L’Austria forza i tempi: a settembre un testo per concedere la cittadinanza ai sudtirolesi. Esultano i partiti secessionisti

 

Due passaporti agli altoatesini Vienna non molla legge pronta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Austria ha deciso di forzare i tempi e di procedere rapidamente a concedere la cittadinanza, e quindi il doppio passaporto, ai cittadini italiani di lingua tedesca e ladina dell’Alto Adige.

Entro il prossimo 7 settembre, infatti, dovrebbe essere pronta la bozza di legge del governo austriaco. Dopo quattro mesi di silenzio, seguiti al vertice del 23 marzo scorso in cui i ministri degli Esteri e dell’Interno di Vienna avevano invitato i rappresentanti politici della Provincia autonoma di Bolzano, la questione è tornata a rimbalzare sui media d’Oltralpe. In quell’occasione, molti avevano disertato l’appuntamento in segno di protesta, dal nostro ambasciatore a Vienna, Sergio Barbanti, a quasi tutti i partiti politici italiani per ricordare «gli obblighi dell’Austria al rispetto degli accordi che hanno portato all’autonomia e che questa iniziativa unilaterale mette gravemente in discussione». La polemica era stata accesa. «Estendere la cittadinanza austriaca a una popolazione compatta residente in una provincia dotata di autonomia quasi integrale aveva detto il consigliere provinciale altoatesino di Fdi Alessandro Urzì – equivale a dichiarare una sorta di annessione, un atto di inaudita gravità». «Sarebbe un ulteriore motivo di divisione etnica», aveva spiegato dal canto suo il consigliere grillino Paul Kollensperger. Anche il Pd aveva preso le distanze. Dopo l’incontro sembrava che la questione fosse stata archiviata o, quantomeno, rimandata a un futuro lontano. Invece, oltreconfine hanno continuato a cercare una strada per rendere concreta l’iniziativa.

Il gruppo di lavoro, che a Vienna si sta occupando di redigere le norme e di studiarne l’applicazione, sembra aver trovato la «quadra» sul delicato tema. L’Austria, infatti, svolge da sempre la funzione, riconosciuta a livello internazionale, di potenza tutrice dell’Alto Adige. Ma questo non le garantisce il diritto di compiere azioni unilaterali. La doppia cittadinanza, infatti, come riporta il quotidiano di Innsbruck Tiroler Tageszeitung, potrà diventare realtà soltanto in caso di accordo con il governo italiano. Nelle scorse settimane ci sarebbero stati dei contatti fra Roma e Vienna sul doppio passaporto. Resta comunque ancora da definire chi potrà farne richiesta e con quali diritti e doveri. C’è, per esempio, la questione degli sportivi: un atleta dell’Alto Adige che oggi gareggia sotto il tricolore, domani potrebbe decidere (nel rispetto del regolamento sportivo internazionale) di rappresentare l’Austria. Ma sembrano dettagli.

I partiti secessionisti tedeschi sono entusiasti. Secondo la Sudtiroler Freiheit si tratta di un «progetto di punta su scala europea con diversi gruppi linguistici che potranno vivere assieme in tranquillità». La Svp, maggiore partito tedesco dell’Alto Adige, è stata più prudente, ma con ogni probabilità abbraccerà l’iniziativa strizzando l’occhio ai partiti secessionisti. D’altronde, in autunno l’Alto Adige ritornerà alle urne per il voto amministrativo e la Svp ha bisogno di voti per conquistare la maggioranza assoluta.

tratto da: (clicca qui)

2018.07.10 – “DICHIARA LA TUA NAZIONALITÀ SARDA”

Posted by Presidenza on 10 Luglio 2018
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Venerdì 13 luglio 2018 alle ore 16.30 presso il Caffe’ Zilester, via Puccini 65/67 Cagliari,  il Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu/Guvernu Sardu Provvisoriu presenterà l’evento:

“DICHIARA LA TUA NAZIONALITÀ SARDA”

Verrà presentato il modulo che, attraverso banchetti posti in tutta la Sardegna, verrà sottoposto all’attenzione del Popolo Sardo il quale potrà sottoscriverlo.

Siamo Sardi, formalizziamo con orgoglio il nostro diritto di nazionalità, applichiamolo e procediamo al riconoscimento giuridico internazionale.

 

P.S.: confidiamo in una massiccia presenza e collaborazione della stampa affinchè ci sia la massima diffusione dell’importante iniziativa. Grazie

 

Sergio Pes (Presidente MLNS/GSP)

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2018.06.20 – Le Isole Faroe vogliono l’indipendenza dalla Danimarca

Posted by Presidenza on 20 Giugno 2018
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L’arcipelago delle Faroe si prepara al referendum popolare per l’autonomia dalla Danimarca con una nuova carta costituzionale da votare nei prossimi mesi

 

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Le Isole Faroe sognano l’indipendenza dalla Danimarca.

In questo clima odierno di autonomie, indipendenze e federalismi europei, anche il piccolo arcipelago delle Faroe, abitato da poco più di 50mila persone a Nord dell’oceano Atlantico, continua a battere i pugni sul tavolo per inseguire il tanto agognato desiderio d’indipendenza dopo quasi 600 anni sotto il governo della corona danese.

A spingere questa richiesta di sovranità c’è in prima linea la formazione separatista del Partito del Progresso, che dichiara di non ritenersi assolutamente danese, rivendicano le proprie radici faroesi.

tratto da: (clicca qui)

2018.06.09 – Referendum in Svizzera su Iniziativa Moneta Intera

Posted by Presidenza on 9 Giugno 2018
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L’unica soluzione per interrompere questa follia, attraverso la quale vi è un costante e crescente trasferimento di ricchezza  nelle mani di pochi privilegiati (rentier li chiamava Keynes) a discapito della comunità intera, è quello di far si che la moneta venga creata solo dallo Stato, unico titolare della Sovranità Monetaria.

 

Nel più totale silenzio dei media nazionali, impegnati a spargere fumo e polemiche sul nascente Governo Lega- M5S, si voterà domenica 10 giugno in Svizzera un referendum popolare per far si che i franchi svizzeri possano essere creati solo ed esclusivamente dalla Banca Centrale Svizzera.

Si tratta di un evento eccezionale, poiché per la prima volta nel mondo un popolo è chiamato a votare un sostanziale cambiamento dell’attuale sistema di creazione del denaro.

Oggi infatti, in Svizzera come anche in Italia, in Europa e nel mondo, la moneta viene creata solo per una piccolissima parte dallo Stato (sono le  monete metalliche che rappresentano appena lo 0,3% del totale in circolazione) e un’altra piccola parte dalla Banca Centrale (sono le banconote che costituiscono circa il 7% del totale), mentre il restante più del 90% del denaro viene creato dalle banche commerciali mediante i prestiti.

Le principali conseguenze di un sistema così strutturato in Italia sono che:

  • Se le banche smettessero di fare prestiti la moneta scomparirebbe dal sistema economico reale;
  • Su tutta la moneta in circolazione la comunità paga interessi che ad oggi sono pari al 12% del PIL.

Per renderci conto di quanto sia fallimentare un sistema di creazione monetario come quello attuale, basta considerare il fatto che l’Italia, nonostante abbia realizzato Avanzi primari di bilancio dal 1990 ad oggi di circa 750 miliardi di euro, ha visto il proprio debito pubblico crescere senza sosta a causa degli interessi pagati sullo stesso, che dal 1980 ammontano ad oltre 3.500 miliardi ( ben più del debito pubblico che è oggi di 2.300 miliardi).

L’unica soluzione per interrompere questa follia, attraverso la quale vi è un costante e crescente trasferimento di ricchezza  nelle mani di pochi privilegiati (rentier li chiamava Keynes) a discapito della comunità intera, è quello di far si che la moneta venga creata solo dallo Stato, unico titolare della Sovranità Monetaria.

L’iniziativa Moneta intera fa sì che tutto il denaro, monete metalliche, banconote o moneta scritturale elettronica, sia sempre costituito da franchi svizzeri sicuri perché emessi non più da soggetti privati, ma dalla Banca Nazionale Svizzera. Già nel 1891 il Popolo elvetico decise di attribuire alla sola Banca nazionale il diritto di emettere banconote. L’iniziativa Moneta intera estende ora questa soluzione collaudata alla moneta bancaria, oggi predominante, facendone «contante elettronico. L’utile derivante dall’emissione di moneta da parte della BNS tornerà ovviamente allo Stato e dunque andrà a vantaggio della collettività.

Alle banche commerciali resterà la possibilità di concedere prestiti e regolare i conti dei clienti, ma non potranno più creare moneta attraverso il meccanismo del prestito.

Si tratta di una rivoluzione epocale, che va oltre le solite diatribe di casa nostra, euro-si od euro-no; è una visione della società radicalmente differente in cui si afferma che è la moneta al servizio della comunità e non il contrario come purtroppo avviene oggi.

Moneta Intera in Svizzera, come anche Moneta Positiva in Italia, sono membri dell’International Movement for Monetary Reform che vanta associazioni simili in n.28 paesi al mondo. https://internationalmoneyreform.org/

Speriamo che presto, anche in Italia attraverso la campagna Moneta Positiva, si possa avviare a più livelli un discorso serio e rigoroso, al fine di giungere ad un radicale cambiamento del sistema di creazione della moneta, concorrendo a realizzare un mondo più giusto e solidale.

Il Presidente di Moneta Positiva Fabio Conditi aveva parlato della campagna Moneta Intera il 4 maggio 2018 su Canale Italia (dopo i primi 30 secondi).

tratto da: (clicca qui)

Dopo le elezioni del 24 aprile, nell’isola il governo è passato nei giorni scorsi nelle mani di una coalizione di quattro partiti che hanno come primo obiettivo la totale e repentina indipendenza dal Regno.

 

 

 

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Il Regno di Danimarca ora trema davvero, dopo due secoli rischia di perdere il 98 per cento del suo territorio, cioè la Groenlandia, che fino a pochi anni fa era quasi un peso economico, ma da quando l’Artico in via di scioglimento si è trasformato in una regione contesa dalle maggiori potenze mondiali, quell’isola, la più estesa del Pianeta – rivelatasi una cassaforte zeppa di ogni bendidio – è diventata per Copenaghen la più grande opportunità della sua storia. Peccato che gli inuit siano invece decisi a tagliare gli ormeggi e a procedere a grandi passi verso la secessione. Sui giornali danesi, dove si dà voce a un’opinione pubblica attonita e rabbiosa, la parola in codice è ormai «Greenxit», anche se qualcuno paragona gli eventi in corso a Nuuk, la lillipuziana capitale groenlandese, all’escalation del separatismo catalano.

Dopo le elezioni del 24 aprile, nell’isola il governo è passato nei giorni scorsi nelle mani di una coalizione di quattro partiti che hanno come primo obiettivo la totale e repentina indipendenza dal Regno. E il primo provvedimento annunciato dall’esecutivo del premier Kim Kielsen, giusto per lanciare un messaggio anticolonialista chiaro, è stato quello di sostituire l’inglese al danese come seconda lingua (il groenlandese era diventato lingua ufficiale con il precedente governo). Ma il vero collante che ha messo insieme i socialdemocratici alla destra è la volontà di dare via libera alle concessioni minerarie che permetterebbero all’isola, Kalaallit Nunaat, la Terra dell’uomo del Nord, come gli inuit chiamano la nazione che li ospita da cinquemila anni, di emanciparsi dal sussidio annuale danese di circa 500 milioni di euro, necessari per finanziare un welfare non certo di livello scandinavo (la popolazione soffre un degrado sociale senza precedenti). La madre di tutte le miniere, quella che potrebbe da sola sopperire al sussidio di Copenaghen è il Kvanefjeld, la più grande formazione di uranio e terre rare del Pianeta.

Nella coalizione precedente, la sinistra alleata del premier Kielsen era fortemente contraria a dare il via allo sfruttamento, soprattutto perché la concessione di minerali così politicamente sensibili è in mano ai cinesi. Ora la Shenghe Resources Holding Ltd di Shanghai potrebbe molto presto aprire il cantiere. Ecco perché l’esito del voto in quella terra remota e abitata da soli 57mila individui, praticamente gli spettatori dello Juventus Stadium, non ha interessato solo Copenaghen, ma molte capitali mondiali. Ciò che accade a Nuuk coinvolge interessi globali, l’Europa, gli Stati Uniti, la Nato, e appunto la Cina.

 

«Abbiamo bisogno dei capitali cinesi», dice al Giornale l’ex ministro degli Esteri Vittus Qujaukitsoq e ora a capo di un nuovo partito nazionalista (Nunatta Qitornai, discendenti della nostra terra) alleato di governo: «Senza di loro non possiamo diventare uno Stato nazione, aprire finalmente ambasciate e avere il pieno controllo di ciò che accade dentro e intorno alla nostra amata isola. E loro hanno bisogno del nostro pesce e dei nostri minerali. Indubbiamente ambiscono a un ruolo importante nell’Artico, e questo fa andare in bestia tutti, Danimarca, Unione Europea, Nato e soprattutto gli Stati Uniti».

 

Uno scambio impari, un gioco d’azzardo. Perché la Groenlandia si trova al centro della contesa per il dominio della regione artica e delle mire cinesi con il suo strategico capitale geografico, ma soprattutto perché è un caveau di ricchezze, rubini, smeraldi, diamanti, oro, uranio, zinco, petrolio, gas… Nonostante la pesca rappresenti ancora il 90 per cento del Pil e delle esportazioni, gli Inuit intendono comprarsi il biglietto per la libertà con le miniere. Dura per la piccola Danimarca mollare il bottino e perdere, attraverso la Groenlandia, il ruolo di potenza artica europea, l’unico paese a tenere agganciata l’Ue alle opportunità di sviluppo nella regione che cresce di più al mondo, 11% l’anno, dove si aprono nuovi immensi territori di pesca, nuove rotte mercantili, dove c’è tutto da costruire, fosse solo per i milioni di turisti sempre più attratti dal Grande Nord.

 

La Groenlandia uscì trent’anni fa dall’Unione, unico precedente alla Brexit; l’ultima speranza di Bruxelles è che decida di aderirvi da Stato indipendente. Nonostante le aperture commerciali degli ultimi anni, a partire dall’impegno di Antonio Tajani da commissario all’Industria per far restare l’Europa nella partita mineraria, e ai miliardi spesi in compensazione per le quote acquisite sulla pesca, lo sguardo dei sovranisti eschimesi è volto alla Cina, potenza che si definisce «quasi artica» e che ha annunciato da poco lo sviluppo di una Via polare della Seta. La Groenlandia sta diventando il quartier generale di Pechino nel Grande Nord. Nell’isola ha già investito circa venti miliardi di euro, aprendo miniere di zinco e ferro, impegnandosi nella costruzione di tre aeroporti e una grande base «scientifica».

 

I cinesi nel 2017 sono stati a un passo dall’acquisizione di una base militare danese dismessa se non fosse intervenuto direttamente Washington con un minaccioso comunicato. I ministri inuit sono ricevuti regolarmente al più alto livello dal governo cinese, a Pechino la Groenlandia ha già aperto un’ambasciata, indifferente all’irritazione di Washington e all’indignazione di Copenaghen: sappiamo come l’Occidente sia ben attento a non interferire in Tibet, addirittura a evitare incontri con il Dalai Lama, ma la Cina non si fa scrupoli a operare in Groenlandia come ha fatto in mezza Africa, ignorando lo status di un’isola ancora territorio danese e prima base militare strategica americana nell’emisfero settentrionale.

Sin dai tempi della Guerra Fredda la Groenlandia è stata la garitta del Pentagono in cima al mondo; la base di Thule, a 800 chilometri dal Polo Nord è dotata di un sistema radar per la difesa antimissile in grado di proteggere Stati Uniti ed Europa, ma controlla anche molte operazioni in Medio Oriente (la cattura di Saddam Hussein fu gestita tra i ghiacci). Vittus Qujaukitsoq, annuncia non solo la secessione dalla Danimarca «nel giro di un paio d’anni», ma anche la chiusura delle basi americane e l’uscita dalla Nato. Insomma una situazione shakespeariana, è il caso di dire che c’è del marcio in Groenlandia.

tratto da: (clicca qui)

 

2018.05.05 – Paolo Rumor: un potere segreto ci domina da 12.000 anni

Posted by Presidenza on 5 Maggio 2018
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Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura.

 

«Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella débacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: avrebbe addirittura 12.000 anni. Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”. Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.

Maurice Schuman (1911-1998) homme politique et historien français, ici en 1995

Maurice Schuman (1911-1998) homme politique et historien français, ici en 1995

Nomi che ricorrono: il padre di Paolo Rumor era cugino del più celebre Mariano Rumor, esponente della Dc e per 5 volte primo ministro italiano. A sua volta, lo Schumann menzionato non va confuso con l’altro Schuman (sempre francese, ma con una sola “enne” nel cognome), cioè l’eurocrate Robert, considerato – insieme al connazionale Jean Monnet – tra i padri fondatori dell’Ue. La notizia? Questo potere oligarchico si considera discendente di una filiera ininterrotta di dominatori, lunga qualcosa come 12 millenni. E’ la verità, piuttosto scioccante, contenuta nel saggio “L’altra Europa”, edito da Panda. Libro che Paolo Rumor ha scritto con l’aiuto del politologo Giorgio Galli, grande conoscitore del ruolo occulto dell’esoterismo nella politica, e dell’architetto Loris Bagnara, studioso dell’archeo-astronomia egizia della piana di Giza. La tesi: un’unica piramide di potere si “passa il testimone” attraverso le epoche, all’insaputa dei popoli che governa – ieri per mezzo di sovrani e condottieri, oggi più prosaicamente attraverso i politici, il più delle volte inconsapevoli del “grande gioco”. Una visione che fa impallidire l’élite “feudale” denunciata da Paolo Barnard, risalente “soltanto” al medioevo, o l’intreccio delle potentissime Ur-Lodges messe clamorosamente in piazza da Gioele Magaldi.

«Il progetto iniziale non era di unire l’Europa ma il bacino del Mediterraneo, dove allora si era sviluppata la civiltà», premette Paolo Rumor nella lunga intervista concessa a Fabio Frabetti ai microfoni di “Border Nights”. Tutto nasce dopo la morte del padre, Giacomo Rumor, nel 1981. Il figlio era al corrente del lavoro “diplomatico” condotto dal genitore quarant’anni prima. Brillante avvocato e fervente cattolico, impegnato nella Resistenza, Giacomo Rumor era stato coinvolto nel gruppo di studi promosso dallo stesso presidente americano Roosevelt per preparare l’Europaantifascista del dopoguerra. Erano incontri discreti, spesso clandestini: «Mio padre andava e veniva da Vienna o dal Sud della Francia viaggiando sotto falso nome. In tempo di guerra può sembrare pazzesco, eppure dovevano aver trovato un sistema per evitare controlli». Giacomo Rumor entra in stretto contatto con Maurice Schumann, futuro segretario di Stato francese, che lo mette a parte della verità indicibile. Rumor ne rimane scosso: «Mio padre era un cattolico convinto, e come tale provava fastidio per l’esoterismo», racconta il figlio. La componente esoterica era evidente in Schumann, e a Giacomo Rumor non piaceva. «In effetti dopo un po’ mio padre ha rinunciato all’incarico, rendendosi conto che l’Europa nasceva con un consistente lascito massonico».

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Mariano Rumor

 

 

A Simone Leoni, della rivista “Fenix”, Paolo Rumor riassume l’origine (sconcertante) del libro. «Mio padre non aveva intenzione di pubblicare gli incartamenti in suo possesso, né di rendere noto ciò che aveva conosciuto», premette. «Riteneva che il pubblico non fosse in grado di accettare ciò che lui era venuto a sapere dai suoi privilegiati interlocutori francesi». In sostanza, Giacomo Rumor «pensava che il mondo non fosse ancora maturo per sostenere l’impatto emotivo che possono provocare gli eventi storici reali, quelli mai divulgati al pubblico». Poi, però, all’inizio degli anni ‘90, Paolo Rumor si accorge che molti indizi stanno ormai venendo a galla, e quindi decide di pubblicare «gran parte di ciò che possedevo». E aggiunge: «Mi sono sentito liberato da un peso che mi gravava sulla coscienza: quello di trattenere notizie che in definitiva appartengono alla collettività e alla storia».

Forme di unità continentale sono state l’Impero Romano e poi il Sacro Romano Impero. Ma, secondo Rumor (in base alle carte di suo padre, ottenute da Schumann) l’attuale Unione Europea sarebbe figlia di un progetto molto più antico: il primo disegno organico, scrive, è databile nel II secolo dopo Cristo. Ma risalirebbe in realtà a una determinazione stabilita addirittura attorno al 10.000 avanti Cristo. Ufficialmente, ricorda Rumor, il moderno progetto-Europa è nato dal Mouvement Européen francese, nei primi decenni del 1900. Ma è stato “incubato” da un cenacolo esclusivo del ‘700, l’Ordine delle Ardenne (o di Stenaj), a sua volta risalente al potere imperiale di Roma. La “Struttura” descritta nel libro «non risulta possedere un nome definito», spiega l’autore: «Si maschera dietro altre compagini associative, dinastiche e religiose». Nell’elenco custodito da suo padre, «figura risalire fino al 136 dopo Cristo, ma si parla di un’antecedenza molto maggiore». In altre parole: «Possiamo ritenere che essa esistesse anche durante il periodo romano e alessandrino, evidentemente con scopi diversi da quello prettamente ufficiale, cioè l’unificazione del bacino mediterraneo», coesione territoriale che a quel tempo «era stata di fatto raggiunta tramite la dominazione romana».

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Paolo Rumor

 

Nello scritto che Schumann consegnò a Giacomo Rumor verso la fine degli ani ‘40, «si enunciava un’antecedenza della cosiddetta “Struttura” al decimo millennio avanti Cristo». E’ precisa anche l’ubicazione dell’entità di potere, «centrata prevalentemente nel basso corso del Nilo, nel Golfo Persico (ma in aree oggi sommerse), nel Golfo di Cambaj, a Galonia Laeta, nel “continente di Colba” (non identificabile) e in altri siti di incerta collocazione». Sono dunque così remoti, gli antenati del grande potere oggi alle prese con il “nuovo ordine mondiale” globalista? L’idea di un “nuovo ciclo storico”, spiega Paolo Rumor, «trae origine da concezioni simili, proprie della religione e della visione cosmica dell’antico Egitto dinastico o di altre civiltà del Mediterraneo». L’autore ritiene che vi siano «reali e precise coincidenze tra la collocazione dei siti e la descrizione degli eventi di cui parlano gli incartamenti di monsieur Schumann». Coincidenze peraltro «avvalorate dalla ricerca paleografica avvenuta negli ultimi anni».

Le cartografie conservate da Rumor «descrivono la derivazione della prima compagine organizzata in modo civile della storia». E’ la stessa dinamica illustrata nel saggio “Dominio” dall’intellettuale triestino Francesco Saba Sardi: la nascita dell’attuale modello di potere, con l’avvento del neolitico e la scoperta dell’agricoltura, da cui l’inedita necessità di controllare militarmente territori coltivabili. E’ allora che, insieme alla guerra, nasce la figura del re-sacerdote, il detentore di conoscenze superiori su come ottenere i raccolti. Nascono anche altri soggetti sociali, assenti tra le popolazioni nomadi del paleolitico: i servi, contadini e soldati. I loro compiti: coltivare i campi, conquistarli, difenderli. Nasce, in altre parole, questo potere – configurato in forma di dominio, per la prima volta nella storiadell’umanità. Una dinamica che il libro di Paolo Rumor – inseguendo i primordi della suprema casta – mappa con precisione, «a partire dal noto sito di Menfi o dalla collina rocciosa ove è ubicata la Sfinge, alla periferia del Cairo odierno, fino alla sua precedente collocazione lungo gli originari siti fluviali del Tigri e dell’Eufrate, nell’Iraq meridionale, e all’interno di quello che adesso è il Golfo Persico e che, precedentemente, in un periodo che si aggira sull’8000 avanti Cristo, era ancora una pianura abitabile, non sommersa dal mare».

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In quest’ultima zona, tra le spiagge dell’Iraq e quelle dell’Iran, si sarebbe formato il primo nucleo che avrebbe fatto da culla alla società cui apparteneva la “Struttura” vera e propria, prima che il mare, invadendo le coste, costringesse i proto-sumeri a spostarsi nella Mesopotamia interna e poi in Egitto. Ne parla anche Graham Hancock in “Civiltà sommerse”, edito da Corbaccio. «Ritengo che la storia dell’Egitto arcaico – dice Rumor – racconti, nella versione del mito, l’evoluzione della specie umana più di ogni altra civiltà antica». Il mito del “nuovo ciclo storico” si è poi “travasato” con mille affluenti nella cultura delle epoche posteriori, fino ai tempi moderni (dall’uomo nuovo del comunismo all’antropologia odierna della plebe globalizzata senza più diritti). «Non sarebbe la prima volta che, cercando il mito, si raggiunge la realtà», dice Paolo Rumor. Lo stesso Mauro Biglino, autore di una rilettura letterale della Bibbia, ricorda che solo grazie alla sua fede filologica nelle pagine dell’Iliade il tedesco Heinrich Schliemann giunse a scoprire le rovine di Troia.

Tornando al francese Schumann e alla storia della “Struttura”, Paolo Rumor tratteggia un network potentissimo e invisibile, fatto di uomini politici ed esponenti del mondo della cultura, ricercatori scientifici e archeologi, etnologi, antropologi. Ma anche uomini di Chiesa e personaggi delle più disparate etnie. Nel ‘900, la maggior parte dei leader del network-fantasma è di estrazione francese, inglese e germanica. «Mano a mano che si arretra nel tempo – spiega Rumor – l’elenco contempla una prevalenza francese», mentre, continuando a ritroso, «nel periodo greco-romano la componente etnica è quasi esclusivamente ebraica». L’elenco di Maurice Schumann termina all’inizio dell’era cristiana, ma attenzione: «Esiste un secondo elenco, solamente enunciato a mio padre e non consegnatogli – aggiunge – che contiene l’ascendenza dei nominativi fino all’epoca di inizio della “Struttura”», nel decimo millennio avanti Cristo. Diecimila anni dopo, nel libro di Paolo Rumor, compare il fatidico termine “Illuminati”.

Sumeri

 

Sumeri

 

«E’ usato per descrivere un gruppo o categoria di persone di stirpe giudaica, vissute in Palestina in un periodo antecedente il 136 dopo Cristo». Lo stesso termine, aggiunge l’autore, indica persone vissute anche nel basso Nilo, nello stesso periodo. Coincidenze?

Si chiamano infatti “illuminati” anche i re pre-dinastici, probabilmente capi-tribù egizi risalenti a prima del regno di Menes, cioè il sovrano che unificò i diversi territori tribali intorno al 3100 avanti Cristo ed eresse la sua capitale, Menfi. Sempre intervistato da Leoni per “Fenix”, Rumor prova a spiegare i possibili, vertiginosi collegamenti tra la valle del Nilo e i palazzi di Bruxelles. L’ambiente esoterico-politico che si era occupato delle prime fasi dell’Europa unita, premette, condivideva «la particolare convinzione di far parte di una consorteria la cui linea ininterrotta affondava asseritamente le proprie origini nell’antichità più remota», quella del Mediterraneo del 10.000 avanti Cristo. Che intenzioni aveva, quell’élite-ombra, cent’anni fa? In teoria, diceva di voler creare «una sorta di umanità nuova, diversa da quella dei secoli precedenti», lontana dagli orrori bellici del ‘900. Sulla carta, un’umanità «ispirata a criteri di fratellanza e ad un’etica civica rinnovata», verso «un mondo migliore». In realtà, la “Struttura” si è nascosta molto bene nei gangli istituzionali: interferisce nei maggiori eventi economici scavalcando gli Stati, come sappiamo. Quello che sbalordisce è leggere che questa entità era presente già nell’antichità.

Secondo i documenti presentati da Rumor, intorno ai due secoli posti a cavallo dell’era cristiana, l’oligarchia-fantasma costituiva “un diffuso movimento non conformista”, «fortemente orientato in termini religiosi» ma al tempo stesso «vocato ad azioni militari per la salvaguardia della propria identità». All’epoca, aggiunge l’autore, la centrale di potereera collocata nella Giudea sotto la dominazione romana. Ma attenzione: verso la metà del primo secolo, la “Struttura” «ha subito una violenta scissione al suo interno, ad opera di agenti infiltrati dagli occupanti militari». Una buona parte del movimento, continua l’autore, è andata a originare «quella che poi diventerà l’organizzazione cristiana delle origini». Il Cristianesimo, dunque, come  “format” politico creato da metà dell’élite, inizialmente unita. «Invece, la parte rimasta fedele alle proprie origini ideologiche e storiche ha continuato ad operare come prima, mimetizzandosi in una proliferazione di fazioni e società segrete», fino ad assumere un indirizzo comune all’interno del continente europeo.

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Ricapitolando: «L’ambiente politico che ha dato impulso all’Unione Europea appartiene ad una “consorteria” che, asseritamente, fa risalire sé stessa alla prima organizzazione sociale nata nell’Egitto protostorico attorno al diecimila avanti Cristo. Ne esistono le prove, anche se io stesso – ammette Rumor – ho fatto fatica a prestar fede ad un tale enunciato, che cozza contro la maggior parte delle conoscenze scientifiche in materia». Ma la vera e propria novità, «che l’ambiente esoterico-politico dei costruttori dell’Europa nasconde», secondo Rumor «consiste nel fatto che quello che noi oggi conosciamo come Cristianesimo è nato in realtà come un’opera di dissimulazione, frutto del tentativo di reazione della Roma antica a quell’ambiente giudaico che si tramandava l’antichissima consorteria». Paolo Rumor invita i lettori a consultare libri come “Il mistero del Mar Morto”, di Michael Baigent (Feltrinelli), giusto per orientarsi meglio fra tornanti storici sfuggenti. Altro consiglio di lettura: le opere di Theodor Reik sull’interpretazione della Bibbia e dei miti antichi, compresa l’origine del Cristianesimo e dall’Ebraismo. «Queste letture dovrebbero “corazzare” ciascuno dal non cadere nella trappola dei miti moderni e dalla superficiale interpretazione delle opere religiose in genere».

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Paolo VI

 

Quanto alla spiazzante rivelazione de “L’altra Europa”, fino ai misfatti degli attuali oligarchi, Rumor si esprime con la massima franchezza anche a “Border Nights”: «Uno dei modi per dirigere la politica internazionale è proprio l’accentramento delle proprietà monetarie e della produzione. Oggi l’economia conta più della politica: ed è in questo modo che agisce questa organizzazione segreta, diffusa a livello mondiale». E’ lecito chiamarli Illuminati? «E’ uguale: possiamo usare sinonimi, ma la sostanza è la stessa». E il network non ha limiti, non conosce frontiere né bandiere: «Abbiamo trovato la presenza di questa “Struttura” nella Chiesa cattolica, in molte associazioni filantropiche. Soprattutto l’abbiamo trovata nella scienza, negli ambienti universitari, nella ricerca». Fausto Carotenuto, già analista dei servizi segreti, parla di due “piramidi” distinte, “oscure” e concorrenti, i cui vertici però si toccherebbero: uno è massonico, l’altro cattolico (ma discendente da culti preesistenti: «A Roma, la funzione di Pontifex Maximus contava più di quella imperiale»). Spiega Paolo Rumor che la  “Struttura” «ha avuto modo di diffondersi nell’ultimo secolo attraverso un sistema “a cellule”; collegate tra loro, si scambiano messaggi, conoscenze, impulsi da dare all’esterno».

Quello delle “cellule”, dice Rumor, è uno schema perfetto: ognuno conosce direttamente solo il proprio superiore e il diretto sottoposto. «E’ un modo molto efficace per nascondersi, per non essere identificati: ottimale, visti gli scopi prefissi». E’ la piramide degli Invisibili: «Sui politici influisce in maniera subdola, indirizzando le aspettative delle persone e promuovendo idee politiche distorte». Ha uomini ovunque. Montini, per esempio: «Telefonò a mio padre per tentare di salvare il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, dall’attentato che lo avrebbe ucciso. Il futuro Paolo Vi ne era al corrente, perché lavorava nel servizio segreto del Vaticano». Per l’unità europea, aggiunge Rumor, il vertice cattolico «è stato molto importante, un catalizzatore di rilievo». Era preoccupata, la Santa Sede, nell’immediato dopoguerra: vedeva nascere l’Europa unita sotto una forte egemonia massonica. L’esoterismo? E’ sempre stato «il linguaggio degli ambienti elitari», dice Rumor. «Cultura ed esoterismo in Europasono sinonimi, perché hanno dovuto “sposarsi”, in un certo senso, per poter sopravvivere: per non essere fagocitati dalla Chiesa oppure dall’Islam».

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Il libro di Rumor, Galli e Bagnara

Fa impressione, comunque, “scoprire” che il potere di Bruxelles sia insediato da una “Struttura” che, a quanto pare, si considera erede dei sumeri e della Valle dei Re. Un filo segreto unisce l’unione bancaria europea di Mario Draghi al mitico Codice di Hammurabi? E Papa Francesco, oltre a essere il primo gesuita al Soglio di Pietro, è dunque anche l’ultimo discendente degli antichi “scissionisti” che, nella Giudea dell’Anno Zero, spaccarono in due la “Struttura” dando inizio a una feroce lotta, sommersa e plurisecolare? L’élite vaticana è stata infatti sfidata dalla corrente di formazione esoterica non-cattolica che, opponendosi all’assolutismo delle monarchie e all’oscurantismo teocratico, ha dato vita alle forme attuali della modernità democratica. Queste rivelazioni consentono dunque di rileggere sotto altra luce vicende storiche drammatiche come quelle dei Catari e dei Templari? Singolari coincidenze: la primigenia “civiltà sommersa” cui allude Maurice Schumann sarebbe stata situata nel Golfo Persico, a due passi dal Gan Eden biblico da cui si propagò la stirpe di Caino, cacciata dal “paradiso terrestre”, per poi andare incontro al “diluvio”. La storia è interamente da riscrivere, ripetono ormai molti studiosi. E forse, aggiunge lo stesso Biglino, vale la pena di prendere alla lettera i libri antichi, cosiddetti “sacri”. La stessa Bibbia racconta – testualmente – l’incontro coi misteriosi Elohim, potentissimi e in possesso di tecnologie fantascientifiche. Nessuno sa ancora spiegare l’improvvisa comparsa dell’avanzatissima civiltà dei sumeri. Ci nascondono qualcosa di fondamentale sulla nostra origine, gli intramontabili signori della “Struttura”?a qui)

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