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di Luciano Lago

 

“Ogni paese ha politici che si merita”, questo un vecchio detto, giudicato anche un luogo comune ma che per l’Italia ha una sua valenza storica, viste le condizioni disastrate in cui si trova il nostro paese.

 
A proposito di presidenti della Repubblica, massima carica delle Istituzioni, abbiamo avuto in questo paese dei presidenti, a nostro giudizio indegni, come l’ultimo Giorgio Napolitano che ne è stato il miglior esempio, i quali avrebbero dovuto essere messi sotto inchiesta per come hanno consentito la violazione delle norme costituzionali, in particolare quella che riguarda la sovranità nazionale (art. 1, “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”) , dimostrandosi proni e servili a tutte le direttive che sono venute dall’esterno (dalla Troika europea o da Washington) anche quando si è trattato di far scendere il nostro paese in guerra contro i suoi stessi interessi nazionali (operazione della NATO in Libia) in barba alla costituzione (art. 11.” l’Italia bandisce la guerra come mezzo per la risoluzione delle crisi internazionali») .

Ci sono invece altri paesi in Europa, piccoli ma con grande senso della propria storia e della propria identità nazionale (quella che manca in Italia), come ad esempio la Repubblica Ceca,dove è stato eletto un presidente, Milos Zeman, che dimostra di non volersi piegare a nessun potere e che parla dicendo le cose come stanno, evitando la stucchevole retorica e la propaganda che caratterizzano i discorsi dei presidenti in Italia.

Anche nella Repubblica Ceca viene avvertito il problema dell’immigrazione clandestina ed è interessante ascoltare le dichiarazioni del presidente Zeman in proposito:

“Di questo grande afflusso di rifugiati e di clandestini illegali verso l’Europa sono responsabili gli Stati Uniti ed i paesi europei che hanno partecipato nella esecuzione dei piani dementi attuati in paesi come l’Iraq, la Libia e la Siria, ha dichiarato ieri il presidente Milos Zeman.

 
“L’attuale ondata di immigrazione (in Europa) è sorta a causa della idea demente di invadere l’Iraq, dove presumibilmente (secondo gli USA) si immagazzinavamo grandi armi di distruzione di massa, ma alla fine non si è trovato nulla del genere. Questa ondata deriva anche a causa dell’idea pazza di voler restaurare l’ordine in Libia e successivamente in Siria”, ha segnalato Zeman nel corso di una intervista al giornale ceco, “Blesk”.
“Come risultato di queste azioni, sono venuti fuori in quei paesi regimi di terroristi che in ultima istanza hanno spinto l’attuale flusso incontrollato di immigranti illegali in Europa”, ha aggiunto il presidente Zeman.

“La responsabilità di tutto questo ricade non soltanto sugli Stati Uniti ma anche sui paesi dell’Unione Europea che hanno dato il loro assenso nel partecipare a queste operazioni belliche insensate, come avvenuto in Libia”, ha ricordato il mandatario ceco.

Da considerare che, alla fine di Giugno, centinaia di cittadini cechi sono scesi in strada nella città di Brno per protestare contro la politica migratoria della UE e gli attivisti si sono mostrati contrari ad attuare le politiche migratorie di accoglienza per quote dettate dalla Commissione Europea.

Il presidente ceco Zeman è lo stesso che, due mesi addietro, in occasione di una sua visita programmata a Mosca per presenziare ai festeggiamenti per i 70 della vittoria della Russia nel secondo conflitto mondiale, aveva cacciato dalla residenza presidenziale l’ambasciatore statunitense, Andrew Schapiro, che era venuto a suggerigli “di non recarsi in Russia” per uniformarsi alle decisioni sanzionatorie di Washington.

In quell’occasione Zeman aveva dichiarato: Qualcuno potrebbe immaginare il nostro ambasciatore a Washington mentre porge “raccomandazioni” a Washington per il presidente Obama sul dove deve o non deve recarsi in visita? Si è domandato Zeman, citato da Radio Praga.

“Non permetto a nessun ambasciatore straniero di interferire nelle mie visite pianificate.”

 

tratto da: (clicca qui)

 

 

Il presidente della Repubblica Ceca polemizza contro la grossolana ingerenza di Washington

 

6 aprile 2015

Il presidente della Repubblica Ceca, Milos Zeman, ha rifiutato oggi di ricevere l’ambasciatore statunitense Andrew Schapiro, con il quale ha avuto una discussione circa l’opportunità di una sua visita a Mosca per assistere alle celebrazioni per il giorno della Vittoria.

“Le porte del Castello di Praga (sede della Presidenza) sono chiuse per Schapiro”, ha dichiarato il capo di Stato, il quale ha condannato i tentativi degli Stati Uniti di immischiarsi nei fatti del suo paese.
Qualcuno potrebbe immaginare il nostro ambasciatore a Washington mentre porge “raccomandazioni” a Washington per il presidente Obama sul dove deve o non deve recarsi in visita? Si è domandato Zeman, citato da Radio Praga.

“Non permetto a nessun ambasciatore straniero di interferire nelle mie visite pianificate.”

Questa dichiarazione è stata fatta da Zeman dopo che in un intervento alla Tv pubblica l’ambasciatore degli Stati Uniti in Repubblica Ceca Andrew Schapiro aveva criticato la prevista visita del presidente ceco a Mosca per celebrare il 70° anniversario della vittoria sulla Germania nazista.

Il diplomatico nordamericano aveva considerato “poco perspicace” un viaggio di Zeman a Mosca per assistere, per il prossimo 8 e 9 di Maggio, alle cerimonie per il trionfo della Grande guerra Patriottica, nello stimare che questo avrebbe potuto screditare l’atteggiamento dell’Occidente circa l’Ucraina.

I media della stampa locale ricordano che in Febbraio del 2014 si è installato a Kiev un governo ultra nazionalista, dopo un colpo di Stato appoggiato dai neo nazisti, che da un anno ha lanciato una “operazione castigo” contro la popolazione insorta nel sud Est ucraino.

Inoltre Zeman si è pronunciato contro le sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea contro Mosca per la sua posizione di denunciare il governo golpista, di voler appoggiare la sovranità della Crimea e la causa degli insorti ucraini del Donbass.

La cancelleria russa ha salutato l’atteggiamento preso da Zeman ed ha ringraziato la sua lealtà alla memoria dei soldati caduti durante la II Guerra Mondiale nella lotta contro il nazismo.

A Kiev, al contrario, il governo sta cercando di equiparare il nazismo con il comunismo, dopo aver reso illegale l’unico partito di questa tendenza in questa nazione, esaltare i gruppi neonazisti ucraini (Pravy Sektor ) ed includerli nella Guardia Nazionale riformatasi da poco.

tratto da: (clicca qui)

 

 

 

 

Sta emergendo un’alleanza fra i “Fronti di Liberazione Nazionale” europei, per vendicare la sconfitta della Grecia

 

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di Ambrose Evans Pritchard

 

Redazione: è difficile capire come possa avere un futuro un’Unione Monetaria tenuta insieme dal potere giudiziario, dalla coercizione e dalla paura. Ma non è la fine della storia. Per “Podemos”, la lezione un po’ leninista che si può trarre dalla Grecia, è che le forze rivoluzionarie devono mostrare il pugno di ferro, la Spagna non sarebbe trattata meglio della Grecia. Per l’Italia la situazione è peggiore di quella del “decennio perduto” giapponese. Ma Fassina e Grillo …

 

Siamo arrivati a questo! Il primo Ministro delle Finanze di un paese dell’Eurozona ad aver elaborato un “piano d’emergenza” per l’eventuale uscita dall’Eurozona è stato posto sotto inchiesta, con l’accusa di “tradimento”.

Il Procuratore Capo della Grecia sta esaminando le accuse (di tipo penale) nei confronti dei cinque componenti del “gruppo di lavoro” costituitosi presso il Ministero delle Finanze del paese, colpevoli di aver progettato un “Piano B” – ovvero un sistema parallelo “per creare liquidità e finanziare il sistema bancario greco (entrambi in euro)”, che avrebbe potuto portare, in extremis, ad una ritorno alla dracma.

E’ difficile capire come possa avere un futuro un’Unione Monetaria tenuta insieme fino a questo punto dal potere giudiziario, dalla coercizione e dalla paura, in uno degli Stati più antichi d’Europa.

La criminalizzazione di qualsiasi dibattito sul Grexit esclude che ci possa essere un ordinato ritorno alla dracma, anche se è molto probabile (per molti quasi certo) che l’ultimo pacchetto di prestiti concessi dall’UEM alla Grecia si riveli impraticabile, portando alla fuoriuscita del paese dalla “moneta unica” entro un anno. È una pura questione di logica, siamo davanti alla follia.

Il quotidiano Kathimerini – la voce dell’oligarchia greca – ha scritto che le accuse comprenderebbero “la violazione del dovere [d’ufficio], la violazione delle leggi valutarie e l’appartenenza ad un’organizzazione criminale”, ma anche la violazione della privacy sui dati fiscali, illegalmente sottratti dal data-base della Grecia.

Il Procuratore Capo sembra che abbia agito dopo la denuncia di un avvocato, che ha accusato Yanis Varoufakis di “tradimento”. Niente più che un tentativo per distruggere il mercuriale ex Ministro delle Finanze, per fare in modo che non possa tornare [alla vita politica] alla guida di una forza “vendicatrice”.

Il “Piano B” greco era stato approvato anche dal Primo Ministro Alexis Tsipras. Fu progettato, in origine, per creare una fonte alternativa di liquidità in euro, se la Banca Centrale Europea avesse tagliato i finanziamenti d’emergenza al sistema bancario greco.

Ed in effetti la BCE ha fatto esattamente questo – violando probabilmente il suo mandato, che è quello di garantire la stabilità finanziaria, agendo “ultra vires” [quando non si può invocare una limitazione della propria responsabilità] nei riguardi di un movimento puramente politico, come “agente esecutore” dei creditori – quando il governo Syriza ha lanciato il “guanto di sfida”, indicendo un referendum anti-austerità.

Il Sig. Varoufakis insiste nel dire che il suo piano era basato sullo schema “IOU” [dei pagherò] applicato dalla California nel 2009 per coprire gli oneri per gli sconti fiscali e per pagare gli appaltatori, quando la liquidità andò a prosciugarsi dopo la crisi della Lehman.

Il suo scopo era quello di reflazionare l’economia greca restando all’interno dell’Eurozona, non quello di lasciarla. Questo piano, tuttavia, aveva una potenziale doppia funzione, ed è lì che si trova il presunto tradimento. Egli ha detto, in effetti, che “… la liquidità poteva immediatamente essere convertita in nuove Dracme”.

Pablo Iglesias, il leader “dai capelli a coda di cavallo” del movimento spagnolo Podemos, ha tratto le sue conclusioni dopo aver visto che il primo governo della sinistra-radicale europea dei tempi moderni è stato messo in ginocchio prima dalla negazione della necessaria liquidità [al sistema bancario greco], e poi dalle forze eurofile interne.

Ha accusato la Germania di aver imposto alla Grecia un’occupazione di tipo cartaginese, come punizione per aver osato promuovere un referendum, e ha avvertito al contempo che sono ormai brutalmente chiari “i limiti della democrazia in Europa”.

La lezione da imparare, quindi, è che se Podemos vuole andare al governo [in Spagna] dovrà affrontare una dura prova di forza (medir fuerzas). Dovrà quindi prendere il potere nel senso più ampio del termine.

Ognuno può interpretare questa dichiarazione come meglio crede, ma in queste parole c’è un pizzico di disprezzo leninista. Avvertono che Podemos potrebbe lanciare degli attacchi preventivi contro le posizioni, fra loro strettamente intrecciate, dell’establisment spagnolo, dei media, della magistratura, delle forze di sicurezza ed infine delle leve fondamentali dell’economia.

Il destino di Syriza ha chiaramente “avvelenato” la sinistra radicale. I paesi creditori dell’Unione Monetaria hanno dimostrato fin troppo chiaramente che, se scalciate il sistema, il vostro paese dovrà pagare un prezzo molto duro. E’ difficile spiegare, e non solo agli elettori spagnoli, com’è che il Sig. Tsipras abbia potuto accettare un draconiano pacchetto di richieste, dopo che questo era già stato respinto dal popolo greco con un referendum vinto a valanga, appena una settimana prima.

Podemos ha conseguentemente perso una parte del suo vantaggio elettorale, ed è sceso nei sondaggi al 17%, largamente staccato dal Partito Socialista. Ma sarebbe prematuro concludere che questa è la fine della storia. Il messaggio più profondo – che deve ancora entrare nella coscienza collettiva – è che nessun governo di sinistra può perseguire politiche sovrane all’interno dei vincoli dell’Unione Monetaria.

Il Professor James Galbraith della Texas University – che ha giocato un ruolo-chiave nei piani dei greci, e che ora è egli stesso sotto accusa – ha detto che l’esperimento portato avanti da Syriza nel corso degli ultimi cinque mesi ha dimostrato agli occhi di tutti che è impossibile per gli Stati periferici dell’UEM cambiare l’attuale regime politico con la sola forza delle argomentazioni – anche se le prescrizioni sulla deflazione del debito e la pressione fiscale sono state palesemente calamitose.

Parlando alla sinistra, il Prof. Galbraith ha detto agli elettori spagnoli di non illudersi sul fatto che avrebbero garantite delle condizioni migliori, solo perché il loro paese è più grande [della Grecia]. I creditori si sono dimostrati rigidi fino al fanatismo, insistendo sui termini esatti del loro memorandum, indipendentemente sia dalla scienza economica che dal buon senso.

Anche per la Spagna ci sarebbe lo stesso improvviso stop ai flussi di capitale, da parte delle banche private dell’UEM, che porterebbe allo stesso razionamento della liquidità (ad opera della BCE) ed alla stessa “corsa agli sportelli”, che terminerebbero con la stessa “spirale di morte”.

Personalmente, dubito che la sinistra-radicale in Spagna o in Portogallo potrà spazzare via gli altri partiti, nelle elezioni che si terranno alla fine di quest’anno, anche se è troppo presto per poterlo dire. Il paese sta vivendo una fase di ripresa congiunturale, e questo crea l’illusione di una ripresa duratura, anche se il disavanzo delle “partite correnti” sta di nuovo crescendo. La preoccupazione è su che cosa accadrà in occasione della prossima recessione globale, quando il popolo spagnolo scoprirà di non essere mai veramente guarito.

Per l’Italia, invece, il discorso è di un altro tipo. Non esiste alcun mini-boom. Il Pil è ancora dell’11% al di sotto del picco pre-Lehman. E’ sceso ai livelli del 2000. Si tratta di un qualcosa di molto peggiore del “decennio perduto” giapponese, o dell’esperienza italiana del 1930. E’ un qualcosa che non ha precedenti nelle grandi economie moderne, e deriva dall’irreversibile perdita di concorrenzialità del lavoro, che ha avuto luogo nei primi anni dell’Unione Monetaria.

Stefano Fassina, l’ex Vice-Ministro delle Finanze del Partito Democratico di Matteo Renzi, sta già proponendo una “disgregazione controllata dell’Eurozona”, per liberarsi da ciò che egli chiama il “mercantilismo neo-liberale imposto dalla Germania”.

Ha sostenuto che: “… siamo ad una svolta storica. La scelta sarà drammatica”. Ed ancora: “… Syriza ed il popolo greco hanno l’innegabile merito storico di aver ‘strappato il velo’ della retorica europeista”.

Evocando il linguaggio della guerriglia, il Sig. Fassina ha chiesto l’alleanza dei “Fronti di Liberazione Nazionale” di sinistra, che possa agire di concerto con tutti i “sovranisti” che si rifanno al “diritto democratico”.

Ed ha concluso: “Dobbiamo ammettere che la ‘sinistra’ ha perso la sua funzione storica a difesa della dignità e della cittadinanza sociale all’interno della gabbia neo-liberista della moneta unica. La sinistra è morta. Sono manifesti l’irrilevanza e la collusione dei Partiti Socialisti europei”.

Beppe Grillo, il leader del “Movimento Cinque Stelle” è tutt’ora una forza importante nella politica italiana. Egli è stato a lungo piuttosto equivoco sull’adesione dell’Italia all’euro. Disgustato dagli eventi in Grecia, ha lanciato a spron battuto un “Piano B” per il ritorno alla lira.

“E’ difficile difendere gli interessi del popolo greco in modo più distruttivo di quanto abbia fatto Tsipras. Pensando di poter spezzare il legame tra l’euro e l’austerità, ha finito per consegnare il suo paese nelle mani della Germania, facendone uno stato-vassallo”, egli ha detto.

Ed ha aggiunto che la lezione che se ne deve trarre è che l’Italia deve elaborare una propria linea politica, per evitare l’occupazione e la confisca neo-coloniale dei suoi beni nazionali. Deve preventivamente dichiarare guerra ai creditori e forzare l’uscita dall’euro alle proprie condizioni.

Questo riarmo ideologico è l’involontario risultato del rifiuto dell’Eurozona ad instaurare un qualsiasi modus-vivendi con Syriza, anche dove c’era molto terreno in comune. Erano così determinati a punire la Grecia, accusata di “lesa maestà”, da perdere completamente di vista il maggior interesse europeo.

Donald Tusk, Presidente di turno dell’UE, ammette che in gran parte dell’Europa sta prendendo piede uno stato d’animo pre-rivoluzionario, e lo ha confrontato con quello che portò alle alleanze sinistra-destra della fine del 1930: “… il gioco è sempre quello, prima delle più grandi tragedie della storia europea”, ha dichiarato al Financial Times.

Tuttavia, non è riuscito ad ammettere che la causa principale della rivolta populista è proprio la struttura deformata dell’Unione Monetaria, che ha portato a sei anni di disoccupazione di massa ed ha incubato questa nuova tragedia. Non ha nemmeno voluto ammettere che il “water-boarding” di 17 ore che ha avuto luogo a Bruxelles sul Sig. Tspiras, al quale egli stesso ha partecipato, è servito a perpetuare lo stesso circolo vizioso.

Così, ora, abbiamo un’Europa in cui la temperatura politica sta arrivando al punto di ebollizione, un’Europa dove le élites dell’Unione Monetaria si rifiutano di cambiare rotta e dove degli avvocati un po’ birichini inventano accuse penali contro chiunque osi esplorare una possibile via d’uscita dalla trappola.

Questa è una ricetta che porta alla guerra civile, in Europa.

tratto da: (clicca qui)

 

Mentre il presidente russo Vladimir Putin, ed altri leader mondiali, si sforzano per sancire una visione di speranza per l’umanità’, una visione che poggia le sue basi sulla cooperazione, l’associazione e lo sviluppo comune gli USA non offrono niente altro al mondo ad eccezione di paura, insicurezza e guerra.

Gli Stati Uniti sono l’incarnazione della negativa utopia orwelliana, dove la pace e la fratellanza sono cose da essere considerate con disprezzo, incluso denigrate come un qualche cosa di stupidamente ingenuo.

 

 

 

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di Finian Cunningham

 

Avete notato come gli esponenti dell’amministrazione USA sembrano essere capaci ogni momento di parlare costantemente circa la guerra, guerra e sempre guerra? Dall’altra parte la Russia e la maggior parte dei paesi del mondo stanno parlando di associazione, di sviluppo, di integrazione, di progresso, di prosperità e di pace. Cosa si prepara per l’umanità, la pace o la guerra?

I dirigenti nordamericani sono fossilizzati su una apparente routine mentale di ostilità, di sospetti, di inimicizia e di guerra. Guardateli negli occhi. Quello che offrono è un tunnel senza uscita di rassegnazione, senza progresso, senza umanità e soltanto di conflitto permanente.
In contrasto con questo, il presidente russo Vladimir Putin, ed altri leader mondiali, si sforzano per sancire una visione di speranza per l’umanità’, una visione che poggia le sue basi sulla cooperazione, l’associazione e lo sviluppo comune.

Il problema con gli esponenti ufficiali dell’amministrazione USA è’ che seguitano a restare ancorati ad una mentalità’ che fa data a secoli addietro quando presupponeva il diritto o la giustificazione per schiavizzare milioni di persone e sterminare le popolazioni originarie nelle loro terre. Nell’attualità alcuni Stati nordamericani potrebbero stare ammainando la bandiera confederata come simbolo di razzismo genocida, ma in altre parti, se ascoltiamo i dirigenti americani, vedremo che la stessa mentalità’ genocida e di pretesa supremazia prevale, incluso quando è’ articolata da parte di un presidente afroamericano.

Nei giorni scorsi abbiamo visto un esempio disgustoso di quanto sia ritardata e nichilista la visione ufficiale degli esponenti dell’amministrazione USA. Davanti al Senato nordamericano è comparso il presunto prossimo comandante di Stato Maggiore unificato, Joseph Dunford, fornendo testimonianza previa alla sua nomina ufficiale.

Il capo dello Stato Maggiore integrato è il più alto livello delle forze armate degli Stati Uniti che consiglia il presidente ed il Consiglio Nazinale della Sicurezza circa tutti gli aspetti della guerra e molto poco circa la pace. Nell’ascoltare la visione mondiale di Dunford, una persona di senso comune potrebbe pensare che gli USA si trovino sotto una minaccia incombente che provenga da ogni angolo del pianeta. Una minaccia, insicurezza, pericoli. timori, nemici, morte, distruzione, ecc. ecc. La visione globale ed ufficiale degli Stati Uniti è quella di un interminabile incubo dove perversi spettri e demoni stranieri stiano in agguato.

Alla testa di una lista di nemici fatta da Dunford troviamo la Russia, la quale, secondo lui, rappresenta la minaccia più grande alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, aggiungendo che – per quanto senza dimostrarlo- che “il comportamento della Russia è quanto meno allarmante”.

Il comandante in capo del corpo dei marines ha detto ai senatori che “se voi volete parlare di una nazione che potrebbe rappresentare una minaccia esistenziale contro gli USA, io segnalerei la Russia”.

Dunford ha inquadrato la sua premonitoria valutazione su documenti allegati ed infondati circa il coinvolgimento russo nella guerra civile dell’Ucraina ed ha denunciato una aggressione straniera senza fornire alcuna prova di intelligence o evidenza, allo stesso modo di come sono stati a ripetere le medesime accuse un numero indefinito di dirigenti nordamericani che hanno ripetuto queste accuse nel corso dell’anno trascorso. (Naturalmente nessuno ha nominato il golpe in Ucraina promosso dagli USA e tanto meno il regime neo nazista patrocinato dagli Stati Uniti che sta facendo la guerra contro i suoi compatrioti dell’est).

Per dimostrare che le opinioni di Dunford non costituiscono una eccezione male informata, dobbiamo soltanto ricordare l’ultimo documento di Strategia Nazionale Militare degli Stati Uniti pubblicato la settimana scorsa, in cui una identica visione di minacce, di nemici e di altre forze oscure fu anche allora pubblicata. Questo documento rappresenta la posizione ufficiale degli Stati Uniti e la loro visione globale, Una volta di più, la Russia è stata nominata come la minaccia alla sicurezza assieme alla Cina ed all’Iran.

Adesso bene, mettiamo in contrasto questa mentalità nordamericana con quella di altre nazioni e dirigenti mondiali. Mentre Dunford avvisava circa i nemici esistenti davanti al Congresso, dall’altra parte del mondo, i leaders dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia erano riuniti nella città di Ufa in Russia per assistere alle conferenze congiunte dei BRICS (Brsile, Russia, India, Cina e Sud Africa) della SCO (Shangai Coperation Organization) e della EEU (Eurasian Economic Union). Dirigendosi alla sessione plenaria, il presidente russo, Vladimir Putin, ha dato il benvenuto ai leaders ed ai delegati di decine di paesi. Putin ha esortato tutte le nazioni associate a costruire un mondi sulla base di una “associazione giusta”, di “mutuo rispetto”e di “sviluppo sostenibile”.
Allo stesso modo, dirigendosi ai delegati, il presidente cinese, Xi Jinping, ha fatto sua la visione di Putin circa un mondo multilaterale ed interdipendente sulla base di una “associazione in profondità”. Il leader cinese ha segnalato che “il mondo necessita di abbandonare la mentalità della Guerra Fredda e dei giochi di somma zero con l’oggetto di salvaguardare in forma congiunta la pace e la stabilità regionale ed internazionale”. Ha indicato che non si deve considerare accettabile che alcuni paesi proferiscano minacce e sanzioni contro altri. Una simile attitudine bellicosa, ha aggiunto Xi Jimping, è risultata controproducente ed in realtà aumenta le tensioni, l’insicurezza ed il conflitto. Il leader cinese non ha menzionato direttamente il nome di questi paesi ma tutti sapiamo a quale paese si riferiva: gli Stati Uniti.

Tuttavia, in modo simile a Putin, il tema centrale di Jimping è stato positivo e denso di speranza per l’umanità, un tema che ha insistito nello”sviluppo comune”, nella “associazione economica” e nella” condivisione di interessi comuni”.

La crescente associazione economica e di sicurezza dei BRICS e della SCO e della EEU, dimostra che la visione di associazione che questi leaders promuovono non è meramente vuota retorica che punta a generare titoli di stampa per sentirsi bene. Nessuno pretende che questi paesi siano un bastione di perfezione ed armonia. Si necessita di molto sviluppo in ogni livello. Tuttavia la premessa di base dello sviluppo comune ed il bene comune si trova lì, ed anche la relazione di armonia e di cooperazione fraterna, di fiducia e pace per tutti.

La nostra opinione qui è che la riunione in Russia dimostra che l’umanità ha cambiato la sua aperta coscienza separandosi dalle strette rivalità scioviniste verso un altra di interdipendenza e cooperazione. Non si tratta solo di retorica e di aspirazioni ma di una pratica concreta. Tutti i paesi che hanno assistito ai vertici in Russia hanno sofferto le conseguenze di guerre in altri momenti del passato e nessuno come la Russia che ha perso quasi trenta milioni di persone durante la II Guerra Mondiale. (……………..)

Una simile visione di sviluppo e di pace, manifestatasi nel corso delle riunioni in Russia, risulta attuabile e di fatto lo si sta dimostrando attraverso le nuove relazioni internazionali che si stanno forgiando attraverso i BRICS , la SCOe la EEU per il miglioramento delle rispettive popolazioni – che collettivamente costituiscono la maggioranza della popolazione del mondo.

Quale contrasto appare tra Putin, Jinping e molti altri leaders mondiali con le teste pensanti degli Stati Uniti!

Il presidente nordamericano, Barack Obama, è propenso a cospargere la sua retorica con ogni tipo di eufemismo e una florida prosa, ma nel fondo tuttavia parla come la maggior parte dei funzionari di Washington circa un mondo di minacce, di pericoli, di nemici per i quali gli Stati Uniti devono stare in eterno, in modo unilaterale, supremamente poderoso per lanciare guerre quando vogliono e dove vogliono, quando sia un loro desiderio.

Alla fine gli USA non offrono niente altro al mondo ad eccezione di paura, insicurezza e guerra. Gli Stati Uniti sono l’incarnazione della negativa utopia orwelliana, dove la pace e la fratellanza sono cose da essere considerate con disprezzo, incluso denigrate come un qualche cosa di stupidamente ingenuo.

Per quale motivo gli USA non possono evolvere assieme al resto dell’umanità ed abbracciare il mondo come un luogo bello e generosamente abbondante dove tutti possiamo vivere assieme in pace ed in cooperazione?

Prima che si cerchi di dare una risposta a quanto scritto in precedenza, la domanda dovrebbe essere un tanto analizzata. Perchè l’atteggiamento ufficiale nordamericano risulta così pieno di aggressività e timori, guerre e distruzione? Perchè le reazioni internazionali si sono sempre presentate in condizioni di demonizzare e degradare gli altri? Cosa ci sarebbe di evasivo nella cooperazione, il comune senso dell’umanità e la pace?

Gli Stati Uniti non si sono mai assunti la responsabilità della loro origini sul genocidio (dei nativi) o delle guerre di genocidio che hanno portato a termine nella maggior parte dei loro 250 anni di storia come nazione. I loro crimini sono stati coperti di menzogne e negazioni. Gli Stati Uniti non hanno mai preso coscienza del fatto che la loro economia capitalista, perchè possa funzionare, richiede la loro egemonia e lo sfruttamento delle risorse in forma imperialista. La loro impostazione verso gli schiavi e lo sterminio dei nativi nel passato, attualmente viene incarnata attraverso la descrizione del mondo che fa Washington, insidiando assieme nemici disumanizzati che devono essere conquistati, soggiogati e, se necessario, finalmente eliminati.

L’arroganza e l’ignoranza dell’atteggiamento ufficiale nordamericano non ha limiti. Il paese viene diretto da presidenti, esponenti parlamentari, candidati presidenziali e generali che sono al servizio di grandi corporations private e raccontano narrazioni di terrore loro stessi al proprio popolo per giustificare il loro colossale, bellicista e criminale saccheggio del pianeta.

Nonostante questo i dirigenti nordamericani pensano di essere molto liberali e virtuosi. Disgraziatamente molti, troppi cittadini nordamericani comuni, sempre più oppressi, credono al brutto mondo di fantasia che gli è stato inculcato dai loro governanti dell’oligarchia al potere.

La verità è che i leaders nord americani non sono altro che governanti barbari vestiti con abiti di lusso, avrebbero bisogno di evolversi con il resto dell’umanità. Tuttavia l’evoluzione passa attraverso un processo di umiltà, di solidarietà e di ricerca della verità. Nell’ufficialismo nordamericano non esiste una simile dialettica. Esiste soltanto un canale senza uscita di morte di strage e di paura, guerra e paura.

Se non è possibile una evoluzione negli Stati Uniti, allora quello di cui hanno bisogno è di una rivoluzione che permetta all’umanità di progredire e liberarsi della paura e della guerra.

tratto da: (clicca qui)

2015.07.22 – IL MLNS È L’ENTE RAPPRESENTATIVO DEL POPOLO SARDO

Posted by Presidenza on 22 Luglio 2015
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TESTATA  PRESIDENZA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Casteddu, 22 Luglio 2015

IL MLNS È L’ENTE RAPPRESENTATIVO DEL POPOLO SARDO

Il Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu (MLNS) rappresenta l’ente organizzato del popolo sardo in lotta per l’autodeterminazione.

Come tutti i movimenti di liberazione nazionale ha diritto di essere riconosciuto fra gli enti non territoriali che aspirano a divenire organizzazioni di governo di una comunità territoriale.

Esistono esempi di movimenti di liberazione nazionale che sono riusciti ad ottenere un controllo effettivo su una porzione di territorio e sulla collettività che vi è stanziata; il loro rilievo internazionale però non è condizionato al fatto di riuscire ad esercitare un potere di governo su un territorio, e dunque al principio di effettività, ma trova il suo fondamento su un diverso principio giuridico che è quello di autodeterminazione dei popoli.

MLNS, è quindi l’ente rappresentativo del popolo sardo che è sottoposto all’occupazione coloniale e razzista straniera italiana e, come tale, mira a partecipare alla vita sociale internazionale, prendere parte ai lavori di organizzazioni internazionali e partecipare a conferenze internazionali.

L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), ad esempio, ha goduto dello status di osservatore in seno all’Assemblea Generale ed è stata presente, senza diritto di voto, in tutte le conferenze internazionali convocate sotto il patrocinio delle Nazioni Unite (dal 1988 l’OLP è presente in seno all’Assemblea Generale con il nome di Palestina).

MLNS ha la potenzialità giuridica e la personalità internazionale per concludere accordi, come ha già iniziato a fare, soprattutto riguardo allo svolgimento delle ostilità contro il governo costituito o alla costituzione del futuro Stato.
Tra il governo costituito e il popolo in lotta per l’autodeterminazione, si è affermata sul piano del diritto consuetudinario la regola per la quale il governo costituito non può usare la forza per privare il popolo del diritto all’autodeterminazione.

La repressione che lo Stato straniero italiano esercita sul MLNSricordiamo l’incursione armata della DIGOS italiana presso le nostre sedi abitative e istituzionali il 13 marzo 2015 – e quindi su tutto il popolo sardo, utilizzando mezzi coercitivi nella lotta contro un popolo soggetto a dominio coloniale, razzista o ad occupazione straniera è dunque illecita in quanto contraria al principio di autodeterminazione.

Il diritto consuetudinario vigente vieta agli Stati terzi di intervenire a favore del governo costituito (in questo caso quello italiano), sia per quanto riguarda l’intervento armato sia per quanto riguarda ogni altra forma di assistenza (ad es. la fornitura di materiale bellico o il supporto logistico), il cui scopo sia quello di facilitare l’azione repressiva del governo costituito.

Varie risoluzioni dell’Assemblea Generale attribuiscono invece ai MLN con la forza del loro diritto all’autodeterminazione – cioè i popoli sotto dominazione coloniale, razzista o straniera – il diritto di ricevere assistenza dagli Stati terzi nel corso della lotta di liberazione nazionale (c.d. diritto di resistenza).

Questo diritto è esplicitamente riconosciuto dalla Dichiarazione sulle relazioni amichevoli del 1970 e da quella sulla Definizione dell’Aggressione del 1974.
Vi è però un netto contrasto relativamente alla più precisa individuazione del contenuto di tale diritto. Mentre a parere degli Stati afro-asiatici e degli allora Stati socialisti i terzi potrebbero intervenire militarmente, in modo diretto o indiretto, a fianco del MLN, gli Stati occidentali sono fermi nell’asserire che i terzi possono concedere esclusivamente aiuti di natura umanitaria.

Sergio PES (Presidente MLNS e GSP)

 

2015.07.22 – IL MLNS È L’ENTE RAPPRESENTATIVO DEL POPOLO SARDO

 

C’è un solo paese al mondo accusato e condannato di terrorismo dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il 27 Giugno 1987, per il supporto dato a truppe irregolari nel tentativo di abbattere il governo del Nicaragua eletto dal popolo: gli Stati Uniti d’America.

 

Tratto da: “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu

 

Noi abitanti dei paesi “sviluppati” viviamo all’interno di un contenitore che è rappresentato dalla nostra cultura occidentale; il nostro pensiero “libero” è in verità intrappolato al suo interno. Questa cultura ci viene imposta dagli schermi televisivi in un rapporto autoritario (non ammette repliche) e unilaterale (solo da loro a noi), secondo i voleri dei manovratori.
La televisione è la telecamera che i padroni hanno messo in ciascuna delle nostre case. Non siamo noi che guardiamo lei, è lei che controlla noi.

Se l’annunciatore del telegiornale dice, mentre scorrono sullo schermo immagini di guerra, che un missile “intelligente” ha fatto saltare in aria a Gaza un’automobile con cinque “terroristi” palestinesi a bordo, noi facciamo nostra quella notizia così come ci viene data.
La assimiliamo passivamente come verità. Lo ha detto la televisione, c’è scritto sul giornale.
Magari c’erano a bordo un padre di famiglia con la moglie e tre bambini che andavano a cena dai nonni. È una zona in piena guerra, è difficile distinguere tra informazione e propaganda.
La versione dei media arabi naturalmente non arriva a noi occidentali.
Sicuramente erano palestinesi, visto che si trovano nella loro terra, simpatizzanti della loro causa, e per ragioni comprensibili magari odiano quegli israeliani che stanno distruggendo il loro paese e le loro vite.
Hanno tutte le caratteristiche per essere qualificati, badate bene, dai loro nemici, dei “terroristi”.
Lo sono veramente?
Si possono definire terroristi coloro che difendono la propria patria da una invasione?
Sono terroristi.
L’ha detto il TG uno.

C’è un solo paese al mondo accusato e condannato di terrorismo dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il 27 Giugno 1987, per il supporto dato a truppe irregolari nel tentativo di abbattere il governo del Nicaragua eletto dal popolo: gli Stati Uniti d’America.

Una condanna chiara, emessa dal tribunale internazionale delle Nazioni Unite.
Gli Stati Uniti, sono l’unico paese che non ha praticamente avuto periodi di pace da quando, nel Dicembre del 1941, si videro “costretti” a dichiarare guerra al Giappone per l’atteso attacco di Pearl Harbour, 70 anni orsono.
O forse da quando, con il pretesto dell’affondamento del “Lusitania”, riuscirono ad entrare nella Prima Guerra Mondiale.
Le sue guerre continue, Corea, Vietnam, Cambogia, Laos, Afghanistan e Iraq le più sanguinose, hanno provocato almeno sei milioni di morti (secondo le stime più recenti e benevole), ai quali sommare milioni di sfollati e terribili sofferenze nei paesi aggrediti.
Naturalmente tutte queste morti sono pressoché scomparse dalla storia ufficiale/virtuale di cinema, stampa e televisione.
Nessun giorno della memoria per loro.
Se ci fate caso, dopo il Vietnam morti e feriti, sia civili che militari, sono scomparsi dagli schermi televisivi.
Per eguagliare il budget militare degli Stati Uniti pare sia necessario sommare quelli di tutti gli altri paesi della terra. Il loro strapotere militare è devastante.
Hanno tra 800 e 900 basi militari sparse nel mondo. Sono la più potente macchina da guerra mai apparsa sul nostro pianeta, ed è questo il principale motivo per il quale nessun paese vuole entrare in contrasto con loro.

Obbligati per motivi economici ad essere sempre in guerra, dopo la scomparsa dei comunisti gli Stati Uniti d’America si devono letteralmente inventare i nemici da combattere.
Ricordate le dichiarazioni dei “neocon” secondo le quali con le invasioni di Afghanistan e Iraq si iniziava una guerra contro il “terrorismo” della quale non avremmo visto la fine nel corso delle nostre vite? Cercate e leggetevi in internet il “Pnac, project for a new american century”.

Nel 1983, la prima potenza militare del pianeta si vide in grande pericolo, minacciata dalla costruzione di un aeroporto turistico a Grenada, un’isola dei Caraibi di ben 344 km quadrati di estensione. Costretti a difendere la sicurezza nazionale di quasi 300 milioni di americani, gli Stati Uniti occuparono l’isola, protetta da un esercito che tra militari e poliziotti, non arrivava a 1500 uomini.
Ora è un paradiso fiscale con 118 banche per 99.000 abitanti circa.

Il terrorismo è il nemico ideale: essendo solamente un concetto mentale soggettivo e opinabile, vago e sfuggente, oggi, con l’aiuto di cinema, televisioni e giornali, si può impunemente affibbiare l’appellativo di stato “canaglia” o “terrorista” all’Afghanistan ed all’Iraq, all’Iran, alla Corea del Nord ed alla Libia. Domani potrebbe essere il turno della Somalia, del Sudan, del Venezuela e così via.
Il procedimento per “creare il nemico” con il sempre più decisivo apporto di stampa e tv è sempre lo stesso: demonizzazione dei personaggi nel mirino (talebani, Saddam Hussein, Chavez, Ahmadinejhad, Gheddafi) con appellativi come despota, dittatore, sanguinario, colpevole di narcotraffico, terrorismo e violazione dei diritti umani ai danni di minoranze oppresse e disperate che “chiedono” aiuti esterni. A questo punto “l’opinione pubblica” creata ad hoc dai media è pronta ad accettare il giusto intervento militare anglo-americano per ristabilire democrazia e “pax americana”.

Sentendosi minacciati, e grazie all’altro concetto fatto in casa di “guerra preventiva”, gli Stati Uniti si sono arrogati il diritto di attaccare chiunque in qualsiasi parte del pianeta, a proprio piacimento e secondo gli obiettivi da raggiungere, con i droni e le nuove “mini bombe nucleari”, ultimi gioielli prodotti dalla ricerca bellica.
Guerre stellari, insomma.
Hollywood!

Ciononostante, la versione politicamente corretta alla quale siamo stati educati e che media e politici di destra e di sinistra continuano a passarci è che gli Stati Uniti d’America sono la più grande democrazia mondiale, i paladini della libertà e della giustizia, i “buoni” che combattono senza sosta i “cattivi”.
L’immagine che il cinema di Hollywood ha cristallizzato nella nostra mente.
Il mondo virtuale che ha la meglio su quello reale.
Totale stravolgimento della rappresentazione dei fatti.
La rappresentazione al posto della realtà.

Così l’unico paese ufficialmente riconosciuto come terrorista, può continuare ad indicare arbitrariamente al mondo quali siano gli stati terroristi, attaccarli, sterminarne le popolazioni e raderli al suolo con l’aiuto degli altri paesi “civili”.
Chi potrebbe impedirglielo?

2015.07.18 – Il dibattito intorno all’Ossezia del Sud

Posted by Presidenza on 18 Luglio 2015
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Il Rappresentante Ufficiale del Mae Ossezia del Sud in Italia, il dott. Mauro Murgia, spiega le problematiche di questo Stato e il ruolo di questo contesto geografico con il diritto internazionale

 

Pubblicazione1

 

Molte sono le problematiche del territorio caucasico dalla fine dell’epoca sovietica. Tra queste ritroviamo il territorio dell’Ossezia del Sud, rivendicata dalla Georgia ma di fatto indipendente. Per comprendere meglio le problematiche di tale territorio e il ruolo di questo contesto geografico con il diritto internazionale ne parliamo con il sociologo Mauro Murgia, dal 2013 rappresentante ufficiale del Mae Ossezia del Sud in Italia.

Come nasce l’Ossezia del Sud, quale è il suo ruolo nel contesto caucasico e cosa chiede alla comunità internazionale?

“Gli Osseti sono un popolo antichissimo il quale è del tutto differente da ogni razza circostante. Non Sono essi, al pari dei Circassi, un popolo misto, ma costituiscono uno stipite primitivo, schietto, inalterato, non misto ad alcuna razza, il quale discende in linea retta da uno dei figlioli di Jafet. Questo figlio chiamavasi Oss, ed essi si dicono in loro linguaggio Ossi”. (G.G. Khol, 1828). Basterebbe questa piccola citazione, per chiarire immediatamente che, quando si pensa e si parla di Ossezia ed osseti, ci si riferisce ad un Popolo, con propria lingua, territorio storico ed amministrazione autonoma. L’Ossezia del sud ha pagato e paga, ancora oggi, il suo essere centralità Caucasica, il suo essere crocevia. La Georgia, per quasi 100 anni, ha tentato in tutti i modi di impossessarsene, complice l’Urss e, complice, dopo, un occidente attento più allo smembramento della ex Urss, che ai diritti dei popoli. L’Ossezia del Sud, oggi, dopo i massacri subiti, il genocidio ad opera georgiana del 20 giugno del 1920 e, dopo la guerra di liberazione (come altro chiamarla) terminata nel 1992, i profughi, nell’ordine di centinaia di migliaia, costretti a rifugiarsi nell’Ossezia del Nord, e l’ultima, nell’ordine di tempo, aggressione del 2008, tenta faticosamente di percorrere una propria strada di Stato autonomo e di riconoscimento internazionale. Secondo i parametri di Montevideo, l’Ossezia del Sud ha il diritto al riconoscimento internazionale ma, questo non sembra smuovere la comunità internazionale.

Da quanti Paesi è riconosciuta e quale è il suo “status” in ambito di diritto internazionale e in sede di Nazioni Unite?

Solo nel 2008, la Russia di Putin, dopo la tragica aggressione georgiana che è costata tanti morti anche alla stessa Russia, ha riconosciuto l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia. Seguita da Nicaragua e Venezuela e, poi, Vanuatu, Nauru e Tuvalu. Lo Status internazionale è paradossale, stante i riconoscimenti esistenti e, l’Onu che continua a definire Ossezia del sud, Repubblica “de facto”. La strumentalità di questa situazione viene dall’evidenza della impossibilità del parlare. L’Onu non concede diritto di parola. Non concede la possibilità del presentare le proprie ragioni. Così in Europa e in tutti gli organismi internazionali. La Georgia parla e parla, mentre le due Repubbliche Caucasiche, Ossezia del Sud e Abkhazia, vengono costrette al silenzio. Solo nei colloqui di Ginevra, che si tengono ogni 4 mesi, con georgiani, americani, Ue, Russia, l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia possono parlare ma, dopo più di venti colloqui in questi anni, niente cambia e i georgiani rifiutano di sottoscrivere un patto di non aggressione.

Anche il Partito Radicale è intervenuto in tale contesto, attraverso Marco Perduca che da deputato aveva presentato un’interrogazione sulla questione del rifiuto dei visti agli abkhazi ed osseti del sud. Ci può spiegare meglio la problematica?

Sì, il Partito Radicale ed il bravo, mi si permetta di dirlo, senatore Marco Perduca, si sono impegnati per cercare di risolvere questa grave situazione. Nella scorsa legislazione Marco Perduca ha speso il suo tempo per i diritti delle Repubbliche Caucasiche, organizzando un incontro (cosa non facile e scontata) tra il presidente della Commisione Affari Esteri del Senato, Lamberto Dini e il ministro degli Esteri della Abkhazia presente in Italia e, lo stesso senatore, senza alcun indugio ha dichiarato che le Repubbliche hanno diritto al riconoscimento internazionale e, se ciò non avviene, è perché le ragioni geopolitiche e il confronto-scontro occidente e Federazione Russa, lo impediscono. Si tratta, quindi, di Paesi schiacciati nei propri diritti da logiche che niente hanno a che vedere con la ragione elementare del riconoscimento. Inoltre, il Senatore Perduca ha presentato una interrogazione al Ministro degli Esteri, chiedendo il perché e le motivazioni dei costanti rifiuti della concessione dei visti ad osseti ed abkhazi, che intendevano recarsi in Italia per studio o affari. Questa dei visti, è una storia esemplare per comprendere quella che io definisco la “stupidità politica europea”. Il Rifiuto del visto agli studenti, (come nel caso dei 10 studenti abkhazi che dovevano recarsi in Assisi per un anno, per un corso di studio), rappresenta l’accondiscenza pedissequa ai voleri Usa e georgiani, nell’accanimento contro tutte le istanze dei popoli caucasici. Solo un mese orsono, l’Ungheria non ha concesso il visto ad una squadra di calcio abkhaza, che doveva partecipare ad un torneo internazionale. Ecco, quindi, la sostanza quotidiana del vivere in Ossezia del sud e Abkhazia: l’impossibilità di movimento verso l’Europa ed altri Paesi.

Quali sono le maggiori difficoltà che incontri in Italia nello svolgere il tuo ruolo da rappresentante ufficiale del Mae Ossezia del sud?

Lavorare per l’Ossezia del sud in Italia, rappresenta, giorno dopo giorno, una sfida continua per l’affermazione di diritti elementari. Rappresentare questo Paese significa scontrarsi, ogni momento, contro il blocco, silenzioso ma forte, della burocrazia anti-osseta. Parlo della Farnesina, delle Prefetture, dei Consolati e, purtroppo, di tante forze politiche sorde ad ogni appello che lanciamo. Anche a sinistra, parlo della sinistra istituzionale, si fa molta fatica a poter parlare e far passare l’emergenza dei diritti. Paradossalmente, c’è un maggiore ascolto nel centrodestra che nel centrosinistra di governo. Abbiamo presentato richieste ufficiali al Mae, al ministro Gentiloni ma, mai una risposta, un invito per esporre le nostre ragioni.

Nelle ultime settimane siete stati ricevuti anche da Papa Francesco presso la Santa Sede. Avete chiesto al Pontefice di intervenire in ambito internazionale sulle vicende che caratterizzando l’Ossezia del Sud, ricordando anche la cristianità degli osseti del sud. Che risultati avete ottenuto da tale incontro?

Sì, abbiamo sperato nel Vaticano e in Papa Francesco che abbiamo avuto l’onore d’incontrare brevemente, il tempo di consegnare i nostri documenti sulle Repubbliche. Credo che il Papa conosca bene la situazione dell’Ossezia del sud e della Abkhazia. E’ vero, si tratta di Paesi profondamente cristiani, dove non esiste conflitto religioso e che guardano al Vaticano, a Papa Francesco con fiducia e pazienza. So che è difficile, ma basterebbe un suo segnale, un piccolo segno per portare alla attenzione del mondo l’ingiustizia del mancato riconoscimento internazionale. Abbiamo presentato una richiesta ufficiale alla Segreteria di Stato ed a Monsignor Gallagher, per un incontro rappresentativo della situazione delle Repubbliche ma, fino ad oggi, nessuna risposta.

Ti stai adoperando molto per far conoscere la storia, la cultura e le tradizioni dell’Ossezia del Sud in Italia. Ci illustri le iniziative che più hanno riscosso successo?

Gli ultimi anni, in particolare dal 2013 ad oggi, sono ricchi di iniziative a favore dell’Ossezia del Sud. Se si pensa che fino a 3 anni fa, su internet si trovavano solo info georgiane, o a favore degli stessi, oggi abbiamo ribaltato questo modo di fare. Su Ossezia del sud, ed anche Abkhazia si trovano una valanga di informazioni che spiegano la situazione delle Repubbliche. Decine di convegni internazionali con la presenza del Ministro degli esteri della Ossezia del sud in tante occasioni. Una rete capillare di rappresentanti regionali per l’Ossezia del Sud. Rapporti culturali e protocolli tra università italiane e delle Repubbliche, 13 città con protocolli di amicizia con città ossetine, tante delegazioni italiane nel Paese, mostre fotografiche per far conoscere il Paese e tante altre iniziative, stanno a dimostrare la profonda amicizia che si crea, quando la gente conosce, quando l’informazione la raggiunge. Si dimostra il vecchio detto del conoscere, ed io, insieme a tanti altri, come le formiche giorno dopo giorno stiamo sgretolando il muro della negazione dei diritti.

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