Posted by Presidenza on 5 Gennaio 2014
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-di Marietto Cernaez –
Si comincia, l’apripista lo fa un paese dei PIIGS, di quelli i cui conti sono traballanti da un po’ e che la Troika tiene sotto’occhio. il Portogallo. Il governo lusitano, infatti, effettuerà un prelievo forzoso dalle pensioni – private e pubbliche – per colmare il deficit di bilancio causato dalla bocciatura della Corte Costituzionale dei tagli delle pensioni dei funzionari pubblici, decisione giunta poco tempo fa.
La scelta di una misura alternativa da 388 milioni di euro era necessaria per raggiungere l’obbiettivo del 4% nel rapporto deficit-Pil del 2013, condizione necessaria per lo sblocco della tranche da 2,7 miliardi di euro prevista dal piano di aiuti della “Troika” (Ue, Bce ed Fmi). Il governo ha difeso il provvedimento – che prevede una tassazione straordinaria per le pensioni oltre una certa soglia – affermando che eviterà un aumento delle tasse che avrebbe messo a rischio la ripresa economica: l’opposizione e i sindacati hanno protestato contro una “misura immorale” che colpisce il potere d’acquisto delle famiglie.
Dalla Grecia fino a Cipro, per passare ora dal Portogallo è tutto un fiorire di proposte a dir poco “impopolari”, che la dicono lunga sullo “stato dell’Unione”. Per il momento, si gira intorno all’Italia, ma c’è già chi ha scritto che – oltre alle tasse introdotte dagli ultimi tre governi – lo spettro del prelievo forzoso (magari sui conti correnti, come già accaduto nel 1992) aleggia sull’Italia.
Posted by Presidenza on 5 Gennaio 2014
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È accaduto a un impiegato del Banco di Desio. Prima mobbizzato, poi licenziato. A Enrico Ceci non è stato possibile presentare prove e testimoni a suo carico.
29 dicembre 2013
Enrico Ceci, l’impiegato del Banco di Desio licenziato.
di Franco Fracassi
Essere licenziati perché si evita che i clienti vengano truffati. In Italia si può. Anche se si è in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Poi, se il luogo di lavoro in questione è una banca, si può star certi che il trattamento (anche quello giudiziario) non sarà mai equanime.
Enrico Ceci era impiegato allo sportello della filiale di Parma del Banco di Desio e della Brianza quando scoprì una falla informatica nel sistema. «Permetteva di occultare valuta estera, di imboscare denaro», spiega l’ex bancario. «Dopo aver inutilmente informato i manager a proposito degli illeciti che venivano commessi nella mia filiale, ho attivato una procedura di escalation. In poche parole, ho informato per
iscritto il vertice aziendale (presidente, vice-presidente, direttore generale, vice direttore generale, capo del personale, capo sezione affari legali e contenziosi) nonché i tre membri del collegio sindacale».
Non successe nulla. Per cui, l’allora ventiduenne Ceci decise di rivolgersi alla Guardia di Finanza. Questa volta qualcosa accadde: il bancario venne mobbizzato. «Prima è stato creato un clima ostile nei miei colleghi. Sono stato messo in difficoltà, soprattutto con i colleghi di filiale, che mi hanno percepito come una vera e propria minaccia. Sono stato attaccato, insultato e offeso. Hanno tentato in tutti i modi compiere degli errori. Poi mi hanno tenuto lontano dalla filiale di Parma, prendendosi tutto il tempo necessario per costruire a tavolino le false contestazioni da utilizzare per il licenziamento. Tempo dopo ho ricevuto la raccomandata della banca che mi comminava il primo licenziamento. Mi hanno attribuito manchevolezze in realtà inesistenti. Sono riuscito a dimostrare la falsità quanto contestato dalla banca solo perché, allo scopo di tutelarmi e documentare i reati, a un certo punto ho cominciato a registrare fonograficamente quello che accadeva durante le mie lavorative in filiale».
Ma il tribunale del lavoro lo rimise al suo posto in banca. «Sono stato messo in un ufficio da solo, separato fisicamente dagli altri colleghi e dai clienti, attraverso una porta che veniva continuamente chiusa. Mi sono ritrovato scollegato dalla totalità dei sistemi informatici aziendali, eccezion fatta per funzionalità strettamente necessarie al fine di svolgere alcuni corsi di autoformazione. La cosa veramente incredibile è che mi hanno licenziato a causa di un’intervista che avevo rilasciato a un settimanale di Parma quando non ero più dipendente della banca da due settimane (ero stato, infatti, licenziato tredici giorni prima). Mi sono semplicemente limitato a riportare fatti appresi dal procuratore capo di Parma. Sono stato anche denunciato penalmente per violazione del segreto istruttorio. Accusa dalla quale prosciolto dal giudice per le udienze preliminari di Ancona, perché il fatto non sussiste. Non si è, francamente, mai visto in Europa una banca o una azienda che licenzia un lavoratore contestandogli disciplinarmente un episodio, peraltro penalmente non rilevante, avvenuto quando non era più dipendente».
Ma la storia non finì qui. Il Banco di Desio chiese di essere giudicato dal tribunale di Forlì, dove ha sede l’istituto di credito, e non da quello di Parma, dove ha sede la filiale, e dove Ceci aveva già vinto la causa. «È come se la Fiat, tanto per fare un esempio, sapendo di voler licenziare un operaio di Termini Imerese predeterminasse in anticipo il Foro di Torino per la discussione della causa di lavoro. Costringendo di conseguenza il lavoratore a spostamenti di novecento chilometri, solo andata».
Una mossa azzeccata, da parte della banca. Perché il giudice di Forlì gli ha dato ragione. «Sono stato privato di ogni mezzo di difesa. Mi sono stati negati tutti i capitoli di prova. Sono stati negati tutti i testimoni a mio favore. E anche tutte le registrazioni fonografiche, in grado di provare inconfutabilmente come erano andati i fatti, non sono state ammesse. Alla banca i giudici hanno concesso più di sessanta capitoli di prova e un numero grande a piacere di testimoni. Tutti questi testimoni sono regolarmente a libro paga della banca, in quanto dipendenti della filiale di Parma. In particolare, poi i cinque, testimoni che il giudice ha ritenuto di ascoltare erano proprio quelli denunciati penalmente dal sottoscritto».
Posted by Presidenza on 4 Gennaio 2014
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Scritto il 30/12/12
C’è una domanda centrale, assillante, che tutti ci facciamo: perché le cose non cambiano? Perché, nonostante decenni di manifestazioni, gruppi organizzati e proteste, le cose in realtà tendono a non cambiare mai? E’ una domanda che ci sta alla gola. Vorremmo tutti saper rispondere, vorremmo tutti vedere che c’è una risposta immediata o almeno decente, a questa movimentazione di società civile (che peraltro è in aumento) contro il cosiddetto potere, contro le malefatte del potere. E la risposta è semplicissima: le cose non cambiano perché noi non sappiamo chi è il potere. E quindi stiamo combattendo contro un obiettivo sbagliato. Se non sai chi è veramente chi governa la tua vita, combatti contro quelli che, in realtà, non governano la tua vita. Il potere, il vero potere, è stato di un’astuzia incredibile. E’ riuscito, negli ultimi 35 anni, a rimanere completamente nascosto; a proporre alle opinioni pubbliche un volto del potere che è falso, cioè a proporre le cosiddette marionette del potere.
Tutto quello che noi crediamo oggi sia il potere – le auto blu, i ministeri, i politici, i magistrati, gli
Paolo Barnard
amministratori – non sono per niente il potere. Ci hanno proposto questa immagine, nella quale crediamo fermamente: siamo proprio radicalmente convinti che questo è il potere da combattere, e tutta la nostra azione civica va contro questo muro fasullo, falso, questa ombra sul muro che non è il potere. Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema, i magistrati più o meno corrotti, le caste denunciate a più riprese: tutti questi, che crediamo essere il potere, sono delle marionette, a cui è stato lasciato un cortile in cui fare i loro giochetti. Da chi è stato lasciato questo cortile? Dal vero potere. Che dice: voi rimanete lì, fate le vostre piccole cose, godetevi i vostri privilegi, manipolate quello che vi pare, le vostre corruttele, i vostri malaffari. L’importante è una cosa: che obbedite sempre agli ordini che noi vi diamo.
Questo i governi hanno fatto, negli ultimi 35 anni questo è regolarmente successo – sinistra, destra, centrosinistra, centrodestra: non è mai cambiato niente. E attenzione, nelle marionette del potere ci metto anche le mafie, anche se questa affermazione potrebbe sembrare folle, oltraggiosa. Anche le mafie, per quanto si pensi che abbiano un potere enorme, in realtà sono solo una funzione, uno strumento del vero potere. E chi è il vero potere? E’ soprattutto un’idea, così come è sempre stato nella storia. Il vero potere sono le idee. E questa idea dice essenzialmente questo: le élite devono tornare ad avere la gestione di tutto, concessagli dai cittadini; le masse devono mettersi da parte e aspettare pazientemente che il bene gli coli addosso dall’alto del potere. L’idea è che il bene deve colare dall’alto verso il basso.
Questa idea ha dominato il mondo negli ultimi 35 anni. Gli fu dato anche un nome: trickledown economics. Fu Ronald Reagan a coniare questo termine, ma non inventò niente di nuovo: diede semplicemente un nome, trickle down, a questo sgocciolare verso il basso. Trickledown economics, cioè le economie che colano dall’alto verso il basso, dalle élite verso le masse – che devono essere messe da parte. Anche i governi, secondo questa idea (che è il potere) devono stare da parte. E quello che è successo negli ultimi tre decenni è esattamente questo: i governi si sono ridotti sempre di più, come dimensioni e potere; devono “stare da parte” e devono permettere che questo accada. Non si creda che siano cose campate per aria: stiamo parlando di quello che regola la vita quotidiana di milioni, a partire dal lavoro, dagli alloggi, dall’istruzione, dalla sanità, la gestione dell’economia, i tassi dei mutui, la moneta che abbiamo nelle mani. Cioè, praticamente tutto:
Ronald Reagan
quello che è la nostra vita dipende da questo vero potere, e non dalle marionette del potere.
Come nasce questo potere? Come si afferma? Da dove viene? Negli anni ’70, il mondo aveva raggiunto un’epoca inaudita nella storia dell’umanità. Dopo tre millenni di assolutismi, dove una minoranza esigua di esseri umani aveva sempre gestito per migliaia di anni una massa enorme di persone alla disperazione – dopo tremila anni, finalmente, con duecento anni di lotte dal basso (del potere delle idee) si era riusciti a ribaltare questa situazione. All’inizio degli anni ’70, dopo la decade degli anni ’60, l’idea di sinistra – attenzione, non i partiti, ma l’idea che dice: il bene comune va rimesso nelle mani dei tanti e gestito da pochi per conto di tanti e nell’interesse di tanti. Questa idea, che è l’idea di sinistra, dopo 200 anni di rivoluzioni era riuscita ad arrivare al suo compimento storico maggiore. A quei tempi l’America era uno dei paesi più di sinistra, forse, del mondo occidentale. Poi l’Europa, con gli stati sociali e il welfare. Il trionfo del socialismo, anche nel terzo mondo: non c’era una ventata di comunismo, Nixon e Kissinger sapevano benissimo che c’era una ventata di socialismo democratico. Anche nel terzo mondo questa idea di sinistra si stava affermando in maniera strepitosa.
All’inizio degli anni ’70, questa idea di sinistra stava quasi per dichiarare di aver conquistato la storia. Questo andava fermato. Le élite che per tremila anni avevano dominato la storia e che per duecento anni avevano subito perdite sempre maggiori, fino ad arrivare a questo culmine negli anni ’70, decisero in quel momento di riprendersi il potere. E lo decisero in una data precisa. Siamo nell’agosto del 1971, quando la Camera di Commercio degli Stati Uniti d’America decide che è il momento di riportare in auge il potere delle élite, le destre economiche internazionali, e distruggere per sempre la sinistra – reduce da 200 anni di vittorie. Danno il compito a un avvocato, si chiama Lewis Powell, gli dicono di scrivere un memorandum: un documento di 23 pagine che questo avvocato, un legale esperto di corporazioni, scrive con un linguaggio di una semplicità eccezionale. E pone, in questo modo, la prima grande arma della risposta delle destre economiche: la semplicità, la comunicazione semplice.
Quest’uomo, in 23 pagine, con delle frasi che potrebbero esser scritte da un liceale, ha cambiato il corso della storia dell’umanità, nientemeno. E purtroppo le sinistre – partiti e movimenti – non sono mai state capaci di capire questa cosa. Quello che conquista è la forza delle idee e la loro semplicità. Noi, purtroppo, a sinistra, non siamo mai stati in grado di essere a questo livello. Lewis Powell scrive questo memorandum e comincia con una diagnosi. Alla lettera: «Noi delle destre economiche non ci troviamo di fronte ad attacchi sporadici. Piuttosto, l’attacco al sistema delle corporations è sistematico e condiviso. C’è una guerra ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale». Lewis Powell fa una chiamata alle armi, altrettanto semplice: «E’ arrivata l’ora, per il business americano e internazionale, di marciare contro coloro che lo vogliono distruggere». E chi era il nemico? Lo definisce con altrettanta semplicità: «Certamente la sinistra estrema, che è meglio finanziata e ben accetta di quanto non lo sia mai stata prima nella storia. Ma le voci più preoccupanti – continua l’avvocato – provengono da elementi perfettamente rispettabili, come le università, i media, gli intellettuali, gli artisti e anche alcuni politici. Gli studenti in
Lewis Powell
particolare, perché quasi la metà degli studenti è a favore della socializzazione delle industrie americane fondamentali».
Lewis Powell ricorda al potere di allora che, dopo 200 anni di rivoluzioni, si trovava in un momento di difficoltà enorme, e dice: «Pochi elementi, nella società americana di oggi, hanno così poca influenza sul governo come il business, le corporazioni e gli azionisti. Non è esagerato affermare che siamo i dimenticati». Ora, questa parole sono state scritte nel 1971; oggi, sentire che qualcuno allora pensava che gli azionisti, le corporations e il business erano i dimenticati dalla società fa impressione, fa quasi ridere – siamo talmente abituati al loro strapotere. Questo vi dà l’idea di che cosa queste parole sono riuscite a cambiare in soli 38 anni. Incredibile, il cambiamento che hanno portato. Il contrattacco dettato da Lewis Powell è questo: «Dobbiamo organizzarci, pianificare nel lungo termine, essere disciplinati per un periodo illimitato, essere finanziati con uno sforzo unificato».
Sono 10-15 parole. Descrivono un fenomeno che ha di nuovo cambiato la storia economica e politica del nostro tempo: la nascita delle lobby. Nascono così le lobby che oggi noi conosciamo. Molte persone, quando si parlano di lobby, pensano ad entità astratte – non si capisce mai chi siano, queste lobby. Ci sono i nomi e i cognomi, potentissimi. Per esempio: il Transatlantic Business Dialogue, l’Investment Network, il Financial Services Group, il Gruppo Lothys. Per non parlare poi delle lobby ebraiche in America, della questione mediorientale e la “guerra al terrorismo”. A Bruxelles, oggi, sono registrati qualcosa come 15-20.000 lobbysti, che spendono ogni anno un miliardo di euro, solamente per fare lavoro di lobbying; 15-20.000 persone che rappresentano altrettanti interessi corporativi. Immaginate l’esercito – finanziatissimo, come disse Lewis Powell – che fa questo lavoro, con un miliardo di euro all’anno. Quindi, queste parole hanno dato origine a questo fenomeno, che condiziona la vita di tutti i governi di tutti i paesi occidentali: tutte le scelte economiche, tutte le scelte amministrative. Le lobby sono sempre le prime che vengono ascoltate. Ogni anno, il Transatlantic Business Dialogue dà alla Commissione Europea, il super-governo europeo, una lista di desiderata, e deve riceve indietro dalla Commissione Europa – fa ridere, a dirlo una pagellina dove la Commissione Europea dice: su questo abbiamo fatto così, su quello abbiamo fatto cosà.
Henry Kissinger
Tra le prescrizioni di Lewis Powell, ce n’è una che è scioccante – perché racconta come questi uomini sono riusciti, sfruttando quelle che erano le nostre forze, a ribaltare il mondo. Scrive: «Il business deve imparare le lezioni messe in pratica dal mondo dei lavoratori. Cioè: che il potere politico è indispensabile, che dev’essere coltivato con assiduità e usato in modo aggressivo se necessario, senza imbarazzo». Questi uomini, che allora si ritenevano in minoranza, fotocopiano quello che era il potere delle sinistre – che le sinistre hanno perduto – e con questo potere le distruggono. La “rivoluzione”, cioè la morte dell’idea di sinistra che Lewis Powell stava prescrivendo, gli fa pensare che il potere decisionale passerà molto presto dalle mani dei cittadini che partecipano a quelle dei colletti bianchi, delle élite. Il compito è di riportare al potere le élite, e allora Lewis Powell prende di mira le università, e dice: è importantissimo che le infiltriamo, ovunque.
E attenzione a cosa scrive: «In particolare, le scienze politiche: creare un esercito di docenti che credono fermamente nel sistema delle imprese. I nostri docenti dovranno valutare i libri di testo, soprattutto quelli di economia, scienze politiche e sociologia. Dobbiamo avere un rapporto di grandissimo privilegio con le facoltà di economia», scrive Lewis Powell. Ora, sapete che da queste prescrizioni – è successo, è accaduto – le facoltà sono state infiltrate da questi personaggi. Quando lui dice: «Creare un esercito che creda fermamente nel sistema delle imprese»; lo hanno fatto, lo hanno creato. E adesso non c’è più una facoltà di economia al mondo – delle università rispettabili, ma neanche di quelle non rispettabili – che insegni qualcosa di diverso dal dogma del libero mercato neoliberale, che questi personaggi hanno portato dentro l’insegnamento. E così anche in scienze politiche: si fa molta fatica a trovare qualcuno che abbia una voce di dissenso – nelle facoltà di economia non c’è più nessuno.
Gianni Agnelli
Sui media, Lewis Powell fa la stessa prescrizione: vanno infiltrati, vanno proposti i nostri temi e i nostri contenuti. E poi dice una cosa interessantissima: «Dobbiamo colonizzare le edicole». Nelle edicole, dice Lewis Powell, non si trovano pubblicazioni che promuovono i valori del nostro sistema; non ci sono, dobbiamo invadere le edicole con pubblicazioni di questo tipo. E’ successo o no? Oggi le edicole sono invase da pubblicazioni che promuovono il sistema dei commerci, la famosa “esistenza commerciale”, il sistema della cultura delle visibilità massmediatica che questi personaggi volevano affermare: lo hanno fatto. Un’altra cosa che prescrive Powell: chi vuole cambiare la storia, chi vuole fermare questi 200 anni di storia straordinaria e ribaltare completamente i destini dell’umanità, devono essere persone estremamente capaci, estremamente preparate, estremamente ben finanziate. Cioè: il meglio del meglio. «Pagate allo stesso livello dei più noti businessman e professori universitari. Dovete essere competenti: la nostra presenza nei media, nei convegni, nell’editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali e nelle commissioni legislative dovrà essere superbamente precisa e di eccezionale livello».
Sono 38 anni che i migliori cervelli selezionati dall’università, colonizzati in questo modo, con le migliori capacità, lavorano 24 ore su 24, sette giorni su sette, per ribaltare la storia, per completare l’opera di ribaltamento della storia, per riportare il potere là dove il vero potere vuole essere – il vero potere, quello che veramente decide delle nostre ore di lavoro, dei nostri stipendi, dei tassi dei nostri mutui. Sto parlando dei nostri ambulatori, dei servizi alla cittadinanza che riusciremo a dare agli anziani e ai malati. Quando i gruppi alternativi credono di poter cambiare queste macchine (enormi), sventolando bandierine e facendo manifestazioni in piazza, cosa credono di fare? Questo è un esercito di persone competenti, con presenze nei media, nei convegni, nell’editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali, nelle commissioni legislative, nelle università. Hanno infiltrato tutto, con mezzi enormi.
Arrigo Levi
Il lavoro di Lewis Powell è arrivato a questo punto – siamo nel 1971 – viene accolto dalla Camera di Commercio americana e viene passato alla Camera di Commercio internazionale. Le cose che lui ha detto si sono tutte drammaticamente verificate. Ma c’era ancora un problema da risolvere. E cioè: questi erano i precetti per la riscossa del vero potere, ma bisognava comunque azzerare, del tutto, la democrazia. Bisognava uccidere la democrazia. Ma uccidere che cosa, della democrazia? Il contenuto, mantenendo in vita l’involucro. Perché il potere capì – allo scadere degli anni ’60, inizio anni ’70 – che coi colpi di Stato non si riusciva a ottenere risultati apprezzabili: i colpi di Stato erano difficili da gestire, i media ne riportavano le efferatezze, c’era imbarazzo nell’opinione pubblica. Il potere capì che la democrazia – l’involucro della democrazia – era il contenitore migliore per i loro affari. Il contenuto della democrazia, cioè la democrazia partecipativa – quella dei cittadini che partecipano, che di danno da fare – quella doveva morire, assolutamente.
E allora bisognava dare il compito ad altre persone di stilare un altro rapporto, con altre parole molto semplici, per completare l’opera. Questo comincia nel 1975. Chi fa questo? E’ un altro organo ben identificabile: si chiama Commissione Trilaterale. Non è un gruppo di complottisti oscuri. E’, anzi, un volto molto pubblico di privati cittadini molto potenti, di tre blocchi mondiali: America, Europa, Giappone. La Commissione Trilaterale nasce nel 1973, riunisce personaggi molto noti del passato e del presente – Henry Kissinger, Jimmy Carter, David Rockefeller, Zbigniew Brzezinsky, Gianni Agnelli, Arrigo Levi, Carlo Sacchi, Edmund de Rothschild, George Bush padre, Dick Cheney, Bill Clinton, Alan Greenspan, Peter Sutherland, Alonso Cortina, Takeshi Watanabe, Ferdinando Salleo, e tanti altri. Si riunisce ogni anno, e nel 1975 la Commissione Trilaterale dà il compito a tre uomini di completare l’opera di Lewis Powell, cioè uccidere la democrazia dei cittadini che partecipano. Saranno Samuel P. Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki.
Ferdinando Salleo
Sono tre intellettuali, che poi andranno a ricoprire varie cariche – il più famoso dei quali credo sia Huntington – i quali scrivono un rapporto chiamato “La crisi della democrazia” e non perdono tempo, identificano immediatamente il punto: sono arrivati al veleno per uccidere la democrazia partecipativa in pochi istanti, in una frase molto semplice. E’ questa: «La storia del successo della democrazia» (naturalmente l’involucro democratico, non il contenuto) «sta nell’assimilazione di grosse fette della popolazione all’interno dei valori, atteggiamenti e modelli di consumo della classe media». Perfetto. Che cosa significa questo? Per uccidere la democrazia partecipativa dei cittadini, quella che è arrivata al trionfo di due secoli di storia negli anni ’60 e ’70, bisogna prendere grandi masse di cittadini e farli diventare consumatori e spettatori, cioè buttarli a capofitto nell’esistenza commerciale e nella cultura della visibilità massmediatica. Questo dissero, in un una frase di poche parole: ed è esattamente quello che è successo.
Fa venire i brividi, e ascoltate quello che dicono dopo: «Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato, prima degli anni ’60, ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla vita politica. Ciò è intrinsecamente antidemocratico, ma è stato uno dei fattori che hanno permesso alle democrazie di avere successo». Ripeto: il funzionamento di un sistema democratico «necessita di apatia», di individui e gruppi «messi da parte», una popolazione che «non partecipa», che «sta ai margini». E’ quello che ci hanno fatto: qui è morta la democrazia partecipativa, è morta la nostra storia. Siamo stati – a milioni e milioni – strappati dall’abitudine a partecipare alla democrazia, ridotti a una massa di personaggi che sta ai margini, che sono spettatori il cui unico diritto è quello di andare a votare (e di non fare nient’altro) e cioè di aspettare che la ricchezza gli coli dall’alto verso il basso, cioè le briciole che cadono dalla tavola. E
Samuel Huntington
questo è stato teorizzato con incredibile lucidità ed efficacia nel 1975 da questi tre intellettuali.
I nostri politici, i nostri amministratori, i nostri media sono solo gli strumenti del potere. E allora, per curare i cosiddetti “mali democratici”, i tre intellettuali Huntington, Watanuki e Crozier prescrivono cose altrettanto scioccanti, e – come Powell – dicono: dobbiamo riportare il dominio delle élite sui cittadini. E citano in particolare il caso del presidente Truman: che «era stato in grado di governare tutto il paese», l’America, «grazie all’aiuto di un piccolo numero di avvocati e di banchieri di Wall Street». Questo è l’esempio che loro portano alla Commissione Trilaterale come esempio di successo di gestione “democratica”. Ma c’è di peggio. Scrivono: «La democrazia è solo una delle fonti dell’autorità, e non è neppure sempre applicabile. In diverse istanze, chi è più esperto nella gerarchia (o più bravo) può mettere da parte la legittimazione democratica, nel reclamare per sé l’autorità».
Che cosa è successo, ora? La messa in opera completa e totale – forse più scandalosa della storia d’Europa – di questo principio sancito nel 1975: è passato il Trattato di Lisbona, che fa esattamente questo: cioè, coloro che si reputano i più bravi, i più potenti, i più preparati, si sono arrogati il diritto del potere senza esser stati eletti da nessuno, legittimati democraticamente da nessuno, e hanno fatto questo colpo di Stato in Europa, per cui c’è un super-governo europeo più potente di qualunque governo nazionale, che è gestito da personaggi che non sono eletti, e che quindi si sono arrogati il potere. Esattamente come scritto: perché noi siamo più bravi, più intelligenti; noi siamo l’élite, noi abbiamo il potere, e quindi la democrazia può anche essere messa da parte. L’attacco alla democrazia non avviene – come dice quello sciocco di Di Pietro – ad opera di Berlusconi; l’attaccoalla democrazia viene da qua: è stato pianificato e viene portato avanti in questo modo; questo è il nemico.
Michel Crozier
alla democrazia viene da qua: è stato pianificato e viene portato avanti in questo modo; questo è il nemico.
Dopo aver pianificato l’uccisione della democrazia partecipativa con questi mezzi, bisognava affrontare il nocciolo duro – molto duro, in quegli anni – dei lavoratori. Il mondo dei lavoratori era un osso duro da mordere. E quindi i sindacati: bisognava distruggerli, metterli da parte, annullarli. Come? Molto semplice: con la cooptazione, scrivono Huntington, Watanuki e Crozier. Bisognava disabilitare i sindacati – cosa che è successa. Oggi i sindacati non sono più i promotori dei diritti, come son sempre stati nella storia. Oggi i sindacati sono coloro che, semplicemente, barattano il grado di abolizione dei diritti; non stanno più pensando a nuovi diritti, e neanche difendendo quelli vecchi. Scrivono gli intellettuali: «Le richieste crescenti e le pressioni sui governi impongono una collaborazione maggiore; potremmo escogitare mezzi per assicurarci sostegno e risorse dai sindacati e dalle associazioni civiche».
Ora, immaginate di entrare in una fabbrica della Fiat nel 1975 e pronunciare una frase del genere; venivate presi a sberleffi, sputi e risate, o cacciati fuori a calci nel sedere. L’idea che un sindacato possa essere sfruttato dal potere per assicurargli risorse e sostegno? E’ esattamente quello che fanno oggi i maggiori sindacati in Italia e nel mondo: non fanno altro che togliere le castagne dal fuoco al potere, addirittura sponsorizzano partiti che poi andranno al potere. I tre intellettuali individuano un secondo elemento per disabilitare i sindacati: distruggere il radicalismo della lotta. Capiscono che qualunque cosa sia radicalismo è un nemico pericoloso. E infatti scrivono: «Quando il radicalismo perde forza, diminuisce il potere dei sindacati di ottenere risultati». Quindi: la concertazione. Perché? Molto semplice: «Essa produce disaffezione da parte dei lavoratori, che non si riconoscono in quel processo burocratico, e tendono a distanziarsene. E questo significa che più i sindacati accettano la concertazione, più diventano deboli e meno capaci di mobilitare i lavoratori e di mettere pressione sui governi». Che cosa è stato della concertazione? E’ diventata la regola dell’attività sindacale. Pensate: nel 1975, come arma per disabilitare i sindacati. Ci sono riusciti.
Zbigniew Brzezinski
Terza arma: privilegiare i sindacati maggiori, quelli più grossi. Di nuovo, anche questo è successo. E scrivono, infatti: «Nello Stato moderno, i capi potenti dei sindacati, capaci di comandare i propri membri, sono una minaccia inferiore all’autorità dei leader politici, e sono persino un aiuto ad essa; se i sindacati sono disorganizzati, se i membri sono ribelli, se le rivendicazioni estreme e gli scioperi selvaggi sono frequenti, l’applicazione di una politica nazionale dei salari diventa impossibile». Contribuendo all’indebolimento di chi? Dei lavoratori? No: dei governi, del potere. Quindi: la concertazione, privilegiando i sindacati più grandi. Ed è esattamente quello che è successo: perché sapevano che, in questo modo, li avrebbero potuti controllare. E’ inutile prendersela con questo o quel politico, questo o quel sindacato. Ogni governo di centrodestra e centrosinistra che abbiamo avuto in questi 15 anni ha insistito sull’innalzamento dell’età pensionabile, quando i contabili dello Stato dicono che le casse sono assolutamente in attivo. Allora perché, se le casse sono in attivo, tutti i politici insistono sull’innalzamento dell’età pensionabile? Perché devono rispondere a quegli ordini, capite?
Sui media, i tre intellettuali scrivono: «Il crescente potere dei giornalisti, a discapito di quello degli editori e dei padroni, è per noi un problema». Viene da ridere: la libertà d’informazione è esattamente il contrario. «Occorrono misure importanti per ristabilire l’equilibrio fra la stampa, il governo e le altre istituzioni». Ristabilire “l’equilibrio” fra stampa, governo e altre istituzioni significa esattamente la situazione che abbiamo oggi. E cioè: grandi televisioni in mano ai poteri politici o in mano ai poteri corporativi. Quindi: Murdoch, Berlusconi. Ripeto: non sono queste le cause dei mali che oggi noi viviamo, nella distruzione del nostro potere democratico. E poi c’è il controllo sociale. Distrutta la democrazia partecipativa, messi sotto controllo i sindacati, indebolito il mondo dei lavoratori – distrutto, di fatto, oggi, con la precarizzazione – bisognava stendere sopra questa strage l’ultima mano di vernice. Cioè: il controllo sociale, come ultima garanzia – il controllo dei controlli. E scrivono: «La società, siccome richiede ai governi maggiori interventi per risolvere i suoi problemi, necessita di ancor più controllo sociale. In Europa, la disciplina sociale non è adorata come in Giappone, e le forme indirette di controllo sociale sviluppate in America non sono presenti, in particolare in Italia».
Edmund de Rothschild
Il controllo sociale: lo stavano organizzando molto bene negli Stati Uniti d’America, architettato molti anni prima da gente come Walter Lippman e Edward Bernays, e andava assolutamente importato in Europa. Esattamente quello che è successo. Il “pericolo” è la democrazia partecipativa degli anni ’60 e ’70, ma il “pericolo” sono anche «le classi lavoratrici che non vengono del tutto assimilate nel gioco sociale». Perché, se assimilati nel gioco sociale, i lavoratori non partecipano più. Ed è accaduto. Ripeto: esistenza commerciale, cultura della visibilità. Me lo conferma una sindacalista in pensione della Zanussi di Pordenone: se c’è un problema sul lavoro, la prima idea è quella di chiamare il Gabibbo. E’ successo questo: le classi lavoratrici sono state portate dentro il gioco sociale, e sono state annullate.
“La crisi della democrazia” verrà discussa il 31 maggio del 1975 a Kyoto dalla Commissione Trilaterale. Quello che hanno discusso è accaduto, e per gestire questi ordini di scuderia, cioè per riportare questo enorme potere là dove vuole stare – cioè al primo posto – hanno istituito, da allora in poi, degli organi che sono il potere, oggi. Quindi: non il governo dei palazzi, non gli amministratori, non i mafiosi, non le caste, ma – in ordine di importanza – l’Organizzazione Mondiale del Commercio, che è un altro di questi organi sovranazionali, di questi governi mondiali; sede a Ginevra, 153 paesi che firmano accordi che sono vincolanti su qualunque legge di qualunque governo di qualunque Parlamento. Un’organizzazione dal potere enorme: nel disastro della crisi finanziaria, il presidente degli Stati Uniti voleva delle regole per mettere le briglie alla speculazione finanziaria, ma l’Organizzazione Mondiale del Commercio gli ha detto: no, non lo puoi fare, perché hai firmato uno dei nostri accordi, che si chiama “Financial Services Agreement”, l’accordo sui servizi finanziari, che vieta a qualunque paese – agli Stati Uniti, in questo caso – di porre limiti alle dimensioni delle banche d’investimento e alle loro speculazioni. E sapete chi ha firmato questo accordo per gli Stati Uniti? Un tale Tim Geithner, che oggi è ministro del Tesoro, e che è uno dei membri della Commissione Trilaterale e di altri club dei veri potenti del mondo.
Timothy Geithner
Un altro organo è la nuova Europa, l’Europa del Trattato di Lisbona e della Commissione Europea, laddove dei burocrati non eletti da nessuno hanno il potere di creare delle leggi – mentre il Parlamento Europeo non può – e la Corte Europea di Giustizia potrà emettere sentenze che saranno vincolanti persino sulla nostra Costituzione. Questo è un altro di questi organi di cui quest’idea del potere si è dotata per coltivare i propri interessi. Così come le banche centrali, che stabiliscono le politiche monetarie: vuol dire, nella pratica, quanto una persona paga del mutuo, cosa da cui deriva tutta una serie di scelte di vita: se poter istruire i figli in un certo modo, se potersi permettere un certo stile di vita o meno. Sono le banche centrali che hanno in mano la moneta, su cui abbiamo perso completamente ogni sovranità. Il sistema delle lobby è un altro degli organi istituito per portare avanti il piano. E poi c’è il “senato mondiale degli investitori internazionali”. Sono uomini in carne e ossa: il più famoso è George Soros, è diventato “un buono” ma è una falsità; da solo ha deciso l’uscita dell’Inghilterra dal sistema monetario – un solo uomo ha deciso l’uscita dal sistema monetario di un intero paese.
Questi investitori internazionali hanno poteri enormi, ricattano qualunque governo al mondo: perché, mettendo o ritirando investimenti, possono far crollare le Borse e l’economia di qualunque paese. Anche loro portano avanti quell’idea di potere. E poi, infine, la Commissione Trilaterale e un altro gruppo, il Bilderberg. Sono gli organi di cui si è dotata quest’idea – che nacque nel 1971, rilanciata nel 1975 – per governare la vita di tutti i cittadini. L’Organizzazione Mondiale del Commercio sta approvando un accordo che si chiama Gats, General Agreements on Trading Services, accordo generale sul commercio dei servizi: stanno decidendo la privatizzazione internazionale di qualunque servizio alla cittadinanza esistente. La lista dei servizi comprende tutto, addirittura chi fornisce i cancellini alle scuole pubbliche italiane, chi fornisce il gesso e le lavagne, chi porta le carrozzine nell’Asl.
George Soros
Tutto questo sta per essere privatizzato e venduto al miglior offerente internazionale. Questo significa che il potere di cui parlo riguarda la tua vita: i mutui che paghi, le condizioni che ti fanno le banche, le scelte alimentari, il lavoro, gli scioperi che non si possono fare, gli stipendi, la flessibilità. Tutto questo non è deciso dai governanti, dalle marionette del potere, ma è deciso da questo potere. Ne consegue che se continuiamo a dar retta a un esercito di sciagurati che ci sta martellando la testa col fatto che, se vogliamo cambiare la storia e il mondo, dobbiamo prendercela con quattro marionette del potere, perdiamo tempo, sprechiamo le uniche risorse che abbiamo e non abbiamo nessuna speranza. La prima cosa da fare è: imparare chi è il potere. Perché, se non sappiamo chi è, non lo potremo mai combattere.
(Paolo Barnard, testo del video-intervento “Ecco come morimmo”, diffuso nel 2009).
Posted by Presidenza on 4 Gennaio 2014
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La trappola mortale era pronta. Sessantanove palestinesi, principalmente donne e bambini, vennero trucidati; quarantacinque case, una scuola e una moschea furono rase al suolo
2 gennaio 2014
Nato il 27 febbraio 1928 nell’insediamento di Kfar Mala da una famiglia di ebrei lituani, Ariel Scheinermann (meglio conosciuto come Ariel Sharon) ha avuto una lunga, intensa e controversa carriera politica e militare. Alla tenera età di 10 anni iniziò la militanza sionista nel movimento Hassadeh, a 14 si unì al battaglione giovanile paramilitare Gadna per poi arruolarsi nell’Haganah, un insieme di brigate clandestine che formeranno successivamente il nucleo del futuro esercito israeliano, Tzahal.
IL MASSACRO DI QIBYA – Capo plotone nella guerra del ’48-49, divenne Capitano a 21 anni e Ufficiale dei servizi segreti a 23. Audace e scaltro, negli anni ’50 comandò – per ordine del Primo Ministro Ben Gurion – l’infausta Unità 101, nata in funzione anti-fedayyin e tristemente nota per la brutalità delle proprie operazioni; in molte delle spietate incursioni di questa forza speciale morirono civili, donne, bambini. La più conosciuta di queste spedizioni punitive è nota come Massacro di Qibya o, nel linguaggio edulcorato dell’esercito israeliano, Incidente di Qibya.
Il 14 ottobre 1953 le forze speciali comandate direttamente da Ariel Sharon, oltre 200 uomini armati fino ai denti, attaccarono il villaggio di Qibya, in Cisgiordaina. Ma, prima di procedere all’attacco vero e proprio, ebbero la premura di minare tutte le strade di collegamento. La trappola mortale era pronta. Sessantanove palestinesi, principalmente donne e bambini, vennero trucidati; quarantacinque case, una scuola e una moschea furono rase al suolo. L’attacco, avvenuto vigliaccamente nel cuore della notte, fu chiamato dall’IDF “Operazione Shoshana“. Il Dipartimento di Stato USA, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e gran parte del giudaismo internazionale condannarono la strage; gli alti comandi militari dichiararono di essere convinti di aver evacuato ogni casa prima dell’inizio dei bombardamenti ma lo stesso Sharon dichiarò successivamente che “gli ordini erano chiari: Qibya sarebbe dovuto essere di esempio per tutti quanti”. Il 19 ottobre 1953 Ben Gurion disse pubblicamente che i raid erano opera di civili israeliani e che le forze armate non erano minimamente coinvolte con la strage, una posizione ridicola che non convinse l’opinione internazionale. Lo Stato ebraico si rifiutò di processare Sharon.
LA POLITICA COLONIALE– Negli anni ’70, lasciate le armi e imbracciata la retorica politica, Ariel Sharon divenne ministro dell’Agricoltura; determinante fu il suo ruolo nell’ambito della costruzione degli insediamenti in Cisgiordania e a Gaza. Ma l’impronta coloniale del suo operato si ravvisa anche, e soprattutto, negli anni ’80 quando ricoprì il ruolo di ministro della Difesa. Nel 1982 è stato l’artefice dell’invasione del Libano, attacco che si risolse anche nel massacro di centinaia di palestinesi nei campi profughi libanesi ad opera delle milizie cristiane. Nota a tutti è stata la strage di Sabra e Shatila, in cui lo stesso Sharon è stato – seppur indirettamente – coinvolto, lasciando operare i macellai falangisti. La commissione di inchiesta israeliana, presieduta dal magistrato della Corte Suprema Yitzhak Kahan ha ordinato, all’inizio del 1983, la rimozione di Sharon dalla carica di ministro della Difesa: ”Ha la responsabilità personale. A nostro parere, è giusto che il ministro della Difesa tragga le conseguenze personali derivanti dai difetti emersi, per quanto riguarda il modo in cui ha scaricato i doveri del suo ufficio, e, se necessario, che il Primo Ministro eserciti la sua autorià a rimuoverlo da ufficio”. Sharon si dimise ma ottenne un ministero senza portafoglio nel biennio 1983-1984, per poi andare al Commercio e Industria tra 1984 e 1990 e all’Edilizia tra 1990 e 1992. Di nuovo ministro delle Infrastrutture tra 1996 e 1998 e degli Esteri tra 1998 e 1999 con Benjamin Netanyahu premier, dopo la sua sconfitta è diventato il nuovo leader del Likud.
SHARON MOSTRA I MUSCOLI – Il 28 settembre 2000 Ariel Sharon, scortato da un migliaio di uomini armati, entrò nella Spianata delle moschee a Gerusalemme (in cui si erge la Cupola della Roccia, luogo sacro ai musulmani che vi indicano il luogo in cui Maometto compì il suo miracoloso “viaggio notturno”), area controllata dai palestinesi. Con questo gesto plateale Sharon dichiarò al mondo intero che anche quella parte di Gerusalemme era sottoposta al dominio israeliano. La reazione palestinese non tardò a manifestarsi; prese inizio la Seconda Intifada. Questo episodio diede a Sharon, all’inizio del 2001, il consenso necessario per vincere le elezioni su una piattaforma di critica degli accordi di Oslo.
Nel 2002 Ariel Sharon ha rischiato di dover subire un processo all’Aja presso il Tribunale per i Crimini di Guerra, per la strage di Sabra e Shatila. Tuttavia tale processo per crimini di guerra fu presto affossato, a causa della morte del principale accusatore di Sharon, Elie Hobeika, che, responsabile diretto di quei massacri, aveva annunciato di voler fare piena luce sui fatti. Un’autobomba (di cui ancora oggi non si è consegnato l’autore alla giustizia), uccise Elie Hobeika pochi giorni prima del processo, e tutte le accuse contro Sharon caddero.
Rieletto nel 2003 ha avviato la costruzione del Muro dell’apartheid in Cisgiordania.
In coma dal 2006 a causa di un ictus e di un’emorragia celebrale, negli ultimi giorni la sua condizione di salute è precipitata vertiginosamente.
Posted by Presidenza on 3 Gennaio 2014
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Irlanda, Spagna e Finlandia ritirano il medicinale dal commercio. Negli Usa l’anti-infiammatorio non è mai stato approvato
C’è chi lo usa per un banale mal di testa, chi per alleviare spasmi o infiammazioni. Ancora in pochi sanno che l’analgesico più conosciuto, l’Aulin, è tossico. A dare l’allarme, anni addietro, sono stati 16 Paesi europei tra cui Spagna, Finlandia ed Irlanda che lo hanno addirittura ritirato dal commercio. Non sembra, invece, che l’Italia abbia recepito la pericolosità del farmaco che continua a popolare gli scaffali delle nostre farmacie.
Il Nimesulide non è commercializzato neppure in: Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Germania.
Il principio attivo Nimesulide, alla base di numerosi medicinali in commercio, comporterebbe effetti devastanti per il fegato, talvolta anche letali. Il Nimesulid è commercializzato in vari Paesi ed in Italia ed è la molecola alla base di diversi farmaci: Algimesil, Antalgo, Areuma, Dimesul, Domes, Efridol, Eudolene, Fansulide, Flolid, Isodol, Ledolid, Ledoren, Nerelid, Nide, Nimenol, Nims, Noxalide, Resulin, Solving, Sulidamor, Fansidol, Sulide, Idealid, Delfos, Domes, Noalgos, Algolider, Aulin, Fansidol, Mesulid, Nimesil, Remov, Migraless, Edemax, Mesulid Fast, Nimedex.
I primi a ritirare dal commercio farmaci contenenti il nimesulide sono stati Spagna, Finlandia ed Irlanda allertati dalla sua tossicità epatica, nel 2002. Cinque anni più tardi, il 15 maggio 2007, l’Irlanda si accoda, dopo che sei pazienti in cura con l’Aulin sono stati costretti al trapianto di fegato per grave insufficienza epatica. E’ proprio il documento ufficiale del della Irish Medical Board (il massimo organo di Salute) a fugare ogni dubbio.
“Il danno epatico“, ha dichiarato l’Irish Medical Board, “è un raro ma grave effetto collaterale del nimesulide. Tuttavia abbiamo ricevuto dati provenienti dall’Unità Nazionale di trapianto di fegato del St Vincent University Hospital, i quali parlano di sei pazienti che hanno richiesto trapianto di fegato dopo il trattamento con il nimesulide. Da quando il prodotto ha fatto ingresso in Irlanda nel 1995, si sono registrati un totale di 53 segnalazioni. Tra queste nove casi di insufficienza epatica, sei dei quali provenivano da l’Unità Nazionale trapianto di fegato e tre casi mortali di insufficienza epatica.”
Non sembra però che l’allarme abbia in qualche modo preoccupato l’Italia. Il nostro Paese consuma il 60% della produzione mondiale di nimesulide. Sembra che nel maggio 2008 un’inchiesta guidata dal magistrato torinese Raffaele Guariniello abbia portato allo scoperto un sistema illecito che potrebbe avere arrecato danni alla salute dei cittadini. Un alto funzionario dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) avrebbe intascato mazzette per evitare i controlli sul farmaco.
In manette sarebbero finiti 2 funzionari dell’Aifa, Pasqualino Rossi ed Emanuela Bove. Nel maggio 2008 la SIF (Società Italiana di Farmacologia) avrebbe riportato che i benefici sono superiori ai rischi legati al principio attivo. “Se essa (nimesulide) resta in commercio oltre che in Italia in ben altri 16 Paesi europei“, ha dichiarato, “fra cui Francia, Portogallo, Svizzera, Ungheria, è perché l’Agenzia regolatoria europea ha ritenuto che, nonostante quanto autonomamente stabilito da alcuni Paesi, il suo profilo di beneficio/rischio rimanga ancora favorevole“.
E’ un antidolorifico per i dolori di lieve entità, si basa sul principio attivo che risponde al nome di Nimesulide ed è contenuto in un farmaco venduto anche in Italia. La novità è però che in Finlandia, è stato sospeso dal commercio per una sospetta morte per insufficienza epatica.
La notizia è stata diramata dall’Organismo finlandese che si occupa di vigilanza sui farmaci, l’ equivalente della italiana Commissione Unica del Farmaco, che ha avvisato la Farmacovigilanza Europea.
Immediata la reazione del Ministero della Salute italiano. “Stiamo valutando – ha dichiarato il Ministro della Salute Sirchia -; anche se non abbiamo alcuna evidenza in questo senso, si procederà esaminando le schede delle valutazioni per verificare se in Italia sono stati rilevati casi analoghi, ma a noi, fino ad oggi, non sono arrivate segnalazioni di effetti collaterali gravi. Occorre poi che i nostri dati vengano confrontati con quelli degli altri paesi europei prima di prendere decisioni”.
In Italia la Nimesulide è commercializzata dal 1985 e viene comunemente prescritta per brevi periodi, a differenza di quanto succede in Finlandia dove si arriva a terapie di 50 giorni.