogma indiscusso, è ora consentito, pur di venire incontro agli interessi dei padroni.
E gli economisti che per decenni ci hanno venduto la sacralità del libero mercato?
Continuano a balbettare senza vergogna dagli schermi televisivi e dalle colonne dei giornali le loro nuove teorie, riviste ed adattate al nuovo pensiero ufficiale da vendere al popolo gregge.
Cosa penseranno di tutto ciò le popolazioni dei paesi sudamericani e africani, depredate ed impoverite da decenni di massicce dosi di liberismo sfrenato imposto dal “Fondo Monetario Internazionale” e dalla “Banca Mondiale”?
Privatizzazioni e globalizzazione (sinonimo virtuale del termine imperialismo che aveva ormai assunto una valenza negativa) continuano ad essere spacciate come l’unica via possibile per il raggiungimento del benessere universale, mentre ci stanno conducendo dalla parte opposta, verso una povertà diffusa.
Persino le sanguinose guerre di sterminio di popoli “nemici” (di chi?), combattute per gli interessi esclusivi dei grandi Usurai, ci vengono vendute dal cinema hollywoodiano come teatro di gesta nobili, onore e gloria. Con l’immancabile, odioso ed ipocrita corollario della cerimonia di consegna della bandiera americana alle vedove e madri di giovani combattenti, loro stessi prime vittime della grande menzogna planetaria, tutti naturalmente provenienti dal sempre più fornito serbatoio costituito dalla fascia più povera della società americana.
Questa scena, presente in migliaia di film americani, ci induce a pensare che servire e morire per la patria ha molto a che fare con l’onore.
Purtroppo funziona.
Cosa ci può essere di tanto onorevole nel massacro non di eserciti nemici, ma di popolazioni di civili indifesi, in paesi lontani e per chissà quali oscuri motivi?
“Beata la terra che non ha bisogno di eroi”, ha scritto Bertolt Brecht da qualche parte.
continua…