Sergio Pes, Presidente del Governo Provvisorio della Repubblica Sarda racconta perché l’Italia è pignorata.
Posted by Presidenza on 22 Aprile 2014
Posted in articoli
21 aprile 2014
Con gli avvenimenti determinati dalla crisi in Ucraina, la Russia per la prima volta lancia apertamente una dura sfida all’ordine mondiale che gli Stati Uniti hanno imposto al mondo.
Secondo quanto scritto dagli analisti della Fondazione Carneige, nonostante le sanzioni e le pressioni esercitate dalle potenze occidentali sulla Russia, Mosca è ben determinata a proseguire il suo progetto di lanciare una sfida all’ordine mondiale dominato da Washington.
Nell’analisi fatta da alcuni specialisti di questioni geopolitiche, si rileva che, benchè ci siano relazioni stabilite già da molti anni fra Mosca e le organizzazioni occidentali, il governo di Putin non ha mai aderito di fatto all’ordine mondiale statunitense e non ha esitato a criticarlo in diverse occasioni.
Tuttavia sembra che questa volta il presidente russo, Vladimir Putin, sia fortemente determinato nel proseguire con il suo progetto di stabilire alleanze con i paesi che si oppongono all’ordine mondiale unipolare di matrice USA.
Nel corso della sua ultima riunione a La Haya, i dirigenti dei grandi paesi occidentali hanno deciso di sospendere le attività del G-8 e di ritornare al modello precedente del G-7 formato unicamente dai sette paesi più industrializzati dell’Occidente.
Durante i 16 anni della sua adesione al G-8, la Russia non è riuscita mai ad integrarsi nell’ordine mondiale controllato dagli Stati Uniti. In questo senso, la sparizione del G8 non avrà grandi ripercussioni per la Russia e per la sua politica estera.
In effetti, da che il vecchio cancelliere tedesco Gerhard Schroder ed il presidente francese Jacques Chirac abbandonarono questo gruppo nella decade del 2.000, Putin non nascose che non aveva un vero interesse di partecipare a questo gruppo.
Nel corso di tutti questi anni, la politica dei paesi occidentali è consistita nel mettere ai margini la Russia mentre le potenze occidentali proseguivano con i loro tentativi di dominare ogni volta di più il sistema internazionale.
Tuttavia questa politica è risultata controproducente per l’Occidente visto che la Russia è rimasta come un paese autonomo rispetto all’ordine mondiale nordamericano senza aver stabilito delle vere relzioni strutturali con Washington e con Bruxelles.
Nonostante questo la Russia è stata orgogliosa di essere presente in numerose istituzioni ed organizzazioni internazionali.
La Russia è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, membro del gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), membro del Consiglio d’Europa, sebbene dopo la decisione delle potenze occidentali di espellere la Russia dal G8 e le critiche dello stesso Consiglio per la condotta russa in Crimea, è probabile che Mosca abbandoni volontariamente quest’ultimo organismo.
Il Consiglio Russia-NATO, che è stato uno strumento efficace per coordinare le relazioni strategiche fra Mosca e l’Alleanza Atlantica, attraverso ugualmente un momento delicato.
Sembra quindi che Putin si stia preparando ad un contrattacco in tutti i campi: a livello politico, economico e militare.
In questa direzione i russi cercheranno di promuovere l’unione dei paesi dell’Eurasia con i suoi vicini prossimi e con altri paesi.
In forma molto più attiva che in passato, la Russia vuole sviluppare le sue relazioni con i paesi che non accettano di sottomettersi alle direttive di Washington, in particolare quelli che non aderiscono alle sanzioni contro Mosca. In questo senso, risulta evidente che paesi come la Cina o l’India non andranno a ridurre il livello attuale della loro cooperazione con la Russia.
Sul piano regionale, i dirigenti russi cercheranno di rinforzare anche le loro relazioni con il Giappone, con la Corea del Sud, con la Turchia, con l’Iran, con l’Egitto, con l’Argentina, con il Messico, il Brasile o Singapore, ecc..
In base a questo piano i russi tenderanno ad essere pragmatici e si concentreranno essenzialmente nella cooperazione economica per poter aggirare, almeno parzialmente, le sanzioni che gli Stati Uniti e la UE vorranno imporre.
In effetti tutti sanno che è impossibile immaginare che le sanzioni ,quelle che l’Occidente deciderà di imporre a Mosca ,possano avere l’effetto di assoggettare la Russia ad un isolamento paragonabile a quello della Corea del Nord.
Mentre gli USA considerano la Russia come un paese debole ed una potenza in fase di decadenza, il presidente Putin crede che siano invece gli Stati Uniti quelli che vivono i loro ultimo periodo come superpotenza mondiale.
Putin aveva già resistito alle pressioni degli USA nella questione di Edward Snowden. Nella crisi dell’Ucraina, la Russia ha ottenuto di rafforzare di nuovo la sua posizione nel mezzo di una nuova sfida lanciata contro il proprio paese dalle potenze occidentali.
tratto da: (clicca qui)
Posted by Presidenza on 19 Aprile 2014
Posted in articoli
GLI EUROCRATI AUTORIZZANO I BAILOUTS E I BAIL-INS
DI ELLEN BROWN
counterpunch.org
“Per come stanno le cose, il vero e permanente governo del paese è costituito dalle banche, qualsiasi partito sia al potere” – Lord Skidelsky, Camera dei Lords, Parlamento del Regno Unito, 31 Marzo 2011.
Il 20 Marzo 2014 i funzionari dell’Unione Europea hanno raggiunto uno storico accordo per creare un’agenzia unica per la gestione delle banche in fallimento. L’attenzione dei media si è concentrata sull’accordo che coinvolge lo “European Stability Mechanism” [ESM], un meccanismo comune per la chiusura delle banche fallite.
Ma la vera questione per i contribuenti e per i risparmiatori è la minaccia costituita da un accordo che autorizza entrambi i salvataggi, il bail-out ed il bail-in, ovvero la confisca dei fondi dei depositanti.
L’accordo prevede molteplici concessioni ai differenti paesi, e potrebbe essere illegale, secondo le regole del Parlamento dell’UE, ma è stato concordato in fretta e furia per “bloccare” sulle attuali posizioni i contribuenti ed i depositanti, prima che la disastrosa situazione delle banche dell’Eurozona vada ad esplodere.
Le clausole del bail-in sono state concordate la scorsa Estate. Bruno Waterfield, scrivendo sul Telegraph UK del Giugno del 2013, ha sostenuto che:
Secondo questo accordo, dopo il 2018 gli azionisti saranno in prima linea per coprire le perdite di una banca fallita, e subito dopo gli obbligazionisti ed i grandi depositanti. I depositi assicurati di entità inferiore a 100.000 Euro sono specificatamente esentati, mentre i depositi non assicurati, sia delle singole persone che delle piccole imprese, avranno il mero status di “credito privilegiato”, e caricati di conseguenza delle perdite … Secondo l’accordo, tutti gli obbligazionisti non garantiti subiranno delle perdite, prima che una banca possa aver diritto a ricevere delle iniezioni di capitale direttamente dall’ESM, peraltro senza alcun uso retroattivo di questo fondo, per i periodi precedenti il 2018.
Come avevo fatto notare in altri miei articoli, l’ESM [European Stability Mechanism] impone un debito “aperto” ai Governi membri dell’UE, ed sottopone i contribuenti a qualsivoglia richiesta degli euro-burocrati.
Ma non è solo l’Unione Europea ad avere in programma i bail-ins per le loro banche in difficoltà, “troppo grandi per fallire”. Ci sono anche Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda ed altre nazioni del G20.
Ricordiamo che negli Stati Uniti un depositante non è che un mero creditore chirografario [in Europa è invece un creditore privilegiato, ndt]. Quando si deposita denaro in una banca, questa “possiede” il denaro, ed il creditore non dispone che di una cambiale, ovvero di una mera promessa di pagamento.
In base alla nuova Unione Bancaria dell’UE, prima che lo ESM possa essere attivato, gli azionisti ed i risparmiatori dovranno essere caricati di una parte significativa delle perdite. I banchieri, in questo modo, saranno sempre vincitori: possono ottenere denaro sia dai contribuenti [intervento dello Stato, ndt] che dai depositanti.
LA QUESTIONE IRRISOLTA DELL’ASSICURAZIONE SUI DEPOSITI
Ma almeno, si potrebbe dire, sono solo i depositi non assicurati ad essere a rischio [quelli oltre i 100.000 Euro, ovvero ca. 137.000 Dollari]. Giusto? Non necessariamente. Secondo “ABC News”:
L’accordo è un compromesso che si differenzia dall’idea originale di Unione Bancaria presentata nel 2012. La proposta originale aveva un terzo pilastro, l’assicurazione a livello europeo dei depositi. Ma quest’idea non è andata avanti.
Il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, parlando prima della riunione del 20 Marzo a Bruxelles, ha “salutato” questo piano di compromesso come “un grande progresso per ottenere una migliore Unione Bancaria. Due pilastri sono ormai stati posizionati” – i primi due, appunto, ma non il terzo.
I primi due pilastri non sono sufficienti, da soli, a proteggere le popolazioni. “The Economist” ha osservato, nel Giugno del 2013, che senza un’assicurazione sui depositi di livello europeo, l’Unione Bancaria sarà un fallimento:
Il terzo pilastro, purtroppo ignorato, doveva essere un comune regime di garanzia sui depositi, con i costi da condividere fra i vari paesi dell’Eurozona. I contributi annuali delle banche possono coprire i depositanti in anni normali, ma non possono proteggere in modo credibile un sistema in crisi [in America, il piano pre-finanziato non avrebbe coperto che un mero 1,35% dei depositi assicurati]. Qualsiasi sistema di deposito-assicurazione deve ricorrere al sostegno del Governo … L’Unione Bancaria – e quindi l’Euro – avrà poco senso senza questo sostegno.
Tutti i depositi, quindi, potrebbero essere soggetti al rischio-tracollo. Ma quanto è probabile che questo accada? Abbastanza probabile, a quanto pare …
CHE COSA GLI EURO-BUROCRATI NON VOGLIONO CHE VOI SAPPIATE
Mario Draghi è stato Vice Presidente della Goldman Sachs Europa, prima di diventare Presidente della BCE. Ha svolto un ruolo importante nel plasmare l’Unione Bancaria. Secondo Wolf Richter [Ottobre 2013], l’obiettivo di Draghi e degli altri euro-burocrati era solo quello di “bloccare” sulle loro posizioni i contribuenti ed i depositanti, prima che si scatenasse il panico sull’estrema vulnerabilità delle banche dell’Eurozona:
Le banche europee, come tutte le altre, sono state chiuse a lungo all’interno di ermetiche scatole nere … L’unica cosa che si sa, sui buchi di bilancio [provocati da assets che si sono tranquillamente decomposti] di queste scatole nere, è che sono profondi. Ma nessuno sa quanto lo siano. E a nessuno è permesso di sapere – almeno fino a quando saranno gli stessi euro-burocrati a decidere chi è che dovrà pagare per il salvataggio di queste banche.
Quando la BCE diventerà il regolatore delle 130 più grandi banche dell’Eurozona, continua Richter, dovrà sottoporle a valutazioni più realistiche, rispetto ai precedenti “stress tests”, che erano nient’altro che una forma di “agitprop bancario” [l’Agitprop era il dipartimento per l’agitazione e la propaganda del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, ndt].
Ma queste realistiche valutazioni non avranno luogo fino a quando non sarà attivata l’Unione Bancaria. Come fa Richter a saperlo? Perché è lo stesso Draghi ad averlo detto:
L’efficacia di questo esercizio dipenderà dalla sottoscrizione dei necessari accordi per la ricapitalizzazione delle banche … anche attraverso la previsione di un back-stop pubblico [sostegno di ultima istanza, o acquisto di titoli non sottoscritti in un’offerta di azioni, ndt] … Questi accordi devono essere sottoscritti “prima” di effettuare le nostre valutazioni.
Per Richter tutto ciò si traduce in questo modo:
La verità non può essere conosciuta fino a quando gli euro-burocrati non avranno deciso chi è che deve pagare per i salvataggi. Fino a quel momento, gli esami alle banche non saranno completati perché, se uno qualsiasi di questi esami dovesse filtrare sui media – e Draghi non lo vuole – l’intero castello di carte crollerebbe [senza che i contribuenti siano disposti a pagare il conto], non appena le sue clamorose dimensioni venissero finalmente allo scoperto!
Solo dopo che i contribuenti ed i depositanti saranno stati incastrati sarà alzato il sipario, e sarà rivelata la paralizzante insolvenza delle banche. Prevedibilmente si diffonderà il panico, il credito andrà a bloccarsi e le banche crolleranno, lasciando che le popolazioni ignare paghino il conto.
COSA E’ SUCCESSO A NAZIONALIZZARE LE BANCHE FALLITE ?
Alla base di questi traffici frenetici, c’è la presunzione che le “banche zombie” debbano essere tenute in vita a tutti i costi – vive e nelle mani dei banchieri privati, che potranno continuare a speculare ed a raccogliere dei bonuses enormi, a scapito delle popolazioni, che dovranno farsi carico delle perdite.
Ma non è l’unica alternativa. Nel 1990 anche negli Stati Uniti l’aspettativa comune era che le mega-banche fallite sarebbero state infine nazionalizzate. Questo percorso è stato perseguito con successo non solo in Svezia ed in Finlandia, ma anche negli Stati Uniti, con il caso della Continental Illinois, che a quel tempo era la quarta più grande banca del paese, e costituiva, in assoluto, il più grande fallimento.
William Engdahl, nel Settembre del 2008 scriveva:
In quasi tutti i casi recenti di crisi bancaria, quando è stato necessario intervenire d’urgenza per salvare il sistema finanziario, il metodo più economico per i contribuenti [come in Svezia o in Finlandia nei primi anni ‘90], si è rilevato quello della nazionalizzazione delle banche in difficoltà, e l’assunzione sia della gestione che degli assets … Nel caso svedese è stato stimato che il costo finale per i contribuenti sia stato quasi nullo.
Tipicamente, nazionalizzare significa farsi carico delle sofferenze della banca insolvente, rimetterla di nuovo in piedi, e restituirla ai proprietari privati, che a questo punto sono di nuovo liberi di mettere a rischio i soldi dei depositanti.
Ma sarebbe molto meglio mantenere le mega-banche nazionalizzate nella sfera “pubblica”, al servizio dei bisogni delle persone. George Irvin, nel Social Europe Journal del mese di Ottobre 2011, ha sostenuto che:
Il settore finanziario ha bisogno di molto di più che una semplice regolamentazione, ha bisogno di un ampio margine di controllo “pubblico”, ovvero di quella parola che comincia con la “n”: nazionalizzazione. La finanza è un bene pubblico troppo importante per essere gestito esclusivamente dai banchieri privati. Abbiamo bisogno, per lo meno, di una grande banca pubblica d’investimento, con il compito di modernizzare e rendere più “verdi” le nostre infrastrutture … Invece di cestinare l’Eurozona e tornare ad una dozzina di valute minori che fluttuano quotidianamente, diamo un Ministero delle Finanze [del Tesoro] all’Eurozona, con la sufficiente forza fiscale per provvedere a beni pubblici europei, a più posti di lavoro, a salari e pensioni migliori, ed infine ad uno sviluppo ambientale sostenibile.
LA TERZA ALTERNATIVA – DARE AL GOVERNO IL CONTROLLO DEL RUBINETTO DEI SOLDI
Un gigantesco difetto dell’attuale sistema bancario è che sono le banche private, e non i Governi, a creare [in pratica] l’intera offerta di moneta, e lo fanno attraverso la creazione di debito caricato degli interessi. Il debito cresce inevitabilmente in modo più veloce dell’offerta di moneta, perché gli interessi non vengono creati parallelamente al prestito originale.
Il problema è ancor più grave nell’Eurozona, perché nessuno ha il potere di creare ex nihilo il denaro necessario ad equilibrare il sistema, nemmeno la stessa Banca Centrale. Questo difetto potrebbe essere risolto sia consentendo ai singoli paesi di emettere individualmente moneta priva di debito o, come suggerito da George Irvin, dando all’Eurozona un Ministero del Tesoro dotato di questo potere.
La Banca d’Inghilterra ha appena ammesso, nel suo bollettino trimestrale, che le banche non prestano in realtà i soldi dei loro depositanti. Quello che prestano è il credito bancario che hanno creato sui loro libri. Negli Stati Uniti gli oneri finanziari su quest’importo di moneta-credito sono compresi tra il 30 ed il 40 percento dell’economia, a seconda del numero a cui si crede.
In un sistema monetario in cui il denaro viene emesso dal Governo, ed il credito dalle banche pubbliche, questo “rentiering” [affitto] può essere evitato. I soldi del Governo non sarebbero emessi nella forma di debito soggetto ad interessi, e qualsiasi onere finanziario a carico delle banche pubbliche rappresenterebbe un reddito per il Tesoro.
Nuovo denaro può essere aggiunto all’offerta di moneta senza creare inflazione, almeno nella misura dell’”output gap”, ovvero la differenza tra il PIL reale [o produzione effettiva] ed il PIL potenziale. Negli Stati Uniti, questa cifra è di circa 1.000 miliardi di Dollari l’anno, mentre per l’UE è di circa 520 miliardi di Euro [ca. 715 miliardi di Dollari].
Un Ministero del Tesoro dell’Eurozona potrebbe aggiungere questa somma alla fornitura di moneta-senza-debito, creando gli Euro necessari a dar vita a nuovi posti di lavoro, a ricostruire le infrastrutture, a proteggere l’ambiente ed a mantenere un’economia fiorente.
Ellen Brown è un’avvocatessa, fondatrice del “Public Banking Insitute” ed autrice di dodici libri, tra cui il bestseller “Web of Debt”. Nel suo ultimo libro, “The Public Bank Institute”, esplora i modelli bancari pubblici di successo, nella storia e nel mondo. E’ candidata come “Tesoriere” per lo Stato della California, sulla base di un programma che prevede la creazione di una “banca di stato”.
tratto da: (clicca qui)
Posted by Presidenza on 15 Aprile 2014
Posted in articoli
L’UNIONE SARDA
DIFFIDA. L’ultima trovata del governo provvisorio sardo,firmata da Sergio Pes
La mail: <<Non riconosciamo la polizia italiana>>
Posted by Presidenza on 14 Aprile 2014
Posted in articoli
lunedì 14 aprile 2014
Mille euro all’anno per persona, per i prossimi vent’anni. L’ultimo mostro targato Ue si chiama Drf, “Debt Redemption Fund”. Letteralmente: fondo di redenzione del debito. «Tutti avranno notato lo strano silenzio della politica italiana sul Fiscal Compact, quasi che se lo fossero scordato, magari con la nascosta speranza di un abbuono dell’ultimo minuto». E’ un po’ come avvenne al momento dell’ingresso nell’Eurozona per i famosi parametri di Maastricht.
«Ma mentre i politicanti italiani fingono che le priorità siano altre, a Bruxelles c’è chi lavora alacremente per dare al Fiscal Compact una forma attuativa precisa quanto atroce». Anche in questo caso, come per l’italica “spending review”, sono all’opera gli “esperti”: undici tecnocrati di provata fede liberista, guidati dall’ex governatrice della banca centrale austriaca, Gertrude Trumpel-Gugerell. La ratifica? A cose fatte, dopo le elezioni europee, e senza ovviamente informarne gli ignari elettori.
Stando alle prime anticipazioni, sembra che la proposta sarà incentrata su tre punti: Debt Redemption Fund, Eurobond e Tassa per l’Europa. Nel Drf «verrebbero fatti confluire i debiti di ogni Stato che eccedono il 60% in rapporto al Pil – per l’Italia, ad oggi circa 1.100 miliardi di euro», scrive Mazzei su “Antimperialista”, in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”.
Secondo Antonio Pilati del “Foglio”, «l’idea degli esperti è a doppio taglio e la seconda lama fa molto male all’Italia: è infatti previsto che dal gettito fiscale degli Stati partecipanti si attui ogni anno un prelievo automatico pari a 1/20 del debito apportato al fondo. Nel progetto, le risorse raccolte dal fisco nazionale passano in via diretta, tagliando fuori le autorità degli Stati debitori, alle casse del fondo. Si tratta di un passaggio cruciale e drammatico tanto nella sostanza quanto – e ancora di più – nella forma».
Concorda anche Riccardo Puglisi sul “Corriere della Sera”: «L’aspetto gravoso per l’Italia è che la Commissione sta anche pensando ad un prelievo automatico annuo dalle entrate fiscali di ciascuno Stato per un importo pari ad un ventesimo del debito pubblico trasferito al fondo stesso. Il rientro verso il 60 per cento avverrebbe in modo meccanico, forse con un eccesso di cessione di sovranità».
E’ probabile che la patata bollente verrà affrontata solo dopo le elezioni europee. «Ma la direzione di marcia è chiara. La linea dell’austerity non solo non è cambiata, ma ci si appresta ad un suo drammatico rilancio, del resto in perfetta coerenza con i contenuti del Fiscal Compact, noti ormai da due anni». Di fatto, «per l’Italia si tratterebbe di un prelievo forzoso – in automatico, appunto – di 55 miliardi di euro all’anno per vent’anni. Cioè, per parafrasare lo spaccone di Palazzo Chigi, di mille euro a persona (compresi vecchi e bambini) all’anno, per vent’anni. Per una famiglia media di tre persone, 60.000 euro di tasse da versare all’Europa».
Questa è l’ipotesi sulla quale sta lavorando l’Unione Europea – quella vera, non quella narrata dal berluschino fiorentino o “l’altra Europa” dei sinistrati dalla vista corta. E’ la logica del sistema dell’euro e della distruzione di ogni sovranità degli Stati, che in questo sistema sono destinati a soccombere. Tra questi il più importante è l’Italia. E forse sarà proprio nel nostro paese che si svolgerà la battaglia decisiva. Il sistema dell’euro, tanto antidemocratico quanto antipopolare, procede imperterrito per la sua strada. Gli italiani hanno davanti vent’anni di stenti, miseria e disoccupazione. O ci si batte per il recupero della sovranità nazionale, inclusa quella monetaria, o sarà inutile – peggio, ipocrita – lamentarsi della catastrofe sociale che ci attende. Quest’ultimo giro di vite lo conferma: gli eurocrati non si fidano più dei singoli Stati, e si preparano a mettere direttamente le mani nel gettito fiscale di ogni Stato da “redimere”.
tratto da: (clicca qui)
Posted by Presidenza on 13 Aprile 2014
Posted in articoli
Sassari, rifiutano le multe e qualsiasi altra notifica. Lettera a Napolitano dopo il sequestro di un’auto targata “Rsg”
13 aprile 2014
SASSARI. Se non fosse per quella vicenda della targa sconosciuta e per quell’auto sequestrata dalla polizia municipale, chi avrebbe mai sentito parlare del Regno Sovrano di Gaia? Venerdì a Sassari c’era un’assemblea e, a sorpresa, i “sudditi” non erano affatto quattro gatti: sala piena, almeno 150 persone, gente di tutti i tipi. La prima novità è che la storia dell’auto rimossa non finisce qui. Ci andranno di mezzo i due vigili che hanno compilato il verbale. Ci passerà il comandante Antonio Careddu e non mancheranno i grattacapi anche per il Presidente Giorgio Napolitano. L’accusa per i primi è furto d’auto, quella per il Capo dello Stato potrebbe essere negligenza: Napolitano cioè non ha provveduto a informare le forze dell’ordine che le loro divise valgono quanto un paio di bermuda. Questo almeno per i cittadini del Regno di Gaia, che hanno proclamato la loro sovranità, rivendicano il diritto ad esercitare il libero arbitrio, e dunque disconoscono la Repubblica Italiana e qualunque sua emanazione, autorità, tribunali compresi. Perciò Giancarlo, 48 anni, che all’anagrafe di cognome fa Gerano ma nel suo regno si è ribattezzato Di Tianat, che non è sposato, non ha figli, commercializza sistemi energetici, ha spento da 10 anni la televisione e ha acceso il computer, lavora circa due ore al giorno, e nel tempo libero studia come rendere gli uomini liberi, ecco Giancarlo Di Tianat in due pagine ha spiegato ai vigili e al Presidente come, a loro insaputa, le cose in questo mondo siano cambiate.
Notifiche di cortesia. L’informativa ha toni molto gentili, e il modulo si chiama Notifica di Cortesia. In pratica se Giancarlo Di Tianat circolava per Sassari con una Peugeot con la targa del Regno di Gaia e con un tagliando assicurativo fatto in casa, aveva le sue buone ragioni. Ora per spiegarle bisognerebbe partire da Noè, passare per le Bolle papali di Bonifacio VIII, e poi andare avanti per altre 12 pagine di questo giornale. Quindi è meglio un bel salto temporale e un’opera sapiente di distilleria. Ciò che i vigili, Careddu, Napolitano e forse il 90% degli abitanti di un luogo che non sia Gaia ignorano, è ciò che accadde il 25 dicembre del 2012.
Sovranità individuale. Un avvocato inglese che lavorava negli Usa aveva dei guai finanziari, tanto che aveva ricevuto un’istanza di pignoramento. Cercando di salvare la propria casa, raccolse una serie di informazioni. La prima è che 194 nazioni del pianeta risultano iscritte alla SEC, cioè la Securities and Exchange Commission (l’ente federale americano preposto alla vigilanza della borsa valori, un po’ come la Consob italiana). Ci sono registrate le più grandi corporation mondiali, le agenzie di rating e c’è anche La Repubblica Italiana, con sede a Roma e sede legale presso uno studio di avvocati di Londra. «Nel momento in cui l’Italia aderisce alla Sec – dice Giancarlo, – lo fa in qualità di ente di diritto privato a scopo di lucro, cioè di una spa che mette sul piatto della bilancia le azioni delle nostre identità anagrafiche e fasulle. Per ogni nome e cognome viene emesso un bond, cioè un valore da immettere sul mercato. Siamo delle merci e da qui nasce la nostra schiavitù». È questo che l’avvocato londinese scopre, documenta e contesta. E deposita sotto forma di denuncia all’Ucc, cioè il codice commerciale che regola i rapporti tra stati, banche e via dicendo. Chiede spiegazioni sulla trasformazione degli Stati in corporazioni, sulla logica del profitto e sui soprusi perpetrati ai danni dell’umanità. In 28 giorni non gli viene fornita risposta, niente viene confutato, scatta il silenzio assenso, perciò la denuncia diviene legge e decade l’intero sistema: le corporation, gli stati e le banche risultano pignorati. E viene creato l’Oppt (One People’s Public Trust), cioè un accordo che attribuisce le ricchezze del pianeta ai singoli individui, quelli in carne e ossa, togliendole di fatto agli enti giuridici che li amministrano.
Equitalia chi? La sintesi di tutto questo, secondo il popolo di Gaia, è molto semplice: «Se gli Stati non esistono e le banche sono pignorate, tu che batti cassa con cartelle esattoriali, o che mi telefoni pretendendo le rate del mutuo, a che titolo lo fai? Non sei supportato più da alcun ente, ti rivolgi a me a titolo personale e la responsabilità delle azioni è solo tua». Ora provate a immaginare un postino, convinto che ambasciator non porti pena, che bussa a casa di un cittadino del Regno di Gaia: «Buongiorno, c’è da firmare una raccomandata di Equitalia». E in tutta risposta si vede rigettare la lettera e consegnare a mano una Notifica di Cortesia dove si parla di Sec, Ucc, Oppt, sovranità individuale e gli si chiedono i danni per l’atto vessatorio di cui è messaggero. Come minimo al postino vengono i capelli dritti. Ma la stessa esperienza capiterà a un ufficiale giudiziario, a un impiegato di banca, o a un vigile urbano. «Ho già avviato 4 azioni legali presso l’Ucc, che è il tribunale internazionale che ha giurisdizione su tutti gli Stati. E non ho più ricevuto alcuna notifica».
Multe, istruzioni per l’uso. Che poi un codice commerciale degli Usa e un diritto marittimo possano prevalere su una legge tributaria nazionale, è tutto da vedere, e il rischio è che un bel giorno Equitalia arrivi, srotoli uno scontrino grande così e si porti via la casa. Il Regno di Gaia trasformato in un regno di senzatetto. Però loro sembrano molto fiduciosi per un futuro prospero dell’umanità, tanto che su internet circolano delle istruzioni all’uso su come rigettare le istanze di pagamento, e dei fac simile anti multa. Si chiamano Nac (Notifica di accettazione condizionata), e sono come le Notifiche di cortesia, ma più dettagliate. In pratica mettono alle corde l’ente impositore chiedendo dati, informazioni e calcoli impossibile da produrre. «È solo una forma di autodifesa dalle vessazioni dello Stato, e non una fuga di responsabilità. Noi obbediamo alla legge naturale: rispetta gli accordi tra persone, comportati in modo onorevole, non danneggiare il prossimo. Così si vive felici e in armonia, senza bisogno di qualcuno che ti imponga altre regole».
La riunione. A questo punto vien da pensare: vabbè, i sudditi di Gaia saranno quattro invasati, un po’ di anarchici, un pizzico di indipendentismo, i “fissati” delle scie chimiche. Venerdì, all’assemblea organizzata all’Hotel Carlo Felice di Sassari, il tema era: «Autodeterminazione, governo e banche pignorati». Forte la curiosità di vedere in faccia i Gaia’s people. Ed eccoli qua: sala piena, almeno 150 persone, età dai 25 ai 70 anni, commercianti, studenti, professionisti, addirittura un giudice di pace, e poi qualche personaggio un po’ sopra le righe. Insomma un popolo normale, con portafogli imbottiti di codici fiscali, bancomat, carte Visa, e tessere fedeltà dei market. La rivoluzione è ancora lunga.
tratto da: (clicca qui)